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Autore: miss yu    17/06/2020    2 recensioni
[Stucky | AU Omegaverse | Slash | Fluff primi capitoli | Angst senza badare a spese | H/C | No mpreg]
In un mondo in cui lo stato di diritto, deciso e gestito dagli Alpha che detengono tutte le posizioni di potere, considera gli Omega quasi alla stregua di animali domestici, Steve riceve un regalo che, anche se lui non lo sa ancora, cambierà per sempre il suo modo di pensare e di amare.
La storia penso sia comprensibile anche a chi non ha molta familiarità con questo AU o addirittura a chi non ne sa nulla.
Dal testo:
"Senta facciamo così, le dò qualche giorno di tempo, ci dorma sopra,
vada a vedere qualche altro posto, parli con qualcuno che può consigliarla,
tanto Bucky non va da nessuna parte,
come avrà capito non c’è la fila per acquistarlo.”
Genere: Angst, Omegaverse, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3: Smell of rain.


E’ Venerdì pomeriggio, Steve è riuscito ad uscire con mezz’ora d’anticipo dal lavoro e si è subito messo in macchina per arrivare al Ricovero prima della chiusura.
Si lascia alle spalle la città e si inoltra nella periferia dove le abitazioni lasciano il posto alla zona industriale fatta di grandi capannoni prefabbricati. Le strade sono semi-deserte, le luci dei fari illuminano cortili dove sono posteggiati camion e macchinari, container arrugginiti e merce imballata. Alla fine di una strada chiusa si trova davanti un edificio simile ad un hangar per aerei, con nulla ad indicare che si tratta di un centro per Omega, se non un cartello all’ingresso che sfugge all’attenzione dei più.
Suona e attende all’entrata che qualcuno gli venga ad aprire, intorno a lui tutto ha un’aria fatiscente e trascurata, compreso l’uomo di mezz’età che compare dopo poco.
“Buongiorno, sono l’amico di Dugan.”
L’uomo sogghigna e gli stringe la mano.
“Certo, il Capitano Rogers!”
Steve tossichia confuso ma decide di lasciar perdere l’equivoco, poi in un ufficio piccolo e disadorno ripete più o meno quello che già ha detto al commesso dell’Omega Vip.
“Incomincio a farle vedere qualcosa da qui” bofonchia l’uomo accendendosi una sigaretta, girando la poltroncina malconcia su cui è seduto e posizionandosi di fronte a dei monitor, collegati ad un sistema di telecamere a circuito chiuso.
Quando il primo schermo si illumina appare un piccolo ambiente più simile ad una cella che ad una camera; sulla brandina è disteso un uomo che dà loro le spalle, un tavolino con una sedia e un lavandino completano l’arredamento.
“Ehi Bucky svegliati” ordina il custode attraverso un microfono interno, senza ottenere nessuna reazione, “Andiamo oltre” mastica insieme ad un paio di bestemmie e altre telecamere si accendono in altre celle.
Steve ne sceglie quattro, quattro ragazzi con indosso una tuta arancione e nello sguardo una speranza, che fa sentire Steve in colpa per qualunque scelta farà.
Escono dall’uffico ed entrano in un ascensore che si ferma al piano interrato; quando le porte si schiudono Steve si trova in un lunghissimo corridoio sotterraneo illuminato da una luce al neon, ai cui lati si aprono numerose porte in metallo.
E’ più o meno lo stesso rituale che si è svolto all’ Omega Vip ma le sensazioni che prova sono completamente diverse e si dà dello stupido per aver accettato con leggerezza la proposta di Dugan; la cosa che desidera più di ogni altra è che tutto finisca in fretta, in modo da andarsene da quel posto dove l’aria puzza di chiuso e di muffa e l’acquisto di un Omega non è più una faccenda divertente, ma lo scontro con un mondo che non si è mai sognato possa esistere, pieno di violenza e rabbia trattenuta, di sofferenza taciuta che percepisce sottopelle.
Il sorvegliante apre uno alla volta una serie di sportelli, invitandolo a guardarci dentro e Steve non può far altro che aderire alla richiesta, sentendosi sommergere da odori che anziché attrarlo non fanno altro che respingerlo sempre più lontano, finchè scuote il capo cercando una scusa per scappare.
“Mi dispiace ma non c’è niente che mi piaccia davvero” e le parole che usa gli sembrano completamente false ed inadeguate, perché quello che vorrebbe dire veramente è che è soverchiato dalla constatazione che non tutti gli Omega sono come quelli che ha sempre visto: fragili, indifesi e delicati, ma che in quel luogo gli odori gli hanno narrato storie di degrado e abbruttimento, di paura e depressione.
“Prima che se ne vada vediamo se quell’idiota si è svegliato” mugugna il custode aprendo lo sportello dell’ennesima cella.
Il ragazzo che prima sul monitor dormiva o faceva finta, ora si è alzato e sta facendo delle flessioni sul pavimento dandogli la schiena, ma Steve non lo guarda neppure perché appena mette il naso dentro, pronto a ritirarsi subito e a mettere la parola fine a questa esprienza, è investito da un odore che lo colpisce con un’intensità che non è pronto a reggere, ma lo fa quasi barcollare come un pugno: è un odore fresco e pungente, un odore che lo riporta alla sua infanzia, ma che non riesce ad afferrare e che gli riempie il cuore di nostalgia.
Sta per tirarsi indietro quando l’Omega gira la testa e per un attimo i loro sguardi si incontrano: ha occhi chiari, capelli lunghi e un accenno di barba non fatta da qualche giorno.
“Questo mi interessa” dice con il fiato in gola come dopo una delle sue lunghe corse mattutine, quando il custode chiude lo sportello.
L’uomo non risponde fino a quando si ritrovano seduti nell’ufficietto: “Senta Capitano” borbotta dopo aver preso la cartella dell’Omega in questione, “Quello che sto per dirle deve rimanere tra noi, se lo vengono a sapere rischio il posto, ma visto che è amico di mio cognato, mi sembra giusto metterla in guardia.”
“In guardia da cosa?”
“Vede qui arrivano Omega che non hanno belle storie alle spalle, per esempio quello che ha scelto: Bucky, è un soggetto un po’ complicato. Prima di tutto è nato da due Alpha.”
“Da due Alpha?”
“Sì fortunatamente sono casi rari ma capita, così come capita che da due Omega nasca un Alpha. I genitori ovviamente se ne sono accorti solo al suo primo calore e a quel punto hanno deciso di allontanarlo.”
“Che vuol dire?”
“Beh che cosa può vuol dire secondo lei? Lo hanno venduto ad un Alpha, no?”
Steve è esterefatto, gli sembra mostruoso che un padre e una madre cedano il proprio figlio al primo venuto; si chiede cosa avrebbero fatto i suoi genitori e sa con sicurezza che lo avrebbero tenuto con loro proteggendolo e avendone cura.
“Comunque questo tizio aveva un giro di incontri di lotta clandestini e a quanto pare ha usato il ragazzo per questo scopo. Ci è rimasto alcuni anni, poi quando la polizia ha scoperto il traffico di scommesse, il tizio è stato arrestato e il ragazzo venduto ad una ditta farmaceutica, che lo ha tenuto tre anni per usarlo come cavia per nuovi farmaci.”
Steve riesce a fatica a seguirlo, tutto quello che il custode gli sta raccontando con voce monocorde e senza emozione come fosse un curriculum di lavoro, gli accappona la pelle.
“Ma è legale?”mormora.
Il custode lo guarda con un sogghigno stampato in faccia.
“Le cavie per i laboratori sono legali, ovviamente i farmaci devono essere prima testati sugli animali e non bisogna creare sofferenza inutile agli Omega, ma per il resto è consentito. D’altra parte non è facile che un Omega usato per gli incontri di lotta trovi qualcuno che lo compri per un uso privato, queste persone rimangono in qualche modo segnate e non ci si può più fidare al 100%.”
“Come mai ora è qui?”
“Le cavie si possono tenere al massimo per tre anni poi devono essere reintegrate, Bucky è in vendita, ma è questo il punto: lei è un ragazzo ancora giovane e alla sua prima esperienza, Bucky non va bene per lei, ha bisogno d’un padrone adulto che sappia insegnargli l’educazione con fermezza; onestamente lei non mi sembra il tipo, si troverebbe sicuramente male e sarebbe costretto a riportarlo indietro, ma vede quando il contratto è firmato i soldi non vengono più restituiti, quindi anche se non dovrei farlo, le sto consigliando di cambiare scelta, non voglio farle buttare via il denaro.”
Steve rimane silenzioso per un po’, apprezza quello che il custode sta facendo: lo sta mettendo in guardia sul fare un acquisito sbagliato facendo leva sul suo buonsenso, non dovrebbe avere nessun dubbio nell’assecondarlo, visto che anche la la sua parte razionale lo sollecita ad andarsene da quel posto senza voltarsi indietro.
“Senta facciamo così, le dò qualche giorno di tempo, ci dorma sopra, vada a vedere qualche altro posto, parli con qualcuno che può consigliarla, tanto Bucky non va da nessuna parte, come avrà capito non c’è la fila per acquistarlo.”
“Da quanto è qui?”
“Parecchio, ci sono già stati due acquirenti prima di lei che hanno buttato via i loro soldi per quel figlio di puttana e poi dopo poco lo hanno resitituito, è già successo e quelli erano persone adulte con già esperienza, quindi mi dia ascolto, lasci perdere!”
Steve esce con un senso di nausea che gli sale dallo stomaco e gli prende la gola.
Appena arriva a casa si butta sotto la doccia, rimanendo sotto il getto caldo finchè si sente di nuovo pulito da tutto quello schifo; non ha fame, non ha voglia di niente, si butta sul letto senza chiudere occhio, girandosi e rigirandosi tra le coperte senza riuscire a trovare un po’ di pace, ossessionato da quello che ha visto e annusato.
La mattina quando si sveglia sente il disperato bisogno di sfogare la rabbia e il disgusto che prova e che qualche ora di sonno non hanno attutito, infila la tuta e scende nel parco vicino casa per correre, sperando di smaltire la vergogna di essere un Alpha.
Si ferma in un bar, prende al volo un caffè, rientra a casa, si mette al lavoro sforzandosi di pensare ad altro, ma il tempo sembra non passare mai; prende il telefono deciso a chiamare i suoi per avere un consiglio ma qualcosa lo blocca, che cosa può raccontare loro e cosa spera gli rispondano? Ovviamente le stesse cose che gli ha già detto il custode, che gli direbbe qualsiasi persona dotata di buon senso, che lui stesso si sta ripetendo dentro di sé dalla sera prima: quell’Omega non fa per lui, nessuno lì dentro fa per lui, tantomeno quel Bucky!
E’ già pomeriggio tardi quando prende il giaccone, sale in auto e si avvia al Ricovero Pubblico: sa che la decisone che ha preso è un azzardo, un grosso rischio, ma anche che è quella inevitabile a cui non può sottrarsi, visto che per tutta la notte l’odore di Bucky gli è rimasto addosso e non se ne è andato neanche dopo la doccia, neanche cambiando i vestiti, gli è entrato dentro ed è come un richiamo a cui non ha intenzione di resistere oltre: ‘Scegli con il naso non con la testa’ gli ha detto Pepper a questo proposito ed è proprio quello che sta andando a fare.
Arriva che è già quasi buio sperando di non trovare chiuso.
Quando il custode lo vede non può trattenersi da una smorfia di sorpresa: “Come mai ancora qui Capitano?”
“Vorrei poter rivedere l’Omega di cui abbiamo parlato ieri.”
Il custode lo guarda con aria scettica: “D’accordo, andiamo a fare visita al nostro amico.”
Scendono nel corridoio, l’uomo apre lo sportello: “Bucky hai visite, mettiti in piedi contro al muro, muoviti.”
Dopo un attimo apre completamente la porta e Steve che non si aspetta un incontro ravvicinato, si trova a mettere piede in quello spazio angusto, rimanendo quasi stordito dall’odore che lo avvolge.
Il ragazzo è appoggiato al muro, le braccia distese lungo i fianchi, lo sguardo abbassato.
“Su la testa omega” grugnisce il custode, “fai vedere la tua faccia da bastardo al Capitano.”
Steve si sente indignato per quell’ offesa gratuita, vorrebbe intervenire ma è bloccato dall’occhiata che il ragazzo gli lancia, a lui non al custode, piena di rabbia e disprezzo che dura solo un attimo e poi scompare, lasciandolo a fissare due occhi chiari e vuoti in un viso dai lineamenti tirati.
“Ha visto abbastanza Capitano?”
“Sì grazie” esce, “Lo prendo.”
Il custode si gratta la testa perplesso, poi sbuffa: “Contento lei, i soldi in fondo sono i suoi; ora firmerà un regolare contratto e poi diventerà direttamente resposabile dell’Omega che ha acquistato, è lei che dovrà occuparsene e controllare che si comporti da buon cittadino” gli getta uno sguardo di compatimento poi continua, “Ne ho visti altri come lei Capitano, bravi ragazzi attirati da cattivi soggetti, beh se è questo che vuole ha fatto una buona scelta, stia attento e gli faccia capire subito chi comanda, questi individui conoscono solo il pugno di ferro. A letto per quello che mi hanno detto non è niente male, ma durante il calore tutti gli Omega non ne hanno mai abbastanza.”
Steve viene di nuovo assalito dalla nausea, il suo istinto è di prendere per la collottola quell’individuo e sbatterlo contro il muro ma si trattiene, firma i documenti e scrive la cifra sull’assegno che suo padre ha firmato in bianco; è una cifra molto modesta, neanche la metà di quello che gli hanno chiesto all’Omega Vip.
Rimane in attesa all’ingresso senza riuscire a trattenersi dall’allungare il collo e aguzzare la vista come un bambino impaziente, poi lo vede arrivare con un paio di jeans, una maglietta stinta e un cappellino con visiera in testa che gli nasconde gli occhi e il custode al fianco che gli si avvicina e gli sussurra qualcosa all’orecchio.
“Eccolo qui Capitano è tutto suo e tu ficcati ben in testa quello che ti ho detto” ringhia l’uomo congedandosi.
Il ragazzo non alza gli occhi ma solo il dito medio, poi gira le spalle ed esce.
Fuori il sole è già tramontato da un po’ e tira un vento freddo, Bucky rabbrividisce ma rimane un attimo a respirare, non sa quanto tempo è passato dall’ultima volta che lo hanno riportato al Ricovero, sa solo che allora era primavera.
“Vieni” dice Steve riscuotendolo dai suoi pensieri, “La macchina non è lontana, qui si gela, non hai bagaglio?”
Lui scuote la testa.
“Perché quel gesto?” non può fare a meno di chiedergli.
“L’ho solo mandato a farsi fottere, è il nostro modo di salutarci” lo provoca senza espressione.
“Non mi piace il linguaggio scurrile” precisa Steve conscio di fare la figura del bacchettone.
“Non c’è problema, mai usato un linguaggio scurrile” lo liquida lui freddo.
Entrano in auto e Steve si premura subito di alzare il riscaldamento, poi guida tranquillo sentendosi avviluppare dall’odore di Bucky senza che riesca a catalogarlo, finchè ad un tratto capisce di cosa si tratta: è l’odore della pioggia, quello frizzante e un po’ pungente dell’ozono mescolato alla fragranza di terra, muschio e umidità e in quell’odore per Steve è racchiusa la prima volta che ha avuto paura ma che si è sentito protetto, la prima volta che ha vissuto un’avventura e che ha capito cos’è la bellezza. E’ l’odore di una gita in montagna con suo padre: erano stati sorpresi da un’acquazzone violento, con tuoni e fulmini che creavano boati assordanti e con il vento che ululava come una bestia selvaggia dentro le sue orecchie di bambino, poi d’incanto la pioggia era cessata e intorno a lui tutto si era trasformato in un regno incantato, con la luce dorata che filtrava tra i rami, le gocce di pioggia che brillavano come diamanti, quell’odore di nuovo e di antico che gli avviluppava tutti i sensi e la voce di suo padre che lo rassicurava che sarebbe andato tutto bene.

^^^^^^^^^^^^


“Questa è casa mia, mi sono trasferito da poco e non sono ancora riuscito a sistemare tutto come si deve” dice Steve accendendo la luce del soggiorno, “Entra avanti, ti faccio vedere le stanze: qui c’è il bagno, qui la mia camera e questa è dove dormirai tu, mi dispiace non avere avuto il tempo di sistemarla meglio, per ora c’è solo l’indispensabile… Mentre io preparo la cena, che ne dici di farti una doccia?”
Bucky si avvia in bagno senza commentare e si ficca sotto l’acqua calda; eccolo di nuovo in balia di un nuovo padrone, il 'Capitano' come lo ha chiamato il custode, sicuramente un altro militare come Schmidt il suo ultimo padrone o come Brock Rumlow che lo allenava per gli incontri di lotta quando era ragazzo. Bucky odia i militari, odia tutte quelle brave persone che nascondono sotto una bella facciata le porcherie peggiori, odia coloro che pensano che con i soldi si possa comprare tutto, Bucky in realtà odia tutti quanti perché tutti in un modo o nell’altro gli hanno fatto del male e per finire odia il suo nuovo padrone, quel Capitano che in apparenza ha tutta l’aria di un ragazzo perbene ma che, lui ne è certo, ha sicuramente un lato oscuro per il semplice motivo che nessuna brava persona si sognerebbe mai di acquistare uno come lui.
Cerca di rilassare i muscoli sotto il getto dell’acqua calda, ripetendosi che l’unica cosa importante è la necessità di comportarsi da bravo Omega, soffocando il suo spirito ribelle qualunque cosa accada.
Quando esce con i capelli ancora un po’ umidi e la maglietta stropicciata addosso, Steve fa una smorfia di disapprovazione poi va in camera uscendone con una felpa in mano.
“Provati questa, domani poi andiamo a fare compere.”
Bucky prende la felpa e la indossa aspirandone l’odore, quando il suono del campanello fa sobbalzare entrambi.
“E’ già arrivato, che velocità!” dice Steve precipitandosi all’ingresso.
Bucky pensa che non ci è voluto poi molto a far uscire il marcio da sotto il bell’aspetto del Capitano, già immagina qualche amico che il suo padrone ha invitato per divertirsi insieme con l’Omega nuovo e stringe i denti, prevedendo che la sua permanenza in quella casa non durerà a lungo.
Steve confabula sulla porta e quando rientra tiene in mano due cartoni della pizza.
“Pizza??” mormora Bucky completamente destabilizzato.
“Sì, spero ti vada bene, eri sotto la doccia e non volevo disturbarti, vieni dai mettiamoci a tavola, hai fame?”
Bucky riesce solo ad assentire.
“Cosa vuoi bere?”
“Quello che vuole Capitano.”
“Capitano? “ Steve ride di gusto, “Da dove ti esce questa? Ah sì il custode… Guarda che c’è stato un equivoco io non sono capitano, alcuni amici mi chiamano così, sono stato nell’esercito per un po’ ma poi ho scelto un'altra strada, faccio l’ingegnere areonautico. Ti va bene una birra?”
“Sì signore.”
“Puoi chiamarmi Steve.”
“Signor Steve?”
“No Steve e basta.”
“Come vuole.”
“E puoi darmi del tu.”
“Va bene… Del tu.”
Mangiano, poi Steve scusandosi si mette al computer per finire un lavoro per l’indomani e Bucky sul divano non può far altro che sfogliare alcune riviste scientifiche di cui non capisce assolutamente nulla.
Mentre lavora Steve ogni tanto senza farsi troppo notare gli lancia delle occhiate: l’Omega ha gli occhi spenti e vuoti senza nessuna emozione ma il viso e i muscoli sono contratti per la tensione, la stessa che attanaglia anche lui.
“Sei nervoso? Anch’io lo sono, beh penso che questa situazione non sia facile per nessuno dei due, ci vorrà del tempo per abituarci reciprocamente.”
Bucky solleva gli occhi dal giornale e borbotta un assenso senza saper cosa dire, perché ogni suo parametro di comportamento imparato fino a quel momento sta andando a puttane.
“Ti piace il mio odore?” chiede ancora Steve con un tono scherzoso, accorgendosi che Bucky ha il naso affondato nella sua felpa.
“Sì certo.”
“Lo dici perché pensi che sia la risposta più corretta da dare ad un padrone o perché è vero?”
“Per entrambe le cose” risponde lui, ma l’odore di quell’Alpha è il migliore che abbia mai sentito, è come stare in alta montagna, lui c’è stato da bambino con i suoi genitori prima che tutto diventasse un orribile incubo e si ricorda di quella giornata come di una delle più belle delle sua vita. L’odore di Steve gli richiama quei momenti e respirandolo sente di stare bene e questo lo manda paradossalmente in confusione, perché in realtà si è dimenticato come ci si sente quando si sta bene.
“Che ne dici se andiamo a letto? Io sono parecchio stanco, non è stata una giornata leggera, penso neppure per te” interrompe i suoi pensieri Steve.
Bucky non risponde ma si alza in attesa che l’Alpha gli ordini di passare dal suo letto, mentre l’unica cosa che vorrebbe fare è andare a dormire.
“Bene allora, dormi bene e a domani mattina” dice Steve entrando nella sua camera e chiudendo la porta.
Il ragazzo rimane sorpreso, va nella cameretta, si spoglia e si ficca sotto il piumone. E’ stanco ma non riesce a chiudere gli occhi, si alza e apre le tende facendo entrare la luce dei lampioni, odia il buio anche se si vergogna ad ammetterlo, poi prende la felpa di Steve e se la mette vicino al viso, è un’idiozia ma sentire il suo odore lo rende un po’ più tranquillo. Si addormenta che è quasi l’alba e così non sente l’Alpha che si alza, esce a correre, rientra, si fa la doccia e prepara la colazione.
Quando Steve entra in camera per chiamarlo, lo vede accoccolato sotto la coperta con i capelli scompigliati e la sua felpa vicino al naso e sorride tra sé.
“Ehi svegliati pigrone, facciamo colazione e poi andiamo a comprarti qualcosa da mettere.”
Bucky si sveglia di soprassalto mettendoci un attimo a capire dove si trova, poi va in bagno per una ripulita e si presenta in cucina con un’aria ancora da sonno dentro agli occhi e i cappelli ingarbugliati.
“Allora come hai dormito?”
“Bene” mente Bucky, mentre ingurgita mezzo litro di caffè bollente nel tentativo di svegliarsi.
La mattina e parte del pomeriggio li passano in giro per negozi, poi tornano a casa.
“Domani è lunedì e io ricomincio il lavoro, starò fuori tutta la giornata, tu organizzati come preferisci, di solito rientro per le sette salvo imprevisti, l’unica cosa che ti chiedo è di non uscire, non mi fido che tu te ne vada in giro da solo prima di aver stretto il legame, è vero che c’è un contratto legale d’acquisto ma non voglio che ti cacci nei guai.”
Il legame tra Alpha e Omega avviene quando il primo morde il secondo in un punto specifico sulla nuca durante il calore e con il suo odore copre quello dell’Omega, che perde attrattiva per tutti gli altri Alpha.
“Non sono io a cacciarmi nei guai, sono i guai che di solito mi vengono a cercare” risponde d’istinto sgarbatamente, poi cerca di rimediare, “ Comunque non uscirò.”

^^^^^^^^^^^^


Passano i giorni e Bucky li vede passare senza che niente di strano succeda, la vita sembra scorrere seguendo i binari regolari di una tranquilla routine che lui cerca di assecondare con un grande sforzo di volontà. Non è abituato a veder passare le giornate senza che succeda qualcosa che lo minacci o lo disturbi, tutta quella quiete, quella calma paradossalmente lo agita perchè sente di non avere nessuno strumento per potersi difendere da quella situazione, più che mai convinto che Steve stia giocando al gatto con il topo. La sua esperienza gli insegna che prima o poi la fregatura arriva sempre, ma quello che lo manda al manicomio è non riuscire ad identificare da quale parte possa arrivare e che aspetto possa assumere.
Durante il giorno è sempre solo e il tempo è lungo da passare: si alza tardi perché soffre d’insonnia e di notte dorme poco, sistema la casa e si sfinisce con la ginnastica utilizzando gli attrezzi che Steve gli ha dato il permesso di usare, guarda la Tv, ascolta musica e ha cominciato a leggere pescando dalla biblioteca di Steve, a volte indossa il giaccone e se ne sta fuori sul balconcino delle scale anti-incendio, è l’unico modo per poter risentire il freddo sulla pelle, i raggi di un sole pallido, la pioggia o di respirare la nebbia, a lui va tutto bene dopo aver passato anni chiuso in un laboratorio come una cavia in gabbia e poi dentro quel corridoio sotteraneo nel Ricovero, se fosse per lui starebbe fuori dal mattino alla sera, nonostante il freddo e il brutto tempo.
Continua a dormire nella sua camera e Steve non gli ha ancora chiesto nulla, solo lo tiene abbracciato la sera quando guardano la tv sul divano, niente di più.
Una sera, una sera come tante altre, Bucky si addormenta abbastanza in fretta e sogna, è da parecchio che non ha incubi, ma quella notte il sogno sembra realistico da morire: c’è il suo vecchio padrone insieme a Brock Rumlow che lo ha allenato personalmente per farlo diventare un combattente da sbattere nelle arene clandestine, c’è il Dottor Arnim Zola che lo ha usato per una serie di esperimenti legati al controllo mentale con farmaci e ipnosi, c’è Johann Schmidt l’ultimo padrone che lo ha riportato al centro perché insoddisfatto della sua scarsa tolleranza a subire quelle pratiche sadiche che lui ama tanto.
Steve viene svegliato da un rumore che sulle prime non riesce a classificare, scende dal letto e si accorge che esce dalla camera di Bucky, entra senza pensarci e si avvicina al letto, l’Omega sta sicuramente sognando, ha gli occhi chiusi e si lamenta agitandosi, si avvicina e senza pensarci lo scuote con fermezza.
“Ehi Bucky, svegliati, dai avanti.”
Non riesce a finire la frase che Bucky si alza a sedere e senza preavviso gli serra una mano intorno al collo ringhiando insulti.
Steve viene preso in contropiede, solo quando sente la presa stringersi facendolo soffocare reagisce, bloccandolo con le spalle al letto.
“Bucky svegliati, sono io, sono Steve.”
Il ragazzo apre gli occhi, qualcuno lo tiene fermo sul letto con forza, bloccandogli le spalle, deve cercare di liberarsi, ne ha abbastanza… Sbatte gli occhi più volte e si rende conto confusamente che è stato tutto un sogno e che la persona che ha aggredito è Steve.
“Ehi stavi facendo un incubo, sei sveglio?”
Bucky si siede sul letto quando Steve lascia la presa, lo guarda negli occhi sconvolto senza sapere cosa dire o cosa fare per rimediare a quello che pensa sia irrimediabile.
“Steve?” mormora con voce rotta, “Non volevo farti del male, mi dispiace” sente che la voce gli si sta spezzando, “Steve per piacere non portarmi indietro, mi manderanno nelle Fabbriche... Ti prego.”
Si rende conto di stare perdendo il controllo, di supplicare senza vergogna, ma non riesce a rassegnarsi all’idea di perdere tutto quello che sta vivendo, di perdere Steve.
“Ehi Bucky che stai dicendo, sei sveglio? Adesso datti una calmata, non mi hai fatto niente, non è successo niente, è colpa mia che ti ho svegliato troppo bruscamente, adesso alzati, ce ne andiamo in cucina e ci beviamo un bicchiere d’acqua ok?”
“Che storia è questa delle Fabbriche, che cosa sono? Perché dovresti andare alle Fabbriche?” chiede poi seduti al tavolo.
“E’ quello che mi ha detto il custode, che se torno indietro mi manderanno alle Fabbriche. Nessuno è mai tornato indietro per dire come sono, ci vanno a finire gli Omega senza legame che non vuole più nessuno, quelli pericolosi, quelli che hanno commesso dei reati, quelli che vengono riportati indietro per la terza volta e che quindi sono classificati come disadattati.”
“Senti Bucky non ho nessuna intenzione di riportati indietro, non mi hai fatto niente, ci vuole altro per mettermi con le spalle al muro, sono troppo forte per te campione e a proposito…” gli scappa un sorrisetto “Cosa avevi detto a proposito del fatto che non usi un linguaggio scurrile?”
Bucky a queste parole sorride, un sorriso piccolo piccolo, è il primo sorriso che Steve vede sulle labbra del suo Omega e vederlo sorridere è una delle cose più belle che abbia mai visto.
“Ok adesso sai che facciamo, vieni a dormire da me, così se fai altri incubi mi accorgo subito e ti sveglio con i dovuti modi, va bene?”
Bucky non crede alle sue orecchie, prende in seria considerazione l’opzione di inginocchiarsi a baciargli i piedi, ma sa che Steve non apprezzerebbe.
Nel letto Steve se lo tira vicino e lo bacia, un bacio leggero in punta di labbra.
“Ora cerchiamo di dormire, d’accordo?”
  
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