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Autore: Indaco_    17/06/2020    4 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Quattro settimane dopo.


Era una caldissima giornata di mezza, ormai fine, estate, il cielo limpido e privo di nubi lasciava passare tutta la luce e il calore del sole. Le strade piene di gente, ritornata dalla vacanze, erano immensamente fastidiose per il riccio blu. Lo smog e la confusione lo soffocavano tanto da innervosirlo. Stringendo forte la mano di Justin alla sua sinistra, tirò un sospiro di sollievo quando vide la casa di Blaze e Silver avvicinarsi sempre di più. Il giardino piuttosto vasto avrebbe meritato una tosata, mentre i gerani rosa alla finestra conferivano un aspetto ancor più grazioso alla dimora. Justin sbirciò tra le sbarre del cancello cercando con lo sguardo le figlie della gatta diventate le sue nuove compagne di gioco. 
Sonic fissò il campanello per qualche secondo prima di decidersi ma vedendo il piccino scalpitare impaziente lo premette senza pensarci troppo. Pochi secondi dopo il cancelletto si aprì con uno schiocco e la gatta lilla apparve statuaria sulla porta di casa con uno sguardo accigliato.
 Da dietro le sue spalle, la gattina e la riccia spuntarono di corsa e travolsero il nuovo arrivato in una specie di abbraccio soffocante, il quale gli corse incontro in una scia blu. Sonic, con molta più calma, seguì l’esempio del bambino e percorrendo il vialetto lastricato raggiunse l’adulta rigida di fronte alla porta. Infilata in una tuta viola scuro con delle scarpe da ginnastica ai piedi, la gatta sembrava stupita della sua presenza.
< Ciao Blaze > spezzò il riccio cercando di mantenere il tono di voce allegro e spensierato, in realtà si sentiva tutt’altro che sereno, ma era un dettaglio che sforzava di ignorare.
< Ciao Sonic, tutto bene? > esclamò di rimando la ragazza scrutandolo da cima in fondo in cerca di  qualcosa che potesse fornirgli una spiegazione a quella visita non programmata.  Sonic intercesse il suo sguardo e sorrise appena.
< sì, tutto bene, grazie, lei è in casa? > domandò arrivando subito al sodo. Blaze incrociò le braccia al petto e lanciò un’occhiata ai bambini che correvano per tutto il prato,
< sì, ma è in doccia e ti avviso che è di pessimo umore oggi. Vado su ad avvisarla. Tienili d’occhio > borbottò scomparendo all’interno. Il comportamento della gatta indicava chiaramente da che parte stava, ovviamente, la cugina era prima di lui.
Sonic si morse il labbro inferiore e guardò i piccoli rincorrersi tra di loro. Non era molto ansioso di parlare con lei, dopo l’intera vicenda accaduta, la rabbia che provava si era affievolita, ma non abbastanza da parlarci normalmente. Da quel fatidico giorno si erano contattati solo per scambiarsi informazioni sul piccolo e su nient’altro. Le domande di uno erano risolte con risposte secche e asciutte dell’altro. E le volte che si erano visti erano state tre al massimo. Inutile dire che colui che soffriva maggiormente di questo distacco era Justin: gli mancava la mamma ma contemporaneamente adorava stare assieme al padre che aveva sempre agognato.
Come da promessa, Amy aveva lasciato il figlioletto dal riccio e nel frattempo aveva trovato lavoro presso un bar molto frequentato. Il suo nuovo obiettivo da quel momento era stato di trovare una sistemazione per andare a vivere, al più presto, assieme al suo piccolo che le mancava terribilmente.

Sonic, pensieroso, aspettò con pazienza il ritorno della gatta che riapparve dopo pochi secondi.
< Sta scendendo, preferite il salotto o la cucina per parlare? > domandò paziente controllando le scale da dove sarebbe scesa la ragazza.
< Oh bhe, qui fuori va benissimo > si affrettò a rispondere il riccio con tono cordiale. A Blaze sembrava impossibile che i due, nella stessa città, riuscissero a restare distanti per ben quattro settimane. Conosceva alla perfezione la situazione dei due e, in realtà, non riusciva a decidere da che parte stare: se da una parte Amy aveva completamente sbagliato nel tener nascosto il figlioletto a Sonic, dall’altra, il blu, facendo praticamente la stessa cosa per ripicca, si stava comportando da perfetto immaturo.
Cercando di creare l’ambiente adatto ai due, richiamò i bambini per una pre-merenda, sperando che la tranquillità aiutasse i due a mantenere i toni di voci bassi. In quel preciso istante Amy spalancò la porta. La ragazza, vestita con le prime cose che aveva trovato, era stravolta: la maglietta piena di pieghe, i pantaloncini della tuta lisi e le scarpe da lavoro cariche di polvere era un’abbinata vincente per essere scambiata per una barbona. Catapultandosi in giardino non degnò di uno sguardo l’adulto e si precipitò sul bambino come un’aquila sulla preda, o almeno la velocità era quella.
< Justin! > esclamò gioiosa non vedendo l’ora di caricarselo tra le braccia. Il figlioletto non ebbe bisogno di confermare il volto di quella voce: si precipitò come un razzo blu dalla madre. Sollevandolo senza nemmeno troppo sforzo, Amy lo strinse al petto baciandogli ripetutamente la testa coperta di aculei blu.
Era da quattro giorni che non lo vedeva ma gli sembrava che fosse passata un’eternità. Sonic rimase a guardare lo spettacolino chiedendosi se stesse facendo bene o male a mantenere le distanze tra madre e figlio. Entrambi irradiavano felicità e i loro visi erano così sereni e rilassati! Blaze al suo fianco gli lanciò un’occhiata complice e soddisfatta,
< vi lascio soli > replicò con un sorrisetto. Amy regalò un altro bacio al figlioletto e lo lasciò scivolare a terra con estrema dolcezza
< su! Ora vai con la zia, io e te ci vediamo più tardi > replicò di malavoglia lisciandogli gli aculei con le dita. Il piccino lanciò un’occhiata dubbiosa al padre e poi guardò di nuovo la madre,
< d’accordo, ma non litigate mentre non ci sono > si affrettò a chiarire dirigendosi a passi lenti verso l’interno della casa. I due adulti non promisero ma sorrisero forzati per far sembrare che tutto andasse bene.
Chiusa la porta d’entrata e rimasti soli, il sorriso dei due scomparve e si scambiarono un’occhiata gelida come il ghiaccio. Entrambi si sedettero sulle sedie che circondavano il tavolino di legno e incrociarono le braccia al petto con stizza. Sonic capì al volo che Blaze aveva detto giusto quando l’aveva avvertito del malumore della ragazza: delle occhiaie di stanchezza le coprivano gli occhi lampeggianti di rabbia, i capelli umidi di doccia erano divisi in ciocche scomposte e persino le braccia erano appoggiate malamente tra loro.
< Che vuoi Sonic? Di sicuro non è una visita di cortesia questa > iniziò fredda non staccando le pupille da lui. Al contrario, Amy lo trovava in perfetta salute: a differenza di lei era lucido, riposato e sembrava persino rilassato. Il blu lasciò cadere le braccia sul tavolo e trasse un profondo sospiro, se si fosse concentrato a sufficienza era sicuro di poter vedere le scintille d’odio in quei due verdi fondi di bottiglia.
< Ciao Amy. A dir la verità non esiste un vero motivo per cui sono qua. Justin mi ha chiesto di vederti > semplificò in poche parole con sguardo assorto. La riccia sollevò un sopracciglio come per sottolineare il fatto che quella richiesta fosse inevitabile prima o poi, perciò non proferì parola e lo lasciò parlare. Ma non arrivò una continuazione del discorso, il blu rimase stranamente silenzioso a fissare il tavolo, perso nei suoi pensieri.
Un simile atteggiamento pacato non era certo da lui: fino a due giorni prima il ragazzo avrebbe approfittato dell’incontro per sfogare i propri sentimenti. Ora, invece, sembrava realmente un’altra persona: qualcosa bolliva in pentola. 
La rosa sospirò profondamente, irritata dal comportamento misterioso prese parola con tono alterato.
< tutto qua? Meglio così, capiti a fagiolo allora. Devo parlarti > rispose avvicinando la sedia al tavolo. Sonic emise un sospiro e sollevò gli occhi catturando il suo sguardo. Non era molto preoccupato su quello che doveva dirgli, era più in ansia per quello che doveva dire lui. La riccia allontanò la ciocca di capelli dal viso e incrociò le mani di fronte a lei assumendo un’espressione serissima
< ho trovato un appartamento nella zona periferica. Non è molto grande, tre stanze appena, ma non è male. Ho intenzione di andarci e porterò Justin con me > riferì seria e determinata come non mai. Sonic sbuffò e scosse immediatamente la testa  con le palpebre abbassate
< scordatelo. Justin non se ne va. Soprattutto non in un posto come quello > gli rispose irritato chiedendosi se avesse realmente realizzato cosa significasse acquistare un appartamento.
< Cosa c’è di male? Mi sono informata sai? La zona è stata completamente sanificata dal degrado e inoltre ci sono case a buonissimi prezzi. Justin lo rivoglio il prima possibile, non ho intenzione di passare un altro mese senza di lui > rispose a tono la riccia alzando di un’ottava la voce.
Sonic si alzò innervosito e rimase a contemplare il giardino per qualche attimo
< la mia casa è molto più adatta a lui che un appartamento. Justin necessita di spazio e la mia casa è grande a sufficienza > rispose ritrovando la calma che gli stava sgusciando tra le mani. La rosa si infiammò e balzò in piedi come una molla piazzandosi davanti al ragazzo blu
< sufficienza un corno, non è un cane! Non resterò senza di lui una sola settimana in più! > ringhiò la ragazza infuriata, afferrandolo per la t-shirt con tono minaccioso.
Sonic l’allontanò da sé con una leggera spinta e lisciò le pieghe creatosi da quel strattone. Era leggermente stupito dal comportamento così aggressivo ma non aveva voglia di approfondire quell’aspetto con qualche battuta o qualche frecciatina, equivaleva a lanciare benzina nel rogo.
< Se fosse per me ti assicuro che resteresti senza di lui ancora per qualche tempo. Ma per lui devo fare qualcosa > sentenziò innervosito lanciandole un’occhiataccia. La ragazza ritirò la mano e aggrottò le sopracciglia adirata in attesa di delucidazioni.
Il blu ritornò a guardare basso e sospirò di nuovo.
< Justin è giù di morale ultimamente, gli manchi un sacco ma contemporaneamente vorrebbe rimanere con me. Non posso vederlo così addolorato e confuso > spiegò asciutto con una serietà da fargli paura. La riccia, che iniziava a capire cosa volesse dire con quelle parole, rimase di sasso e si lasciò cadere sulla sedia di legno massaggiandosi le tempie
< comincio a capire. Perciò sei costretto a riconsegnarmelo, giusto? > domandò con una sfumatura di soddisfazione nella voce. Sonic si voltò e la fulminò
< come ti ho già detto, non ci penso proprio a separarmi da lui. Ma devo fare qualcosa, perciò ti chiedo di tornare. Preferisco averti nei dintorni che vederlo afflitto come questi ultimi giorni > sentenziò ritornando calmo e controllato.
Amy rimase allibita da quella richiesta: se da una parte le faceva piacere, dall’altra non era tanto ben sicura di poter accettare. Tornare non era così semplice come sembrava ed inoltre doveva ancora capire cosa si aspettava in cambio da lei. Iniziando ad arrotolare una ciocca sul dito indice, Amy lo fissò per qualche secondo per capire i sentimenti che il ragazzo provava in quel momento.
< In cambio devo pagarti un affitto? > approfondì studiando le sue reazioni. Sonic scosse la testa e tornò a sedersi di fronte a lei,
< no, ma divideremo le spese a partire dall’avvocato, la casa verrà gestita da entrambi, ci spartiremo i lavori da fare e cose così. E’ accettabile? > offrì il blu con lo stesso tono di chi conclude affari economici.
La riccia rimase in silenzio per qualche secondo: era un’offerta vantaggiosa: Justin e suo padre sotto lo stesso tetto, l’offerta non era nemmeno da valutare per più di una decina di secondi. Inoltre quella sistemazione era vicino all’asilo a cui Justin sarebbe stato iscritto, alla palestra di Dylan e ai suoi zii. Certo, non sarebbero stati una normale famiglia, ma al momento era la scelta migliore per il piccolo e questo bastava e avanzava.
La rosa si prese qualche altro minuto di silenzio per non sembrare troppo diretta e poi annuì lentamente.
< Va bene, mi sembra ragionevole > esclamò fingendo di pensarci ancora. Il riccio non aggiunse altro e si alzò in piedi lisciandosi le pieghe dei pantaloni
< bene, prepara le tue cose allora, ti aspettiamo questa settimana > concluse con tono ghiacciale. Amy annuì pensierosa ma restò seduta avvolgendosi  la stessa ciocca di capelli attorno all’indice. Da sopra la spalla il ragazzo le lanciò un’occhiata furtiva, l’aria stanca le conferiva un aspetto ancor più disordinato.
Avrebbe pagato un ring per conoscere i suoi pensieri.
 < Il motivo è solo Justin? > non riuscì a trattenere la riccia, chiedendosi se quell’offerta fosse un aggancio per poter riappacificare. Sonic rabbrividì a quella domanda , non si aspettava quella precisazione ma riuscì a rispondere sinceramente nonostante tutto,
 < sì, credo che sia meglio per entrambi > esclamò con una nota di incertezza.
< Capisco. Va bene, se è tutto sei libero di andare. Vado a coccolarmi il piccino > esclamò alzandosi e dirigendosi  verso l’entrata della casa.


Amy se ne andò dalla casa di Blaze due giorni dopo: le bambine e i rispettivi genitori erano dispiaciute per quella dipartita: l’aiuto con le due guastafeste, con le pulizie domestiche e cose di questo genere erano state più che benvolute. Inoltre, le due cugine si erano potute rivivere come ai vecchi tempi traendo una gran compagnia l’una dall’altra.
La riccia era molto felice, tornare a vivere con il piccino e con il legittimo padre era uno dei più bei regali che potesse ricevere.
A dire il vero era un po’ in ansia per Sonic,  non sapeva come prenderlo e non voleva creare discussioni in casa. Desiderava solamente riappacificare o almeno chiarire il minimo per poter condurre un’esistenza normale.
Il più felice per questo trasloco, ovviamente, fu Justin: riavere la madre con loro era fantastico. Inoltre il nuovo lavoro della mamma avrebbe permesso ad entrambi i genitori di godersi il piccino in santa pace.

Concluso definitivamente il trasloco, Amy si stabilì completamente nella casa. Era felice di essere tornata lì, quella casa era l’unica che potesse realmente definire quel significato e soprattutto le persone che vi abitavano al suo interno.
Era tardo pomeriggio e Amy aveva appena concluso di riporre i suoi effetti personali. Si era resa conto immediatamente che l’assetto della mobilia era leggermente cambiato: c’era più disordine in quasi tutte le stanze e sembrava che l’ambiente in generale fosse stato abbandonato a se stesso. Solo la cucina era perfettamente ordinata, il salotto e le stanze varie erano state conquistate dai nuovi giocattoli che il blu aveva preso.
La ragazza sollevò un sopracciglio di fronte a tutte quelle nuove macchinine e via dicendo. Non voleva che Sonic lo viziasse, chi l’avrebbe gestito poi?
< Uhmmm, come mai gli hai costruito un parco giochi So’? > stuzzicò la rosa cercando di numerare i nuovi regali. Il blu, intento a controllare il bambino nel prato che scavava un buco con un piccolo modellino, si innervosì a quella domanda
< inizi già a contestare? >.
Amy sbatté le palpebre e sospirò cercando la calma che aveva già perso,
< ha quattro anni So’. Non necessita di  una trentina di giochi, preferisco che … >
< so benissimo che ha quattro anni Amy! Non serve che tu me lo ripeta ogni due per tre! > sbottò nervoso lanciandole un’occhiata malevola.
Bruscamente, rigirò la testa e se ne tornò a fissare il piccino ignaro della discussione in corso. Amy, spiazzata, rimase in silenzio per qualche secondo: il blu non le aveva mai risposto in modo così scortese in tutta la sua vita.
Incrociando le braccia dietro la schiena sprofondò in pochi secondi nello sconforto, non poteva certo lamentarsi se il comportamento del blu era terribilmente sgarbato, d’altronde l’aveva provocato lei con le sue bugie.
< Non pensi ad altro eh? > borbottò a bassa voce iniziando a scalfire quel muro di rabbia che le si parava davanti.
Il riccio strinse le mani attorno alle braccia innervosito.
< come posso dimenticare quello che è successo?  Non te ne sei ancora resa conto? Non hai ancora capito cosa mi hai fatto perdere Amy? >  domandò con la voce che gli tremava dallo sforzo nel mantenere un tono normale e basso.
Amy incrociò le braccia al petto e cercò le frasi giuste da dire, ma purtroppo c’era ben poco con cui argomentare. Il silenzio della ragazza spronò l’adulto a continuare il discorso.
< quattro anni Amy! Quattro fottutissimi anni che non tornano indietro! Mi hai fatto perdere delle cose che non potrò più vivere. Non so come è nato, quando ha iniziato a camminare, le sue prime parole … e tutto per quale motivo? Per paura di non so cosa! Dio Amy, mi hai mentito come nessun altro aveva fatto  mai. Sono così deluso!  Ero felice di poter costruire nuovamente qualcosa con te > concluse amareggiato distogliendo gli occhi dall’interessata.
La speranza dentro di lei si spezzò a quelle parole e qualche lacrima le scivolò dal viso. Non aveva scuse da porgere e non riusciva a difendersi, poteva solo ammettere il suo errore e chiedergli di perdonarla. Forse dopo questo, forse e solo dopo, avrebbero potuto cercare di riavvicinarsi. Ma in quel momento sentiva sempre più tangibile la possibilità di perderlo. Come fargli recuperare quei quattro anni? Erano pochi, certo, ma erano stati così pieni di avvenimenti.
Asciugandosi le lacrime con il dorso della mano si avvicinò al divano con una disperatissima idea, dettata più dal rimorso che dalla sua utilità. Il blu, notando che la ragazza non rispondeva a quello sfogo, si girò appena per spronarla a parlare. Ma diversamente da quello che si aspettava, trovò una scena più che strana. La riccia stava sistemando un piccolo cuscino sotto la stretta t-shirt, schiacciandolo ai lati per dargli una forma più rotondeggiante.
< Cosa stai…? >
 < ecco! Questa ero io alla fine della gravidanza. Pesavo quanto una mucca ed ero terribilmente stanca. In quei mesi  ho ingurgitato quintali di cioccolatini alla banana e di fragole > esclamò con una piccola risata esibendo un finto pancione di dimensioni standard.
Sonic rimase a bocca aperta per quella trovata completamente folle, ma non riuscì a esplicitare una singola parola, incuriosito e interessato a tutti quei dettagli che aveva sempre agognato.
L’interpretazione di quel tempo venne approfonditamente analizzato e arricchito con aneddoti, foto e video che la ragazza aveva raccolto in quegli anni, narrandogli le vicissitudini che aveva dovuto passare prima di arrivare a Mobius. Sonic che, in un primo momento, l’aveva guardata incredulo era stato completamente assorbito dalla sua narrazione. E se all’inizio ascoltava in silenzio, irrigidito nella sua posizione, verso la conclusione di quella sorta di fiaba iniziò a cedere e a farle un sacco di domande. A cui, ovviamente, la ragazza rispose con estrema cura riportando alla memoria più dettagli possibili per fornirgli un quadro completo della situazione.
Quel racconto fu più utile del previsto: Sonic, troppo incuriosito, non riuscì a mantenere un comportamento asciutto e diffidente. Ardeva dalla voglia di conoscere date, sensazioni e fatti, era un modo per sentirsi in qualche modo partecipe alla vita del suo figlioletto. Per Amy quel racconto servì anche a renderlo partecipe dei problemi riscontrati durante la convivenza forzata con Jason, giustificando così il suo silenzio per tutti quei lunghi anni. Parlarono per ore e ore, interrotti solo dalle occupazioni quotidiane, come la cena, il bagno e la presenza di Justin attorno a loro che zittiva i due adulti ogni volta che compariva nel loro raggio d’azione.
Quel racconto concluse solamente verso le undici di sera, con una sigaretta, immersi nel giardino buio. Il bambino, messo a letto da qualche ora, dormiva tranquillamente e profondamente, di sicuro non li avrebbe disturbati in quel momento.

Seduti uno accanto all’altro, i due genitori si stavano rilassando dopo quella giornata impegnativa.
Sonic era immerso tra i suoi pensieri, ogni tanto il braccio si alzava per portare la sigaretta alla bocca o per passarla alla riccia, ma i suoi occhi rimanevano incollati al pavimento.
La rosa, appollaiata comodamente sopra lo sdraio, rilassava le corde vocali utilizzate fin troppo quel giorno. Lanciandogli un’occhiata furtiva cercò di comprendere i sentimenti che vorticavano nel cuore del riccio.
Di sicuro dentro di lui albergava ancora molta rabbia ed era capibile, ma qualcosa nel suo sguardo era mutato. I lineamenti non erano più induriti dalla collera, anzi, persino il semplice gesto di passargli la sigaretta aveva acquisito un moto dolce. Non voleva rovinare quel piccolo cambiamento, perciò si rintanò nel silenzio interpretabile come stanchezza.
Una spolverata di cenere venne sollevata dalla brezza tiepida e sparsa sullo sdraio su cui la riccia era seduta.
Era una serata deliziosa e se tra loro non ci fosse stato quel muro, probabilmente sarebbe stata indimenticabile.
< Mi sarebbe piaciuto essere al tuo fianco in quello che hai raccontato > esclamò d’un tratto il blu sorprendendo Amy. La diretta interessata fissò il riccio e poi il cielo e sospirò impercettibilmente,
< anche a me > gli rispose con estrema cautela. Ed era vero, tutto sarebbe stato diverso, ad iniziare dalla sua partenza.
Scostandosi una ciocca di capelli ricaduta sugli occhi, la rosa decise di concludere immediatamente quel discorso che le stava facendo salire il magone. Alzandosi in piedi decise di ignorare quella serata fresca e luminosa: andare a dormire e lasciare il riccio a riflettere era la soluzione migliore per tutti. Magari il giorno dopo, con tanta pazienza e qualche moina, sarebbe riuscita a strappargli una risata od un sorriso.
< Te na vai? > la interrogò il blu lanciandole un’occhiata da sopra la spalla. Gli occhi verdissimi la scrutavano con sincero interesse e per un attimo, Amy credette di sentire una velatura di preoccupazione.
< Sì, sono stanca e poi domani ho il turno che inizia presto > esagerò lei per aver campo libero e poter scappare a letto. Disse tutto questo con un sorriso gentile, in modo che il blu potesse crederci al cento per cento. Il ragazzo rimase in silenzio a fissarla per qualche attimo, poi girò la testa e continuò a fissare il pavimento.
< va bene. Buonanotte allora > replicò asciutto.
La rosa non vi badò più di tanto abituata com’era al comportamento acido nell’ultimo mese, ma, passandoci accanto, non riuscì a non accarezzargli gli aculei con vero affetto. A quella carezza delicata al ragazzo salì la pelle d’oca sul braccio e  rabbrividì nonostante il gran caldo. Quella moina, dolce come della cioccolata, influì sul suo stato d’animo più del previsto: si sentì immediatamente più armonia con la madre del suo figlioletto.
< Amy > la richiamò lui cercando istintivamente di mantenere un tono di voce sobrio e indifferente.
L’interessata si voltò con sguardo interrogativo, puntando i due smeraldi brillanti addosso al riccio e accennando un sorriso cordiale. Di sicuro quel viso grazioso non lasciò indifferente il riccio blu, il quale si sentì un po’ troppo vulnerabile.
< Si? > continuò la ragazza dimostrando che tutta l’attenzione possibile ed immaginabile era rivolta completamente a lui. Il riccio si sentì seccare la gola e per un attimo non ebbe più le parole a portata di lingua.
< se sei qua non è solamente per Justin > esclamò il blu spostando velocemente lo sguardo da lei.
La rosa aggrottò le sopracciglia e si avvicinò di un passo al ragazzo, lo sguardo interessato gli si fiondò addosso come un’aquila punta alla preda. Con un respiro profondo continuò il discorso continuando a fissare le piastrelle del pavimento.
< a dir la verità se ti ho invitato nuovamente qui è perché mi sentivo … in colpa diciamo > balbettò cercando di mantenere un’espressione neutra. In realtà, il cuore iniziò a velocizzare i battiti e iniziò anche a chiedersi se fosse stato giusto rivelargli quell’informazione o meno. D’altronde era stato spinto a parlare solo per quello che provava, sentimento che si stupiva ancora di avere visto come era stato trattato.
Amy, stupita da quelle parole, sollevò un sopracciglio e tornò a sedersi accanto a lui per comprendere meglio.  
< In colpa perché? Sono stata io a comportarmi malissimo, sono io che devo chiedere scusa a te, non di certo il contrario! > sbottò dispiaciuta cercando di farlo ragionare. La sua mano, più o meno involontariamente, andò a stringere quella del ragazzo.  Il blu non diede troppo peso a quell’azione nonostante provasse ancora del risentimento nei suoi confronti, anche perché non gli dava affatto fastidio, anzi.
< Bhe, ti ho ordinato di allontanarti da nostro figlio e da un giorno all’altro e, se non ci fosse stata Blaze, ti saresti trovata in strada praticamente. Mi dispiace per questo > replicò con una certa determinazione cercando di non crollare a quel tono dolce e a quella stretta calda e morbida. L’espressione sincera stampata sul viso dell’adulto bastò a far sentire Amy ancor più in colpa: gli atteggiamenti di Sonic erano sufficientemente giustificati, non provava rabbia per quell’allontanamento forzato, capiva perfettamente la situazione in cui Sonic si era trovato e il motivo per cui aveva agito in quel modo. Lo trovava coerente e persino necessario per poter superare quello shock e per poter riavvicinarsi.
Certo, quell’allontanamento era durato più del previsto ma non voleva lamentarsi, era servito se fosse riuscita a guadagnare un po’ di buonumore al riccio.
< Non dire così, so bene quello che ho fatto, non sono stupida! Capisco il tuo rancore e comprendo la tua rabbia, per questo mi dispiace così tanto! > buttò fuori quasi urlando non rendendosi conto del  volume di voce. Il cuore era un sacchetto vuoto visto che tutto il sangue le ribolliva nella faccia.
Sonic, di fronte a lei, sembrava assetato di ogni singola virgola che buttava fuori dalla bocca, guardandola come se fosse appena scesa da un’astronave.
La ragazza strinse con più forza la mano del ragazzo,
< so che sono stata egoista, so che ci vorrà tempo per farmi perdonare, so che è stato un trauma per te e so benissimo che i quattro anni non torneranno indietro. E mi dispiace infinitamente, davvero! Ora come ora voglio che tutto ritorna come prima: le nostre colazioni, i nostri giochi, il lavoro … ma sempre tutti assieme, altrimenti non avrebbe senso > esclamò con le lacrime che le rigavano le guance.
Il riccio di fronte a lei non aprì bocca. Le parole del salice piangente rosa che si trovava davanti, doveva ammetterlo, gli procurava una certa soddisfazione.
Era completamente d’accordo con le sue parole, anche lui voleva tornare a vivere con la ragazza in tranquillità, d’altronde Justin avrebbe iniziato a frequentare l’ultimo anno d’asilo da lì a breve e un aiuto in più non era da rifiutare. Ovviamente  la riccia non l’avrebbe passata liscia: avrebbe mantenuto le distanze ancora un altro po’ sia per saggiare quanto fosse onesto il suo pentimento, sia  per  lanciarle una piccola soddisfazione personale.
< Bhe, almeno te ne rendi conto, peccato che la situazione non cambi ugualmente. Quattro anni sono passati e non torneranno più e da come hai descritto ne sono avvenute di cose. Non è semplice far finta di niente e passare avanti > le rispose asciutto lanciandole un fazzoletto che aveva trovato in un pacchetto abbandonato su una delle finestre.
La riccia si asciugò le copiose lacrime che rotolavano giù a velocità diverse,
< se potessi fare qualcosa, qualsiasi cosa, per rimediare al mio errore lo farei ad occhi chiusi! > esclamò coprendosi  gli occhi, pentita fino all’osso delle sue decisioni.
Il blu drizzò le orecchie quasi involontariamente dedicandosi un minuto a ripetere mentalmente la frase appena pronunciata.
< Hai … hai detto “qualsiasi cosa”? >  ripeté voltando la testa verso la sua direzione.
Il viso di Amy, arrossato e con le palpebre gonfie di pioggia come le nuvole, incrociò quello del riccio che in quel momento esibiva un sorriso calcolatore che sforzava di mantenere neutro.
La rosa si pentì immediatamente di quelle parole e cercò di prendere tempo per trovare una scusa o una specificazione che l’aiutasse ad uscire da quel ricatto che si era auto creata.
< B-bhe, certo, ovviamente tenendo presente … >
< bene. Ho una richiesta da farti Amy > la zittì portandosi avanti col busto.
La diretta interessata sospirò profondamente mentre gli occhi verdi del riccio legavano con i suoi. Sonic prese tempo e, assumendo un sorriso beffardo, raccolse le parole in una decina di secondi.
< a dir la verità c’è qualcosa che puoi fare. Anzi, più di una > vagheggiò impudente iniziando a stilare una lista mentale delle cose che avrebbe preferito. 
La riccia aggrottò le sopracciglia, ogni traccia di dispiacere era lentamente scomparsa  e ora l’unico pensiero che la tormentava era il riccio blu di fronte a lei. Era capace di qualsiasi cosa in quello stato d’animo: dallo scavalcare grattacieli ad imparare a nuotare e la cosa non la faceva saltare di gioia.
Sonic si alzò con fare teatrale iniziando a camminare di qua e di là nel patio con un sorriso furbetto,
< facciamo una cosa: se tu farai qualcosa per me io ti assolverò per avermi mentito e avermi nascosto Justin per quattro anni. Non se ne parlerà mai più, ricominceremo da capo e non te lo rinfaccerò per il resto della vita > le spiegò con un sorriso da usuraio voltandosi di scatto.
Amy rabbrividì a sentire ciò e si allacciò ben bene la felpa leggera credendo che quella pelle d’oca fosse stata causata dalla brezza.
< Dovrai solo fare qualcosina per me > concluse con una strizzata d’occhio e gran poca affidabilità. Il ragazzo capì al volo che quell’idea invogliava la riccia più di ogni altra cosa, si capiva dalla guancia risucchiata e mangiucchiata e dalla ciocca di capelli arrotolata infinitamente tra le dita: il suo cervello era al lavoro.  
Era un’offerta indubbiamente vantaggiosa se non fosse stata ideata dal riccio e la rosa doveva ammettere che quella proposta l’allettava molto, moltissimo. Incrociando le gambe liberò anche la ciocca di capelli e continuò la sua indagine
< sentiamo Sonic, cosa vuoi che faccia per te? > domandò la ragazza con tono di voce visibilmente preoccupato. La tensione che traspariva dalla sua rigidità fu un dettaglio che fece sorridere il riccio, divertito dal fatto che era proprio lui a tenere il manico del coltello.
Il ragazzo cercò di reprimere il sorriso che tentava di allargarsi sul suo viso, era esattamente quella la domanda che voleva sentire.
Risedendosi sulla sua seduta abituale, sospirò profondamente per ritornare impeccabilmente serio un secondo dopo. Portando la mano chiusa a pugno davanti al viso della riccia, sollevò l’indice indicando la prima delle richieste,
< chilydog, domani, a pranzo, a merenda e a cena >  sentenziò con tono militare e incredibilmente serio.
La rosa sbuffò una risata, le era andata bene dopotutto! Sorridendo dolcemente scosse la testa e lo spronò ad avanzare.
Il dito medio scattò per secondo ed un sorriso malizioso gli comparve sulle labbra, anticipando chiaramente la sua richiesta
< stasera io e te ci dedicheremo a noi due, Justin dorme tranquillamente e perciò puoi decidere tu il posto se ci tieni  > mormorò malizioso, sicurissimo di sé con un sorriso complice.
Le guancie della ragazza presero fuoco a quella richiesta, imbarazzata e cercando di calmare il rossore, voltò la testa e fissò  il melograno che sfiorava il pelo d’acqua con le corte foglie verde chiaro.
< Sei veramente … >
< chi tace acconsente. E per ultima cosa … > replicò avvicinandosi ancor di più alla ragazza.
I loro visi erano distanti appena un palmo di mano l’uno dall’altro e la rosa poté sentire il cuore del blu iniziare a rimbalzare contro il suo petto.
I loro occhi si incollarono l’uno all’altro e rimasero così per qualche attimo. Le mani dei due si sfioravano appena ma ad entrambi sembrava che l’uno abbracciasse l’altro. Sonic interruppe quel lungo silenzio con un sorriso del tutto diverso ed un sussurro
< s-sposiamoci Amy. Lo voglio. Per noi, per Justin e per chi altro verrà >  mormorò a bassissima voce accarezzandogli  il ventre dolcemente.
Amy trattenne il respiro incredula, non credeva alle proprie orecchie, probabilmente aveva capito tutt’altra cosa ma il filo del discorso coincideva. Perciò? parlava seriamente?
  < C-cosa? > balbettò con la gola secca e la bocca asciutta come sabbia, gli occhi verdissimi luccicarono senza nemmeno rendersene conto.
< Davvero? E’ ciò che vuoi seriamente? > balbettò esterrefatta stringendogli, involontariamente, ancor di più la mano.
Il riccio sorrise a sua volta riempiendo tutta l’insicurezza della ragazza
< sì, è quello che voglio seriamente. Voglio una vita assieme a te Amy, anche quando sei arrabbiata, nervosa, rompiballe . Ti sopporterò così volentieri conoscendo il dolore della tua mancanza >.
La rosa, esterrefatta, impiegò qualche secondo a rendersi conto che il ragazzo non stava scherzando ed era serissimo. Portandosi le mani alla bocca per soffocare i singhiozzi, completamente stupefatta, si sciolse in un pianto di gioia. Per poi, subito dopo, con uno scatto degno dello stesso, abbracciare il ragazzo di fronte a lei, con così tanta foga che il riccio non riuscì a trattenerla, trovandosi trascinato sul pavimento del patio.
< Amy! Di questo passo andremo in ospedale, di certo non in chiesa! > la richiamò con una risata e un forte abbraccio ricambiato. Inutile dire che si trovava con la schiena ammaccata sulle piastrelle del pavimento.
Le lacrime della ragazza iniziarono a colargli sulla gola, infradiciandogli il girocollo della t-shirt.  La riccia si sollevò di poco e si asciugò i rigagnoli lucidi con il dorso della mano,
< certo che ti sposo! Come potrei non farlo? Adoro la tua gentilezza e le tue premure, adoro la tua franchezza e adoro anche quando disturbi e sei un demonio. Ti amo in tutto e per tutto. Non credo che potrei amare un’altra persona come faccio con te > esclamò gioiosa con un sorriso enorme stampato sul viso.
Il blu sorrise davvero felice ammirando gli occhi della compagna, splendenti come due smeraldi, in cui riusciva interamente a specchiarsi. Una scarica di adrenalina per le parole che si erano appena scambiati gli fece tremare le dita.
Accarezzandogli la guancia con delicatezza si avvicinò ancor di più alle sue labbra
< bene > mormorò soddisfatto.
E  detto ciò, la trascinò in un lungo bacio che avrebbero ricordato per molto, molto tempo.
 
THE END                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           
 

Spazio autrice: Conclusa! Con mia immensa gioia sono riuscita a portare a termine questa storia infinita. Spero davvero che vi sia piaciuta almeno un po’ e spero anche di essere riuscita a strapparvi qualche sorriso. Ringrazio tanto chi ha seguito questo racconto, chi ha usato del tempo per recensire, chi ha segnalato errori e chi mi ha dato consigli e dritte. In particolar modo devo ringraziare Lily710 che ha corretto tanti, tanti capitoli in modo impeccabile. Gazie davvero a tutti!
Baci.
Indaco

 
  
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