32. Everything will be
Iida
si avvicina ad Hatsume Mei con più tatto possibile. A differenza
degli altri, che se ne sono già andati tutti quanti ormai, seguendo i feriti in
infermeria insieme ai docenti e a Melissa, Hatsume è rimasta lì, a piangere
sulla sua creatura.
Non
è la prima volta che reagisce così, in verità lo fa ogni volta che qualche sua
creazione esplode, cosa che succede abbastanza frequentemente.
Hatsume
è un genio, ma spesso agisce d’istinto nella costruzione dei suoi aggeggi.
Iida
non ci capisce molto, quindi di certo non sa dire dov’è che sbaglia, ma di
certo è innegabile che Mei ci mette ogni volta tutta se stessa in quello che
fa. Anche quando sembra assurdo.
“Hatsume?”
Lei
alza su di lui due occhi enormi, carichi di lacrime. Non sapesse che piange per
un macchinario che a conti fatti neanche funzionava, si sarebbe dispiaciuto
davvero per lei.
Per
fortuna, per quanto pianga, sa che non è nulla di davvero grave.
Però
lei non l’ha presa molto bene. Deve essersi impegnata davvero molto più del
solito questa volta. Quindi, il fallimento fa ancora più male.
La
capisce fin troppo bene, in verità.
Fin
da quando l’ha fregato durante il Festival Sportivo del primo anno gli è stato
abbastanza chiaro che tipo di persona fosse Mei. Si buttava a capofitto nei
suoi progetti e non ne usciva finché non si riteneva soddisfatta.
E
quando falliva, si faceva il suo pianto e poi si rialzava, per ricominciare da
zero se necessario.
E
questo era da stimare.
“Senti
tu!”
Iida
quasi sobbalza, mentre Mei si alza asciugandosi le lacrime. Si sistema gli
occhiali sul naso e allunga il braccio verso di lei, “Posso fare qualcosa per
te?”
“Senti…almeno
il sacrificio del mio bambino è servito, vero?!”
Iida
è costretto ad abbassare il braccio, “In realtà non lo so. Non ho seguito gli
altri per verificarlo.”
Hatsume
sospira, “Ero così sicura che andasse alla grande! I dati erano tutti perfetti,
anche Melissa era d’accordo! Non capisco che cosa possa essere fallito!”
“Con
un po’ di fortuna, non è stato del tutto un fallimento,” afferma deciso Iida,
“Coraggio, vieni! Andiamo in infermeria dagli altri!”
Mei
annuisce, non sembra convinta ma alla fine si alza, sposta in un angolo quel
che resta del macchinario usato e esce dal laboratorio, chiudendosi per bene la
porta alle spalle.
Dopo
sarebbe ritornata lì, e avrebbe controllato i danni per bene. Chissà che non
fosse, dopotutto, possibile recuperare qualcosa di utile per qualche altro
macchinario?
Melissa
le aveva mostrato parecchi progetti molto interessanti, fra cui un paio di
guanti nuovi per Midoriya ma quello era ovvio, gran parte delle cose progettate
da Melissa erano per Midoriya, in fondo stavano insieme.
Lei,
però, aveva altre idée.
Quello
che attirava di più la sua attenzione era la tuta di Iida.
Desiderava
metterci le mani e renderla ancora più tecnologica, poteva aggiungerci dei
raffreddamenti utili per i motori sulle gambe o del propulsori extra per
renderlo ancora più veloce di come già non fosse.
Già
aveva in mente di come usare alcune parti.
Se
erano intere come sperava, sarebbe stato fattibile e in pochissimo tempo.
“Sei
stato molto carino ad aspettarmi invece di seguire i tuoi amici!” esclama di punto
in bianco Mei.
“Mi
sembra il minimo. E’ mio compito anche questo!”
“Non
proprio, visto che non sei il mio rappresentante. Ma tu sembri una persona
incredibilmente ligia al dovere!”
“Certo
che sì!”
La
mano tesa quasi la colpisce sulla testa, ma Iida è più attento del previsto e
neanche la tocca. Hatsume però approfitta subito, gli afferra quella mano a
taglio e la stringe forte fra entrambe le sue, portandosela al petto.
Neanche
nota quanto il volto di Iida sia diventato innaturalmente rosso.
Non
nota mai certe cose, Mei. Nella scuola sa che spesso quelli come lei vengono
presi in giro per questo.
Pensano
solo alla tecnologia e non vedono altro.
Ma
nella sua classe sono tutti quanti così. In fondo il loro compito è importante
quanto quello degli eroi e solo perché gli altri non sono in grado di
comprenderlo, solo perché a volte neanche gli eroi stessi lo capiscono, non
rende il loro compito meno gravoso o eroistico.
Hatsume
lo capisce eccome. E ci mette anima e corpo per questo.
Se
i suoi supporti smettessero di funzionare o si rompessero in combattimento, in
fondo, che ne sarebbe dell’eroe che li sta usando? Potrebbe rimanere ferito, o
perfere la vita.
Lei
non lo vuole.
Anche
se sembra che abbia occhio e cuore solo per i suoi arnesi, se ci si mette con
così tanto amore è anche per questo.
E
poi anche perché è una cosa che ama.
La
diverte e la trova soddisfacente e meraviglioso.
“Per
farmi tornare il buon umore avrò davvero bisogno di mettere mano a qualche
progetto ancora più grande!”
“A-ah.
Okay…”
“Proverai
i miei bambini?”
“Ah,
beh, ma…”
“Oppure
avevo pensato di modificare la tua armatura! Vedrai, la renderò ancora più
importante e forte!”
“Beh…in
verità non mi servono migliorie.”
“Non
ti rendi conto della cosa ma in realtà ti servono! Eccome se ti servono!
Servono sempre!”
Iida
si guarda intorno nervoso, ma sembra impossibile trovare una via di fuga dalle
follie di Mei.
Gli
sta simpatica, non dice di no, non lo direbbe mai perchè sarebbe una menzogna.
Ma non vuole nemmeno saltare in aria anche lui un’altra volta.
E
di rado gli esperimenti di Mei funzionano alla prima botta.
Midoriya,
poverino, ne ha fatto le spese più d’una volta.
Poi
lo vede. La sagoma di alcuni compagni a distanza.
La
sua via di fuga.
“E’
il caso di riparlarne più avanti, Hatsume-san! Adesso vediamo come stanno gli
altri!”
“Oh!
Giusto! Sono certa che il sacrificio del mio bambino non sia stato vano! Ne
sono certissima!” e lo lascia lì, azzerando le distanze con gli altri e
piombando in infermeria.
Per
fortuna.
Lui
arriva con più calma, ma nota subito che qualcosa non va.
Gli
animi sembrano a terra, alcuni sono già andavi via, anche Aizawa e Mic sono
spariti.
C’è
solo All Might dei docenti, che sta parlando con Recovery Girl. Eppure, ha una
brutta sensazione.
Non
è andato bene. Lo sente.
Iida
cerca inizialmente di avvicinarsi in silenzio a quel che resta del gruppo.
Dentro, sono rimasti solamente Mina e Kaminari e Jirou, fra gli scambiati. O
almeno, quelli che dovrebbero essere loro due.
Ma
forse non è così, considerando che Kirishima non c’è.
Certo,
gli è sembrato di capire tristemente che quei due avessero litigati di brutto,
dopo quanto successo il giorno prima, ma gli dispiacerebbe sinceramente anche
scoprire che si siano lasciati.
“Allora?!”
trilla d’improvviso Hatsume “Il mio bambino ha fatto quel che doveva? Mh? Ma
dov’è Melissa?”
“Melissa
è già andata via con Midoriya,” le risponde pacatamente Jirou.
Iida
alza le antenne. Midoriya era nel corpo di Mina, che è ancora nella stanza. Se
Jirou –ammesso che sia Jirou davvero- ha detto la verità, allora quella Mina
nella stanza non è più Midoriya. O perché dire che era andata via con lui?
“Quindi
ha funzionato, giusto?!”
Jirou
stavolta non risponde. Invece, abbassa appena il capo verso Mina accanto a lei.
“Beh, con me sì,” ammette, “E anche con Midoriya.”
“E’
fantastico!” sbotta Iida, allungando il braccio davanti a sé, “Finalmente le
cose si sono…-”
“Solo
con loro.”
“Eh?”
Stavolta
è Kaminari a parlare, un sorriso sghembo sulle labbra. Shinsou, che è seduto
accanto a lui, guarda ancora fisso il pavimento.
Ah,
aspetta.
Shinsou.
Ojiro non c’è nella stanza, quindi…
“Kaminari…no.
Sei Ojiro-kun?”
Quello
ride appena, “Che intuizione!”
“Oh.
Quindi non ha funzionato con tutti? Che peccato,” mormora Hatsume. Era comunque
abbastanza soddisfatta, perché almeno in parte il suo piccolino si era
sacrificato con uno scopo. Le dispiaceva, però, che avesse funzionato solo con
due di loro.
Anche
perché le loro facce erano così deprimenti...
“Se
volete posso provare a riparare il mio bambino. La prossima volta funzionerà su
tutti! Ormai abbiamo capito come funziona, almeno in parte! Che ne dite?!”
Mina
–o chiunque ci sia dentro di lei- sbianca, “Oddio, moriremo…”
“Maddai,
Kaminari!” ride Jirou, “Comunque, ecco, Hatsume-san…non credo serve. Voglio
dire, mi pare evidente non sia la soluzione.”
“Ma
con te ha funzionato!”
Vero,
con lei aveva funzionato. Certo che sì. Ma aveva la vaga –nemmeno troppo vaga-
sensazione che la cosa non sarebbe riandata bene così facilmente e che
soprattutto non era stato quello a risolvere, seppur parzialmente, la situazione.
Insomma, se fosse stato il macchinario, avrebbe fatto tornare tutti quanti
normali, no?
E
poi perchè Midoriya era scappato in quel modo?
Perché
era scappato, era palese. Lampante. Solo che lì tutti erano così giù di corda che
nessuno ci aveva fatto caso.
Ma
lei, e il suo udito che tanto aveva rimpianto e tanto le era mancato, avevano
sentito palesemente le lamentele di Melissa, e le sue perplessità, mentre
Midoriya la portava via mano nella mano.
“Comunque
scusami se pongo questa domanda,” interviene dopo un po’ Iida, “Ma quindi che è
successo?”
“Ah,
adesso ti facciamo un riassunto, capoclasse,” sbiascica la vocina di Mina,
demoralizzata, “Anzi chiedi a Kiribro, tanto mi sa che ha già fatto la lista
per quel traditore di Sero.”
“Che
depressione qui,” mormora Hatsume, “Beh, io vado a raccattare i pezzi del mio
bambino. Mi spiace molto per come sono andate le cose.”
“Non
importa. Grazie infinite per averci provato, Hatsume-san,” affera Kaminari
–cioè Ojiro.
“Figurati.
Richiamatemi se vi succedono altre cose interessanti come queste, mi
raccomando.”
Shinsou
sbuffa, “Io spero mai più. Mai, mai più.”
“Beh,
non si sa mai. Voi richiamatemi!”
Lei
alza la mano, saluta, si volta e fa per andarsene. Poi sembra ricordarsi
qualcosa, Iida trema mentre gli va di nuovo sotto al naso, “E tu mi raccomando
eh! Ci conto!”
“Eh?”
Iida rimane per un attimo interdetto.
Contava?
Su cosa contava? Oh, no, non le modifiche alla sua divisa da eroe, non quello!
“Hatsume-san,
mi rincresce dire che…”
“Allora
vado, ciao!”
“Aspetta,
Hatsume-san!”
“Devi
essere più conciso quando vuoi dire di no a qualcuno, Capoclasse,” borbotta
Shinsou, sfilandogli davanti insieme a Ojiro, “Con una pazza con quella ci
rimetti, altrimenti.”
“Non
è carino definire pazza una propria compagna di studi, Shinsou-kun!”
“Sì,
sì,” sbuffa, “Comunque rimane pazza.”
“Dai,
‘Toshi, almeno ha cercato di aiutarci, lei.”
“Eh.
Era meglio di no.”
Iida
si sistema gli occhiali sul naso a dita ben tese. La faccia che ha fatto Ojiro
–cioè la faccia di Kaminari- alle parole di Shinsou è palesemente contrariata,
ma l’altro non ci fa caso. Troppo giù di tono, si limita a sbuffare per
l’ennesima volta mentre segue il compagno fuori dall’infermeria e poi
probabilmente verso il dormitorio.
Però,
alla fine Shinsou ha detto quello che pensano tutti, lì, lui compreso: era meglio
non fare niente, con quel risultato.
Ma
dopotutto, non potevano saperlo all’epoca, e avevano tutte le buone intenzioni
del mondo.
Quindi,
tutto sommato, non potevano lamentarsi.
Ci
avevano provato. Se non l’avessero fatto, si sarebbero pentiti anche di quello.
Era un circolo vizioso.
Potevano
solo sperare finisse in fretta.
“Cosa
fai, Iida-kun? Rimani qui tu?”
Iida
si riscuote, guarda Mina –che non ha ancora capito chi è- e Jirou, gli ultimi a
lasciare l’infermeria, ora vuota, “Torniamo al dormitorio!” ordina, il braccio
teso davanti a sé.
Iida
è rimasto fin troppo nel salotto comune con tutti gli altri. Quella situazione
si stava rivelando davvero pesante e in tutto questo il fatto che lui non
potesse fare nulla lo metteva davvero di cattivo umore.
Non
quanto chi lo stava vivendo, questo era ovvio, ma non gli piaceva doversene
stare con le mani in mano mentre i suoi amici soffrivano, e non avere la
possibilità di aiutarli per quanto lui si potesse impegnare a farlo.
Quindi,
alla fine si alza anche lui e se ne va, anche se è fra gli ultimo a farlo.
Quando
si alza lui, sui divani ci sono solo Tsuyu e Tokoyami ormai, che stanno
parlando. Tutti gli altri, stanchi o demoralizzati, sono tornati nelle loro
stanze e lui non ha potuto fare altro che augurare loro la buona notte e
sperare che andasse tutto quanto nel migliore dei modi.
Tutta
quella situazione si stava rivelando peggiore del peggior attacco Villan che
avessero mai affrontato, e ne avevano affrontati tutti quanti parecchi di
attacchi. Eppure, forse il fatto di non sapere che cosa l’avesse causato, stava
scoraggiando anche i più determinate di loro.
Non
aveva mai visto Bakugou in quello stato, per non parlare della povera
Yaoyourozu. E anche Ochaco sembrava sfinita. Shinsou aveva una pessima cera e
Ojiro portava la faccia di Kaminari a livelli di depressione mai visti prima.
Ma
per rispetto delle condizioni di tutti loro che soffrivano, era rimasto lì fino
alla fine.
Solo
che passarci la notte, se gli altri non c’erano, è inutile. Solo per questo
imbocca l’ascensore e sale al suo piano.
E’
proprio uscendo da lì che vede Shoji chiudersi alle spalle la porta della
stanza di Kaminari, dove adesso è Ojiro. Se ha capito bene lo schema che gli ha
fatto Kirishima, ovvio.
Ormai
è più confuso che mai!
“Shoji-kun!”
Shoji
sobbalza, ancora con la mano sul pomello della porta della stanza accanto a
quella di Iida, quella di Denki. Nel cui corpo adesso c’è Ojiro.
Probabilmente,
è stato con lui fino a quel momento, non trova altre spiegazioni. In fondo, sa
bene che sono amici intimi.
Quello
che trova strano è che ci sia lui, e non Shinsou.
Anche
se Iida non è certamente un esperto in quell’ambito, lo sa e neanche gli
interessa diversamente, si rende ben conto che in un momento così delicato
Ojiro avrebbe dovuto volere accanto il suo compagno, no? Tanto più che fino a
quel momento è stato così.
E
allora perché Shoji ha quella faccia da funerale, in tutto questo?
“Va
tutto bene, Shoji-kun? Sai bene che se ci fosse qualche problema non devi
esitare a parlarmene! In qualità dì…”
“No,
no,” lo interrompe mollemente Shoji. Sembra fiacco, spompato. “Va tutto bene.”
“Sei
sicuro?”
Shoji
sospira, ha gli occhi stanchi e la bocca che compare sul suo tentacolo è
stranamente all’ingiù, “Per me è tutto a posto. E’ Ojiro che non…diciamo che
non sta troppo bene. E’ stata una giornata lunga.”
“Lo
immagino,” annuisce Iida, grave, “Non deve essere facile. Sei un buon amico ad
essere rimasto a fargli compagnia fino ad ora!”
“In
verità, col tuo permesso capoclasse, volevo solo andare a prendere qualcosa di
caldo da bere. Penso che passerò la notte qui.”
“Oh,
beh. Non vedo quale sia il problema. C’è anche Shinsou?”
“No.
Shinsou non c’è. Non…se la sentiva,” mente, “Voleva stare un po’ da solo.”
“Capisco.
Auguro la buona notte ad entrambi. Ricordatevi di non esitare assolutamente a
contattarmi e a bussare alla mia porta, se vi occorresse!”
Shoji
si limita ad annuire, poi torna verso l’ascensore con cui scendere nel cucinotto
della sala comune.
Iida
ha la tentazione di bussare alla porta di Denki per vedere come sta Ojiro.
Sente che c’è qualcosa che non va e vuole controllare.
L’istinto
gli dice che deve. Dovebbe, per lo meno.
Ma
alla fine non lo fa. Non sono fatti suoi. Ojiro deve essere giù di morale, e
quello è normale, ma non c’è certamente bisogno che lui si impicci oltre, e lo
metta magari ancora più di cattivo umore.
In
fondo, se gli serve sa che è alla porta accanto. Come sempre, visto che ancora
la stanza di Ojiro è su quel piano.
Ah.
Già.
Quindi
c’è anche Bakugou.
Dovrebbe
andare a controllare almeno come sta lui, visto tutto quello che è successo?
No, forse no. Rischia una sfuriata e di saltare in aria.
Anche
se il suo lavoro di capoclasse è controllare che i suoi compagni stiano bene, è
suo dovere anche non disturbarli quando non occorre, in momenti delicati. E
quello è senz’alcun dubbio un momento delicato.
Quindi
lo lascerà dormire in pace e gli chiederà come sta il giorno dopo, con calma.
Shoji
arriva nella sala comunque che ormai è vuota, e si dirige immediatamente nel
cucinotto, prende la teiera e mette a scaldare l’acqua.
A
Ojiro serve davvero qualcosa di caldo da bere, e anche a lui se vuole passarci
tutta la notte per tenergli compagnia.
Ojiro
è il suo migliore amico, e gli piange il cuore a vederlo stare così male, per
quanto con la faccia di Kaminari risulti solo…strano. Non avrebbe mai pensato
di poter vedere Kaminari così disperato un giorno.
Fa
un certo effetto.
Vorrebbe
andare anche da Shinsou, ma ancora non cede alla tentazione.
Ojiro
ha comunque la precedenza.
“Shoji,
sei ancora sveglio?”
Shoji
allunga una delle sue appendici fino alla porta d’ingresso del cucinotto,
scorgendo subito la figura dell’amico Tokoyami. Non l’ha sentito arrivare se
non quando è arrivato vicino alla porta, ma era così concentrato nei suoi
pensieri che non è neanche riuscito a riconoscere la falcate leggera.
Normalmente
avrebbe capito subito che si trattava di lui.
“Ciao,
Tokoyami. Sì, credo che stasera non si dormirà. Vale anche per te?”
“Io
stavo andando in camera, in verità. Sono rimasto con gli altri fino alla fine.
Tsuyu è salita per ultima pochi minuti fa,” spiega. In effetti, erano saliti a
scaglioni, quando la serata si era fatta troppo pesante da sostenere, anche se
tutti insieme.
Quando
si erano seduti in sala comune aveva pensato che l’idea fosse di rimanere tutti
insieme, per far più che altro compagnia ai poveretti scambiati. Ed in effetti,
l’idea generale forse era stata quella, silenziosa ma pensata da tutti.
Ma
poi Momo era andata via, e subito dopo Mina.
Bakugou
non si era fatto attendere, ma su di lui non contava troppo.
Quando
anche Ojiro e Kaminari erano andati via, però, era stato abbastanza ovvio che
restare non sarebbe servito a nulla. Tokoyami, però, aveva comunque aspettato
che se ne andassero tutti quanti.
Per
un po’ è rimasto a parlare da solo con Tsuyu, erano entrambi convinti che se le
cose fossero rimaste così molti guai sarebbero solo che peggiorati, anche se
sembravano aver trovato un equilibrio quel nuovo cambio aveva causato altre
crisi. Forse persino peggiori delle precedenti.
Alla
fine anche Tsuyu è salita in camera e lui ha pensato di andare a bersi un
bicchiere d’acqua prima di recarvisi a sua volta.
E
c’ha trovato Shoji con una faccia davvero cupa. Quasi peggiore di quella che
potrebbe fare lui.
“Vuoi
del tè? Lo stavo facendo per Ojiro, ma penso che lo rifarò.”
“Volentieri,”
accetta Tokoyami, sedendosi sul divano accanto a Shoji, entrambi con la tazza
alla mano. “Non dormirai, hai detto. E’ successo qualcosa?”
“Ah,
già. Se sei stato qui con gli altri non lo sai.”
“So
cosa? Oh…no…”
Shoji
sospira, “Già. Avevi ragione.”
Tokoyami
schiocca la lingua, “Non sono durati.”
“No.
Non sono durati. Ojiro sta malissimo e avevo pensato di fargli compagnia.”
Fumikage
annuisce. Sì, è una buona idea. Non che Ojiro farebbe mai niente, anche solo
per rispetto al corpo di Kaminari che –si spera temporaneamente- lo sta
ospitando.
“Speravo
non fosse così repentino. Sapevo che se fosse durato sarebbe successo il
peggio, ma il secondo scambio è stato solo questa mattina…”
“Lo
so,” mormora Shoji, “Ha fatto tutto Ojiro. In realtà, lo ha fatto per Shinsou.
Volevo andare a vedere come stava anche lui.”
“Lascia
stare. Non credo che voglia vedere qualcuno.”
“Sì.
Forse hai ragione.”
“Ad
ogni modo, spero che questa storia duri il meno possibile,” ragiona Tokoyami,
“Ma più passa il tempo, più temo che nessun macchinario li salverà. Se non
capiamo da cosa è iniziato tutto questo, non cambierà niente.”
“E
come possiamo capirlo. Non abbiamo indizi.”
“E’
questo il punto. Non abbiamo alcun indizio e questo non è possibile. Ci manca
un tassello importante. E se non lo troviamo…”
Shoji
scuote piano la testa, la bocca su una delle sue appendici stira le labbra per
un attimo, “Non dirlo neanche. Anzi, non pensarlo neppure. Non può essere definitivo.”
“Ma
se lo fosse, invece? Dobbiamo vagliare qust’ipotesi. Non tutti i quirk sono
reversibili.”
“Ma
come può essere un quirk? Nessuno dei presenti ha un quirk anche solo
lontanamente simile a questo. E non c’era nessuno oltre a noi.”
“Non
visibile ai nostri occhi.”
“Che
vuoi dire?”
Per
un lungo attimo, Tokoyami tace. Poi semplicemente scuote il capo, “Non lo so.
Sto solo pensando ad alta voce.”
“Ma
se ci fosse stato qualcun’altro, o qualcosa di simile, Aizawa lo saprebbe.”
“Non
sono più sicuro di cosa dovrei pensare. So solo che questa situazione non mi
piace affatto, e che invece di migliorare le cose sembrano andare sempre
peggio.”
“Su
questo hai ragione.”
Il
silenzio che cala pare infinito. Nessuno dei due dice nulla, nessuno dei due ha
effettivamente niente da dire.
Si
potrebbe provare a cambiare discorso, ma in quel momento a nessuno dei due, e
probabilmente a nessuno della classe, potrebbe venire qualcosa di divertente di
cui parlare, o anche solo leggero.
Forse
solo a Mina. Ma anche lei quella volta sembrava così tranquilla che Shoji, per
un lungo istante dopo che si era svegliata, aveva pensato che forse si era
stancata.
Anche
per Mina doveva essere complicato. Aveva cercato di vedere il lato positivo
della cosa, aveva giocato –forse esagerando più d’una volta- approfittando di
quello che era successo. Ma adesso anche lei doveva provare di nuovo il
desiderio di riavere il suo corpo. Se non altro, per poter riabbracciare in
santa pace Kirishima.
Certo
che se iniziava a deprimersi anche Mina, era davvero la fine di tutto.
Non
dovevano arrivare a quel punto.
Doveva
finire tutto prima.
“Io
vado a fare dell’altro té e torno da Ojiro.”
“Buona
idea. Io penso che andrò a letto. Cerca di non farlo deprimere troppo.”
“Ci
proverò. Buonanotte, Tokoyami.”
--
Nell’ala
delle ragazze, intanto, nella stanza di Mina era in corso qualcosa di molto
simile all’apocalisse.
Ma
Jirou se la sta ridendo della grossa da almeno mezzora, ormai, tanto che le
facevano male gli addominali.
Kaminari,
invece, nel corpo di Mina non è affatto dello stesso avviso.
Anzi,
per una volta nella sua vita non era neanche strano che piangesse, visto che
era nel corpo di una ragazza, piegato dai dolori del ciclo.
Gli
sembrava una storia già vista.
Dopo
aver visto passare Ojiro e Bakugou, considerando che Midoriya se l’era
svangata, sperava che andasse bene anche a lui. Insomma, dai, non poteva andare
bene solo a Midoriya, e che diamine!
Non
era mica giusto!
“La
vita ce l’ha con me! Cos’ho fatto di male!”
Jirou
si stende sul divano, la trapunta nera e fucsia di Mina è caldissima e già
ridere in quel modo la sta facendo sudare come poche volte, ormai. “Oh, suvvia,
Kaminari!”
“No!
Come puoi ridere! Jirou aiutami!”
“Ma
non posso aiutarti, Denki!”
“Perché!
Perché quando c’era Midoriya qua dentro non è successo niente e adesso a me
sì?! Perché?!”
Jirou
ride ancora più forte, se possibile. E’ sempre stata una ragazza molto tranquilla,
composta, ma in quel momento le è impossibile.
Forse
è su di giri per via di quello che sta succedendo intorno a lei.
Per
essere tornata nel suo corpo. Per essere riuscita a confessarsi a Denki.
Quindi,
alla fine, è così felice che proprio non riesce a contenersi.
Le
dispiace che Denki stia male, ma proprio pochi giorni prima aveva pensato che
fosse il caso che anche uno col suo carattere finalmente capisse che cosa
significasse essere donna, molto più di Ojiro e Bakugou, e qualcuno lassù
l’aveva ascoltata, evidentemente.
Per
il dispiacere di Denki.
“Smettila
di disperarti, Denki! Non è niente di così terrificante.”
“Cosa?
Come fai a dire una cosa simile?”
“Lo
dico perché lo vivo tutti i mesi. Su, vieni qui!”
Denki,
con il faccino di Mina, mette il broncio. Kyoka riderebbe ancora se non fosse
che in fondo le dispiace davvero per il suo…neo-fidanzato? Può definirlo il
suo…fidanzato?
Insomma,
si sono dichiarati. E’ stata una dichiarazione sicuramente atipica per svariati
motivi, ma lo è stata.
Se
non se lo fossero detti, in fondo, lei non sarebbe lì a mezzanotte passata, con
lui, in pigiama nella stanza di Mina. Non che sia la prima volta che sta in
pigiama nella stanza di Mina, ma di solito ci sono anche le altre, e stanno
facendo un pigiama party. E soprattutto, di solito Mina è Mina e non Denki.
Questa
storia stava decisamente sfuggendo loro di mano e, anche se in quel preciso
momento trovava le lamentele di Denki divertenti, sperava comunque che tutto
tornasse normale.
Rivoleva
anche lei il suo Denki. Nel suo corpo.
Adesso
che finalmente era il suo Denki, lo rivoleva più che mai.
“Tieni,
Denki. Prendi queste,” gli dice alla fine, porgendogli un paio degli
antidolorifici che di solito usa anche lei in quei periodi del mese. Lui
l’accetta subito, lo manda giù praticamente senz’acqua, ne beve un sorso
appena.
Poi
va di nuovo al bagno, brontolando ancora.
Quando
rientra in stanza, Jirou ha già preparato il letto, ma come si sono accordati è
ancora lì, e col permesso di Mina, a cui l’ha chiesto prima di salire, ci
rimarrà tutta la notte.
Non
può mica lasciarlo da solo così proprio quella sera. Non tanto perché non si
fida di lui e di dove metterà le mani –anche un po’ quello, a dover essere
onesta- ma anche e soprattutto per via della situazione un po’ delicata, per
Denki, che sta affrontando di punto in bianco.
Se
prima ha avuto problemi ed era nel corpo di un suo amico, figurarsi adesso che
era in quello di una ragazza.
“Vieni
qui, Pikachu. Ho sonno quindi smettila di fare avanti e indietro di continuo
dal bagno.”
“Ma…”
“Non
succederà nulla. Puoi sdraiarti e dimenticartene per qualche ora? Andrà
benone.”
“Sei
sicura?”
“Certo,”
gli sorride.
Denki
brontola ancora, ma alla fine accetta e si stende accanto a lei.
L’unica
fortuna di quella situazione, adesso che ci pensa, è che Mina e Jirou sono
amiche, e che Mina non si fa problemi di sorta con loro, quindi Kyoka non è
obbligata a farsene in quel momento. Se fosse stato ancora nel corpo di Ojiro,
per rispetto non si sarebbero potuti toccare.
In
fondo, Shinsou non aveva sfiorato Kyoka neanche una volta, se non forse per
darle un bacio sulla fronte, quindi soprattutto dopo la scenata fatta –rivelatasi
poi inutile perché non era succeso niente- glielo doveva.
Ma
adesso era nel corpo di Mina Ashido, che era la prima a toccare le sue amiche
senza alcun pudore, con la scusa che erano tutte donne.
Almeno
quello.
Jirou
gli passa una mano fra i corti capelli rosa di Mina, andando a stuzzicare le
cornine dell’amica.
Sa
benissimo che a lei da fastidio, se lo si fa senza chiederle prima il permesso,
ma le piace tantissimo quando lo fa Hagakure, invece, mentre le accarezza il
cuoio capelluto.
Quindi,
lei ripete il gesto immediatamente, e l’espressione che fa Denki è esattamente
la stessa che fa Mina quando capita a lei, e per un attimo quasi si dimentica
che lì dentro non c’è davvero Ashido.
“Adesso
rilassati e dormi, d’accordo?” sussurra, a bassa voce per non disturbarlo e,
anzi, conciliare il sonno.
Sa
che Denki è stanco, e non ci vorrà molto per farlo addormentare.
“Mh…”
“Il
mal di pancia ti passerà in un attimo. Non ti preoccupare, Denki. Andrà tutto
bene. Buonanotte…”
“Meno
male che ci sei tu, Kyoka…”
Kyoka
sorride, avrebbe così tanto la tentazione di baciarlo! Ma anche se è il corpo
di Mina, un bacio sulle labbra è escluso. Si accontenterà di sognarlo, di
sognare di baciare Denki.
E
stavolta senza brutte conseguenze al suo risveglio.
--
“Izuku-kun!
Ma perché ce ne siamo andati in quel modo, prima? Forse potevamo rimanere con
gli altri!”
Midoriya
sbuffa, si accascia finalmente sul letto della sua stanza, finalmente di nuovo
la sua stanza, e si prende la testa fra le mani.
Poco
prima è passata da lui Ochaco restituendogli le sue poche cose rimaste nella
stanza di Mina, ha sentito che si è anche fermata un po’ a parlare con Melissa
e anche lui ha capito che l’idea generale era di rimanere insieme agli altri in
sala comunque.
Ma
non è comunque sceso, e alla fine neanche Melissa lo ha fatto, pur avendogli
chiesto più d’una volta se ne aveva intenzione. Ma non lo ha abbandonato,
nonostante lui non abbia certo bisogno di supporto.
Lui
è tornato normale. Nel suo corpo. Che è di nuovo suo.
Non
come gli altri.
Ed
è proprio questo a disperarlo, in verità!
Lui
è tornato normale, e si sente ferocemente in colpa perché gli altri invece sono
ancora nel bel mezzo di quel casino assurdo, ed è tutta colpa sua!
Solo
che come, come, come fa a sistemare tutto?!
“Izuku,
ma va tutto bene?” Melissa alla fine gli si siede accanto, carezzandogli la
schiena in modo circolare, come se volesse consolarlo al meglio delle sue
possibilità.
“Melissa-san…io…credo…”
No. No fermo.
Cosa
sta facendo?
Non
può dire la verità a Melissa. Certo, si fida ciecamente di lei ed è certo, più
che certo, che non lo dirà a nessuno. Per altro suo padre, il dottor Shield, sa
la verità per bocca di All Might, quindi se si è fidato del padre perché non
fidarsi della figlia?
Senza
contare, poi, che Melissa è…beh…la sua fidanzata.
Arrossisce
fino alla punta dei capelli solo al pensiero di una cosa simile! Poi non si
sono neanche mai b…baciati…
“Wah!
Deku! Non ti senti bene?!”
“N-no,
Melissa-san….s-s-sto b-b-bene…”
No,
a quello era meglio se non ci pensava.
Sennò
finiva di svenire.
Deve
fare altro, piuttosto. Vale la pena dirlo a Melissa?
Può
farlo? Dovrebbe chiedere a All Might prima, forse?
Ma
il One for All adesso è suo, ha libertà di scelta adesso? O forse no?
Non
lo sa. E’ talmente confuso che non sa più niente.
Vorrebbe
chiedere consiglio a Melissa. Dirle che sì, quello che è successo ai ragazzi è
colpa sua ed è per questo che sta così. Che no, per quanto lei si possa
impegnare nelle sue invenzioni insieme ad Hatsume tanto non otterrà un bel
nulla.
Ma
alla fine, anche se glielo avesse detto, rompendo quindi la promessa fatta ad
All Might, che cosa sarebbe cambiato? Melissa non può aiutarlo neanche con uno
dei suoi aggeggi tecnologici.
Deve
essere lui a trovare una soluzione.
Deve
essere lui, assolutamente, a capire come risolvere tutto quello.
Solo
che deve anche metterci meno tempo possibile, per evitare che davvero Kacchan
–e gli altri- si rovinino l’esistenza. E questa pressione di certo non lo
aiuta.
“Scusami,
Melissa, è che è stata una giornata lunga e faticosa. Anche se sono tornato nel
mio corpo…anzi, forse proprio per quello,” sospira.
Melissa
annuisce, “Ti senti in colpa, vero? Di essere tornato tu mentre i tuoi amici
non hanno avuto la stessa fortuna. Anche io mi sento in colpa…non capisco
davvero perché non abbia funzionato con tutti!”
“Non
è stata certo colpa tua, Melissa. Tu ce l’hai messa tutta.”
“Allora
non è stata neanche colpa tua, Izuku,” ribatte lei, posando dolcemente una mano
su quella di Deku, poggiata sul letto, e stringendola, “Ce l’abbiamo messa
tutti tutta.”
“Non
che fosse qualcosa che potevamo cambiare con la nostra volontà…”
“Infatti.
Esula da noi tutto questo. Possiamo solo sperare che vada tutta bene, Izuku. Io
so che andrà tutto bene.”
Il
sorriso di Melissa gli scalda il cuore, riesce a risollevargli, seppur di poco,
l’umore.
E’
così bella, lei.
E
si fida di tutti loro. E di lui.
Se
solo sapesse la verità. Che non è questione di sperare.
Che
se non trova lui una soluzione, non andrà tutto bene un bel niente.
L’unica
cosa che lui, nel suo piccolo, può sperare, è che gli effetti di quel quirk
prima o poi scemino e scompaiano.
In
quell caso, forse, gli basterà non utilizzarlo mai, mai più. Non finché non
trova come controllarlo, almeno.
Lo
spera.
“Ti
lascio riposare, Izuku. Va bene? Io torno al dormitorio dei professori, zio
Might mi ha detto che mi hanno preparato una stanza lì, per stanotte.”
“Oh…”
Midoriya alza su di lei due occhioni enormi, più verdi che mai.
Melissa,
però, è già in piedi, si sistema gli occhiali sul naso e si avvicina alla porta
quasi senza più guardarlo.
Non
sa come gli sia venuto in mente, cosa stesse pensando.
Ma
la prima cosa che gli viene in mente di fare è alzarsi e afferrarle il polso.
“M-Melissa.
Aspetta.”
Non
vuole mandarla via così, anche se è stata una giornata pesante. Alla fine si sta
comportando in un modo fraintendibile, pareva che desse la colpa a lei se le
cose erano andate male e invece non era affatto così.
E’
lui il colpevole.
Accidenti.
Non ne combina una giusta.
Cosa
deve fare? Non può nemmeno chiedere consiglio.
Forse,
Todoroki che è fidanzato avrebbe potuto aiutarlo?
“Sì.
Dimmi, Deku…Izuku-kun…”
Midoriya
abbassa piano il capo, prendendo un enorme respiro, “Non vorrei che…che
pensassi che ce l’ho con te, Melissa. E’ solo che sono un po’…ecco…demoralizzato.
Ma se non fosse stato per te non riavrei il mio corpo neanche io, quindi devo
ringraziarti, Melissa. Non l’ho ancora fatto, e mi dispiace. Sono stato davvero
pessimo, oggi, con te. Ti chiedo scusa.”
Gli
occhi azzurri di Melissa si fanno lucidi, ma sorride serena, “Lo so, Izuku. Lo
capisco, non ti preoccupare, non c’è bisogno né che tu ti scusi né che mi
ringrazi.” E’ lei a prendergli ora
entrambe le mani fra le sue e stringerle
forte, “Adesso devi cercare di dormire, d’accordo Izuku? Io ti prometto che
penserò ancora ad una soluzione! Sentirò anche Hatsume-san e vedrò se riusciamo
a fare qualcosa! Farò di tutto, te lo prometto!”
“Melissa-san…”
“Andrà
tutto bene, Izuku! Ne sono certa!” fa un passo in avanti, come se volesse fare
qualcosa.
Ma
alla fine si tira indietro di nuovo. Izuku è così timido ed insicuro su quelle
cose e non vuole assolutamente metterlo a disagio.
C’era
tempo per quelle cose, no?
Eppure,
Midoriya riesce a stupirla ancora una volta.
All’improvviso,
e impacciatamente, e forse un po’ rudemente, azzera le distanze fra loro e le
da un bacio. Sulle labbra.
Midoriya
ha percepito chiaramente il movimento di Melissa di solo pochi secondi prima.
Il modo in cui si era quasi sporta verso di lui era lampante, anche se poi si è
ritirata indietro.
E
quindi, di nuovo, ha seguito il cuore anziché la testa.
In
fin dei conti, è per quello che All Might l’aveva scelto fra tanti, no? Perché
come ogni buon eroe, segue l’istinto e il cuore se capisce che questo possa
salvare e rendere felice una persona.
E
la stessa cosa ha fatto adesso.
Ha
intuito il movimento di Melissa, la sua perplessità.
Così,
ha agito di conseguenza.
E
l’ha baciata.
Non
si sono mai baciati, loro due. Mai neanche una volta.
E’
il suo primo bacio, e crede anche quello di Melissa.
Forse
per questo risulta impacciato come lui, timido. Non approfondiscono più di tanto
il contatto, le loro labbra si schiudono appena, le lingue si sfiorano quasi
per sbaglio.
Quanso
si staccano, Midoriya è così rosso in viso che Melissa ha quasi paura stia per
svenire.
Ma
sorride lo stesso. E’ euforica.
Si
sono baciati.
Meglio
ancora, l’ha baciata lui!
“Izuku-kun?”
lo chiama di nuovo, ma lui riesce appena ad alzare il volto su di lei.
Al
solo guardarla si sente la terra mancargli sotto i piedi.
“S-sì?”
“Buonanotte,
Izuku,” mormora, e lo bacia di nuovo.
Stavolta
lei, ed è decisamente più sicura di quello che fa.
Poi
lo lascia lì, imbambolato, uscendo dalla stanza per andare a dormire.
E
Midoriya rimane così, in piedi, da solo. Prima che le gambe gli cedano,
facendolo crollare a terra.
Eh,
sì.
Sarebbe
andato tutto bene.