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Autore: Brume    18/06/2020    3 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Durante la convalescenza, Reve ebbe modo, finalmente, di leggere gran parte di quelle scartoffie che, per mancanza di tempo, non era riuscito nemmeno a sfiorare con lo sguardo. Erano incartamenti di varia natura, nulla di urgente: bozze di alcuni libercoli, proposte di legge, aggiornamenti sulla situazione internazionale. La popolazione di alcune città si erano ribellate, stanche dei vecchi regimi voluti dalla restaurazione; dai fatti di Cadice erano passati parecchi mesi e l' assedio francese in Spagna si era concluso a fine agosto. In Piemonte, vi era un principe interessante, che inizialmente pareva essere dalla parte del popolo; poi vi erano i fatti della Sicilia, Napoli.... :queste prime rivoluzioni non ottennero tutto ciò che si erano prefissate, anzi, finirono per la maggior parte nel sangue; ma qualcosa si era mosso. Certro, iil popolo, sicuramente, andava edotto. Non bisognava mollare, se si voleva ottenere qualcosa. “Reve! Cosa ci fai in piedi? “ chiese Diane, arrivando in camera e vedendolo sulla grande terrazza . “Ero stanco di stare a letto , amore mio” rispose lui con piglio allegro “ oggi mi sento particolarmente bene e avevo voglia di andarmene un po' in giro...” Diane lo fissò come era solita fare quando lui combinava qualcosa: ritta, mani sui fianchi e con quel suo bel sorriso sghembo che usava in tali occasioni.“...Sta bene. Ma non affaticarti troppo...” rispose lei, dolcemente, avvicinandosi a lui. Si scambiarono un bacio e, con mille cautele, Diane abbracciò il marito. “ Come procede, al piano di sotto?” chiese lui riferendosi alle lezioni e ai vari incontri previsti per la giornata. “Tutto bene, Reve. Sono passati a trovarci Pierre, Martin, Caroline e Didier; volevano avere tue notizie. Dicono che al giornale è tutto a posto e Alexander sta facendo un pò le tue veci” rispose lei. Reve si giroò, per tornare a sedere, poichè era stanco. “Alexander è un bravo ragazzo...se la caverò, non dovessi più tornare al giornale o alla libreria” disse. Diane lo guardò sorpresa. “Cosa avresti intenzione di fare? “ “nulla, Diane: voglio dedicarmi a te, in questo momento. A noi. Quando mi sarò ripreso, vorrei fare un viaggio.” rispose lui, rientrando e sedendosi in poltrona; dopo essersi girato e rigirato finalmente trovò una posizione consona che lo fece rilassare un pò e allungò le gambe. “ Ma cosa ti passa per la testa?” chiese lei. Non era arrabbiata: era molto sorpresa. “ E' solo una ipotesi: volevo lasciare Parigi per qualche tempo... conoscere altre persone come noi, con le quali scambiare idee e pensieri per un nuovo ordine pubblico” rispose “stavo ripensando ai fatti di Cadice ed agli ultimi eventi accaduti in Europa in questi mesi” rispose lui, rilassato. “Tutto questo lo hai meditato mentre te ne stavi a letto?” chiese “sai che devono ancora trovare il tuo o i tuoi assalitori? E tu pensi alle sorti della Francia e dell' Europa?” “Perchè Diane, tu cosa faresti? Mi stupisce sentire questo da te, considerando la famiglia dalla quale provieni...” rispose lui , non credendo alle parole di sua moglie. “la famiglia...sempre la famiglia...fai tutto per la famiglia...ed alla tua? Ho rischiato di perderti, tu pensi alla causa?” disse. Aveva cambiato espressione. Reve rimase in silenzio: non si aspettava di sentire parlare Diane in questa maniera, ma non ribattè e nemmeno si arrabiò: sapeva che era la stanchezza ed il dolore a parlare, non la sua mente o il suo cuore. Lasciò correre, quindi e prese la mano della sua sposa, che stava in piedi accanto a lui, baciandola. “non parliamone più, amore mio... vieni qui, siediti in braccio a me” rispose lui. “Sei sicuro ? Non ti farò male?” chiese lei “No, Diane.Vieni” disse, picchiettando sulla sua gamba. Diane sorrise e si sedette sulle gambe di Reve; a finire il quadretto familiare, per ora, arrivò Xavi, che si accucciò ai loro piedi, chiededo la solita dose di carezze per poi gironzolare tutt' intorno. I due giovani restarono abbracciati così, senza parlare, per un pò. Non si parlò di ciò che era successo prima. Reve voleva Diane accanto a sè. “amore mio, non sai quanto ti desidero! “ sussurrò “Reve, anche io ti desidero...ma non credo sia il momento....” rispose, dispiaciuta, scostando i lunghi capelli del marito dalle spalle. “resistiamo ancora un lò, finchè non starai meglio...dovrai riprenderti al meglio: voglio un figlio, Laurent Reve Grandier” Reve sorrise. “non c'è bisogno di aspettare che sia in forma...” “cosa ti passa per la testa, rivoluzionario?” chiese Diane mentre Reve armeggiava con il suo vestito. “lo scoprirai tra poco” rispose lui, armeggiando con il vestito e tutti quei nastri. Finalmente io e Diane abbiamo fatto l' amore. La desideravo molto: negli ultimi tempi, tra il mio incidente e impegni di entrambi, raramente siamo andati oltre il bacio della buonanotte e qualche languida carezza. La desideravo molto, desideravo il suo corpo, la sua bocca, i suoi movimenti sopra di me...è stato davvero stupendo ritrovarci in questa passione che sembrava non avere freni...Diane è la mia vita, il mio tutto...chissà se avremo delle sorprese, mi piacrebbe tanto un figlio...un piccolo Reve o una piccola Diane... “Reve, non credevo ...” disse Diane, stesa accanto a lui, nuda. Dalla poltrona, si erano trascinati sul pavimento, e poi sul letto. Ora, stanchi e felici, giacevano abbracciati . La cicatrice di Reve dava un pò di fastidi, ma in quel moment proprio non ci pensò: il dolore venne sovrastato dal piacere. “Nemmeno io, Diane, ma avevo troppo desiderio di te...” disse, girandosi su un fianco, anche se a fatica. La cicatrice, rimarginata, stava ormai guarendo , ma il dolore c'era, eccome. Una fitta improvvisa bloccò il respiro di Reve per un attimo, ma fece finta di nulla. I due intrecciarono le loro mani e restarono occhi negli occhi per un attimo, poi pensarono che forse era il caso di sistemarsi. L' orario di cena si avvicinava, e Reve pensò bene che potesse anche scendere, per cenare tutti insieme, come erano soliti fare. Si rivestirono e ripresero un minimo di contegno, ridacchiando tra loro; poi, scesero el scale e raggiunsero gli altri. “Reve!!! “ esclamò Alexander, appena lo vide comparire sull' ultimo gradino “ stavo per salire a salutarti.Come stai?” chiese, sorridendo. Lasciò per un attimo perdere le carte che stava scrivendo e si ricompose, aggiustando i capelli biondi che evidentemente aveva torturato ed aggrovigliato mentre era preso dalla scrittura. “Decisamente meglio: stasera mangio con voi..se mi volete ancora” disse, ridendo. “Sono felice di vederti in piedi, amico mio. Mi hai fatto penare” disse. Prese la giacca e si unì alla coppia, premurandosi prima di non disturbare. “Grazie, Alexander...grazie, amico mio. François è ancora fuori città?” disse Reve “no, deve essere qui intorno: il matrimonio è stato rimandato, quindi è restato a Parigi per finire alcune cose con calma...anzi, magari è in giardino, potremmo andarlo a cercare” rispose. I tre uscirono, quindi. Che bello, respirare l' aria ed il profumo dell'erba bagnata da qualche goccia di pioggia. Reve inalò a pieni polmoni l' odore di erba e di terra bagnate; si guardò intorno osservando la vita che continuava, il suo cane che rincorreva un gatto, i cavalli che poco più in la mangiavano agitando le loro criniere e le loro code. “Quanto vorrei risalire a cavallo!” pensò a voce alta. “non ci pensare nemmeno, almeno per qualche mese” disse François, comparendo a sorpresa , da dietro una quercia, e allargando le braccia per accogliere l' amico. "ti credevo a Rouen, François!!! ” disse Reve abbracciandolo, con le dovute cautele. “ in realtà dovevo partire qualche giorno fa, ma ci sono stati dei lavori che mi hanno tenuto impegnato, quindi partirò la settimana prossima. Dimmi, Reve, come stai?” disse François, camminando insieme a loro. “sono ancora intero” rispose ridendo “ e presto tornerò a rompervi le scatole con le mie considerazioni...ho una idea in testa...ne parlerò a tempo debito” “Ora sono curioso. Di cosa si tratta?” chise Alecander. Reve non rispose e si limitò ad un sorriso. Ci pensò Diane, ad informarli. “Volete sapere cosa si è inventato? Appena starà meglio, vorrebbe fare un tour in Europa, come se non avessimo abbastanza guai qui....” disse lei ridendo. Reve la guardò , fulminandola. “mi pareva avessimo chiuso il discorso, prima...” disse invece lui con un tono secco . Aleander e François, imbarazzati, non dissero nulla e cercarono di sviare il discorso; il silenzio, quindi, avvolse marito, moglie ed amici. Reve volle rientrare subito per andare a ritirarsi nel suo studio privato, al piano terra, dove un tempo si trovava la stanza di suo padre Andrè; Diane lo seguì. Entrarono e lei chiuse la porta . “Si può sapere cosa ti prende?” chiese, senza nemmeno guardarla in faccia “mi pare che tu stia esagerando ,Diane. Il discorso mi pareva concluso... la mia era solo una idea” disse. Diane restò in silenzio. Non ci furono scuse. “non mi va che tu te ne vada; non mi va proprio” rispose. “ ...forse ho sbagliato momento e tono, ma ho preso l' occasione per capire cosa ne potessero pensare i nostri amici. “ “ Potevi farlo in una maniera diversa. Non sono un bambino , Diane. Quando mi hai conosciuto e poi sposato sapevi benissimo come la pensassi ,come ero e come sono. “ “Si, è vero..ma ci stai perdendo il senno, Reve. E hai rischiato anche di perdere la vita.” “Ancora...!!! ma Diane, io sono vivo, è acqua passata... e poi, questi sono i rischi di ciò che facciamo” disse, rimarcando il tutto. “FACCIAMO. Chi? Io mi sento messa da parte. Prima viene la politica, poi la tua famiglia, poi io....non mi hai mai coinvolta fino in fondo...” Reve non credeva alle sue orecchie. “Diane, Cristo Santo, ma che ti salta in testa? E poi lascia stare la mia famiglia, te l' ho già detto, non toccare questo tasto....”disse. Era deluso, confuso, arrabbiato; seduto alla sua scrivania, con le braccia conserte sul petto, i capelli scarmigliati ed il viso tirato. Lei non rispose, anzi: girò sui tacchi e uscì, sbattendo la porta. Reve si prese la testa fra le mani, guardando il soffitto, ripensando a ciò che era successo. Diane era la sua vita, e soffriva perchè non capiva questo comportamento. Forse era stanca, troppo occupata....erano parole dettate da questo,e non dalla cattiveria, le sue. Reve si pentì di essere stato così severo e fermo. Era cambitato, questo è vero; le responsabilità lo avevano reso più intransigente e spesso faticava a non varcare il confine tra vita privata ed i suoi sogni, pensieri e doveri. Diane era sempre stata accanto a lui, anche in questo. Ora si stava comportando solo come una moglie; vi erano confidenze, condivisione di pensieri ed ideali quasi come prima, ma -pensò- " ora si comporta solo come Madame Grandier e non come Diane Soisson". Era immerso in questi pensieri quando bussarono alla porta. "Reve, posso entrare?" chiese François, attendendo una risposta. . “Certo, vieni pure” rispose. François entrò e vide la faccia dell' amico. “ Cosa succede, se è lecito saperlo?” “un battibecco con Diane “ disse Reve “ amico mio, io non la riconosco...le ho detto che appena sto meglio vorrei andre in Europa, un piccolo viaggio, per conoscere le varie realtà di questi tempi...e lei è sbottata dicendomi che sto perdendo il senno dietro a queste faccende. LEI! Figlia di Alain Soisson, che ha fatto la rivoluzione insieme ai nostri genitori!!! “ Reve si alzò, e si girò dando le spalle all' amico; guardava fuori dalla finestra, osservando un cespuglio di fiori. “Non so cosa dirti...sicuramente è la stanchezza che parla... ma il viaggio...lo faresti insieme a lei?” “in realtà ho pensato, ed avrei potuto anche proporglielo...me ne avesse lasciato il tempo.” rispose. “Vedrai che andrà tutto a posto. Vieni a cena, adesso...la cuoca ha preparato uno stufato con patate che è la fine del mondo” disse François “Non ho fame: mangerò qui. Perdonami...avremmo un' altra occasione” disse Reve. “Come vuoi...ma stai tranquillo. Le cose si sistemeranno” rispose l' amico, uscendo e lasciando la porta socchiusa. Reve sorrise, e tornò a sedersi. Osservò una vecchia uniforme di sua madre – che aveva trovato miracolosamente a palazzo – e pensò ai suoi genitori. A quei sogni. Martin, uno dei figli dei vari lavoratori a palazzo, poco dopo portò un vassoio con del cibo; lo lasciò sulla scrivania senza dire nulla, ed uscì. Reve si pentì di essere rimasto lì, ma non aveva voglia di eventuali discussioni; preferiva rimandarle a dopo, se proprio si fossero ripresentate. Mentre mangiava, osservò i libri e fogli che aveva disposti in una piccola vetrinetta; non vedeva l' ora di tornare al lavoro. Xavi arrivò a dargli un momentaneo sollievo dai pensieri; si accucciò ai suoi piedi e li ci restò, finchè il suo padrone non uscì dalla stanza per andare in giardino. Il cane lo seguì, stando al passo, alzando il muso per annusare l' aria della sera. Pensò a Diane. "Prima o poi doveva arrivare, un litigio" pensò fra sè, ricordando i battibecchi dei genitori " le passerà!!!" I giorni passarono lenti, in quell' atmosfera sospesa di cose non dette. Pur comportandosi normalrmente, i due non avevano più ripreso il discorso e mantenevano una certa distanza. Reve soffriva parecchio, e così Diane, ma erano entrambi molto testardi e nessuno andò oltre , nessuno volel chiarire, volle riaprire il discorso. La ferita di Reve tardava a sistemarsi; ogni tanto Reve si trovava a letto con un pò di febbricola, ma niente di chè. Aveva ripreso , partecipando a qualche riunioine, alla vita della Scuola, ma il suo animo era inqueto. "Alexander" disse, un giorno, mentre erano intenti a preparare i volantini per una riunione che si sarebbe tenuta di li ad una settimana" credo che dovremmo cambiare registro ALexader sollevò lo sguardo dal suo lavoro, posò penna e inchiostro e si ricompose, pronto ad ascoltare Reve. "Cosa intendi, Reve?" chiese " stiamo sbagliando qualcosa, con il nostro approccio" rispose, con lo sguardo assorto " non c'è entusiasmo, c'è solo indottrinamento" Alexander lo guardò , attento. I due restarono, meditabondi, sospesi nei loro pensieri finchè non entrò François insieme a Gustave. Reve riprese a parlare. " forse dovremmo approcciarci al popolo, ed a tutte le persone che vi ascoltano e vogliono migliorarsi insieme a noi, in modo più semplice. Citare Rousseau, Montresquieu e compagnia bella è fondamentale, ma non dobbiamo basare tutto su questo. Dobbiamo creare menti che siano in grado di essere critiche,non dotte" disse, d' un fiato. "Hai ragione, Reve " intervenne François " ma ciò significherebbe avvivinarsi a quelle società che promuovono lo scontro armato...e noi non lo siamo" "non lo siamo e non lo saremmo mai...." disse Alexander "infatti amici io non voglio cambiare modi e tempi, semplicemente vorrei che le cose fossero rese più semplici e dirette. Da noi vengono figli di contadini, borghesi, insomma un pò tutti... tralasciando i bambini piccini , che bisognano solo di educazione scolastica, credo che meno filosofia farebbe bene a tutti..." Alexander e François si guardarono. "dovresti lasciarci il tempo di elaborare le cose, ma credo sia fattibile... comunque, fratello mio, con te non ci si annoia mai" rispose François, smorzando un pò la serietà di quel momento. "Ah proposito François, ti ho visto accompagnare Diane con la carrozza, stamettina presto. Non mi ha detto che avesse impegni..." disse Reve. François lo guardò sorpreso. "Ma come, non ti ha detto che andava dal medico? Eì' già da qualche tempo che non sta bene" disse Reve rimase di marmo. Non si era accorto di nulla, e lei non aveva parlato di alcun malanno. François si rese conto della cosa e non aggiunse altro; aspettò che gli altri uscirono per le rispettive commissioni e poi si avvicino all' amico. "Reve, Diane aspetta un figlio....non te lo ha detto?" chiese incredulo "No" rispose Reve. François impallidì, e si scusò. Ma Reve non lo stava ascoltando. Livido di rabbia, salì in camera sua . Non poteva ancora sfogarsi con una cavalcata: lo fece con ciò che gli passava a tiri. Perchè questo segreto? Era suo marito, il suo amico, il suo amante. Offuscato dalle lacrime che scendevano copiose, prese a pugni i muri, ribaltò le poltrone, riuscì a rompere anche la toeletta della moglie, procurandosi tagli profondi quando spaccò lo specchiol. Nessuno osò disturbare la sua rabbia, nemmeno la vista di Xavi riuscì a calmarlo. Sfinito, si stese sul letto, unica cosa rimasta intatta insieme al quadro di suo padre.
   
 
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