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Autore: heliodor    18/06/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Un buon affare
 
Gryf si lasciò scivolare con la schiena attaccata al muro. Sopra di lui, le guardie vestite di grigio e azzurro passarono guardandosi attorno.
Attese che si fossero allontanate prima di riemergere dalle ombre, si passò la mano sui vestiti per rimuovere lo sporco e gettò una rapida occhiata alla strada.
Il vicolo era immerso nel buio, fatta eccezione per un paio di finestre illuminate. Poteva immaginare una famiglia al suo interno che consumava la cena.
Sospirò.
Dalla parte opposta, vi era un edificio a due livelli, di cui solo il primo era di pietre impastate con la malta. Quello superiore era di tronchi sovrapposti, compreso il tetto.
Si avvicinò con prudenza, gettando rapide occhiate a destra e sinistra. Giunto davanti alla porta bussò due volte.
Contò fino a trenta prima che una voce dall’interno dicesse: “Chi siete? Siamo chiusi a quest’ora.”
“Sono un amico.”
Pausa.
“Gli amici non si presentano a quest’ora.”
Altra pausa.
“I ladri girano con le tenebre.”
Gryf si appoggiò alla porta. “Andiamo, Mydred. Non sono un ladro. Sono Gryf.”
Nella porta si aprì uno spiraglio e dall’altra parte fece capolino il viso di una donna minuta, i capelli grigi e le rughe attorno alla bocca. “Gryf? Non conosco nessun Gryf, io.”
“Sei così vecchia da aver perso la memoria?” fece lui con tono canzonatorio.
“Una volta conoscevo un Cederic che aveva quella faccia” disse Mydred. “Era un ragazzino buono e dolce che preparava i pasticcini con la vecchia Myd e ascoltava le sue storie.”
“Sono io quel ragazzino.”
“No, tu sei solo un ladruncolo di strada.”
Gryf si guardò attorno.
Se le guardie tornano indietro proprio adesso, pensò, si insospettiranno.
“Sono intere Lune che non rubo, Myd. Sono diventato onesto.”
“Se tu sei diventato onesto, allora il mare è diventato dolce.”
“Non ne ho idea, è tanto che non bevo acqua di mare, ma potresti avere ragione. Mi fai entrare ora? Fa freddo qui fuori e vorrei scaldarmi.”
Mydred trasse un profondo sospiro. La porta si aprì quel tanto che bastava per consentire a Gryf di passarci.
L’anziana gettò un’occhiata veloce alla strada. “La ronda non passava per tua fortuna” disse chiudendo la porta.
Solo allora Gryf riprese a respirare con calma. “Le guardie? Perché pensi che debba preoccuparmi di loro?”
“Ti conosco, Gryf” disse l’anziana zoppicando verso il tavolo.
A parte questo, c’era poco altro nell’ingresso. Un vaso pieno di fiori di colore viola, una credenza sgangherata che occupava una delle pareti e un vecchio tappeto consunto usato per nascondere le assi marcite del pavimento.
Gryf ricordò con un velo di nostalgia le volte che si era rotolato su quel pavimento inseguendo qualche scarafaggio da portare in dono alla sua amica Ninny per farla sobbalzare dalla paura e indignazione.
“Sei un mostro, Cederic” esclamava la bambina. “Non voglio più rivederti.
E così era stato.
Un’epidemia di febbre spaccapetto aveva ucciso Ninny e altre migliaia di persone dieci anni prima.
Scacciò quel pensiero. “Sono cambiato Myd. Dico sul serio. Non sono più quello di una volta.” Sedette su una delle panche piazzate davanti al tavolo. Anche quella era stata consumata dal tempo e dalle centinaia di bambini e bambine che vi si erano seduti per mangiare.
Mydred gli rivolse un’occhiata rassegnata. “Se sei cambiato, spiegami perché ti nascondi dalle guardie.”
Gryf si era aspettato quella domanda e aveva preparato una risposta. “È per via della mia vecchia attività.”
“Quale attività? I furti al mercato o i raggiri?”
“Ho smesso di fare quelle cose. Le guardie ce l’hanno con me perché non lo sanno ancora. Ora sono una persona onesta. Ho anche un nuovo lavoro.”
“Quale?”
“Gestisco il magazzino di un mercante.”
“Chi?” fece Mydred con tono inquisitorio.
“Non lo conosci.”
“Zep l’Orbo? Fernel? Yassador di Mar Shedda?”
Gryf esitò. “Quintis.”
“Quintis” fece Mydred ritraendosi inorridita. “È una mercante di schiavi.”
“Non è vero” disse Gryf con tono offeso. “Si occupa solo di trovare lavoro a chi non ce l’ha.”
“Rapisce i mendicanti e i poveri che si nascondono nei vicoli della città vecchia” disse Mydred. “E li vende agli schiavisti di Chorlen o li manda a Città della Forgia per farli lavorare nelle miniere.”
“È un lavoro come un altro, no?”
“Nessuno sopravvive più di due o tre anni in quelle miniere, Gryf.”
“Non ce li mando io” disse sulla difensiva. “Io mi occupo solo di farli mangiare per tutto il viaggio.”
“Se ora sei una persona onesta, perché sei venuto qui a quest’ora della notte?”
Gryf stava per risponderle, quando dall’angolo della stanza colse un movimento furtivo. Si irrigidì, ma tornò a rilassarsi quando si accorse che era solo una bambina.
“Chi è lui?” domandò con voce assonnata. Indossava una vestaglia logora con numerose toppe.
Potrei averla indossata anche io, qualche volta, pensò Gryf.
Mydred e le altre donne che si occupavano di quel posto erano delle sarte e cucivano abiti che andassero bene sia per i maschi che per le femmine.
Mydred la raggiunse. “Nessuno. Lui non è nessuno.”
“Mi chiamo Gryf” disse con tono amichevole.
Mydred le prese la manina. “Non parlare con lei.”
“Le ho solo detto il mio nome.”
“Non voglio che lo impari.”
Scrollò le spalle.
“La porto di sopra. Tu aspettami qui” disse l’anziana.
Gryf attese e quando Mydred tornò, sembrava più serena.
“Anche io mi svegliavo spesso di notte perché avevo fame” disse.
“Per fortuna, Levina e gli altri bambini adesso hanno abbastanza cibo.”
“Davvero?” fece Gryf interessato.
Mydred annuì decisa. “Riceviamo parecchie donazioni ultimamente. Alcune persino anonime.”
“È meraviglioso.”
“Lo è, ma tu rischi di rovinare tutto. Se le guardie sapessero che sei qui, potrebbero farci chiudere e i bambini finirebbero chissà dove. Te ne devi andare.”
“Myd” iniziò a dire. “Ho bisogno di stare qui. Solo per stanotte. Per favore.”
Lei lo guardò preoccupata. “Che cosa hai combinato?”
“Niente, lo giuro, ma c’è stato un incidente, ai magazzini.”
Mydred spalancò gli occhi. “Si è fatto male qualcuno? Ci sono stati dei morti? Tu hai…”
Gryf scosse la testa. “No, no, te l’assicuro, io non c’entro niente, ma gestivo uno di quei magazzini e ora per me non è sicuro andare in giro per strada. Mi serve un posto sicuro perché sanno dove abito.”
“Per l’Unico e gli antichi Dei, Gryf. Ti stanno dando la caccia?”
“Cerco solo di essere prudente. Devo aspettare che le acque si calmino e poi ne parlerò con Quintis e sistemerò tutto. Si tratta solo di un grosso malinteso.”
Mydred sospirò. “Sei un maledetto pazzo, Gryf. Non sei cambiato affatto e non lo farai mai.”
“Ti prego, Myd. Fammi restare solo per stanotte.”
L’anziana chiuse gli occhi per qualche istante e quando li riaprì, erano coperti da un velo di tristezza. “Solo fino a domani mattina. E quando te ne sarai andato non tornerai mai più.”
“Te lo prometto. Lascerò anche la città per qualche giorno.”
“Non ti faccio dormire nel livello dove alloggiamo noi. Te ne starai nel magazzino degli stracci.”
“Andrà benissimo.”
“Sistemati come vuoi, ma domani mattina, prima dell’ora del pasto, devi andare via. Non voglio che i bambini ti vedano. È chiaro?”
“Sì” disse annuendo con decisione.
“E se non andrai via chiamerò le guardie.”
“Sparirò, te lo prometto.”
 
Il mattino dopo, Gryf aveva le ossa e i muscoli doloranti. Aveva trascorso la prima parte della notte con i sensi tesi a cogliere qualsiasi rumore provenisse dall’esterno.
Il ripostiglio era vicino alla strada, separato solo dal muro di pietre. I rumori giungevano attraverso la finestrella in alto, dalla quale pioveva un tenue chiarore notturno.
Prima di dirigersi all’orfanotrofio, aveva lanciato una rapida occhiata al cielo. Andivalir, la piccola luna gialla e dalla forma irregolare, era appena sorta mentre Takriri, la maggiore, si trovava oltre l’orizzonte.
A poco a poco la stanchezza aveva prevalso e si era addormentato. Anni passati vivendo nei bassifondi avevano allenato il suo istinto. Ancora prima che il sole sorgesse a occidente era già sveglio e in piedi.
Aveva sistemato i panni usati come giaciglio ed era sgattaiolato fuori. Mydred e le altre donne dormivano ancora, ma sapeva che tra poco sarebbero state sveglie anche loro. Non voleva metterle in allarme così decise di andarsene senza salutarle.
Aprì la porta d’ingresso e gettò una rapida occhiata nella strada. Nel tenue chiarore dell’alba che stava per avvenire, l’acciottolato luccicava per l’umidità che ancora persisteva. Non vide passanti o guardie camminare nelle vicinanze.
Fece un passo prudente oltre la soglia e chiuse la porta senza sbatterla. Inspirò l’aria fresca del mattino, rabbrividendo nella casacca leggera e i pantaloni di lino che aveva indossato. Legato al fianco destro aveva lo stiletto che portava per difendersi nei bassifondi. Era un’arma leggera e maneggevole e si notava poco. L’aveva salvato almeno una decina di volte.
Sull’altro fianco aveva assicurato una sacca che aveva riempito con una trentina di monete, dieci strisce di carne secca e un paio forcine che usava per far scattare le serrature.
Trenta monete, si disse. Dove posso arrivare con quelle? Non oltre Lormist, ma non è abbastanza lontana. Quintis e la sua banda mi troveranno se non mi allontano di almeno mille miglia.
Camminò lungo la strada, assorto nei suoi pensieri, fino a raggiungere il Ponte della Maga, un arco di pietra che si tendeva verso l’isola che sorgeva al centro del fiume Tal. Lì un paio di guardie sorvegliavano l’ingresso all’isolotto, sede di un tempio dedicato all’Unico.
Fece per cambiare direzione andando quasi a sbattere contro un tizio un passo dietro di lui.
“Chiedo scusa” disse senza alzare la testa.
“Almeno sei educato, Gryf Manodolce.”
Gettò una rapida occhiata all’uomo. Vestiva con una tunica leggera colorata di verde tenue. La testa pelata era lucida e rifletteva i raggi del sole che stava sorgendo.
“Giusto?” fece con un mezzo sorriso.
“Mi confondi con qualcun altro. Non so di chi parli.”
Fece per superarlo ma l’uomo gli bloccò il passo. Era alto almeno due teste più di lui e doveva pesare il doppio, a giudicare dai massicci bicipiti che tendevano il tessuto della tunica.
“Levati, per favore. Vado di fretta.”
“Lo so, stai scappando. Da Quintis.”
“Non so…”
“Ha messo una taglia sulla tua testa. Duemila monete. È una cifra importante, che hai fatto per meritartela?”
“Davvero non so di cosa stai parlando, amico.”
L’uomo sorrise. “Certo che lo sai.”
“No e se non ti levi di mezzo chiamerò le guardie.”
L’uomo allargò le braccia. “E chiamale, dai. Sono proprio lì vicino al ponte. Se vuoi lo faccio io.”
Gryf si sentì trasalire. Fu tentato di estrarre lo stiletto che tante volte aveva funzionato, ma l’elsa della spada che spuntava dal fodero legato alla vita dell’uomo lo costrinse a rinunciare.
E c’era un altro particolare che non aveva notato. Lungo la schiena del tizio scendeva un mantello di colore arancione scuro con fregi rossi e bianchi.
Stregone, sussurrò una voce nella sua testa.
Quello non era un cacciatore di taglie come tanti, il che sarebbe già stato un grosso problema.
Era uno stregone cacciatore di taglie.
Un Vigilante? Si chiese sgomento. Che ho fatto di così terribile da scomodarne uno?
Non voleva scoprirlo.
“Scusa ma vado di fretta” disse gettandosi contro l’uomo con tutto il suo peso.
L’altro fece un passo indietro lasciandogli uno spiraglio libero che Gryf usò per superarlo e mettersi a correre.
“Non rendermi le cose difficili, Gryf” gridò il tizio.
Lo ignorò e proseguì nella corsa.
Non posso batterlo nella lotta, ma forse non è veloce. Se arrivo ai bassifondi posso seminarlo. Tra i vicoli della città bassa non mi troverà mai, è sicuro. Devo solo arrivarci.
Qualcosa gli morse la caviglia e Gryf gridò per il dolore e la sorpresa. Inciampò in un ostacolo ma riuscì a raddrizzarsi. Con la coda dell’occhio guardò in basso. Qualcosa, simile a un viticcio, si stava attorcigliando attorno alla sua caviglia e alla gamba.
Ragnatela spettrale, pensò sgomento.
Saltò verso un muretto e lo superò con un balzo. Il viticcio si spezzò e dissolse nell’aria come se fosse fatto di fumo.
Adocchiò una stradina laterale e vi si gettò a testa bassa, ignorando i passanti che si scansavano al suo passaggio urlandogli contro delle maledizioni.
Se riesco a raggiungere la zona del mercato non mi troverà più, si disse. È solo mezzo miglio, è solo…
Un raggio di luce cangiante lo accecò per un istante, seguito da un dolore bruciante all’addome. Una forza lo spinse contro il muro al suo fianco, facendolo sbattere con la spalla.
Emise un gemito mentre ricadeva sulle ginocchia e con un gesto fluido si rimetteva in piedi. Una mano gli si posò sulla spalla e dita forti gli artigliarono i muscoli e le ossa, strappandogli un grido di dolore.
“Se non la smetti di scappare ti farai male” disse una voce profonda sopra di lui.
Gryf lottò contro la presa e con la mano cercò a tentoni lo stiletto al suo fianco.
“Io te lo sconsiglio amico mio.”
Una mano si posò sul polso e lo strinse, facendolo urlare.
“Lasciamo o chiamo le guardie” gridò scalciando.
L’uomo dalla testa calva lo afferrò per il bavero sollevandolo senza alcuno sforzo. “Vuoi calmarti o no? Col baccano che stai facendo attirerai davvero le guardie e allora nemmeno io potrò levarti dai guai.”
“Che vuoi?”
L’uomo lo sbatté contro il muro. “Sei calmo ora? Non voglio farti del male.”
“Senti” disse con voce affannata. “Se è per la taglia, posso offrirti duemila e cinquecento monete.”
L’uomo scosse la testa.
“Tremila.”
Il tizio calco si guardò attorno.
“Quattromila, ultima offerta. Quintis non ti darà mai di più per la mia testa. Andiamo, è un buon affare.”
Il tizio scosse la testa. “Dubito che tu abbia tutti quei soldi, Gryf. Secondo me nemmeno ce li hai mai avuti tutti assieme, o sbaglio?”
“Che vuoi allora? Ti darò tutto quello che voglio.”
“Ciò che voglio” disse con calma. “È un posto dove parlare e proporti un affare vantaggioso per entrambi.”
Gryf deglutì a fatica. “Tu vuoi proporre un affare a me?”
L’altro annuì deciso. “Un buon affare. Ottimo, vista la situazione in cui ti trovi. E forse potresti anche guadagnarci di che vivere tranquillo per il resto della tua vita.”
Allentò la presa sul collo e Gryf riprese a respirare come prima.
“Un affare” disse con tono incerto.
“Sì. A patto che tu voglia stare a sentirmi invece di scappare per il resto della giornata. Ho la tua attenzione, Gryf?”

Prossimo Capitolo Domenica 21 Giugno
  
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