Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: AdhoMu    17/06/2020    5 recensioni
Romilda – Calamity Vane per gli amici - si è fatta conoscere per il suo piglio leggero e superficiale: ha fama di essere un po’ sciocchina e di innamorarsi spesso, soprattutto quando si tratta di avvenenti campioni di Quidditch.
Non tutti, però, la pensano così: Mechka (in bulgaro, “orso”), l’amico con cui Romilda trascorre le sue estati, la conosce come nessun altro e sa che la briosa Grifondoro, al contrario, possiede un’interiorità complessa e sensibile, occulta agli occhi dei più.
Queste pagine di Diario registrano momenti sparsi, disseminati nel corso dei sei anni durante i quali Romilda cresce e, con non poca fatica, forgia la propria personalità ed affina la sua visione dell’amore, anche grazie all’aiuto di un Mechka che, spesso, si trova fisicamente lontano ma che, anche se lei forse lo capirà un po’ tardi, le è sempre vicino.
Un Mechka che forse, a sua volta, non è ciò che sembra...
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Roger Davies, Romilda Vane, Viktor Krum
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Diario di una Groupie.
1992-1994

 


Krapets, Bulgaria, estate 1992
 
Caro Diario,
il Mar Nero è proprio un bel posto: acqua verdazzurra molto pulita, sabbia bianca e fina, un litorale brullo ma affascinante con soffici dune ricoperte d’erba smeraldina, un enorme bastimento arrugginito, rimasto incagliato nella rena bassa.
Davvero un panorama superbo, di quelli che farebbero da perfetta cornice a qualsivoglia commedia romantica o opera letteraria amorosa.
Farebbero, per l’appunto.
Peccato, infatti, che il condizionale sia d’obbligo, perché in questa landa remota, perdindirindina, non c’è un benedetto purvincolo da fare. Non ci sono magigelaterie alla moda dove incontrarsi, né sale da ballo per le matinèes fra ragazzini (magari al suono delle Sorelle Stravagarie); niente di niente, zero al quoto, calma piatta, e anzi: a ben vedere, non ci sono neppure i ragazzini.
O meglio: non ci sono i ragazzini giusti.
Qui a Krapets, in realtà, di gente della mia età ce n’è parecchia, ma si tratta per lo più di babbani, che papà e mamma ritengono sia meglio non frequentare per evitare di compiere passi falsi (a quanto pare, lo Statuto di Segretezza bulgaro è severissimo).
«Vorrei fare bella figura con i dirigenti: è da tanto che lavoro a questo progetto... » mi ha spiegato affettuosamente papà quando, per l’ennesima volta, sono andata a lamentarmi con lui per l’assenza di interessi e di compagnia.
(Babbo fa il cuoco in un importante hotel magico di Londra, il Grand Hotel Georgiano. Sono anni che spera in un incarico estivo come primo chef in una delle filiali e, finalmente, la convocazione è arrivata. Peccato, solamente, che sia arrivata da qui, ecco).
Mamma, comunque, ha subito annuito per dargli ragione.
«Cerca di portare pazienza, Romi» mi ha pregata, tirandomi indietro i capelli con una carezza. «In fondo, si tratta solo di un’estate».
Io non ho ribattuto niente.
Che cosa potevo dire?
Lo so anch’io quanto babbo tenga a questo incarico.
Quindi, per amor suo, cercherò di tenere duro e di non farmi rodere dall’invidia nel pensare alle mie amiche che trascorreranno l’estate in Cornovaglia, o sulle coste francesi e italiane.
Mi consolerò al pensiero che finalmente, a settembre, andrò ad Hogwarts, e che sicuramente, una volta approdata là, tempi migliori verranno.
 
Con un po’ di buona volontà, credo anche che mi potrò accontentare della compagnia di Mechka.
Che non è assolutamente una compagnia sgradevole, ci mancherebbe, ma che – va detto - proviene dal convivio con un soggetto che definire strano è un assoluto eufemismo.
Già, Mechka.
Che, naturalmente, non è il suo vero nome (che, pure, lui ha tentato di dirmi, ma del quale io, a causa della sua pronuncia ostrogota e dall’assurda sequenza di consonanti da lui emesse, non ho afferrato una misera sillaba), ma solo un nomignolo che, in bulgaro, significa “orso” – e che, come tale, gli si addice alla perfezione.
Mechka ha suppergiù quindici anni, ma è impacciato come un bambinetto di dieci e asociale come... come un orso, per l’appunto. Proprio per questo, il nostro primo incontro – primo di tanti, trascorsi bighellonando sulla spiaggia senza una meta precisa - è stato piuttosto peculiare.
Comunque.
Quando l’ho visto per la prima volta, sbirciando oltre il promontorio ventoso che separa la spiaggia principale dalla baietta nella quale suole rintanarsi, ho subito intuito che si trattava di un mago. L’ho capito dal modo in cui lanciava in aria e riafferrava una di quelle grosse conchiglie che, la mattina presto, costellano il bagnasciuga, imprimendo su di essa effetti di traiettoria e velocità che, per un babbano, sarebbe impossibile riprodurre.
«Ehilà» l’ho salutato, avvicinandomi speranzosa.
Il suono della mia voce deve averlo distratto: la conchiglia gli è caduta di mano ed è andata a conficcarsi di taglio nella sabbia. L’ho visto irrigidire le spalle (che, da vicino, ho scoperto essere leggermente spioventi); poi, l’ho osservato ruotare la testa e scoccarmi un’occhiata sospettosa con quei suoi occhi neri e tondi, dallo sguardo penetrante come quelli di un rapace.
«Mi chiamo Romilda» ho soggiunto, gesticolando per farmi capire. «Sei bravo in questo gioco. Mi insegni?»
Lui ha borbottato qualcosa in un tono piuttosto scocciato - reso ancor più spigoloso dal suo timbro basso e dalla sua pronuncia secca - e si è guardato intorno nervosamente, ma non mi ha allontanata.
«Sono sola» ho precisato, senza sapere bene perché ma intuendo che, per lui, doveva trattarsi di un fattore importante. E difatti, la curvatura accentuata delle sue sopracciglia folte e scure si è appianata, in modo impercettibile ma inequivocabile.
«Si chiama cherupka» ha mormorato in un inglese stopposo, chinandosi per afferrare il guscio madreperlato e poi porgendomelo affinché io ne esaminassi i riflessi iridescenti. «Shell. Conchiglia». 
«È bella» ho risposto io, tanto per dire qualcosa di incoraggiante.
L’ho guardato negli occhi e gli ho sorriso mentre lo dicevo, per fargli capire che ero sincera.
Lui è rimasto di sasso, rigido rigido come uno stoccafisso del Baltico. Da quel momento in poi, ogni suo lancio con annesso tentativo di recupero è fallito miseramente, ma direi che, tutto sommato, ci siamo divertiti.
Beh, io, almeno, mi sono divertita.
Lui... non so.
 
Hogwarts, anno-scolastico 1992-1993
 
Oliver Baston è un figo da paura.
C’è poco da dire.
Okay, mio Diario Carissimo: forse queste non sono le parole che ci si aspetterebbe da una da poco approdata alla più prestigiosa scuola di arti magiche del Regno Unito, né da una che è stata smistata, con grande soddisfazione peraltro, nella gloriosa Casa di Godric Grifondoro... ma tant’è: fra le innumerevoli meraviglie che hanno accolto il mio arrivo fra questa mura fatate, il Capitano è senz’altro la più interessante e vistosa.
L’ho notato praticamente subito, la sera dello Smistamento.
Se ne stava seduto, con molta discrezione, ad un’estremità della tavolata in compagnia di un rosso occhialuto con faccia da intellettuale (che, poi, ho scoperto chiamarsi Percival Weasley), ma era praticamente impossibile non vederlo, così alto e volitivo e incredibilmente forte.
La mia prima impressione è stata confermata in occasione dei provini di Quidditch.
Ah, Caro Diario.
E pensare che io, al campo, non avevo neanche troppa voglia di andarci... perché è vero, i giocatori di Quidditch sono la mia grande passione, ma lo confesso: non riponevo troppe speranze in un gruppetto di studentelli su scope a saggina.
E invece, quando ho visto Oliver sulla sua Oakshaft... basta, sono partita per la tangente.
Che presenza, che prestanza, che spirito da leader!
Un paio di ordini abbaiati a mezza voce e li ha messi tutti in riga: la Spinnet, la Bell, Potter; perfino quella roccia di Angelina Johnson e quei due adorabili scapestrati dei gemelli Weasley. (sìììì, si meriterbbero un pensierino anche loro, carini e intraprendenti e svegli come sono, ma insomma, Ollie è Ollie, c’è poco da fare!)
 
Chiaramente, la prima cosa che ho fatto al ritorno dal campo è stato agguantare pennino e pergamena e scrivere a Mechka per raccontargli tutto.
No, Caro Diario, non essere geloso, ti prego. Lo sai anche tu che è giusto così.
Perché insomma, mi sembra chiaro che non si può trascorrere l’intera estate lanciandosi conchiglie senza diventare buoni amici. Così, dopo avergli descritto minuziosamente ogni singolo palpito, sentimento, rossore, pensiero ardito e film mentale, ho sigillato coscienziosamente la missiva, le ho infilato un cappottino fatto all’uncinetto magico per proteggerla dal gelo e l’ho spedita a Durmstrang (Mechka studia là) per direttissima.
Poi, a cose ormai fatte, mi sono chiesta se il gufo, basandosi solo sul suo soprannome, sarebbe stato in grado di identificarlo; per fortuna, la sua pronta risposta ha svelato l’arcano. Peccato, mi permetto di osservare soltanto, che si è trattato di una risposta laconica (com suo solito) e, per giunta, del tutto insoddisfacente.
«Ma qvesto Paston» mi ha scritto – e mi sembra quasi di sentirmela rimbombare nella testa, quella sua voce angolosa «riesce a federe qvalkos’altro che non zia una Plouffha
Che rabbia, Santi Numi!
Che rabbia, soprattutto, nel constatare che quel bulgaraccio caustico ci ha preso in pieno e che Oliver, per sua natura, non è propenso a calcolare nulla che non sia un oggetto-volante-quidditch-connesso; neanche quando si tratta di una quasi-dodicenne romantica che, più o meno letteralmente, muore d’amore per i suoi bei muscoli e per il suo imperioso carattere da Tiranno dei Campi Ovali.
Non mi riprenderò mai da questa batosta, lo so (Drama Queen Moment al quadrato, sigh).
 
Krapets, Bulgaria, estate 1993
 
Krapets. Di nuovo.
Avevo sperato che, quest’anno, la Georgiano Corporation avrebbe mandato babbo in servizio a Ibiza, o a Mykonos o, che so, a Falmouth. Niente da fare, purtroppo: lo scorso anno i suoi servigi hanno riscosso così tanto successo quaggiù che, a grande richiesta, la Direzione lo ha rivoluto in Bulgaria.
Quindi: stessa spiaggia, stesso mare.
Stessa solfa di sempre.
Bel paesaggio... ma mai niente di esaltante da fare. E Babbo e mamma che continuano a proibirmi di andare a Varna a divertirmi un po’. Che pal-le.
 
Per fortuna che c’è Mechka. Benedetto ragazzo.
Sono corsa a cercarlo non appena mi è stato possibile: sapevo che lo avrei trovato rintanato nella sua caletta, a giocare (lancia e acchiappa, lancia e acchiappa, su e giù, su e giù, su e giù, ad infinitum) con tutto ciò che gli capita a tiro - conchiglie, pigne, ciottoli, monete... e difatti, una volta doppiato il piccolo promontorio, non mi ci è voluto più di un battito di ciglia per individuarlo.
Anche perché, da bravo bulgaro nazionalista, Mechka predilige indossare capi dai toni sobri quali il rosso rubino e il verde bandiera. Che non gli stanno neanche malaccio, a volerla dire tutta: perché insomma, in fondo, tolte le spalle un po’ da omino, il culo un filino troppo basso, i piedi un pochino piatti che gli conferiscono una vaga andatura da papero, le sopracciglia da mangusta e l’espressione perennemente settata sul truce, Mechka può essere considerato piuttosto carino.
A modo suo.
Certo: nulla di paragonabile a quelle due rocce da svenimento di Karl e Kevin Broadmoor, o di quello gnocco incomparabile di Basil Horton. O, tanto per rimanere in ambito locale, di quell’ammasso di trestostrerone (o come cavolo si dice) di Victor Krum, il nuovo Cercatore riserva della nazionale bulgara, del quale le riviste specializzate non fanno altro che tessere lodi sperticate.
E poco importa che io, purtroppo, questo Krum non l’abbia mai visto - perché tutte le volte che mi trovo fra le mani una sua fotografia, la sua immagine si trova fuori campo. Io lo so, lo so e basta, perché dev’essere per forza così (e le considerazioni estasiate delle mie amiche me lo confermano ogni santo giorno), che si tratta di un figo pazzesco.
Modestia a parte, c’ho il sesto senso per queste cose, io.
 
Comunque.
Se c’è una cosa di Mechka che apprezzo davvero è che, al suo fianco, è tutto più facile.
Ma anche più difficile.
Mi spiego.
Da una parte, convivere con lui è più facile, perché Mechka non si aspetta niente da me. Con lui non ho bisogno di fare per forza la burlona, la brillante, la spergiudicata, l’esagerata (l’oca?) per sembrare interessante e simpatica. Ad Hogwarts, pare che tutti si aspettino che io mi comporti così: è come una specie di ruolo all’interno del branco, e quindi io, giocoforza, mi adeguo.
Con lui è diverso. Con lui, mi posso rilassare.
Posso stare in silenzio, senza dovere a tutti i costi riempire gli spazi con chiacchiere futili, schiamazzi, battute e comportamenti ingombranti.
Posso evitare di calcare la mano, perché a lui va bene così. Posso dare spazio anche ad altri lati di me stessa, ecco.
Ed è proprio questo che però, al contempo, rende tutto più difficile, perché a volte, sprovvista della mia maschera da ragazzetta disinvolta e briosa, mi sento un po’... nuda, vulnerabile. Insicura, insomma.
Poi però mi dico: stai serena, Romi, e l’ansia da prestazione, relegala ai mesi invernali.
A Mechka non gliene frega niente se, una volta tanto, non fai la vamp. Lui è un tipo tranquillo, uno sulle sue, del tutto avulso da questo tipo di cose; in fondo, frequenta un istituto rigorosamente maschile, ragion per cui non sa niente di donne, di sentimenti e, meno ancora, di seduzione.
Mechka è inesperto e disinteressato; possiede un animo puro rinchiuso in un involucro irsuto.
A lui, semplicemente, piace passare il tempo in mia compagnia, a fare cose più adatte ad un ragazzino di dodici anni che non ad un adolescente di sedici: scrivere sulla sabbia frasi in cirillico (e chissà che cosa cavolo scrive, poi), contare le vele che passano all’orizzonte, succhiare la punta dei fili d’erba, giocare coi Frisbee Zannuti, simulare la Finta Wronski senza staccare un piede da terra (siamo patetici, lo so, ma è tanto divertente), catturare le lucciole nei vasetti immaginando che siano Boccini d’Oro.
Passatempi da bambinetti, insomma.
Ma a me, tutto sommato, va bene così.
Certo: vacanze più stimolanti, sicuramente, non mi dispiacerebbero affatto.
Eppure, tutta questa semplicità che, a prima vista, potrebbe essere sinonimo di tedio, mi fa stare... bene.
 
Hogwarts, anno scolastico 1993-1994
 
Cedric Diggory.
Ah, Ceddidiggory!!!
Il nuovo, indescrivibile Capitano dei Tassi.
Ah, Caro Diario, che giramento di testa!
Quel ragazzo è un autentico splendore: non ci sono altre parole per definirlo. Simpatico, affabile, cavalleresco e, chiaramente, bello, bello, bello da morire (un metro e ottanta di charme un po’ retrò, occhi nocciola e taglio di capelli da bravo ragazzo, che dolce, mioddiooo!).
E ovviamente, manco a dirlo, Cercatore ec-ce-zio-na-le.
Incantevole com’è, l’avevo già notato in precedenza; ora però, dopo averlo visto in azione (ha soffiato il boccino a Potter, e poco importa vi fossero in giro quelle orribili figure incappucciate che hanno distratto il nostro Cercatore: Ceddy è di una bravura incomparabile), posso proprio dirlo a chiare lettere: lo amo follemente.
Altro che Oliver Baston.
Quello, francamente, lo lascio ben volentieri a qulla sciacquetta (tanto simpatica, per carità, ma insipidina come un sedano crudo) della Bell, perché insomma, qui siamo su ben altri livelli, perdiana (e no, non v’è alcuna acredine nelle mie parole; e tu lo sai, vero, Diariuccio Myo?)
Cedric Diggory, dicevamo.
Ecco: dopo aver informato a gran voce l’intera camerata circa le mie nuove mire, la Robins, che è Nata Babbana e che delle tecniche di abbordaggio non-magiche, grazie anche alle dritte delle sue due smaliziate sorelle maggiori non-streghe, se ne intende parecchio, mi ha ufficialmente comunicato:
«Tu sei proprio una groupie, bella mia».
«Groupie?» ho replicato io, ansiosa di saperne di più. «Che cosa vuol dire?»
«Nel mondo babbano, definiscesi groupie la balda fanciulla che insidia i membri di una banda musicale» mi ha spiegato lei, strizzando l’occhio in modo allusivo sul verbo ‘insidiare’, cosa che ha immediatamente suscitato acute risatine da parte dell’uditorio. «Ecco: tu, Calamity Vane, sei una groupie del Quidditch».
 
Come da copione, ho imbracciato carta e Prendiappunti e mi sono fiondata in Sala Comune in cerca di uno scrittoio libero per scrivere a Mechka e aggiornarlo circa le grandi news. Per accaparrarmi la postazione mi è toccato fare un paio di moine a McLaggen, ma ne è valsa la pena, primo perché McLaggen è un pollo e ci casca sempre, e secondo perché il suddetto si siede sempre vicino al camino e quindi, una volta sloggiatolo con la promessa di incontrarlo poco dopo al Platano Picchiatore (sono perfida, lo so),  ci ho rimediato la migliore poltroncina del circondario.
«Sono innamorata» ho confidato a Mechka, con grande commozione ed entusiasmo. «Stavolta è per sempre, me lo sento».
La sua risposta si è fatta attendere un pochino più del dovuto ma, alla fine, è arrivata.
«Non gli stai tando attosso, fero?» mi ha scritto, sbrigativo (e deprimente) come suo solito.
«Perché? E se così fosse?» gli ho prontamente risposto, piuttosto seccata, nella missiva seguente.
«Qvesto Kedrik, no zempra tipo ke piace qvesti metodi» ha replicato lui, lapidario. «Eppoi... le teknike di tifinazione pulgara dire che nezzuna donna zarà felice a lungo, inzieme a qvesto Tiggory».
Oh, per Godric guerriero.
Francamente, non saprei dire se è più inquietante il responso, o l’immagine di Mechka in versione Sibilla Cooman che armeggia con incensi e sferette.
 
Ecco: avrei dovuto immaginarlo.
Mi rammarica dirlo, ma Mechka ci ha preso (di nuovo).
Cedric Diggory è stato gentile ma fermo e di fatto, con cortese determinazione, ha respinto tutti i miei tentativi di abbordaggio, dai più innocenti e romantici ai più insistenti e serrati.
Alla fine, mi è toccato riporre l’orgoglio ferito nel sacco, assieme alle pive e al mio povero cuoricino sanguinante che, ne sono certa, non palpiterà mai più...
(Quante lacrime, quante lacrimeeee! Sono disidratata).
 
Ah.
È  successa una cosa strana.
Trascorso qualche giorno dal fattaccio, del tutto inaspettatamente, Mechka mi ha fatto avere un’altra lettera. Oddio, “lettera”, nel suo caso, è sempre una parolona visto che lui, stringato com’è, redige al massimo mezza pagina di pergamena quando proprio desidera strafare.
In ogni caso: il contenuto del biglietto (due righe in croce, ma sferzanti come uno schiaffo) mi ha rivoltata come un calzino.
«Riguarto altra qvestione, Rommi» mi ha scritto Mechka «Ho penzato, molto, e forze no dovrebbi parlhare, però creto ke ti defo dire: “groupie”, no è buona kosa. “Groupie”, è ragazza senza valore. E tu no è kosì, Rommi».
Che mazzata degna di Ludovic-il-biondo-Bagman, ragazzi.
E io che lo vedevo come uno status di cui essere fiera!
Ma un punto, soprattutto, mi turba: che cosa accidenti ne sa, uno come Mechka, di che cosa diavolo è una groupie?!
Deve essere andato a spulciarsi un dizionario babbano: è l’unica spiegazione.
Altrimenti, davvero, il fatto ha dell’inesplicabile.


Note.
In quella desolata valle di lacrime che è l'attuale contesto mondiale, pesantemente aggravata dal tenore delle storie che scrivo ultimamente, ho cercato d risollevare il mio morale maltrattato mettendo mano a bozze antichissime (è quasi un paio d'anni che se ne stanno spiaggiate nel mio PC) inerenti una fantomatica, quanto assurda, love-story fra Romilda Vane, la groupie per eccellenza, e Victor Krum, il delirio incarnato di qualsiasi tifosa di Quidditch. Solo che... in modo un pochino non convenzionale, ecco.

Volendo paventare una parvenza di serietà (laddove, forse, non ve n'è neppure un briciolo), questa breve storia è un inno a quell’ “io” nascosto che tanti di noi, proprio come Mechka e Romilda, nascondono dietro ad un’immagine volutamente distorta di sé, dalla quale trapela soltanto (per abitudine? Comodismo? Paura?) quello che vogliamo mostrare, e ben poco di quello che siamo.
In ogni caso, si raccomanda una lettura cauta da parte di tutti coloro che odiano le commedie romantiche stucchevoli e rigurgitanti clichés.

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: AdhoMu