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Autore: LysandraBlack    16/06/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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Ostwick I

Era del Drago, 9:35


 

 

Macsen Trevelyan inspirò a pieni polmoni l'aria di mare, appoggiato al parapetto della nave.

Ostwik si ergeva davanti a loro, due inespugnabili cinte murarie alle quali si doveva la nomea della città di essere stata “costruita per durare”, le vette aguzze degli edifici che spiccavano in pietra chiara come zanne sulla costa, memori della loro origine tevinter.

Il porto era stato costruito scavando nella montagna, probabilmente tramite l'uso massiccio della magia, e il vecchio faro, da secoli ormai adibito a Circolo dei Maghi, si protendeva nel mare ad una manciata di miglia dalla loro nave, collegato alla terraferma da uno stretto ponte sospeso sulle acque per qualche centinaio di metri. Il pensiero volò a suo fratello Quinn, domandandosi se avesse già lasciato la torre. Non vedeva la sua famiglia da quasi due anni, e gli erano mancati terribilmente.

I gabbiani sopra di loro stridevano in maniera assordante, inseguendosi l'un l'altro e tuffandosi tra le onde, sollevandosi nuovamente con le prede nel becco.

«Finalmente a casa.»

Si voltò verso Andrew, che si era avvicinato a lui e ora lo osservava attentamente, appoggiato con la schiena al parapetto. «Già.»

«Hai deciso se parteciperai al Torneo?»

Si lasciò sfuggire un sorriso tronfio. «Non vorrei far sfigurare tutti gli altri.»

«I Trevelyan hanno riservato due posti, no?» Lo incalzò l'amico, senza lasciargli tregua. «Tua cugina vorrà partecipare, sicuramente... l'altro sarà tuo fratello, se non ti proporrai tu.»

Assottigliò le labbra, riportando lo sguardo verso la città. «Forse dovrei lasciare che sia Domhnall a prendersi tutta la gloria.»

«Come al solito, intendi?»

«Sei sempre molto diretto, Drew.»

«Siamo amici per questo.» Si strinse nelle spalle lui «Non hai risposto alla mia domanda, però.»

«Parlerò con Dom.» Capitolò infine. «Sempre che quel pagliaccio di Ronan non abbia approfittato della situazione e abbia allungato un bel borsello stracolmo a qualcuno per iscriversi a nostra insaputa.» Ridacchiò al pensiero, sarebbe stata la volta buona per i Trevelyan di bandire il lontano cugino dalla famiglia.

«Oh, vorrei proprio vederlo cadere da cavallo dopo aver cercato di montarci su al contrario.»

La nave si stava ormai avvicinando al porto, e Macsen si voltò ad intercettare la reazione dei loro ospiti, che in quel momento avevano gli occhi puntati sulla maestosa città. «Benvenuti ad Ostwick, messeri!» Alzò la voce, esibendosi in un sorriso sghembo. Marian Hawke si voltò verso di lui con uno sguardo astioso, un colorito verdognolo sul viso. «Siamo quasi arrivati, Tenente.»

Lei si avvicinò con passo ostinato, stringendo il parapetto di legno con maggior vigore del necessario. «Ritengo ancora che sia tutta una perdita di tempo.»

Sospirò teatralmente. «Avrete modo di ricredervi, ne sono sicuro. E chissà, potreste pure trovarlo divertente... avete pensato di iscrivervi al Gran Torneo, per esempio?»

La donna sbuffò. «Non sono interessata a dare spettacolo.»

Il Principe Vael, che l'aveva seguita a ruota, si concesse un sorriso rilassato, perfettamente a suo agio sulla nave come sulla terraferma, gli occhi azzurri che brillavano divertiti. «Il Gran Torneo non è solo spettacolo, è uno dei capisaldi dei Liberi Confini, la nostra punta di diamante, per così dire.»

Macsen si ritrovò per l'ennesima volta a pensare a quanto fosse un bel vedere quell'uomo, con il suo marcato accento di Starkhaven e quei capelli rossi che spiccavano sulla pelle abbronzata, le labbra carnose che avrebbe volentieri stretto tra i denti. Annuì, riportando la sua attenzione sulla Tenente. «Il Principe ha ragione. Non solo il Campione si ricopre di gloria, ma rende onore allo spirito della competizione, alla libertà che è il grande vanto delle nostre città.»

«Mi stupisce come chiunque possa partecipare, in effetti.»

«Ripeto che se voleste iscrivervi, Tenente, sarebbe un ottimo trampolino di lancio.»

«Intendi forse “un'ottima scala a pioli per risalire dalla voragine di vergogna in cui mi sono gettata”?» Rimbeccò lei con una smorfia. «No, sono qui solo perché, anche se mi duole ammetterlo, devo un favore alla tua famiglia. E Sebastian potrebbe giovarne.»

Macsen tamburellò con le dita sul legno, sovrappensiero. Un'alleanza tra i Trevelyan di Ostwick e i Vael di Starkhaven avrebbe fatto guadagnare molto ad entrambe le parti, tuttavia per il momento Sebastian aveva ancora bisogno di alleati e un esercito con cui riprendersi la sua città. Per tutto il resto, ci sarebbe voluto del tempo.

«Hei voi!»

Il grido fece loro alzare lo sguardo verso la vedetta, permettendogli di avere un perfetto scorcio del didietro di Isabela, la bizzarra amica della Tenente, che scendeva agilmente dall'albero della nave. Mandò un sentito ringraziamento al Creatore o chi per esso per avergli dato la fortuna di essere circondato da una vista niente male. Incrociò lo sguardo di Andrew, che stava palesemente pensando la stessa cosa.

«Mi mancava stare per mare, penso che potrei impossessarmi della vostra nave, Trevelyan.» Ammiccò la donna, gli orecchini d'oro che tintinnavano illuminati dai raggi del sole.

«Potrei essere convinto a cedervela.» Si limitò a rispondere con un sogghigno.

Anche Garrett li raggiunse, più sicuro di sé sulle gambe rispetto alla sorella. «Non immaginavo fosse così... imponente.» Commentò indicando con un cenno del capo la città.

«E ancora non avete visto niente, i festeggiamenti saranno un vero spettacolo.»

«È vero che fate rotolare i formaggi? O Varric cercava di prendermi per il culo come suo solito?»

«Tutto vero.» Rispose Andrew, ridacchiando. «Prendono il loro formaggio molto seriamente.»

«C'è una storia, dietro quella corsa: durante l'invasione Qunari, la città fece rotolare su di loro ogni genere di masso, carro, colonna, tutto quello che era abbastanza grosso da frenare la carica dei Beresaad.» Spiegò Macsen, sentendosi per un attimo molto suo fratello Quinn, con quell'aria da sapientone. «Si dice che un servo ebbe l'idea di utilizzare le enormi forme di formaggio contenute nel palazzo del Teyrn, che ruzzolarono giù per la via maestra spazzando via un intero contingente di quei bastardi cornuti.»

«E dicono che siamo noi del Ferelden quelli strani...» commentò il Campione di Kirkwall, ridacchiando e dandosi di gomito con l'amico.

La nave si stava avvicinando al molo, e la risposta piccata di Macsen venne spazzata via dall'ondata di gioia al vedere entrambi i fratelli, uno accanto all'altro, in attesa dell'attracco.

Non attese nemmeno che i marinai finissero di legare le corde, saltando agilmente sul pontile e piegandosi sulle ginocchia per attutire l'impatto, colmando la distanza che li separava e stringendoli entrambi in un abbraccio accorato.

Domhnall Trevelyan ricambiò la stretta con altrettanta forza mentre Quinn, di gran lunga il più fragile fra i tre, si lasciò sfuggire un lamento irritato, cercando di liberarsi dai fratelli.

«Mi state strangolando...» si lamentò allontanandosi un poco e sistemandosi gli occhiali sul naso.

Dom scoppiò a ridere, un suono profondo e sincero, mentre scompigliava i capelli ad entrambi. Superava Macsen di almeno mezza testa: il fratello minore era più asciutto, nonostante anni e anni di allenamento templare, mentre il primogenito di Bann Trevelyan era imponente, superando il metro e novanta di muscoli e mascella squadrata, i lineamenti pronunciati e il naso leggermente adunco. Gli occhi verdi erano gli stessi dei fratelli, chiari e screziati di oro verso la pupilla, i capelli scuri tenuti corti e tirati all'indietro. «Meno storie, lo sappiamo che anche tu non vedevi l'ora di farti stritolare dal nostro piccolo Max.»

Macsen fece una smorfia infastidita. «Dacci un taglio, gigante.» Si voltò ad osservare Quinn, rivolgendogli un gran sorriso. «Ti trovo in forma.»

Quello rispose con uno sbuffo divertito. Era poco più basso degli altri due, e decisamente più minuto, anche se anni e anni passati al Circolo ad evitare ogni genere di fatica fisica l'avevano reso il più morbido della famiglia. Era comunque un bell'uomo, anche se i lineamenti già dolci di suo, ereditati dalla madre, erano accentuati dalla rotondità delle guance. «Sì, certo, sai quanto ci tenga ai miei esercizi mattutini, non salto mai l'ora di corsa su e giù dalle scale.»

«Lo vedo...»

Scoppiarono a ridere e Macsen si sentì subito a casa, come se non fosse passato più di un giorno dall'ultima volta che si erano visti. Si voltò verso i compagni, facendosi da parte per presentarli.

La Tenente lo scansò senza troppi convenevoli, salutando i due Trevelyan con un rigido gesto militare che non aveva nulla di femminile. «Grazie dell'ospitalità.»

Domhnall sembrò piacevolmente colpito, e ricambiò il saluto. Quinn abbozzò un sorriso di circostanza, più guardingo.

«E ovviamente, il famoso Campione di Kirkwall...» proseguì Macsen.

Vide Garrett improvvisare un inchino, tendendo la mano ai due. Dom gliela strinse con vigore, Quinn esitò un attimo prima di imitarlo. Isabela si esibì in una riverenza che mostrava tutti i punti giusti, ammiccando divertita al baciamano galante del maggiore dei fratelli, mentre Quinn arrossiva vistosamente, balbettando una frase di benvenuto rivolto al molo accanto a loro.

Sebastian parve spezzare la tensione senza alcuno sforzo, avvicinandosi e intavolando una conversazione sul più e il meno che portò avanti fino alle due carrozze pronte a scortarli fino al palazzo dei Trevelyan, arroccato sulla collina che gli regalava una splendida vista della città.

Si divisero in due gruppetti, Macsen, Domhnall, Marian e Sebastian in una carrozza e Quinn, Andrew, Garrett e Isabela nell'altra. Mentre lanciava uno sguardo divertito con la coda dell'occhio al fratello, visibilmente a disagio, gli scandì un “fortunato” con le labbra.

La salita verso la residenza di famiglia durò una mezz'ora, le strade erano piene zeppe di gente da ogni provenienza, mercanti, saltimbanchi e curiosi, ma permise agli occupanti delle carrozze di godere del panorama. Sebastian e Domhnall continuarono a chiacchierare amabilmente, mentre gli altri due si limitavano a commentare affermativamente o meno ad intervalli regolari, troppo impegnati Marian a guardare fuori dal finestrino, ed il giovane ad osservare con un sorrisetto fiero ogni reazione della sua superiore, che pareva impressionata dalla città.

«Come sta nostra madre?» Chiese Max al fratello, titubante. La salute di Lady Dolores Trevelyan era sempre stata fragile, e negli ultimi anni i dolori alla schiena la costringevano a letto sempre più spesso. Fortunatamente andava molto d'accordo con la moglie di Domhnall, Juliette, la quale trascorreva molto tempo in sua compagnia. Non era inusuale trovarle a parlottare di musica e pittura sotto il portico coperto del giardino interno, o a conversare amabilmente davanti ad un vassoio di pasticcini orlesiani nel piccolo salotto privato.

«Le sei mancato, non vede l'ora di riabbracciare “il suo pulcino”, tranquillo.» Lo prese in giro l'altro, sorridendo affettuoso. «Sembra stare un po' meglio, poi da quando Juliette ha scoperto di essere incinta, nostra madre è quasi rinata. Si sta occupando di tutto, i servitori non hanno un attimo di pace e ha già scelto l'intero guardaroba del bambino, la culla e almeno tre balie diverse.»

Macsen scoppiò a ridere, scuotendo il capo. «Tipico. Mi fa piacere. Ah, congratulazioni di nuovo, a proposito, non vedo l'ora di insegnare alla peste in arrivo come tirarti in testa una spada di legno.»

«E se arrivasse una bambina?»

La tenente Marian si lasciò sfuggire una risatina. «Non penso lo fermerà dal suo intento, Lord Trevelyan.»

Domhnall si unì a loro, la risata roboante che contagiò anche il Principe. «Juliette ti ucciderà.»

«Ma che dici, mi adora!»

Quando arrivarono davanti alla dimora principale dei Trevelyan, le carrozze si arrestarono all'ingresso del giardino a tre terrazze, che incorniciava l'edificio color crema in un verde rigoglioso screziato delle fioriture della tarda primavera. Le vetrate multicolori del primo piano, commissionate un secolo prima direttamente da Serault, risplendevano sotto il sole come gemme. Il cavallo rampante, simbolo della loro famiglia, sventolava dalla sommità delle due torri ai lati del palazzo e spiccava nitido sulle armature delle guardie che si aprirono in due ali al loro passaggio.

«Però, ricordatevi di invitarmi più spesso!» Commentò Garrett ammirato.

«Aspetta a dirlo...»

Macsen si voltò verso Andrew, tirandogli una gomitata. «Non fare lo stronzo.»

L'amico ricambiò con una spallata leggera, sussurrando un “palloni gonfiati” nell'orecchio di Garrett a voce abbastanza alta perché il Trevelyan potesse sentirlo.

Scosse il capo, troppo contento di essere a casa per offendersi.

Salirono la doppia scalinata che abbracciava la grande statua di un cavaliere con l'elmo calato sulla testa in sella al suo massiccio destriero, ed entrarono nell'edificio.

L'interno non era da meno, un insieme di marmi chiari a formare disegni geometrici sul pavimento e lesene color crema dai decori dorati che sorreggevano la volta.

Fu Bann Trevelyan ad accoglierli, un sorriso appena accennato sul volto dai lineamenti duri, più scavato di quello dei figli e solcato da piccole rughe attorno agli occhi e agli angoli della bocca.

«Spero che il viaggio sia stato agevole.» Disse dopo le dovute presentazioni, facendo segno alle guardie di lasciarli. Quattro servitori scattarono in avanti a quelle parole, il capo chino e le livree bianche e verdi perfettamente inamidate. «Avremo modo di conversare dopo che vi sarete rinfrescati e riposati, e domani sera si terrà la cerimonia di apertura del Gran Torneo al palazzo del Teyrn, sarete ovviamente miei ospiti d'onore, Serah Hawke, Tenente Marian.» Si limitò a lanciare appena uno sguardo ad Isabela, probabilmente catalogandola come un accessorio di Garrett, e tornò a puntare gli occhi verdi verso Sebastian. «Principe Vael, è un piacere vedervi in salute. Vi porgo nuovamente le condoglianze a nome della mia famiglia, parleremo del futuro a tempo debito.»

Dopo che gli ospiti vennero scortati alle loro stanze, fece un cenno col capo ai figli, precedendoli verso il salotto privato e chiudendo le finestre del terrazzino che dava sul giardino interno. «Allora, Macsen, com'è davvero la situazione a Kirkwall?» Chiese mentre sceglieva con cura una bottiglia dalla vetrinetta.

Il figlio minore si appollaiò sul bracciolo di una delle poltrone, allungando la mano quando il padre gli passò il bicchiere. «Meredith non sembra avere nulla in comune con la donna di cui ha parlato zio Arthur, tanto per iniziare.» Prese un sorso, godendosi l'aroma pieno e tostato sulla lingua. «La Forca è una bomba pronta ad esplodere, la Comandante è paranoica e il suo Capitano pure peggio-»

«Sappiamo qualcosa su di lui?» Gli chiese Domhnall, inarcando un sopracciglio mentre faceva roteare pigramente il liquore nel bicchiere.

Macsen si strinse nelle spalle. «Non credo, è un fereldiano del cazzo che ha paura della sua stessa ombra... viene da Kinloch Hold, era lì quando è caduto il Circolo. Cullen Rutherford, un signor nessuno ma combatte bene, questo devo riconoscerglielo.»

Bann Trevelyan assottigliò lo sguardo al sentire il figlio parlare in quel modo, ma non sprecò fiato per redarguirlo. «Se Meredith l'ha scelto come suo secondo, dovrà pur valere qualcosa.»

«È un cane alla catena, padre, nulla di più.» Sbuffò, buttando giù metà del bicchiere. «Fiuta la preda e attacca a testa bassa, è un coglione ma è leale a Meredith. Più di altri che hanno cercato di lavorare alle sue spalle, questo è sicuro, uno di loro ha tentato di aggirarla e andare a proporre direttamente alla Divina Beatrix una “soluzione di Tranquillità”, un altro ha lavorato per anni ad inasprire il conflitto coi Qunari, anche se non ho la minima idea di come si possa essere così idioti.»

Il padre sospirò pesantemente. «L'ho sentito, purtroppo persino tra i ranghi dell'Ordine pare esserci la feccia peggiore. Ho parlato con Arthur, la Divina Justinia sembra essere più... comprensiva nei confronti dei maghi rispetto a quelle che l'hanno preceduta. Tuttavia, se la situazione in alcuni dei Circoli più difficili non si acquieta un poco, non riusciranno a far passare alcuna riforma a riguardo.» Si accomodò su una poltrona, appoggiando il bicchiere sul tavolino accanto. «Hai scritto che la Tenente Hawke ha ottenuto riscontri contrastanti tra i ranghi dell'Ordine, possiamo prenderla in considerazione per farle sostituire quel Rutherford? Meredith non potrà opporsi ad un ordine diretto dall'alto, ma dobbiamo essere sicuri che i suoi uomini la appoggino.»

Max storse la bocca. «Ha il sostegno della città, questo è certo, e i maghi alla Forca si fidano più di lei che di qualsiasi altro di noi, però... no, non credo che ora come ora sarebbe una mossa saggia. Molti di loro la vedono come una traditrice dell'Ordine, Rutherford tra i primi ma non è il solo. Ha protetto un mago per anni, e nonostante tutti i suoi sforzi, l'ago della bilancia sembra non riuscire a pendere in suo favore. Almeno, non senza un'ulteriore spintarella, ma rischieremmo di sbilanciarci troppo presto.»

Bann annuì, intrecciando le mani in grembo. «Ci siamo già esposti molto, non sarebbe saggio scoprire le nostre carte prima del tempo. Il tuo piccolo piano per sbarazzarti dei Montrose ha funzionato, e nel giro di pochi mesi sono stati rimossi dalla scacchiera, ma è ancora presto per muoverci. La salute del nostro Teyrn è sempre più precaria, domani sera non si affaccerà nemmeno dalla finestra per aprire il Torneo, ha passato il testimone alla moglie. Non durerà a lungo, basterà solo pazientare ancora un poco.»

«La Resistenza dei maghi non è famosa per la sua pazienza, padre.» Commentò secco Domhnall, accomodatosi anche lui. «Se dovesse scattare qualcosa di grosso come ai Satinalia di Kirkwall o, che il Creatore non voglia, peggio, non farebbe che confermare le idee dell'ala più conservatrice della Chiesa. E a quel punto non avrebbe molto senso schierarci a favore del dialogo coi maghi.» Lanciò uno sguardo a Quinn, il quale per tutto il tempo era rimasto in silenzio ad ascoltarli, il bicchiere ancora intonso.

«Non guardare me, sapete che cerco di tenermi per quanto possibile fuori dalle macchinazioni politiche... però posso dirvi che la situazione ai Circoli è sempre più tesa, persino qui ad Ostwick, e credetemi vuol dire tanto. I Liberisti sono sempre più popolari.»

Bann scosse la testa. «L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che Kirkwall ci sfugga di mano, allora, la Divina si è convinta sia la sede principale dei Risolutori, e se avesse ragione...» spostò lo sguardo sul figlio minore, e Macsen scorse preoccupazione nei suoi occhi. «Se la situazione va fuori controllo, ti farò trasferire di nuovo. Starkhaven dovrebbe riaprire l'anno prossimo, avranno bisogno di un Capitano. È sufficientemente increscioso che tu non abbia già una carica di rispetto, non ho intenzione di perdere un figlio a causa di questa follia.» Lo mise a tacere prima che Max potesse solo aprire bocca per dire che no, non si sarebbe tirato indietro. «Per ora la Tenente sembra promettere bene, ma mi riservo di sostenerla pienamente dopo che l'avrò conosciuta di persona. Per quanto riguarda Meredith, nel momento in cui lei o il suo cane dovessero strappare la catena, sapremo come sostituirli.»

Macsen annuì, la frecciatina del padre che gli pungolava l'orgoglio.



 

Si strattonò il farsetto, cercando inutilmente di allargarlo sul collo e finendo per slacciare la prima fibbia che lo chiudeva, sotto lo sguardo divertito del fratello.

«Per essere uno abituato a cuocere in una scatola di metallo sotto il sole, un po' di stoffa e sembri in preda alle convulsioni.» Lo prese in giro Quinn.

Gli rifilò una smorfia offesa, scompigliandosi i capelli ad arte. «Almeno io non me la sto facendo sotto all'idea di frequentare un po' di gente.»

L'altro si sistemò gli occhiali sul naso, voltandosi dall'altra parte con fare stizzito. «Non dire sciocchezze.»

Sogghignò, tirandolo per una manica e facendolo scendere dalla carrozza. «Forza, andiamo a divertirci.»

Il palazzo del Teyrn era gremito di gente, gli enormi giardini che lo circondavano erano illuminati a giorno da decine e decine di lanterne e bracieri, l'aria vibrava di musica e voci in una moltitudine di accenti diversi. I due Hawke sembravano smarriti in tutta quella confusione, e Macsen trascinò il fratello verso di loro, rivolgendo un sorriso smagliante alla tenente, sottobraccio con il Principe.

«Miei signori, benvenuti ad una festa come si deve.»

«Non vedevo l'ora...» commentò tetra Marian, osservando con sommo disgusto un gruppetto di Orlesiani in maschera poco distante da loro, le signore vestite con abiti imponenti e stravaganti che si facevano aria con larghi ventagli di piume variopinte.

Garrett sembrava invece più a suo agio, e sia lui che Isabela, che lo accompagnava, si guardavano attorno con curiosità. «Sono Avvar, quelli?» Chiese, indicando con un cenno un paio di energumeni a torso nudo, ricoperti di pitture blu scuro dalla testa bionda agli addominali pronunciati.

Macsen scrollò le spalle. «E ancora non avete visto niente, la parata degli Chevalier orlesiani sarà uno spasso, faranno a gara con chiunque per sembrare i coglioni più pomposi nel giro di dieci miglia... e calcolando ci saranno anche Nevarra e il Tevinter, è una sfida difficile.»

Marian lanciò uno sguardo dietro di sé, a disagio. «Tevinter?»

Fu Quinn a risponderle, sorprendentemente. «Non preoccupatevi, Tenente, il Gran Torneo è combattuto ad armi pari, nessuno si sognerebbe mai di inviare dei maghi a competere. Soprattutto in un posto pieno zeppo di templari come questo.» Si sistemò gli occhiali, già perfettamente a posto, e fece un piccolo cenno verso un grosso contingente armato di tutto punto, le armature splendenti che sfoggiavano la spada fiammeggiante sul pettorale e sugli scudi lucidi, che vigilava sulla festa.

«Sono più che contento di non essere in servizio,» commentò Macsen, scoccando loro uno sguardo di scherno «mi perderei tutte le danze, con quel mucchio di ferraglia addosso.»

Marian Hawke sembrava tesa come una corda di violino, mentre annuiva rigidamente.

Sebastian la strinse un attimo a sé, cercando di farla rilassare senza grandi risultati. «Perdonate il nostro scarso entusiasmo, l'ultima volta che siamo stati ad un evento in società non è andata esattamente nel migliore dei modi...»

Garrett fece spallucce, passando un braccio attorno alle spalle di Isabela e segnalandole un gruppo di Antivani in pompa magna. «Io stavolta me ne tiro fuori, ho già dato. Per una volta, voglio godermi la serata senza complicazioni.»

Macsen scoppiò a ridere, allargando le braccia. «Siete il Campione di Kirkwall, potete fare qualsiasi cosa vi venga in mente, stasera!»

«E io ho intenzione di sfruttarne tutti i benefici...» Commentò Isabela con un occhiolino.

«Max, Quinn!»

Sentendosi chiamare, i due si voltarono appena in tempo per essere travolti da una cascata di capelli biondi e stretti in un abbraccio da mozzare il fiato.

«Mordred, li stai stritolando...»

Macsen ricambiò la stretta della cugina, affondando in quella massa di riccioli dorati per poi lasciarla andare, affibbiandole scherzosamente un pugno sulla spalla. «Che carina che sei oggi, hai intenzione di indossare tutti questi pizzi e fronzoli anche domani?»

L'altra rispose con un sorriso divertito, improvvisando una mezza piroetta aggraziata che fece fluttuare la stoffa blu intenso dell'abito tempestata di piccoli ricami, attirando l'attenzione di più di un astante. Le braccia erano lasciate libere da uno chiffon leggerissimo appena appuntato sulle spalle, il fisico asciutto e muscoloso di chi aveva passato la maggior parte del tempo sui campi di battaglia che irradiava ugualmente una certa grazia ed eleganza. «Sarebbe uno spreco, non trovi? Anche se riuscirei a buttarti giù da cavallo pure così agghindata.»

Max fece una smorfia piccata, gonfiando il petto. «Non pensare di potermi battere, quest'anno.»

Marcus Trevelyan, gli stessi capelli biondi della sorella tenuti legati in una coda bassa da un fiocco di velluto nero, sospirò con fare teatrale. «Non ricominciate, su.» Squadrò gli ospiti dietro il cugino, gli occhi di due colori diversi che si assottigliavano impercettibilmente. «Principe Vael, benvenuto ad Ostwick.»

«Vi ringrazio, Lord Marcus.» Lo salutò a sua volta Sebastian, ricambiando il mezzo inchino. «Posso presentarvi Ser Marian e Garret-»

«Hawke, il Campione di Kirkwall!» Lo interruppe Mordred, facendosi avanti e afferrando il braccio di Garrett, che si ritrovò a sgranare gli occhi sorpreso da tutta quella confidenza. «Abbiamo saputo delle gesta di entrambi, ovviamente, affrontare un'invasione Qunari e sconfiggere a duello l'Arishok in persona, dovete essere degli ottimi combattenti!»

Il Campione in questione arrossì, a disagio. «Ah, beh, sì insomma...»

Marcus spostò gli occhi dall'una all'altro Hawke, soppesandoli per un attimo prima di accennare un saluto, senza però estendere la mano. «Siete diventati piuttosto famosi, tutto d'un tratto.»

Macsen dovette trattenersi dal ridacchiare, ma Mordred sembrò non sentire la frecciatina del fratello. «Dovete assolutamente raccontarmi tutto, voglio sapere ogni cosa! Siete un mago, vero? E voi, Ser Marian, nostro padre ci ha detto qualcosa ma-»

«Vedo che non posso lasciarti sola un attimo...»

Alle spalle della donna comparve un gigante dai capelli rossi, probabilmente uno degli uomini più grossi che Macsen conoscesse, che si chinò verso la moglie sfiorandole i capelli in un bacio.

«Paura che te la rubassero, Alexander?»

«Più che altro, che si cacciasse in qualche guaio... Boromir e Dominick stanno di nuovo bisticciando, a proposito.»

Mordred si lasciò sfuggire una risata, mentre Marcus alzò gli occhi al cielo, infastidito. «Dovrei andare a-»

«No, per niente!» Si impose il fratello, tirandola per un braccio e impedendole di schizzare via. «L'unica cosa che devi fare è goderti la serata, stando lontana da quei due.»

Un'allegra melodia riecheggiò per il giardino, e Alexander sembrò illuminarsi. «Andiamo a ballare?» Chiese alla moglie, facendola volteggiare due volte tra le braccia.

«È una splendida idea!» Gli diede corda Isabela, tirando Garrett per un braccio e schiacciandosi a lui in modo provocante. Quello sembrò trovare la cosa molto divertente, perché annuì entusiasta.

Sebastian, più galante, fece un piccolo inchino verso Marian, prendendole delicatamente la mano e invitandola ad unirsi alle danze.

«Come state?» Chiese Marcus ai due cugini una volta che ebbero salutato le coppie e recuperato qualcosa da bere, facendo roteare con eleganza il vino nel calice di cristallo.

«Kirkwall fa schifo, ecco come sto.» Rispose secco Max, sbuffando.

«Dovevi pensarci prima.» Lo rimbeccò Quinn, spostando il peso da un piede all'altro e fissando corrucciato un gruppo di chiassosi Fereldiani poco più in là. «Saresti potuto restare a casa.»

«La prossima volta che qualcuno ti minaccia, farò in modo di fregarmene, allora.» Ribattè offeso, tracannando metà del vino in pochi lunghi sorsi.

«Quel verme se l'è cercata.» Convenne Marcus, gli occhi puntati su una dama particolarmente bella avvolta in morbide stoffe antivane, che mettevano in risalto tutte le curve giuste.

Macsen lo seguì con lo sguardo, sogghignando. «Dovevo colpirlo più forte, altrochè.»

Quinn scosse la testa, bagnandosi appena le labbra col vino. «Siete due teste calde.»

«Sto già scontando le mie colpe, non mettertici pure tu.» Bofonchiò, cercando qualcosa o qualcuno nella folla che potesse dare un tocco di classe alla serata.

«Dovresti essere grato a Zio Arthur per averti coperto le spalle, Max, sarebbe potuta andare molto peggio. Il Comandante voleva cacciarti dall'Ordine.»

I due cugini si lasciarono sfuggire una risatina divertita. «Ma per piacere, come se Odven potesse anche solo alzare un dito senza il benestare di Arthur Trevelyan...»

«Sarai presto ritrasferito, da quanto ha detto mio padre.»

«Sai, credo di non voler andarmene così presto.» Disse Macsen, sorprendendo più sé stesso che l'altro. «Succedono parecchie cose interessanti, in quel postaccio.»

Marcus lo scrutò con fare indagatore, l'occhio rosso che brillava di una luce sinistra mentre la torcia accanto a loro si rifletteva in quello dorato. «Sembri particolarmente interessato alla tenente.»

Max scoppiò a ridere. «Non in quel modo, te l'assicuro, mi spezzerebbe a metà anche solo per averci provato. Non che non la trovi una bella donna, s'intende... ma no, il rapporto che cerco è strettamente professionale. Credo abbia delle buone possibilità, e che possa effettivamente portare un po' di ragionevolezza nell'Ordine.»

«È una qualità che scarseggia ovunque, ultimamente.»

Quinn lanciò uno sguardo di sottecchi al cugino. «La Resistenza sta causando problemi per tutti.»

«Sono un branco di gente pericolosa e fuori controllo.» Convenne quello con un piccolo cenno del capo. Macsen non restò sorpreso dall'affermazione: Marcus aveva sempre disprezzato la magia, pur essendo un mago anche lui e soprattutto un eretico. Quinn, non esattamente un mago dalle grandi doti, era stato spedito al Circolo quando al dodicesimo anno di età la sua capacità di parlare con gli spiriti si era rivelata difficile da gestire per tutti, invece Marcus era stato addestrato da un mago di fiducia lontano dalla Chiesa e dai sospetti dell'alta società, perfettamente in grado di controllarsi e di mantenere la sua posizione di primogenito di Ser Arthur Trevelyan, destreggiandosi nella politica e nel Gioco senza alcuno sforzo. I due cugini non potevano essere più diversi nell'atteggiamento e nell'aspetto, ma condividevano l'opinione che i maghi dovessero essere tenuti sotto controllo per il bene di tutti, ovviamente senza essere privati dei loro diritti basilari, s'intende.

Un po' ipocrita, forse, in quanto uno non aveva mai messo piede in un Circolo e l'altro era stato sempre tenuto nella più alta considerazione persino dai templari (a parte uno, ma a quello ci aveva pensato Macsen stesso, risolvendo la questione alla radice).

«Forse non hai tutti i torti, ci serviranno dei Templari ragionevoli.» Brindò Marcus alla loro salute, prima di finire il vino e appoggiare il calice vuoto sul vassoio di un servitore di passaggio, un'elfa dalla pelle scura come la cenere, e abbozzare un sorrisetto. «Ora penso mi unirò alle danze...»

I due fratelli lo guardarono scivolare senza sforzo verso la dama antivana, e dopo poco volteggiavano splendidi a ritmo di musica.

«Stai attento, a Kirkwall.» Ruppe il silenzio Quinn, prendendo un altro sorso di vino. «Nostro padre è preoccupato, anche se non lo dà a vedere.»

Max scrollò le spalle, continuando a scandagliare il giardino. Un paio di Orlesiani stavano discutendo animosamente sotto lo sguardo divertito di una nobildonna di Nevarra. «Sta' tranquillo, non mi succederà niente. E poi, posso contare su Drew e la tenente per tenermi d'occhio, no?» Uno dei due si sfilò il guanto, gettandolo ai piedi dell'avversario con fare plateale.

Quinn levò gli occhi al cielo, completamente ignaro della scena. «Non è un vanto, avere meno autocontrollo di un paio di Fereldiani spuntati dal nulla.»

Osservò la donna fingere di restare sorpresa dal gesto, estraendo un fazzoletto ricamato che consegnò nelle mani di uno dei due sfidanti. Stava per tornare a guardare il fratello, quando la sua attenzione venne catturata da un ragazzo dai capelli biondi, magrolino ma piuttosto alto, che stava osservando la stessa scena tutto impettito in una ricca veste di taglio tevinter.

Macsen sogghignò per l'ennesima volta quella sera.

Quinn sembrò accorgersi di qualcosa, perché seguì il suo sguardo fino alla delegazione dell'Imperium, composta in quel momento da una mezza dozzina di uomini e due donne, tutti con la caratteristica puzza sotto il naso.

«Hai idea di chi abbiano mandato, stavolta?» Chiese Max, cercando di dissimulare l'interesse.

«Un tale che si è ostinato a farsi l'intero viaggio in nave solo per mostrare a tutti quanto sia splendida l'Armata Dorata, a quanto pare.» Rispose il fratello, sistemandosi gli occhiali. «Un ammiraglio dell'Imperium, grande e grosso e dai modi taglienti, si è chiuso con nostro padre a parlare dei Qunari per un paio d'ore ieri mattina, prima che arrivaste voi. Sinceramente non mi interessava abbastanza da chiedere altro.»

«Ti lasci sempre sfuggire i dettagli importanti, Quinn.» Lo rimproverò Macsen, che nel mentre non aveva staccato gli occhi dal ragazzo biondo. Era vestito più riccamente degli altri, e sembrava non curarsi minimamente del discorso che i suoi conterranei avevano intavolato. Incrociò il suo sguardo, e gli parve di vedere una smorfia infastidita sul volto del Tev. “Oh, sarà divertente”.

«E tu sei sempre troppo entusiasta di...» la risposta del fratello si perse nel nulla, la sua attenzione completamente catturata da una donna dalla pelle scura avvolta in un abito scollato sul seno, che avanzava al braccio di un uomo vestito riccamente, entrambi con vistose maschere orlesiane sul viso. «Ne parliamo un'altra volta, Max.»

Scoppiò a ridere, dando di gomito al fratello che si scostò appena in tempo. «Non ti facevo interessato alle signore già impegnate!»

Quinn gli rivolse un'occhiata gelida. «Sei cieco o hai preso una botta di troppo? Quella è Madame de Fer, Prima Incantatrice di Montsimmard e Consigliere Arcano dell'Imperatrice Celene.» Spiegò irritato, dandogli un colpetto sul braccio in segno di commiato prima di avanzare verso la donna, che nel frattempo aveva lasciato il fianco dell'uomo mascherato.

Rimasto solo, Macsen si spettinò ad arte i capelli e fermò un servitore di passaggio, facendosi recuperare un'ottima annata di rosso antivano in due calici, tagliando poi il giardino verso la delegazione dell'Imperium.

Il ragazzo biondo lo osservò con fare annoiato, ma appena Max fu a metà strada spostò lo sguardo verso la fontana poco lontano, facendo qualche passo per allontanarsi dal resto dei Tev.

«Avanna. Non si usa divertirsi nell'Imperium?» Lo salutò Max, sfoderando il poco di Tevene che conosceva e allungandogli il calice.

L'altro sembrò soppesarlo per qualche istante, inarcando appena un sopracciglio prima di afferrare il bicchiere tra le dita affusolate. «Mi stavo chiedendo la stessa cosa di questa città.»

Macsen sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi. «Vi ricrederete, Ostwick sa essere molto interessante.» Gli tese la mano libera, chinandosi un poco. «Macsen Trevelyan.»

Il Tev sollevò impercettibilmente gli angoli della bocca, squadrandolo con un paio di occhi azzurri che risaltavano sulla carnagione olivastra. «Cornelius Nerva.» Rispose infine, allungando la mano e stringendogliela appena prima di tirarsi indietro. Aveva una stretta morbida, le mani delicate di chi non ha mai stretto una spada in vita sua.

“Magari altro...” pensò con un sorrisetto Macsen, avvicinandosi un poco.

L'altro non sembrò infastidirsi, tornando ad osservare il resto degli ospiti. «Per il momento, comunque, non sono colpito.»

Aveva un forte accento, che gli piacque subito. «Potrei prendermi carico di farvi cambiare opinione... è una questione di onore.»

Cornelius si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo. «Onore... lo stesso che sbandiereranno i partecipanti di questo spettacolino, domani?» Accennò con la mano libera ai due orlesiani alle prese con la donna di Nevarra, che ora si stavano lanciando occhiate astiose dai due capi del giardino.

«Non avete anche voi dei Tornei d'Arme?»

L'altro annuì. «Tuttavia mi è sempre sfuggito il fascino di un ammasso di gente che si colpisce con dei bastoni appuntiti.» Gli rivolse uno sguardo penetrante, analizzandolo da capo a piedi. «Immagino invece che voi vi partecipiate entusiasticamente, invece.»

Max si strinse nelle spalle, mettendo in mostra i muscoli sotto il farsetto che sapeva calzargli a pennello. «Magari cambierete idea.»

«Non credo, ma non sembrate uno che si arrende facilmente, quindi potrei concedervi il beneficio del dubbio. Anche solo per ravvivare questa visita, se avessi saputo che avrebbe significato non vedere altro che pallide imitazioni di palazzi imperiali, sarei rimasto a Minrathous.»

«Siete qui da due giorni e ancora non avete visitato la città?» Scosse il capo, mettendo su un'espressione affranta. «Non posso permettere che un ospite se ne vada prima di aver goduto il meglio che Ostwick ha da offrire.»

Riuscì a strappargli una risata, seppur breve e controllata, e si ritrovò a chiedersi quante altre tonalità sarebbe riuscito a tirargli fuori, magari mentre lo sollevava di peso per poi schiacciarlo contro un materasso, facendogli vedere a che servivano anni di allenamento militare...

«Siete divertente, ve lo concedo.» Rispose Cornelius, bevendo un sorso dal calice e facendo comparire per un attimo la punta della lingua a raccogliere un'inesistente goccia di vino dalle labbra. «Finalmente un motivo per prestare attenzione, domani.»

“Fa il difficile...” pensò Macsen, rivolgendogli un sorriso tronfio. «Ci conto. Una volta che avrò conquistato la mia corona d'alloro, potrò dedicarmi a farvi fare un giro della città.»

«Credete di avere già la vittoria in tasca?»

Max accennò col capo ai tre Tevinter poco lontani da loro, evidentemente lì per partecipare al Torneo. «Ho recentemente affrontato una carica Qunari, qualche energumeno armato di bastoni appuntiti non mi spaventa.»

Gli occhi azzurri dell'altro brillarono divertiti. «Vi state seriamente vantando di aver combattuto un Qunari o due con un Tevinter?»

Gonfiò il petto, punto sull'orgoglio. «Sono di stanza a Kirkwall, avrete sicuramente sentito le notizie della fine dell'Arishok.»

Cornelius fece un cenno con la mano che reggeva il calice verso Garrett, che teneva banco attorniato da una piccola folla di curiosi. «Sì, ho sentito come un certo Hawke abbia salvato la situazione... ottimo lavoro, ma ovviamente non ci si poteva aspettare niente di meno da un mago.» Riportò lo sguardo su Macsen, un sorrisetto sulle labbra mentre si godeva la sua reazione offesa.

«Non fosse stato per l'Ordine, la città sarebbe caduta molto prima dell'arrivo del Campione.» Tracannò il resto del vino in un gesto stizzito.

Il Tevinter sollevò un sopracciglio, prendendo un altro sorso misurato e guardandolo di sottecchi. «L'Ammiraglio mi aveva accennato che il più giovane dei Trevelyan fosse un templare.»

«Beccato.» Aggrottò la fronte, cercando di figurarsi l'uomo in questione dalle poche informazioni che gli aveva fornito Quinn e confrontandolo con il ragazzo che aveva di fronte, vestito di tutto punto e con un'aria di superiorità addosso. «L'Ammiraglio è vostro...?»

Il sorrisetto di Cornelius sembrò vacillare per un attimo in una smorfia, ma si riprese in un battito di ciglia. «Padre, sì. Non notate la somiglianza?» Disse, allargando un poco le braccia come a mettersi in mostra.

Max si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. «Non ho avuto il piacere di conoscerlo, ancora, quindi non saprei dire. Me ne ha parlato mio fratello.»

«Vostro fratello... Quinn, giusto?»

Annuì. «Avete fatto i compiti.»

Il Tev piegò appena il capo da un lato. «Ovviamente. Vive al Circolo qui ad Ostwick, mentre voi siete di stanza a Kirkwall e Donal-»

«Domhnall.» Lo corresse istintivamente Max, mordendosi poi la lingua.

Cornelius non sembrò offeso, anzi, ripetè la corretta pronuncia di quel nome poco familiare come ad imprimersela bene in mente. «Gratias, dicevo, Domhnall è a capo di metà del vostro esercito, l'altra è assegnata a vostra cugina Mordred, vostro padre si dice che abbia la strada spianata per diventare il prossimo Teyrn e la fama di vostro zio è giunta fino da noi...» Tamburellò pensosamente le dita sul cristallo del calice. «Una famiglia interessante, non c'è che dire.»

«Così interessanti che vostro padre è venuto qui per discutere di un'alleanza?»

«Oh, non sopravvalutate la sua presenza qui, è stato mandato principalmente come messo da parte del Senatus. Non sarebbe stato... conveniente, per Magistra Ligarius, venire qui di persona, oltretutto un soporati è una scelta molto più cauta per trattare con il Sud.» Prese un altro sorso di vino. «Anche se non dubito che l'Ammiraglio abbia lo stesso cercato di portare acqua al suo mulino, come si suol dire, qui si trova nel suo elemento.»

Il tono freddo con cui parlava del padre lo fece incuriosire, si appuntò mentalmente di incrociare quell'uomo nei giorni successivi. «“Soporati”?»

Il sorrisetto dell'altro si acuì un poco. «Una semplice constatazione.»

Macsen avrebbe voluto indagare oltre, ma una serie di scoppi e luci colorate segnalarono che era iniziato lo spettacolo di fuochi d'artificio. Un gruppetto di nani dall'altra parte del giardino si levò in una sequela di esclamazioni colorite, strappando commenti oltraggiati da una coppia di nobildonne Orlesiane che presero a sventagliarsi con aria offesa.

Riportò lo sguardo su Cornelius, che sembrava essersi imbronciato. «I fuochi d'artificio non sono di tuo gusto?»

«Non sono male.» Finì il proprio bicchiere, avanzando verso Max e sfiorandogli per un attimo la spalla con le dita. «Buona serata, Ser Macsen Trevelyan, e feliciter per domani.»

Ricambiò il saluto, guardandolo allontanarsi e ripetendosi un paio di volte in mente quella pronuncia marcatamente Tevinter. Sogghignò, per poi andare alla ricerca del fratello, trovandolo ancora intento a conversare con la maga di Montsimmard.

«Madame Vivienne, permettetemi di presentarvi mio fratello Macsen.» Lo presentò Quinn.

La donna, di una bellezza innegabile con quelle labbra piene che spuntavano da sotto la maschera d'avorio, lo salutò cortesemente. «Ho sentito parlare di voi... siete assegnato a Kirkwall, vero?»

Max annuì.

«So che la situazione in città è alquanto precaria, siamo fortunati che ci siano templari in gamba come voi e la tenente Hawke...» Proseguì Madame de Fer senza realmente guardarlo, troppo occupata ad osservare Arthur e Bann Trevelyan in un angolo riparato del giardino, lontano da orecchie indiscrete, impegnati a conversare con Marian, Sebastian, il primogenito del Visconte di Markham e un altro paio di nobili dei Liberi Confini. «Si stanno muovendo le acque, miei cari, e ben presto scopriremo chi riuscirà a stare a galla.» Puntò gli occhi nei suoi, accennando un sorrisetto prima di salutarli cortesemente entrambi e raggiungere ancheggiando l'Orlesiano con cui era arrivata.

«Non pensavo ti avrei rivisto prima della fine della serata, non è da te.» Commentò Quinn una volta che furono soli.

«Mi ferisci, quattrocchi.»

Il fratello gli lanciò un'occhiata scettica, che Max sviò con una scrollata di spalle. Individuò un'Orlesiana con un abito che lasciava scoperto gran parte del decoltè fargli un cenno dall'altro capo del giardino e, dopo aver dato un buffetto divertito a Quinn, si diresse verso la pista da ballo.



 

L'armatura da Giostra era grossa, scomoda e assolutamente poco pratica per un combattimento vero, il cavallo rampante bianco su sfondo verde dei Trevelyan ben impresso sulla parte frontale, i colori ripetuti sulla stoffa che usciva dall'armatura e sulla gualdrappa del cavallo. Lo spallaccio sinistro era largo e si estendeva fino a metà del petto, piatto e leggermente zigrinato per ricevere i colpi dell'avversario. Era stato Andrew ad aiutarlo ad indossarla, quella mattina, perché Ronan, che avrebbe dovuto fargli da scudiero, sembrava essere sparito nel nulla, probabilmente ancora ubriaco dalla precedente notte di baldorie.

Cercò di ruotare la spalla, che dopo i colpi subiti durante la giornata e tutte quelle ore costretto in quello stupido ammasso di ferraglia, era ormai indolenzita. Sarebbe stato l'ultimo scontro per aggiudicarsi l'accesso alla finale del giorno seguente.

«Ser Macsen Áedán Trevelyan, Caporale dell'Ordine Templare di Kirkwall, figlio di Lord Bann Trevelyan di Ostwick!»

Sentendosi chiamare, trottò in avanti sotto le acclamazioni ordinate della folla lanciando uno sguardo tronfio agli spalti degli spettatori, tra cui individuò la maggior parte dei suoi familiari, il Principe e i due Hawke. Percorrendo tutta la corsia, passò accanto alla piccola delegazione del Tevinter, non resistendo alla tentazione di strizzare l'occhio a Cornelius, che finse di non notarlo.

«Ser Etienne Leonard Philippe Courtemance, Marchese di Val Chevin, figlio di Lord Jacques Courtemance.» L'avversario, uno Chevalier tutto impettito nella sua armatura che sfoggiava cinque gigli gialli su una partizione inquartata bianca e rossa, salutò la folla con un cenno elegante della mano libera.

Macsen si calò la visiera davanti agli occhi, riuscendo a stento a vedere dalla fessura, e imbracciò saldamente la lancia, spronando il cavallo.

Lasciò andare le redini, affondando nella spalla dell'avversario la lancia di legno di frassino che si spezzò a meraviglia contro lo spallaccio, nel frattempo riuscendo ad evitare per un soffio di essere colpito. Sogghignò, proseguendo il trotto fino al capo opposto della staccionata che li separava e afferrando una lancia nuova.

Il secondo punto andò allo Chevalier, il terzo turno se lo divisero equamente.

Al quarto, la lancia cozzò poco sotto lo spallaccio dell'Orlesiano, rischiando di disarcionarlo, ma quello dimostrò di essere un buon cavaliere riacquistando l'equilibrio all'ultimo.

All'ultimo turno, Max si sporse in avanti un poco, approfittando della difficoltà dell'altro di ruotare il braccio della lancia. La punta di legno si incastrò nella protezione del collo dell'avversario, e Macsen lanciò un'esclamazione di vittoria, che si interruppe bruscamente quando si sentì sbalzare via dalla sella.

Cadde rovinosamente a terra, l'impatto che gli mozzò il fiato oscurandogli la vista per qualche attimo. Riaprì faticosamente gli occhi, sollevando la visiera e fissando il cielo, incredulo. La folla rumoreggiava entusiasta il nome di Courtemance, e Max si tirò in piedi cercando di nascondere la rabbia, chinando il capo e togliendosi l'elmo, ormai sconfitto.

Lo Chevalier, finita la sua corsa, scese da cavallo agile come un furetto, senza che i trenta e passa chili di armatura che aveva addosso sembrassero impacciarlo in alcun modo. Si tolse anche lui l'elmo, ringraziando pomposamente la folla acclamante.

Macsen notò su di sé gli sguardi dei familiari, sentendosi arrossire dall'imbarazzo e dall'ira di essere stato battuto da un buffone simile. Si allontanò in fretta, sparendo dall'attenzione.

Andrew gli corse dietro, tenendo il cavallo per le briglie. «Max, aspetta-»

«'Fanculo, Drew, un Orlesiano di merda? Davvero?» Sibilò, tirando un calcio ad un sasso lì vicino. «Per i coglioni pelosi del Creatore, un cazzo di Orlesiano imbellettato.»

«Non c'è vergogna a perdere contro uno Chevalier, dai, non fare il bambino.»

Si voltò a fronteggiarlo, facendo uno sforzo immenso per frenare il braccio dal rifilargli un cazzotto con la mano guantata. «E io cosa sono, l'ultimo arrivato?!»

Andrew mantenne la calma, limitandosi ad alzare il sopracciglio e incrociando le braccia davanti al petto, in attesa che l'amico smettesse di dare di matto.

Inspirò profondamente una, due, tre volte. Gli rodeva, pensava almeno che sarebbe arrivato al girone finale. Mordred ce l'aveva fatta, perché lui non era in grado di reggersi su una stramaledetta sella più di quel pallone gonfiato dalla faccia mascherata? «È che volevo dimostrare di essere...»

Andrew gli mise una mano sulla spalla, fissandolo dritto negli occhi. «Non devi dimostrare un bel nulla, siamo Templari, non Chevalier profumati e ornati di piume. Courtemance è più bravo di te a tenere una lancia di legno sotto il braccio, buon per lui, e allora?»

Max sbuffò sonoramente. «In uno scontro vero, lo farei a pezzi.»

«Esattamente,» annuì l'amico, dandogli una pacca sul braccio «e ora andiamo, ti aiuto ad uscire da questa robaccia, sembrate tutti scemi conciati così.»

Dopo che si fu liberato dell'armatura e dato una rinfrescata veloce, si interrogarono sul da farsi. La Giostra era ormai finita, e l'unico evento del tardo pomeriggio sarebbe stata la competizione di tiro con l'arco.

Non gli era mai piaciuto particolarmente l'arco, era un'arma troppo fredda per lui, che preferiva entrare a contatto con l'avversario e sentire la scarica di euforia e adrenalina invadergli le membra ad ogni colpo andato a segno.

Tra gli spettatori della gara, tuttavia, trovò la cugina e alcuni membri della sua allegra combriccola, tutti intenti a tifare per il loro compare Ser Brickenden, che stava saggiando la corda del suo arco.

«Guarda chi si rivede!» Li salutò Alexander, accanto alla moglie.

Mordred si voltò verso i nuovi arrivati, un sorriso sulle labbra. «Max, sei stato bravo oggi.»

«Ma per piacere...» Sbuffò, girandosi dall'altra parte, ancora un po' offeso.

«Pensala come vuoi, ma ho sentito qualcosa su Ser Courtemance, non era un avversario facile.»

La guardò dritto negli occhi verdi, esasperato. «Fammi un favore, d'accordo? Domani, se ti capita di gareggiarci contro, mandalo nel fango come merita.»

«Tutta questa competitività finirà per farti il sangue acido.» Commentò Alexander sottovoce.

«Troppo tardi...» Rincarò la dose Andrew.

Max stava per rimbeccarli a dovere, quando uno squillo di trombe segnalò che la gara di tiro era iniziata. Seguirono le presentazioni degli sfidanti, ma quello che attirò l'attenzione di tutti fu un tale in armatura pesante, tutta ricamata, e un elmo con due ali spiegate ai lati del capo, abbassato a nasconderne il viso. Quando fu il suo turno di essere annunciato, l'araldo fece una smorfia che lasciava molto da intendere, iniziando a sciorinare un titolo peggio dell'altro.

«Il Drago d'Acciaio, divoratore di mondi, dal profumo di ambrosia e... il fuoco di Gaatlok?»

La reazione del pubblico non si fece attendere, le risate a riempire l'aria mentre persino alcuni dei partecipanti si piegavano sobbalzando sulle ginocchia.

Macsen scoppiò a ridere a crepapelle, improvvisamente dimentico della figuraccia di prima, seguito a ruota da Andrew che si appoggiò a lui per non cadere. «Questo da dove spunta?»

Mordred, divertita, lanciò un'occhiata di finta compassione all'elemento in armatura completa in mezzo agli sfidanti, che ora sembrava voler stritolare l'arco lungo. «Che tristezza...»

Vide Boromir, l'amico della cugina, scuotere il capo e bofonchiare qualcosa tra sé e sé, incoccando una freccia e spedendola dritta verso il centro del bersaglio.

Già dal primo tiro, fu ben chiaro che il drago in questione non aveva probabilmente mai centrato nulla in vita sua. La prima freccia crollò miseramente a terra dopo un tentativo maldestro di mirare davanti a sé, la seconda fece qualche metro e le successive si piantarono qua e là per il prato erboso.

Ad ogni round, il pubblico vociava più forte, fischiando e lanciando insulti sempre più fantasiosi e coloriti, al punto che l'araldo fu più volte costretto a richiamare all'ordine.

Ma fu durante l'ultimo round che il misterioso figuro riuscì a dare il meglio di sé: incoccò la freccia, tirando indietro il gomito fino ad appoggiare la mano sull'elmo, all'altezza della feritoia sugli occhi. Il rinculo dopo averla scoccata lo fece colpirsi da solo, mentre la corda si incastrava in una delle ali dell'elmo e lo faceva ruzzolare in avanti, incespicando. La freccia andò a conficcarsi ad un soffio dal piede dell'arciere alla sua sinistra, che gli rivolse un insulto molto colorito in un forte accento antivano, tra le urla sguaiate della folla ormai fuori controllo.

Mentre l'araldo cercava inutilmente di richiamare l'attenzione sulla freccia d'oro, il premio dell'evento, e Ser Boromir gonfiava le guance nel disperato tentativo di non crollare a ridere sul palchetto d'onore, il Drago d'Acciaio si voltò furente verso di lui, impugnando l'arco per una delle estremità con entrambe le mani, come fosse una mazza pesante.

«Ti sfido a duello, fellone!» Urlò, e con una smorfia di realizzazione, Macsen incrociò lo sguardo della cugina mentre l'uomo in armatura scattava in avanti e, complice una buca nel terreno, caracollava a terra proprio sotto il palchetto di legno.

«Oh, no. Non lui.»

Prima che potessero intervenire, l'uomo si rialzò malamente, portando una mano all'elmo alato e buttandolo a terra, rivelando al pubblico sognante la propria identità.

«Scendi e affrontami se hai il coraggio, coglione!»

Con orrore, videro Ronan Trevelyan, loro cugino di terzo grado e da sempre somma vergogna della famiglia, le guance rosse sotto i capelli chiarissimi, caricare maldestramente Boromir.

Ser Brickenden, in preda alle risate, si limitò a spostarsi di poco, piroettando elegantemente a destra e lasciando che l'altro facesse tutto da solo, schiantandosi a muso duro contro il rialzo di legno e crollando a terra con un gran rumore di ferraglia.

Non si rialzò.

Calò il silenzio, che si protrasse per un lungo, lunghissimo istante, prima che qualcuno riconoscesse il buffone e la folla tornasse a ridere più forte di prima, dandosi di gomito.

Macsen intercettò più di un'occhiata rivolta a sé e alla cugina e, rosso in volto, avanzò verso l'idiota, che ora ronfava beatamente a faccia nell'erba. Riuscì non senza alcune difficoltà a voltarlo. Aveva un grosso bernoccolo sulla fronte e la bava che gli usciva dalla bocca era rossastra, ma sembrava altrimenti incolume.

Mordred li raggiunse a passo pesante, piantando un piede sulla corazza di Ronan e assestandogli un calcio secco. «Svegliati, idiota.»

Max guardò la cugina, inarcando un sopracciglio. «Non credo che possa sent-»

Il ragazzo a terra si svegliò con un colpo di tosse, tirandosi faticosamente su e sputando un grumo di muco e sangue nell'erba. Sollevò lo sguardo confuso, sbattendo le palpebre con aria da ebete. «Ah, ciao, non sapevo foste qui...»

Mordred scattò in avanti, afferrandolo per l'armatura e sollevandolo in piedi di peso. «Questa è l'ultima volta che ti rendi ridicolo.» Macsen raramente l'aveva vista arrabbiata ma in quel momento, non fosse stato Ronan la vittima, avrebbe quasi provato pietà per lui.

Ronan sgranò gli occhi, improvvisamente spaventato. «Mordi, dai, sicuramente possiamo-»

«Sta' zitto.» Sputò lei, lasciandolo andare disgustata.

Quello barcollò all'indietro e se non fosse stato per il palchetto, a cui riuscì ad appoggiarsi, sarebbe di nuovo caduto a terra. «Volevo solo vincere qualcosa...»

Macsen strinse il pugno, trattenendosi dallo spaccargli la faccia lì, davanti a tutti. Stava per dirgli di levarsi di torno, quando il ragazzo ebbe la sfortunata idea di aprire di nuovo la bocca.

«Sono un Trevelyan anche io, cazzo!»

Non fece in tempo a fermare la cugina e, in tutta onestà, non ci provò nemmeno.

In un attimo, Mordred gli fu addosso, strappandogli a forza lo spallaccio e gettandolo in terra, uno sguardo omicida negli occhi mentre afferrava il cugino per la spalla. «Cos'hai detto?»

Il flebile balbettio terrorizzato dell'altro si perse nel nulla, persino gli spettatori tutto attorno assistevano alla scena in un silenzio carico di attesa.

Macsen notò che Alexander si era fatto avanti quasi di corsa, affiancando la moglie come a cercare di fermarla ma senza effettivamente toccarla. Lo sguardo di Mordred invece si spostò lentamente verso Max.

«Fagli capire che sbaglia di grosso.» Si limitò a risponderle lui, con un cenno del capo.

La donna estrasse un coltello dalla cintura, tranciando le cuciture del farsetto imbottito del ragazzo e mostrando la spalla nuda, il tatuaggio del cavallo rampante dei Trevelyan impresso nella pelle. «Non lo meriti nemmeno, questo.»

Ronan si voltò verso di lui, cercando inutilmente di divincolarsi dalla presa dell'altra. «Max, ti prego, siamo parenti, non-» Le parole successive vennero inghiottite da un urlo di dolore, mentre la lama del coltello gli incideva la carne tre volte, sfregiandone il disegno.

Mordred lo lasciò quindi andare, non prima di avergli ripulito addosso il coltello dal sangue. «Sparisci dalla nostra vista. E vedi di bruciare il resto, altrimenti lo farò io.»

Ronan si reggeva il braccio, incespicando all'indietro. «Io lo... lo dirò a mio padre, non potete farmi questo, non-»

Macsen scosse il capo, inspirando prima di caricare il braccio all'indietro.

Il suono delle nocche che si schiantavano contro il naso di quel coglione fu musica per le sue orecchie, e lo guardò crollare nell'erba come un sacco di patate, reggendosi il volto e strisciando all'indietro per allontanarsi da lì, il volto rigato di lacrime.

Si voltò poi verso la folla, rimasta impietrita. «Lo spettacolino è finito, signori, ora levatevi di torno prima che faccia buio.» Ringhiò, facendo un cenno soddisfatto alla cugina e allontanandosi alla ricerca di qualcosa da bere.




































Note dell'Autrice: Alcuni dei personaggi presenti sono stati presi in prestito dalla fantastica @Eliot Nightray (come i cugini di Macsen, Mordred e Marcus, e gli amici della Banda del Toro), mentre Domhnall (che a proposito si legge "Donall"), Quinn, Cornelius e alcuni altri avranno più spazio in Inquisition, questo è solo un piccolo assaggio. 
Che dire, Max come personaggio narrante mi piace molto, e questi due capitoli così pieni di gente e ambientati in una nuova città in pieno fermento da Gran Torneo sono stati divertentissimi da scrivere. 
Alla prossima! :D 

  
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