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Autore: Daphne_07    16/06/2020    1 recensioni
E' la mia prima fanfiction, siate clementi! La storia inizia quando Hermione, intrappolata nel ruolo di una ragazzina sempre seriosa e altera, ha 12 anni. I personaggi naturalmente cresceranno nel corso dei capitoli. Riassunto primi capitoli: Hermione, durante un attimo di distrazione, fa esplodere il suo calderone. I genitori, per punizione, la obbligano a trascorrere le vacanze natalizie con la nonna, un'acida aristocratica amante del gioco d'azzardo. La signora decide di portare Hermione con se a Montecarlo, dove la ragazzina farà uno spiacevole incontro: Malfoy. Essendo entrambi bloccati lì con i nonni e non avendo altri bambini con cui passare il tempo, i due metteranno da parte il loro astio e inizieranno a raccontarsi i loro segreti più profondi, al fine di aiutarsi a vicenda. Quando torneranno a scuola qualcosa sarà cambiato? Diventeranno le loro frecciatine solo prese in giro bonarie?
E non è finita qui: questa storia parla di un amore difficile, complicato, bugiardo e inarrivabile, che spingerà i sedicenni Hermione e Draco, insieme a tutti i nuovi personaggi che presenterò, a fare delle scelte crudeli e sconsiderate. Recensite!
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Passo dopo passo...

Ciao, eccomi qui con questo nono capitolo... Ho scelto un titolo particolare: "Passo dopo passo". Questo perchè voglio rendere il processo di innamoramento il più realistico possibile. Qui non esiste il colpo di fulmine, ma solo un susseguirsi di eventi ben calcolati...
Altra cosa: mi sono accorta con orrore che, nei capitoli precedenti, ho chiamato la madre di Hermione "Stephanie". Solo di recente le ho dato il nome "Jane", più convenzionale. Appena finisco di aggiornare corro subito ai ripari... Se aveste notato altre incongruenze, non esitate a farmelo sapere. Wow, che risate... Ho appena finito un video di Scottecs, e vi confesso che ho sghignazzato per tutto questo tempo. Al prossimo capitolo!
Daphne_07


Hermione, fiondatasi all’interno dell’ascensore, batté nervosamente il piede per terra. Doveva arrivare, doveva esserci… Malfoy aveva bisogno di lei. Le sarebbe piaciuto dare conforto anche alla signora Narcissa, ma, a causa del suo stato di sangue, la cosa appariva già impossibile. Hermione andava incontro ad un duro rifiuto, e accettò la cosa: forse una donna adulta poteva sopportare il dolore, ma un ragazzino di dodici anni, benché fosse sempre freddo e noncurante, rischiava un serio collasso psicologico.
Non appena le porte scorrevoli si separarono, Hermione si diede ad una folle corsa alla Naruto per raggiungere la stanza dei Malfoy. La ragazzina notò con dispiacere che il corridoio era completamente vuoto, segno che anche i medici si stavano ritirando. Entro quanto un medi-mago avrebbe attraversato il corridoio? I passi di Hermione rimbombavano sul pavimento, rendendo la situazione ancora più bizzarra e sinistra.
La targhetta “Stanza 33” troneggiava quasi minacciosa su una porta. Di sicuro i Malfoy erano in quella camera, Hermione li aveva visti lì dentro qualche ora prima. Doveva bussare? No. Hermione concentrò tutta la sua attenzione sulla porta, quasi volesse perforarla con lo sguardo, e non si accorse che dietro di lei qualcuno la fissava.
-Ehi- Hermione si girò di scatto, spaventata da quel rumore improvviso. Malfoy era appoggiato al muro, il capo chino e i capelli stranamente ordinati, come se, per l’occasione, anche quelle ciocche ribelli si fossero del tutto acquietate. Hermione non riuscì a vedere i suoi occhi, rimase sorpresa dal fatto che Malfoy li avesse abbassati. Era triste? Che silenzio. Doveva dire qualcosa? Qualsiasi parola sembrava inappropriata. Hermione, per la prima (anzi la seconda) volta si ritrovava davanti ad un Malfoy sincero, umano, senza maschera.
-Ehi- Disse solo questo. Gli si avvicinò e gli si piazzò davanti. Malfoy si ostinava a non guardarla negli occhi, e questa fu prova sufficiente della sua sofferenza.
-Perché sei venuta?- le chiese ad un tratto, senza, però, sembrare scocciato.
-Perché dovevo- Il tempo scorreva e loro restavano immobili, in un dialogo di silenzi e sospiri. Dalla stanza 33 si liberò la voce sommessa di un medi-mago. I ragazzini non individuarono bene le parole, ma Hermione percepì lo sconforto di Malfoy. Sentì che doveva prendergli la mano.
In un gesto che le venne spontaneo, incrociò le dita con quelle di Malfoy. Lui non si ritrasse e nemmeno la guardò negli occhi, si limitò ad assaporare il caldo conforto che Hermione gli aveva donato. Quel semplice tocco lenì le sue ferite, mitigando la profonda tristezza che gli opprimeva l’anima.
Ma Hermione era così: lei si imponeva e, alla fine, riusciva sempre ad essere d’aiuto.
-Se lui muore…- sussurrò lui -cosa faremo noi?- Malfoy sollevò leggermente lo sguardo, ed Hermione si perse nelle sue iridi color burrasca. Erano occhi sinceramente preoccupati, intrisi di una tristezza quasi inimmaginabile.
Fu un secondo. La ragazzina cinse il collo di Malfoy, in un abbraccio dall’innocenza confortante. Quel calore, quella vicinanza, sopperirono a tutte le paure di lui. Nessuno disse niente, quel gesto parlava da sé.
-So che adesso mi dirai che non hai bisogno di me eccetera eccetera, ma sappi che io ci sono- Gli diede una lievissima pacca sulla spalla, a mo’ di un cocchiere che sprona il suo cavallo.
La Granger non è male, infondo.                                                                   
Ad un certo punto la porta della stanza 33 si spalancò, e i ragazzini, veloci, sciolsero l’abbraccio. Un medi-mago uscì dalla camera, reggeva una cartella clinica.
-Allora?- chiese Malfoy, in ansia.
-Tutto bene- Il medi-mago sorrise, rassicurante -Tuo padre ha ingerito del succo di baccaciù, potenzialmente letale per chi non è predisposto a reggerlo. Fortunatamente tuo padre apparteneva a questa piccola minoranza. Entro qualche settimana l’effetto soporifero sarà svanito, e lui potrà tornare a casa con voi- Hermione e Malfoy tirarono un sospiro di sollievo.
-Per fortuna!- esclamò Hermione, sorridendo.
Dalla stanza 33 uscì Narcissa Malfoy, più allegra del solito. Nel vedere Hermione, però, tutta la sua euforia andò diradandosi. Assunse un’aria arcigna e la squadrò dalla testa ai piedi, come se Hermione fosse stata un bruco spregevole.
-Che ci fai qui?- sibilò.
-Io…- balbettò Hermione, a disagio.
-Nulla di male- Dopo le secche parole di Malfoy, nella scena calò il silenzio. Narcissa schiuse le labbra, come se avesse voluto dire qualcosa, ma poi le serrò di nuovo. Divaricò leggermente le braccia, per comunicare quanto quella situazione la lasciasse estranea e impreparata, e poi tornò nella stanza 33.
-Draco- disse ancora, prima di sparire dietro la porta -Hai i soldi, va’ a prenderti una bibita- Si comportò come se Hermione non fosse stata presente, ma alla ragazzina non fece né caldo né freddo.
Malfoy lanciò un’occhiatina a Hermione, come ad assicurarsi che lei lo seguisse, e poi si diresse verso il bar.
-Siamo sicuri che sia aperto?- chiese lui, ad un tratto.
-No, è troppo tardi-
-E allora perché ci stiamo andando?-
-Perché tu stai continuando a camminare- Non l’avrebbero ammesso mai, ma camminare spalla a spalla era rassicurante, confortevole... Nessuno poteva ferirli finché stavano vicini.
-Non sei felice, Draco?- saltellò lei, incitandolo ad esternare un po’ di gioia.
-Per mio padre?- chiese lui, distaccato.
-Già. Non ti piace sapere che lui sta bene?-
-Non mi dispiace- Scrollò le spalle. Forse era il suo modo per dire che sì, non avrebbe potuto essere più felice.
Si fermarono davanti alla porta chiusa del bar, in un silenzio tutt’altro che opprimente. Sapete, è raro. È raro trovare qualcuno che ti metta a tuo agio, così, in modo spontaneo. Quella combinazione di sospiri, frasi mancate, parole fluttuanti e mai recepite, creava un’atmosfera… magica. Forse la parola “magica” è banale per due maghi, ma io non credo che esista termine migliore per descrivere la loro armonia.
-Sai perché cadiamo, Malfoy?- non aspettò risposta -Perché così impariamo a rialzarci- Lo guardò negli occhi, maternamente perforante. Malfoy abbozzò un sorrisino goffo, tipico di chi o sorride troppo poco, o non si aspettava affatto di sorridere.
Quel sorriso, per quanto scarno e raro, ripagò Hermione delle successive ore di sgridate.
 
-Le Bacche Frizzole hanno una consistenza granulosa ed effervescente, capace di recare una paralisi permanente a chi le assaggia. Possono essere usate solo nelle pozioni degli Auror. Sono indicate principalmente per il filtro dell’Imbalsamatore, che pietrifica le sue vittime e le immobilizza del tutto- Hermione ripeteva, nervosa, le pagine del libro di Pozioni.
Baule strabordante di cianfrusaglie, armadio spoglio e genitori amareggiati, questa era Casa Granger all’inizio di ogni anno scolastico. Mancava solo una cosa… quel senso di inappagamento, pesantezza, infelicità soffocante. Hermione era guarita.
Come l’anno precedente, si precipitò su per le scale, mangiò il porridge insipido preparatole da sua madre e si fiondò in macchina.
-Come ti dicevo, Jane- suo padre non la smetteva più di parlare, elettrizzato da una delle sue strabilianti idee -Il tipo dell’assicurazione ha parlato chiaro: un milione di dollari. Tu sai benissimo che tua madre non ci lascerà un centesimo, e allora perché non rischiare?- Perché suo padre sussurrava?
-Harold, è pericoloso… Le nostre professioni ci pagano bene-
-Marlene ha detto che ci saranno dei tagli al personale. Jane, non siamo in proprio, i nostri soldi li riscuotiamo da una clinica altrui. Burbank ci ha in mano, e io non gli sto affatto simpatico. Conta che poi siamo quelli con meno esperienza di tutti, e mettici anche la nostra banale, popolarissima specializzazione. È pieno di gente che sa trapanare un molare-
-Non sminuire la mia professione!- La conversazione aveva assunto un tono abbastanza aggressivo, e i signori Granger, presi da quella concitata discussione, si erano quasi dimenticati della figlia.
-Mamma? Di cosa parlate?- chiese quest’ultima, insospettita.
-Di niente, tesoro. Muoviamoci, faremo tardi- La signora Granger bardò Hermione con sciarpa e cappotto. Caricarono tutto in macchina, e poi partirono alla volta della stazione.
-Emozionata, tesoro?- la signora Granger le sorrise.
-Tantissimo!- Hermione fremeva dall’euforia. Wow, il suo terzo anno a Hogwarts! Alla Tana sia lei che i suoi amici avevano straparlato di come volevano affrontare il nuovo quadrimestre. Ron era ostinato a fare uno scherzo a Piton, Harry voleva a tutti i costi battere i Serpeverde a Quiddich…
 
-Eccoci!- Dopo un saluto strappalacrime e tanti abbracci, Hermione riuscì a salire sull’Hogwarts Express. La locomotiva era avvolta da una spessa coltre di fumo nero e madri malinconiche, mentre dai suoi scompartimenti si sprigionavano risa sguaiate e canti festosi.
-Ciao, ragazzi!- Harry, Ron e Hermione si abbracciarono. Arrivò anche Madeline.
-Ciao, Jane! Ciao Harry, ciao Ron- I quattro presero posto in uno scompartimento con Neville Paciok.
-Avete visto Piton? È sempre più magro!- sghignazzò Madeline.
-Gli ci vorrebbero un po’ di chili di Goyle!-
-Già-
-Ragazzi, vi dispiace se vado un attimo in bagno?- Hermione si alzò dal suo posto, appesantita dal porridge.
-Tranquilla, vai pure- Hermione, tentando di evitare lo scompartimento di Charles Mitchell, raggiunse un bagno.
Cinque minuti dopo, sentì qualcuno bussare alla porta del gabinetto.
-Occupato!- All’improvviso udì una risatina. Come una campanella dall’arme, quel suono garrulo le riportò alla mente una cosa: i Serpeverde erano i migliori con gli scherzi perfidi, e quello sembrava proprio il timbro vocale di Pansy Parkinson. Cosa voleva fare? L’avrebbe schizzata con l’acqua del lavandino? No, non c’erano lavandini. Le avrebbe lanciato addosso un incantesimo? Hermione conosceva perfettamente la formula “Defendo”. L’avrebbe investita di insulti? Beh, in tal caso Hermione si sarebbe difesa. Il lato battagliero costituiva ancora gran parte del suo spirito, e se c’era una cosa a cui Hermione teneva, quella era l’orgoglio.
Non appena ebbe finito, aprì piano la porta del bagno.
Eccola. I suoi occhi percepirono una figura veloce, agile, che sollevava la bacchetta e la puntava contro il petto di Hermione. La Parkinson sghignazzava, e Hermione, tutt’altro che impotente, non si abbassò a gemiti di paura. Teneva la bacchetta nella tasca! Si lasciò sfuggire una risatina compiaciuta: quel carlino si illudeva di averla colta di sorpresa!
-Ciao, Mezzosangue- la schernì. Hermione, lentamente, avvicinò la mano destra alla tasca dei pantaloni… e si accorse di aver dimenticato la bacchetta nello scompartimento. Si scoprì del tutto indifesa, e, peraltro, in compagnia della sua più agguerrita nemica.
-E così sei venuta anche quest’anno, Granger… Il tuo sangue sporco ammorba l’intero castello-
-Sai, Parkinson, sei davvero noiosa. Così ripetitiva… Se devi insultarmi, almeno inventati qualcosa di originale- Hermione sorrise, pungente, fronteggiando a dovere la rivale.
-Peccato che io abbia una bacchetta e tu no. Ho pensato che, se ti avessi dato una bella lezione, magari tu avresti deciso di tornare a casa questa sera stessa- La Parkinson fece ondeggiare la bacchetta sotto gli occhi di Hermione. Un brivido freddo attraversò la schiena della ragazzina. La Parkinson sapeva far accapponare la pelle, e Hermione non si sarebbe affatto stupita nel ritrovarsi addosso qualche maledizione.
Cosa poteva fare? La superiorità linguistica di Hermione, spesso sottile e tagliente, aveva messo a tacere molte lingue biforcute. Poteva parlarle, farle capire quanto il suo comportamento fosse immaturo… Forse, davanti alla prospettiva umiliante di aggredire una persona disarmata, la Parkinson avrebbe abbandonato i suoi folli obbiettivi…
-Perché ti abbassi a questo? Colpire una persona disarmata, in un bagno del treno, senza offrirle alcuna possibilità di difendersi. Conserva il tuo onore e non commettere questa barbarie. Se ci rifletti un attimo, capirai che il tuo atteggiamento è patetico, commiserevole- No, brutto errore. Alle parole “patetico, commiserevole” negli occhi affilati della Parkinson guizzò un bagliore inviperito. A nessuno piaceva sentirsi umiliati.
-E così- ringhiò, spaventosa -io ti faccio pena?- Negare? Mostrarsi inferiore, leccarle i piedi,  ritrarsi dallo scontro? Hermione sarebbe andata contro i suoi stessi ideali: non sapeva se la Parkinson la impietosisse o meno, ma non si sarebbe piegata a quella domanda minacciosa. Non disse nulla, lasciando che il silenzio parlasse per sé.
Dagli occhi di Hermione riverberavano secchi di biasimo, disgusto. Sì, era disgustata dalla Parkinson, dal suo stupido razzismo, dal suo modo di fare l’arrogante, da tutto, tutto di lei.
-Cosa mi guardi, Mezzosangue?- La Parkinson sentiva su di sé tutta la disapprovazione di Hermione. Stanca di quel testa a testa infruttuoso, si decise a scagliare un incantesimo.
-Deformitas infinitus!- Hermione si contorse abbastanza da evitare l’incantesimo, e poi, presa dalla concitazione del momento, spinse Pansy contro il muro. La disarmò con una manata brusca, e le puntò la sua stessa bacchetta alla gola. Lei boccheggiò, visibilmente terrorizzata. Si atteggiava spavalda, ma sotto sotto era una gran fifona. E questo era insopportabile. Quel terrore negli occhi, quel ghigno sgomento, quel colorito pallido… comunicavano che Pansy non valeva una cicca.
-Aiuto!- strillò, irritantemente preoccupata. Quella creatura si umiliava con le sue stesse mani. Nel bagno, dopo diversi strepiti, accorsero Zabini e… Malfoy. Già, Hermione era proprio andata nel bagno vicino al vagone dei Serpeverde.
-Ma che succede?- chiese Zabini.
-Niente- Hermione sollevò le spalle, incurante… O per meglio dire, “alla Malfoy”.
-Lei mi ha aggredito!- uggiolò Pansy, petulante.
-Sei stata tu a lanciarmi contro un incantesimo, io mi sono solo protetta. Hai fatto tutto da sola- spiegò Hermione, paziente.
-Ma Pansy sta bene?- chiese Zabini.
-Non le ho torto un capello. Riportatela nel suo scompartimento, che ha le soglie della paura di un pesce rosso-
-Ma vaffanculo, Mezzosangue!- le urlò contro Pansy, ormai protetta dai suoi compagni. Hermione non replicò, si limitò a fissarla negli occhi. Non era arrabbiata. Adesso era certa che Pansy meritasse solo comprensione, poiché, per quanto potesse essere perfida e fastidiosa, restava sempre una creatura inferiore. Senza etica, senza moralità, senza orgoglio.
Gli occhi di Hermione trasudavano una deplorazione tale che Pansy grugnì per la rabbia. Non le piaceva essere compianta. Chi provava pena, rammarico, era al contempo disgustato. Poteva sopportare di tutto, ma nulla la feriva più di un’occhiata compassionevole.
 
La sera stessa, dopo una lunghissima cerimonia dello smistamento, Hermione cominciò a chiacchierare con i suoi amici. Qualche tavolo più in là, anche un altro gruppo di amici stava chiacchierando… e un membro in particolare sputava veleno.
-Ma perché cavolo non avete detto niente!? Perché non l’avete insultata!? Siete entrati in bagno e avete visto! So bene che Blaize si guarderebbe anche dal toccare una mosca, ma tu, Draco, credevo che avessi più milza!-
-Pansy, vuoi stare un po’ zitta?-
-Nient’affatto! E poi l’avete vista, quella dannata Mezzosangue? Mi guardava in modo pietoso, come se le avessi fatto schifo! Io non faccio compassione! Perché mai dovrei?-
-Non lo so-
 
Hermione si lisciò la gonna, e poi, affiancata da Ginny, decise di tornare in dormitorio. Quella era stata una giornata sfiancante, e anche solo la prospettiva di salire le scale l’affaticava.
Gradino dopo gradino, avvistò la tetra figura di Malfoy (infondo, cos’altro potremmo dire di lui? Draco non ispira affatto tenerezza. Il suo è un fascino tenebroso, oscuro, e, per quanto possa essere bello, ogni cosa di lui suggerirà sempre un brivido freddo). Stava risalendo le scale con Blaize Zabini, e passargli affianco era inevitabile.
-Mmm- Hermione grugnì, incapace di salutarlo in altro modo. Dall’ultima volta che si erano parlati, qualche settimana prima, non avevano perso occasione di punzecchiarsi. Non appena si erano incontrati sull’Hogwarts Express, erano subito volati insulti a bassa voce, occhiatine di sfida e sorrisetti intimidatori. Cosa potevano farci? Anche senza una ragione particolare, quei due diventavano cane e gatto. Nessun “grazie” di troppo, nessun gesto di riconoscenza tangibile. Solo tanto, tanto affiatamento nei litigi. Da un lato era divertente: entrambi avevano dei caratteri “difficili”, tendenti allo scontro, e la cosa che più desideravano era pane per i loro denti. Insomma, un bel botta e risposta, un degno rivale. Tutti i candidati si erano rivelati o troppo amichevoli, o troppo mosci per quell’incarico prestigioso, lasciando vacante il ruolo di “acerrimo nemico”. Il problema era che loro non potevano definirsi rivali, non più: erano anche amici (abbastanza).
Siamo peggiori amici, ecco quanto, aveva spiegato Hermione a Madeline. Inoltre, la faccenda del “Mezzosangue” non si era affatto risolta. Malfoy le affibbiava quel nomignolo sgradevole tutte le volte che poteva, alternandolo all’altrettanto sgradevole aggettivo “psicotica”. Non ne avevano mai parlato, nemmeno nei momenti di maggiore intimità. Hermione pensò che, alla fine, non ne avrebbero parlato mai. Quando si abusa di un nomignolo, l’insulto perde tutta la sua enfasi. Diventa scontato, inoffensivo, e l’epiteto passa per innocuo. Basta farci l’abitudine, e vedrai che, quando Malfoy ti chiamerà così, non ci farai nemmeno più caso: il tuo cervello non lo recepirà più come un insulto, aveva detto Madeline. Le spiaceva solo che Malfoy considerasse inferiore la gente come lei…
-Grazie, Mezzosangue- iniziò Malfoy, sorpassandola -mi hai regalato una serata di merda- Problema numero 1: parolaccia. Problema numero 2: recriminazione immotivata.
-Cos’avrei fatto io?- Hermione si girò verso Malfoy. Ginny, timorosa come un criceto, le tirò leggermente la manica della divisa. Hermione non l’ascoltò, concentrando tutta la sua aggressività nello sguardo. Malfoy non abbassò gli occhi, ostinato a tenerle testa.
-Pansy ha continuato tutta la sera con la storia degli sguardi commiserevoli-
-E quindi?-
-E quindi ci ha rotto un sacco le palle!-
-Ehi, le parole. Comunque non è colpa mia se ho abbastanza orgoglio da difendermi!- Perché Malfoy la scocciava a quel punto?
-Il problema è proprio questo! Se tu avessi contrattaccato, Pansy non si sarebbe sentita inferiore. Tu le hai dimostrato pietà, e questa cosa l’ha mandata fuori dai gangheri!-
-Mmm, non mi importa. Siamo pari-
-E invece no- Malfoy si impuntò su quel concetto di imparità, che, a suo parare, era tutta una lusinga.
-Perché dici così?- chiese Hermione, indagatrice. Malfoy fece segno agli altri di andarsene.
-Perché lei, nonostante tutto, ti considera degna di uno scontro. Se ti ritenesse inferiore, incapace di sostenere una litigata, a quest’ora non ti parlerebbe nemmeno più: si limiterebbe a farti gli scherzi. Le piace combattere. Tu, invece, l’hai degradata da “rivale” a “bambinetta lagnosa”, espropriandola di tutta la sua baldanza: a nessuno piace sentirsi commiserati- Hermione ammise che Malfoy sapeva spiegarsi bene. I suoi ragionamenti erano solidi e razionali, dissimili a quelli di un tredicenne.
-Beh, io la trovo patetica. Così come non me la prendo con i primini, lascio e lascerò stare la Parkinson. Non mi degraderò- decretò Hermione, convinta.
-Ah, il tuo maledettissimo orgoglio… Ti senti sempre superiore agli altri, e questo mi causerà un sacco di altre cene schifose- Mafoy sbuffò, contrariato all’idea di quella tortura.
-Ma come ti permetti?-
-Stavo lodando le tue virtù- Malfoy si mise le mani in tasca, e poi, incurante del cipiglio interdetto di Hermione, salì nel suo dormitorio.
 
-E’ evidente, i risultati dei vostri incantesimi parlano chiaro: non avete ancora capito cosa significhi trasfigurare. Solo la signorina Granger sa di cosa parlo- Nell’aula si diffuse un borbottio scontento.
-Silenzio! E tu, Brown, fa’ attenzione con quella penna d’oca! L’hai trasfigurata in un ammasso di ferraglia, non in una forchetta- Hermione, orgogliosa, ammirò il metallo lucente della sua forchetta.
-Tanto non è importante, questa cosa non mi servirà a niente nella vita- sussurrò Lavanda, imbronciata, a mo’ di scusa. Hermione arricciò il naso, adocchiando con astiosa superiorità la minigonna di Lavanda. Malfoy aveva ragione: qualunque cosa fosse accaduta, lei si sarebbe sempre sentita un passo avanti. Troppo vanto e fierezza potevano passare per tracotanza, e questa era una pecca… una pecca a cui Hermione non avrebbe rinunciato mai.
Nello stesso momento, si stava svolgendo la lezione di incantesimi dei Serpeverde.
Vitious si mise le mani nei capelli, incapace di mantenere l’ordine. Dato che la lezione non procedeva, Malfoy si sentì svincolato dall’obbligo di prendere appunti. Pur senza immischiarsi con i compagni più casinisti, iniziò a chiacchierare con Zabini.
-Ieri mi hai mandato via mentre parlavi con la Granger… C’è qualcosa tra voi?- Zabini gli tirò una gomitata maliziosa.
-Assolutamente no! Le ho rinfacciato la mia cena di merda- Malfoy fece spallucce, con ovvietà.
-Hai rinfacciato la stessa cosa anche a Sadie e Juditta-
-Sì, beh… loro hanno incoraggiato Pansy a sfogarsi- Inutile dirlo, Malfoy se la prendeva con tutti.
-Però, appena hai parlato loro, Sadie e Jutitta sono sbiancate. Non hanno replicato, anzi, mi è parso che annuissero- Zabini aveva la faccia di chi vuol far intendere un concetto.
-Dove vuoi andare a parare, Blaize?-
-Credo che la Granger sia l’unica ragazza a non temerti. Insomma, ti tiene testa, e lo fa anche bene. Tutte le altre, per quanto sventole, avrebbero paura a contraddirti. Non pronuncerebbero “bah” se tu non fossi d’accordo. Invece, mi sembra che la Granger faccia di tutto pur di contestarti- Blaize Zabini, che vecchia volpe. Simile ad una formichina operosa, sarebbe stato il benefattore perenne di quei due zucconi (scommetto che anche lui shippava le Dramione).
-Sì, lei rompe un sacco-
-Lei è diversa, Draco-
-E quindi?-
-E quindi è perfetta per uno come te. Scaltra, forte, intelligente… Tu non ti accontenti della prima oca, no? Hai avuto un sacco di corteggiatrici, eppure non ti sei mai sentito attratto da nessuna di loro. O vuoi una come la Granger, o sei gay- Zabini per poco non si ritrovò senza naso.
-E abbassa quella mani, scemo!- protestò.
-La Granger è troppo fastidiosa. Punto- Malfoy pronunciò con enfasi l’ultima parola.
-Lei c’è sempre stata quando avevi bisogno. C’era anche a Mont-
-Non devi parlare di quella cosa, chiaro?! Argomento chiuso- Malfoy sbatté i libri sul banco, per accentuare la sua determinazione ad archiviare quel tema.
-Dalla Granger scaturisce un’energia indicibile… è altruista, giusta, sincera…-
-Vuoi tapparti quella boccaccia? Ti piace la Granger, per caso?-
-No-
-E allora perché la elogi tanto?-
-Perché credo che stareste bene insieme-
-Dì un’altra parola e ti libero dall’ingombro di quel cervello inefficiente. E poi non è nemmeno carina- Quella sembrava tanto una scusa.
-Perché lo dici? Stai soppesando la possibilità di fidanzartici?- Zabini sorrise, sornione.
-Affatto-
-Beh, ha il suo fascino, Draco, come tutte le ragazze-
-Ma sta’ zitto-
 
Il tintinnare del campanello decretò la loro entrata a Mielandia. Il negozio strabordava di scaffali ed espositori. Penne allo zucchero, lecca-lecca con la lingua, fertilizzanti al caramello e marshmellows auto-abbrustolenti dominavano il monolocale, meravigliando tutti i clienti.
-Questo è il mio Paradiso- commentò Ron, arraffando un paio di barrette allo zenzero.
-Qualsiasi cosa che si mangi è il tuo Paradiso- lo schernì Hermione, adocchiando un barattolo di cioccolata salata.
Fuori dal negozio, la neve fioccava cangiante. Simile ad un manto, si era lentamente depositata su case e strade, trasformando Hogsmeade in un soffice abbozzo di città. I tetti spigolosi si erano ammorbiditi, le strade scomparse e i negozi sommersi. Il fumo dei camini spiccava, vivido, nel cielo azzurrino, striando di nero i tetti più esposti. In un valzer di brividi e fiocchi, l’Inverno danzava in tutto il suo gelido splendore. La candida coperta avvolgeva i passanti, ma il freddo, nonostante perpetrasse nelle ossa, era osteggiato da stufe e camini.
La neve si era depositata sulle finestre di Mielandia, formando articolate cortine di ghiaccio. Hermione, colpita da quella fragile arte, si lasciò abbacinare dai riflessi cangianti che le finestre prospettavano.
-Terra chiama Hermione- la riprese Harry.
-Eccomi- Nel girarsi, però, Hermione udì una fetta di dialogo.
-Prenderò i bastoncini di liquirizia- Non era Malfoy, quello? Agile, sgusciava tra i tanti clienti, intenzionato a prendere qualcosa in particolare.
-Oh, li hanno finiti!- lo sentì lamentarsi. Così come era arrivato, Malfoy abbandonò il negozio.
-Ciao- Zabini le toccò una spalla. Hermione sobbalzò, impreparata a quel saluto.
-Ciao… cos’hai lì in mano?- chiese Hermione. Zabini reggeva un sacchetto di plastica.
-Oh, sto cercando un regalo-
-Per chi?-
-Per Draco Malfoy, domani è il suo compleanno. Ci si vede!- Zabini si allontanò, lanciando sguardi ponderatori agli scaffali. Hermione si toccò il mento, con aria interrogativa. Il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Malfoy… Non doveva fare niente: loro erano confidenti occasionali, non migliori amici. Si detestavano, e nulla li vincolava a scambiarsi gentilezze. Però c’era qualcosa… un legame. Giorno dopo giorno, quell’unione si era inevitabilmente venuta a creare. Il viaggio a Montecarlo aveva dato il via ad una lunga catena di eventi, eventi che erano andati a concludersi con la folle idea di comprare un regalo a Malfoy.
Una cosa da niente, si ripromise Hermione. Uscì dal negozio con Harry e Ron. Cosa comprare ad un ragazzo ricco sfondato? Malfoy aveva già tutto. Hermione, però, ebbe un’illuminazione: a volte il gesto più piccolo equivale al regalo più grande. L’importante è il pensiero. Parole di sua madre, Jane.
Sul ciglio della strada, un vecchio commerciante puliva la sua bancarella. Vi erano esposti alcuni, basici, dolciumi… tra cui i bastoncini di liquirizia.
-Salve, posso prenderne un paio?- chiese Hermione. Il commerciante sistemò i bastoncini in un piccolo sacchetto.
-Arrivederci!-
-Hermione, per chi sono quei dolci?- chiese Ron, con aria sia speranzosa che inquisitoria.
-Non per me- rispose Hermione, asciutta.
-Per me?-
-No-
-E per chi, allora?-
-Per… Madeline- Hermione che fa un regalo a Draco Malfoy? Quel pensiero li avrebbe mandati fuori di testa.
 
Il giorno dopo, Hermione si alzò di buon’ora. Come sempre, rassettò la camera da cima a fondo, lustrandola. Quando anche il pavimento si mise a luccicare, Hermione si avvicinò al suo comodino. Vi aveva accuratamente riposto le barrette di liquirizia, e, determinata a non dare per persi quei cinque zellini, riflesse su come recapitarle a Malfoy. Era il suo compleanno, quindi, come si conviene a qualunque aristocratico, i compagni l'avrebbero attorniato per tutto il giorno. Come fargli avere il pacchettino? Non voleva assolutamente che altre persone lo scoprissero: uno, perché si sarebbero sconvolte. Due, perché li avrebbero presi in giro. Tre, perché entro poco avrebbero fatto circolare la voce fino a Harry e Ron.
Sono solo due barrette di liquirizia, Hermione. Non farla tanto lunga. Mangiale tu, semmai. Malfoy non se le merita…
Eppure qualcosa di indefinito la spingeva ad architettare nuovi piani. Quel legame, quel dannato legame, era il collante più forte che Hermione avesse mai provato… sulla sua pelle.
Basta pensarci, sto diventando paranoica! Quando lo vedrò da solo gliele darò.
Forte di quel piano traballante, scese a fare colazione. Mentre sorseggiava una tazza di latte, avvistò una chioma bionda che usciva dalla Sala Grande. Era solo. Era il momento. Lesta come una lepre, Hermione lo rincorse. Premurandosi che nessuno stesse assistendo alla scena, disse flebilmente: -Ehi- Malfoy si girò. Hermione, a corto di parole (perché cavolo questa situazione mi spaventa tanto?!), gli porse il sacchettino. Malfoy, oltremodo scombussolato, lo prese in mano.
-Ma cosa…?- chiese, mezzo stordito.
-Una sciocchezza- Hermione si allontanò, improvvisamente imbarazzata: tutto quel trambusto per due barrette di liquirizia. Malfoy viveva in un castello, e lei cosa veniva a rifilargli? Per quanto non tenesse affatto all’opinione di Malfoy, si sentì una sciocca. Stava quasi per dirgli “era uno scherzo!”, quando Malfoy le tese un bastoncino: -Già che sei riuscita a comprarmi due pezzi di liquirizia dopo tipo tre anni che ci conosciamo e potevi pensare di meglio, almeno prendine uno… psicotica-
-Cotton-fioc- Hermione addentò un bastoncino.
Quello fu un compleanno diverso: Malfoy non capì come, ma gli parve di aver ricevuto il suo primo regalo.
   
 
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