Videogiochi > Ensemble Stars
Segui la storia  |       
Autore: Rota    22/06/2020    2 recensioni
Sentì i muscoli della schiena dolere. Si allontanò dal fascio di luce della lampada sul tavolo, così da avvicinarsi alla grande finestra che poco prima stava ammirando Mika, godendo dei colori della notte.
Si appoggiò al legno dello stipite con una spalla, incrociando le braccia al petto.
Che bella luna. Che belle stelle.
Tracciò le linee di un tatuaggio straordinario tra le costellazioni senza nome, profili di qualcosa che nessun uomo aveva inventato. Magari, nel loro futuro, potevano essere utili.
Fu in quel modo che vide i primi bagliori – gli sembrò fossero delle stelle cadenti. Una, due, tre, dieci, cento.
La prima cadde a terra e colpì una casa. Prima il buio, subito dopo un’esplosione di fulmini incontrollata.
Shu rimase immobile, inorridito ed esterrefatto, finché anche da quella distanza non si riuscirono a sentire le urla agonizzanti dei suoi stessi concittadini.
Quella fu chiamata, da chi sopravvisse, la prima delle Notti della Pioggia di Potere.
E segnò l’inizio di un nuovo mondo per tutti i cittadini di Yumenosaki.

[LeoxShu principalmente; Fantasy/Steampunk/Tatoo!Au; multicapitolo]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Leo Tsukinaga, Shu Itsuki
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*10. Steli – La risposta è nel domani*

 


[Melodie di vento e di pioggia: il movimento della tempesta // CherryBlossoms' Ink FanMix
Track 11: Capitolo 10]








 
 
Si sveglia tra coperte e cuscini, il corpo disteso sul materasso. C’è la sensazione di un sogno leggero, che diviene via via evanescente e si annida contro la tempia, comprimendola un poco.
Fa un verso di disapprovazione, poi sente il suo respiro contro il proprio naso. Il ricordo del suo odore, della sua presenza, ha sempre animato le poche ore di sonno durante la notte, ma mai era stato così reale.
Apre gli occhi e lo ritrova proprio davanti a sé, in disordine – perché non c’è davvero altro termine per descrivere Leo in quel momento. Non riesce neanche a vedergli per bene il viso, con tutti quei capelli ovunque, e dalla bocca semiaperta cola un poco di saliva. Gambe e braccia paiono come dislocate, ingarbugliate in modi indicibili, anche per colpa delle catene che le tengono legate.
Lo Shi realizza piano cosa sia successo, perché la sua mente non è più abituata a essere rilassata a quel modo. La concezione del tempo è completamente trasmutata, sembra siano passati secoli dalla sera precedente eppure tutto ciò che lo circonda è molto simile a come lo ha lasciato.
La sua mano non trema: la consapevolezza di aver dormito tra le braccia dell’amato lo rinfranca, mangia un pezzo di quella preoccupazione e di quell’ansia che lo hanno divorato per così tanto tempo. Per quel lui, è la conferma di tutte le speranze delle quali si è nutrito, le convinzioni che si possa tornare a qualcosa che c’era prima, affetti mai davvero scemati.
Con questo, domina la paura, e la rabbia, dell’altro lui.
Scende a baciargli le labbra, svegliandolo. Lo bacia ancora, insistendo quando si accorge che Leo si è svegliato e non riesce ancora a reagire a quell’attacco improvviso. Schiocca le labbra contro le sue, si prende quella bocca indifesa e inerme e così molle, calda. Leo mugugna, tenta persino di muovere le mani e di abbracciarlo, stringerlo, forse addirittura attirarlo a sé.
Per Shu è facile sovrastarlo e incastrarsi tra le sue gambe, quando ancora è così lento. Adagia il proprio corpo al suo senza smettere di baciarlo e di toccarlo; intreccia, in alto, le dita delle mani alle sue, lascia che si infili appena sotto la pelle del guanto, per toccare il nudo palmo e sentirlo tremare di piacere. Lo ferma quando denuda le prime nocche, le dita si chiudono e la sua presa diventa più ferma.
Leo lo morde all’improvviso, piano, sulla guancia, con un sorriso sbarazzino che lo riporta alla loro adolescenza, quando era privo di tutte quelle rughe d’espressione ai bordi della bocca. Shu fa una smorfia di risposta, lo schiaccia contro il materasso mentre gli rivolge uno sguardo intriso di un’espressione di possesso feroce quasi, pulita dai residui di un dubbio insonne, dove il confine dei suoi due è così labile e sottile, non sembra davvero esserci. Sembra solo Shu, non altri.
Leo ride al suo sguardo, tenta di morderlo ancora ma viene facilmente intrappolato in un altro bacio fatto di denti e lingua. Fa un po’ male, prima di tornare a essere dolce.
-Mi prendi tu, questa volta?
Non c’è neanche da chiederlo.
 
 
È un secondo: la lama del coltello sfiora il polpastrello di Mika, di riflesso il giovane ritira velocemente la mano per non finire affettato come quel grande tulipano secco. Il fiore si affloscia sul tagliere, privo di sostegno, ma non ci sono gocce di sangue.
Però si tratta di una tregua momentanea perché, appena alza di nuovo lo sguardo alla scena che si presenta dall’altra parte del tavolo, sente un insolito peso allo stomaco. Pensa sia fame, data l’ora.
Anche Shu ferma la mano che stava terminando il disegno, così da poter riservare tutta la propria attenzione all’uomo che ha accanto, e annuire.
-L’estratto di resina ormai dovrebbe essere pronto, dobbiamo solo mescolarlo con qualche goccia di inchiostro di mora. Tsukinaga, prendi la bacinella e portala qui. Fai attenzione, deve muoversi il meno possibile.
Un moto di ribellione spontaneo, prima che lo possa fermare.
-Oshi-san!
Lo Shi ricambia il suo sguardo senza capire come mai sia stato interpellato a quel modo.
-Dopo che hai fatto, comincia a mettere in ordine. Ormai abbiamo finito.
Mika sbuffa, rimanendo a guardare l’uomo con i capelli lunghi eseguire un ordine che, ne è certo, lui stesso avrebbe fatto sicuramente meglio. Invece si ritrova i polpastrelli bagnati di brina e di succo di semi, membrana molliccia che gocciola dai pistilli dei fiori.
A Shu non sfugge però il passo incerto di Leo.
-Stai attento, Tsukinaga!
-Non si è mosso! Giuro!
Shu non replica: guarda dentro il secchio e si limita a sollevare un sopracciglio, senza aggiungere nulla per puntualizzare. Un altro ordine.
-Sollevalo da terra.
Leo regge il secchio dal manico, piega appena i gomiti. Sorride molto contento, perché è la prima volta in sei giorni che prende parte attiva a qualcosa.
Mika sbuffa ancora più sonoramente e affetta quel povero tulipano come se fosse un mattone di granito.
-Sollevalo di più! Non vedi che Oshi-san fa fatica?
Shu guarda prima lui, senza dire nulla, poi Leo, in attesa che faccia quanto gli è stato detto.
Neppure Leo aggiunge altro, ma solleva di più il secchio, delicatamente. Così facendo, in effetti allo Shi è molto più facile qualsiasi manovra.
L’uomo dai capelli rosa quindi prende da una bacinella un contagocce pieno di liquido nerastro. Uno, due, tre, e lo ripone esattamente dov’era prima. Leo sembra per lo più confuso.
-Ora dovrebbe…?
Per fortuna, almeno Mika ha finito di fare quello che stava facendo; può mettere quel che rimane del fiore dentro un contenitore pieno di pistilli e steli profumati, conservati nella colla.
-Restringersi e formare un grumo molliccio, che Oshi-san utilizzerà domani! È facile, basta guardare!
L’uomo sorride un po’ nervosamente al suo appunto, sembra così serio e così duro.
Gli basta guardare di nuovo Shu per recuperare un poco di sicurezza. Lo Shi, d’altra parte, indica il fondo del secchio ancora a mezz’aria, rilevando una trasformazione in atto.
-È molto interessante come la resina trattata reagisce all’inchiostro. Guarda.
-Ma sta diventando sempre di meno!
-Non ti preoccupare, l’inchiostro con la resina si può stendere con facilità. È molto elastico, se tenuto appena caldo.
Si sorridono di nuovo, in un tempo che sembra solo loro.
Mika non sa esattamente che espressione stia facendo, ma dev’essere terribile, visto che Shu si preoccupa parecchio quando gli rivolge un minimo di attenzione.
-Stai bene, Kagehira?
Prende un lungo respiro, con l’intenzione di parlare. Caso vuole che proprio in quel momento qualcuno bussi alla porta dietro le sue spalle e una voce conosciuta viaggi per l’aria.
-Si può entrare?
Shu fa gli onori di casa, accompagnando le sue parole con un gesto esplicito.
-Narukami, accomodati.
I nervi già suscettibili di Mika si tendono ancora di più quando Arashi, la sua sposa, entra nello Studio Shi Valkyrie e subito gli si affianca, con la solita gioia e la solita allegria.
-Ho avuto mezza giornata di permesso, sono venuta a trovarvi e anche a vedere come vanno le cose! Così magari riusciamo a mangiare tutti assieme!
Persino il tocco leggero delle dita di lei sulla spalla è motivo di irritazione per Mika, in quel momento.
-Il mio corvetto! Eccoti qua!
Tutto nei suoi gesti è intimità, fisica ed emotiva. Sa che, solo dopo averlo toccato sulla spalla, può anche permettersi di accarezzarlo in viso. È abbastanza vicina per un abbraccio e tutta la sua figura è protesa verso di lui.
È quindi facile per lei accorgersi che qualcosa non va.
-Che cosa c’è? Cos’è quel brutto muso?
Alza anche la seconda mano delicata al suo viso. Mika si ritrae per un istante, cosa che sorprende non poco Arashi e la fa ritrarre sorpresa a propria volta. Il corvo boccheggia, perché certo non era sua intenzione reagire a quel modo, proprio con Arashi, ma Leo si infila in quel buco per parlare.
-Deve aver mangiato qualcosa di sbagliato a colazione! È tutta mattina che ha quella faccia!
Mika volge immediatamente lo sguardo a lui, rosso in viso e così carico di astio che non riesce neanche a finire una frase. Boccheggia di nuovo.
-Io non-
Shu sospira, lo guarda con quella certa disapprovazione condita di preoccupazione.
Ma alle orecchie del corvo, non c’è altro che sdegno e irritazione in lui.
-Se stavi male, Kagehira, non era necessario che tu venissi a lavoro.
Arashi tenta di mediare, come suo solito. Sorride al suo corvo e si avvicina di nuovo, guardandosi bene dal toccarlo ancora.
Ha un sorriso così radioso in viso, così premuroso e gentile.
-Oh, via via! Ora torniamo a casa e ci prendiamo qualcosa, neh? Che ne dici-
Mika scoppia all’improvviso e dirige tutta la propria rabbia verso quell’unica persona presente che nulla c’entra, di cui nulla ha davvero colpa – e che riesce a essere davvero il sacrificio involontario del suo sfogo, la giusta scintilla perché il tutto accada.
-Non ho bisogno di essere trattato come un’idiota! Se c’è qualcosa che non va’, almeno io lo dico, non scappo come un vigliacco!
Arashi spalanca gli occhi e si pietrifica, come anche i due uomini nella stanza.
L’uomo dai capelli corvini impiega qualche istante a realizzare quello che è appena successo, come abbia urlato e cosa abbia detto, rivelando cose private che gli sono state confidate nel caldo letto matrimoniale. Scoppia sul suo viso un rosso acceso, di vergogna, tristezza e ancora rabbia.
Si morde persino la lingua e si blocca dopo quello che sembra un singhiozzo.
-Nar-
Poi scappa da lì, senza più dire nulla, esce dallo Studio sbattendo pure la porta, e a quel punto Arashi non ha neanche la forza di inseguirlo.
Shu però è più pronto: reagisce d’istinto, correndo dietro al corvo e urlando a squarciagola.
-Kagehira! Kagehira, aspetta!
La stanza è ben presto silenziosa.
Arashi è la prima che si muove tra i due, abbassando le mani ai fianchi in un movimento lento. Deve forzare se stessa a riprendere il contatto con la realtà per riuscire a capire che per la prima volta nella sua vita ha ricevuto un vero e proprio sgarbo dal consorte. Nulla di grave, ma alquanto sorprendente.
Quindi anche Mika è umano come tutti.
Leo, dall’altra parte del tavolo, registra quel cambio di espressione come qualcosa di negativo invece, perché tutto si sarebbe aspettato tranne di vedere il corvo dirigere la propria frustrazione proprio ad Arashi. Sente quindi l’urgenza di giustificarsi.
-Non pensavo che la cosa degenerasse a questa maniera.
La vice Comandante dei Knights lo guarda con espressione tranquilla.
Anche le sue braccia tornano a essere espressive, gesticolano in aria qualcosa che dovrebbe far tornare indietro nel tempo e che è stabile in una verità continua.
-No, forse lo speravi. Perché hai sempre fatto così. Provochi, e poi…
Si interrompe prima di dire qualcosa di eccessivamente maligno. Non sente davvero il bisogno di puntualizzare l’ovvio in quel momento.
Quando Leo fa un passo verso di lei, superando l’angolo del tavolo di legno, la catena cigola.
La guarda dritto in viso e Arashi certo non abbassa lo sguardo.
-Era questo quello che dovevi dirmi?
-Ah, certo che no. Questo è solo una delle mie tante opinioni, mio Comandante. Piuttosto, ti devo dire una cosa, una cosa molto importante. Noi Knights ne abbiamo già parlato tra di noi, e siamo tutti d’accordo.
-E hanno mandato te come ambasciatrice?
Il sorriso dell’uomo dai capelli lunghi è furbo, interrompe solo di un istante la conversazione tra i due – così come la constatazione di Arashi.
-La cosa non ti stupisce.
-Se non sei cambiata in questi tempi, ti riconosco. E immagino di dover ringraziare te se i Knights esistono ancora. Se non sono impazziti tutti, se non tutti hanno dato le dimissioni, è perché avrai messo in gioco tutte le tue arti diplomatiche e la tua immensa pazienza.
La Knights incassa il colpo, le sue spalle diventano pesanti. Bastano quelle poche parole per ricordare tutto quello che è successo negli ultimi tre anni, all’interno di quel palazzo troppo silenzioso, calmo e tranquillo.
Incrocia le braccia al petto e per un attimo il suo sguardo si fa distante.
-Certo è stato duro, ma se ho preso questo incarico è perché ci tenevo, anche se all’epoca non l’avrei mai ammesso. E visto che giochi a farci credere che qualcosa ti interessi davvero, ecco qui la nostra proposta, ecco qui una prova per te per dimostrarci che sei tornato per un motivo, e se ne hai l’occasione non sfuggirai alle tue responsabilità. D’altra parte, con Itsuki stai facendo lo stesso, non vedo perché non puoi farlo anche con noi.
Sospira, prima di guardarlo ancora.
-Torna a essere un Knights, Comandante. Riprendi la tua spilla e riprendi il tuo posto, abbiamo bisogno di te.
È il turno di Leo di abbassare lo sguardo.
Sarebbe falso dire che non sperava, egoisticamente, che i suoi ex compagni arrivassero a manifestare un bisogno e una richiesta simili. Il suo animo è solleticato all’idea che qualcuno lo voglia, così come lo ha voluto anche Shu stesso.
Ma d’altra parte, non bastano certo pochi giorni per mitigare tutti i sentimenti negativi che lo hanno portato alla fuga, che sempre lo spingono ad allontanarsi ogni volta.
Si arma della sua risata e del suo peggiore sorriso sardonico, usa parole come un ritornello sempre uguale.
-Non è vero.
-Sì, lo è! È vero che abbiamo bisogno di te.
-Non c’è alcuna guerra da combattere, attualmente, e nessuna emergenza.
-Non mi pare proprio, e non è certo quello il punto.
Arashi fa un passo in avanti e supera l’angolo del tavolo, così da ritrovarsi allo stesso fianco del suo ex Comandante. Sono davvero l’una di fronte all’altro, pari.
Non è una supplica ciò che Arashi gli sta rivolgendo, ma il desiderio accorato di una sottoposta devota, come lo sono tutti i suoi compagni: un’unica voce per tante volontà.
-Il tuo posto è con noi, a Yumenosaki. Il tuo orgoglio è a Yumenosaki.
È la formula di assunzione al corpo dei Knights, Leo la riconosce subito. Subito la completa, quasi fosse ancora il primo giorno, sotto il sole cocente a ricevere la propria spilla d’onore dal Governatore della città.
-Così come l’onore e la divisa bianca, così come la furia e la misericordia.
-Esattamente.
La sicurezza di Arashi lede un po’ la sua resistenza.
Guarda fuori dalla vetrata, verso l’orizzonte. Ci sono ricordi recenti molto più vivi nella sua memoria, sapori e odori che si porta con sé. Orrori, e meraviglie.
Sembra stanco, quasi.
-Ah! Sapessi cosa c’è fuori quelle mura, Naru. Se lo sapessi, non diresti così. Ho conosciuto cos’è la libertà.
La voce di Arashi si fa inspiegabilmente più dolce, appena appena carezzevole. Non sembra intrisa di pietà, solo di quella gentilezza di chi crede fermamente in ciò che afferma, senza malizia alcuna, senza la volontà di prevaricare subdolamente sull’altro. Forte, come un appiglio.
-Ma la vera libertà è avere un luogo in cui tornare. Che sia fisico o solo morale. Altrimenti è solo un errare senza meta.
Leo scuote la testa, ha gli occhi lucidi e guarda la compagna con uno strano sorriso.
-Perché siete tutti disposti a-
Ma si blocca prima di dire altro di compromettente con quella voce così rotta.
Però c’è un altro problema, che non dipende dalla sua volontà: Madara, ovvero il principio per cui tutto quel paradossale viaggio si sta svolgendo. Non è una decisione che possa prendere da solo.
Si morde le labbra.
-Posso aspettare domani, per darti una risposta?
Arashi percepisce subito il cambio di tono e anche il cambio d’umore, quindi non recepisce la sua domanda come qualcosa di offensivo – gli sorride, e appena si inchina, in un saluto militare che ha imparato proprio da Leo, anni addietro.
-Certamente, mio Comandante. 
 
 
Non si ricordava affatto fosse così veloce anche sulla terraferma: Shu fa fatica a stare dietro a Mika, ancora di più quando urla il suo nome.
-Kagehira!
Gli alberi scorrono ai loro fianchi, l’erba diventa sempre più difficile da calpestare. A un certo punto, Mika intraprende una breve discesa, che lo porta a seguire un sentiero a zigzag in un mucchio di pietre vicino a un fiumiciattolo, con rumore di tonfi e cadute.
Shu urla un’ultima volta, con i fianchi doloranti.
-Kagehira! Sono stanco, fermati e fatti raggiungere!
Il corvo si immerge nell’ombra di un grande albero, lì si ripara. Aspetta che l’altro gli arrivi accanto, a corto di fiato e di pazienza, e senza guardarlo in faccia scuote forte la propria testa.
-Mi dispiace, Oshi-san. Non dovevi correre dietro uno come me.
-Che discorsi vai blaterando, Kagehira? Piuttosto, non avresti dovuto correre via a quel modo.
-Non potevo più stare in quella stanza.
Un tono più deciso sottolinea, come se ce ne fosse davvero bisogno, quale sia il motivo dei suoi gesti.
Mika trema, le spalle rigide e le braccia distese ai fianchi, pugni serrati. Davanti a Shu, non ci sono maschere che reggano – la sua sensazione è sempre quella di essere a nudo.
L’uomo dai capelli rosa calma un poco il proprio fiato prima di parlare ancora.
-Certe volte basta chiedere scusa, per rimediare a qualcosa.
Mika alza un poco il tono, ancora troppo scosso. È davvero fuori controllo.
Batte i piedi a terra con violenza e gesticola.
-E certe volte no! Non dovrebbe!
Shu sospira piano, cercando di raggruppare nella propria mente qualche pensiero di senso compiuto che lo possa aiutare ad analizzare la situazione. Poi si arrende, porge una richiesta davvero insolita.
-Kagehira, io posso solo immaginare a cosa stai pensando. Ma se non me lo dici chiaramente, non posso capire.
Qualcosa si smuove: Mika alza lo sguardo, ha gli occhi così spalancati che sembrano due pozzi.
Shu teme davvero di aver detto qualcosa di sbagliato, cerca di rimediare.
-So che non ti dico spesso di parlarmi, ma-
-Non sei tu il problema, Oshi-san.
Poi il corvo si zittisce di nuovo, troncando il discorso a metà.
Lo Shi comincia a essere vagamente spazientito da quel suo continuare a negarsi, i fianchi gli fanno ancora male. Richiama a sé tutta la pochissima pazienza di cui è capace, forse trova persino le domande giuste.
-E allora chi è? Cosa è?
Vede che le sue labbra tremano, mentre il vento gli smuove i capelli.
Non è lo stesso tipo di rabbia esplosiva che lo ha fulminato poc’anzi, ma qualcosa di più perdurante nel tempo, che emerge a difficoltà, senza una vera e propria coerenza.
La voce si alza e si abbassa, si velocizza e si tranquillizza, a ogni sentenza diversa.
-Hai sempre, sempre! Sempre detto che uno Shi non ha tempo per certe cose, che tutto quello che deve fare è pensare al proprio lavoro! Al proprio obiettivo! Che deve dedicare il poco tempo che ha per fare più tatuaggi possibile, per salvare le persone, per studiare i Poteri, per fare tante cose! Troppe! Non c’è tempo per altro!
Singhiozza, una singola volta.
Ha lo sguardo dolce, la posa meno rigida ora che molto è stato lasciato andare.
Respirare sta cominciando a tornar semplice, benché le parole non si fermino affatto e il cuore batta sempre a un ritmo impazzito. Cala l’urgenza e il furore, le labbra tremano ancora.
-Eppure tu sei… così speciale, Oshi-san. Non sei solo uno Shi, ma se anche un uomo, e io l’ho sempre visto. Con me, con Nito, e con i tuoi amici. Con Tsukinaga, anche. Sei andato oltre quello che gli altri volevano per te, sei andato oltre ogni limite umano, perché sei stato in grado di amare. Ma questo è troppo, Oshi-san! Troppo! Lui non c’è stato per tre anni! Come non c’è stato Nito! E tu ora-
Shu lo interrompe all’improvviso, dopo che è rimasto a guardarlo per tutto quel tempo.
-Ogni cosa ha un limite.
Ogni cosa ha un limite: il dolore, il livore, il risentimento, e molto altro.
Ma l’uomo comprende dalla mancanza di reazione di lui che non è convinto. Sospira profondamente, abbassa lo sguardo – così facendo, rievoca alcuni ricordi passati, che per associazione sono molto simili a quelli che stanno vivendo anche in quel momento. Lo prende in contropiede.
-Eppure, Kagehira, Nito lo hai perdonato.
La mano destra gli trema, sotto al guanto di pelle.
C’è un repentino cambio di voce e di espressione nello Shi, sembra quasi persino abbassare le spalle e curvare la schiena, in tensione totale.
-Quel nano, quel Tsukinaga. Ha preso e se n’è andato dall’oggi al domani, senza una spiegazione né nulla! Prese le sue cose, ha abbandonato lo Studio quasi l’avessi cacciato io stesso, lasciandomi in quello stato di assoluto abbandono e degrado! Senza mandarmi niente, senza dirmi niente! Senza niente più di lui!
La mano smette di tremare, Shu riemerge dai propri sentimenti.
Sbatte le palpebre e riconosce la realtà, così come quello che ha appena detto. Passa quell’attimo di confusione, mentre la voce torna a essere calma e posata, persino la postura.
La sua reale volontà emerge, più chiara e decisa.
-Ed è per questo che ora che è tornato, voglio che rimanga. Quello che c’è ancora, lo voglio stringere a me. Così come ho compreso Nito, posso comprendere anche lui.
Mika lascia che finisca e poi scuote la testa di nuovo, sbatte il piede a terra.
-Ma Nito non era il tuo amante! Era un tuo allievo, come me!
-E pensi che questo sia stato causa di un minor dolore?
Trema la mano, per pochissimo.
Mika deve averlo contagiato con quella rabbia – o forse, quella giornata è così particolare, così piena di cose e di fatti, che anche lui fa fatica a tenere il controllo per tanto tempo, proprio davanti al corvo.
-Quell’ingrato, piccolo traditore s’è n’è andato-
Riprende però se stesso subito, e si tiene la mano con l’altra. Il corvo segue i suoi repentini cambiamenti con animo confuso, e quando lo Shi ricambia il suo sguardo non arretra.
-Ha trovato la sua strada, lontano da me. Non c’è niente da recriminare, nella sua scelta.
-E davvero sei disposto a riprendere Tsukinaga, dopo tutto questo tempo? Non si capisce neanche cosa voglia veramente! Se rimanere o andarsene!
Provocatorio, senza neanche rendersi conto di esserlo.
Shu impiega qualche secondo in più a rispondergli, perché in quel momento il suo tono cambia ancora, e si fa stranamente più mite.
C’è una profonda convinzione che lo condiziona e che indirizza anche i suoi sentimenti: è il lavoro razionale ed emotivo che quello Shu è riuscito a compiere, nel proprio animo. Non c’è alcun dubbio in lui.
-Sai, Kagehira. L’orgoglio non è uno di quei principi immobili che governano il mondo. Non lo credo più, e tu stesso me lo hai insegnato: quando sei rimasto con me, anche quando hai aiutato Tsukinaga nonostante tutto. Ci sono cose ben più importanti. Questo ovviamente non significa che lo perdono completamente. Però, quando sarà tempo, ne parleremo a dovere, e potremo di nuovo capirci davvero, anche a livello mentale, come una volta.
Li interrompe una folata di vento e il verso acuto di un qualche uccello. Shu si chiude in un abbraccio stretto, perché uscendo di corsa non ha preso alcun mantello e si trova all’aperto con solo la camicia addosso.
L’istinto porta Mika ad avvicinarsi di un piccolo passo a lui, quasi a volerlo proteggere.
-Ma io non ci riesco. Io mi ricordo ancora quel dolore. Non è così facile, per me!
Si ritrae però, quando crede di essergli arrivato fin troppo vicino.
-M-mi dispiace, Oshi-san. Queste sono cose tue, io non c’entro nulla di nulla! Ma sento comunque una grande rabbia.
Ha ancora le mani a pugno e i tendini tesissimi, bianchi attorno alle nocche.
Passano pochi secondi di silenzio e quella mano di Shu che ha tremato così tanto si posa delicata sulla sua testa, in una delle rare carezze che in tanti anni gli ha concesso.
Sente il suo respiro lento, le sue parole cadenzate.
-Ne parleremo tutti e tre assieme.
-Ma-
-Penso che sia anche quello che vuole lui. Se ti ha provocato a quel modo, è per farti parlare.
Alza un sopracciglio, cercando una risposta tra varie ipotesi.
Ma decide anche di chiedere conferma al diretto interessato, prima di farsi un’idea sbagliata.
-Tu gli hai già detto qualcosa, non è vero?
Il corvo annuisce in silenzio, ed ecco che Shu finalmente capisce il significato di molte delle cose successe in quella stanza, poco prima.
-Probabilmente pensava di riuscire a farlo senza troppi problemi, quindi ha fatto la sua mossa. È maldestro come sempre.
Sorride appena, pensando a Leo.
Mika invece fa una smorfia di dissenso – però le sue mani si sono distese, così come anche i muscoli del suo corpo.
-Piuttosto direi deficiente.
Shu non dice nulla per smentire. Ritira la mano, perché lui possa drizzare la schiena e guardarlo in faccia.
-Ora non c’è tempo, ma da domani le cose cambieranno, Kagehira. Sarà tutto diverso e noi potremo riavere la nostra pace.
Sembra una promessa, detta in quel modo. Molto dolce, piena di aspettativa sincera.
Forse, piena anche di stanchezza. È incredibile come quella enorme e intensa disavventura abbia sconvolto in modo tanto profondo le loro esistenze, velocemente.
Il viso di Mika si dipinge in altre smorfie, mentre quello di Shu segue un sentimento più pacato.
-Ci ha scombussolato, quello.
-Ovunque va, provoca un gran fracasso. Diviene tutto caos, solo se c’è lui nella stanza.
-Una volta, non avrei mai pensato potesse piacerti il caos, Oshi-san.
-Neanche io.
Non c’è altro da dire.
Un altro soffio di vento spinge l’uomo dai capelli rosa a decidere che è tempo di tornare al chiuso, specialmente perché l’ora di pranzo sta per passare e Mika potrebbe finire nei guai se non lascia lo Studio Shi in velocità.
Lo tocca sulla spalla.
-Forza, rientriamo. Penso tu debba andare con Narukami e scusarti con lei.
Alla fine, il corvo sorride arrendevole e lo segue verso lo Studio.
 
 
Sul tavolo da lavoro, sono rimasti solo un panetto solido di inchiostro, un sacchetto con delle erbe secche e un cestino con il rotolo di cuoio vecchio e consunto degli strumenti da lavoro dello Shi, pronti per essere trasportati la mattina successiva verso la Prigione Bianca.
Dall’altra parte del tavolo, comodi molto più che nei sei giorni precedenti, Shu e Leo consumano la loro cena in un silenzio interrotto solo ogni tanto dal cigolio delle catene ai polsi dell’ex Knights. L’uomo più basso è troppo felice di star mangiando una bistecca, muove con decisione il coltello a ogni boccone.
Dopo l’ennesimo sorriso rivolto al cibo, sospira profondamente.
-Sembra molto diverso questo posto, ora. Cioè, è diverso da com’era tre anni fa, ma è diverso anche da com’era a inizio settimana.
Shu guarda la sua espressione rilassata mentre finisce di masticare il pezzo di pane che ha tra i denti. Anche lui è così calmo, in quel momento.
-No, è sempre uguale. Sei tu a percepirlo in modo diverso.
Leo non risponde subito, così gli da spazio ad alcune considerazioni – capisce subito che c’è la possibilità di parlare anche di qualcosa di diverso, più profondo. Gli erano mancate le lunghe chiacchierate con Shu.
-La realtà è come un’opera d’arte, un bel tatuaggio o una bella musica. A seconda di quello che siamo predisposti a provare, ci suscita emozioni diverse.
-Pensavo che fosse uno dei tuoi principi immobili, come la bellezza.
-Arte e bellezza sono intrinsecamente collegate. Ma l’arte può anche non essere bella in sé, eppure esprimere il concetto di bellezza, e quindi essere salvifica. Persino il dolore, se sublimato nell’arte, può ispirare bellezza.
Leo fa una smorfia e scuote la testa, in un gesto di dissenso.
-L’arte è arte quando esprime qualcosa, giusto? Non deve per forza esprimere sempre bellezza. Ci sono un mucchio di sentimenti che può esprimere!
-Non è vera arte, in quel caso. Non permane nel tempo, diviene solo un esercizio di stile.
-Tu parli di esercizi di stile? Quando costringi una cosa del genere alla perfezione? Arte è espressione umana, e per questo non è perfetta, né bella. Può essere anche quello, ma non sempre!
L’espressione dello Shi si fa un poco incuriosita e anche sospettosa.
Abbandona il pezzo di pane nel piatto per sporgersi verso di lui, oltre il lato del tavolo.
-A quale sentimento stai pensando in particolare, per dire una cosa del genere?
Leo però fa un gesto repentino con la mano, come a scacciare le sue insinuazioni.
-Un qualsiasi sentimento, non è importante! Attraversa l’umanità, che è in grado di provare sentimenti! È sentimento!
-Ispira sentimenti, come principio immobile.
-Anche un tatuaggio bello è un principio immobile? Anche se serve a una persona soltanto?
Shu aggrotta le sopracciglia, si ritira appena.
-Questa è una bassa provocazione. Un tatuaggio è solo uno dei tanti frutti dell’arte, la rappresentazione fisica di un concetto. Permane nel tempo, e ispira la vita di chi lo porta nella bellezza.
-Un Toccato ha bisogno anche di altro, sai? Passione, amore-
-Amore! Era questo di cui stavi parlando, quindi?
-Certo!
Shu allora sospira, alza gli occhi al cielo.
Quella è certo una parola che ha sentito spesso, persino in quegli anni – ha un amico, tra gli Shi, che continua a dirla indirizzandola a ogni più piccola cosa. È irritante sentirla tanto frequentemente, quasi che il suo continuo utilizzo ne svilisca il significato.
-Il tuo tatuaggio ti ispira amore? Ma amore è un concetto complesso, non da tutti. Cosa intendi per amore?
-Una propensione per la vita!
-Quella è la bellezza, Tsukinaga. Stiamo parlando della stessa cosa.
Leo rimane zitto per qualche istante, poi sorride e ride ad alta voce.
-Sei ben strano, Itsuki. Tutto questo parlare e parlare unicamente per cosa poi? Dire che vuoi diffondere l’amore in tutto il globo? C’erano modi migliori e più facili che diventare uno Shi!
-Ora vuoi insultarmi, per caso?
-No, dico solo che sei-
Abbassa lo sguardo al proprio piatto, ma in realtà non sta vedendo proprio nulla.
È sopraffatto da un’emozione di quotidianità che non pensava di poter provare così presto.
-Straordinario.
Lo Shi arrossisce ed è il suo turno di abbassare lo sguardo.
-La vita è straordinaria, Tsukinaga. Ci dona opportunità persino nelle sventure, anche se certe volte lo dimentichiamo. In un mondo dove siamo vittime, abbiamo creato le nostre armi nel bello e abbiamo continuato a vivere.
-Quindi dici che l’umanità è bella, ora?
-Beh, è l’unica che può creare il bello, e quindi l’arte.
-Ah! Come Shi, ti porti il peso dell’umanità sulle spalle. Certe volte penso che proprio tu stesso sia un prodotto di questa bellezza che tanto decanti.
Shu non replica più, fa persino uno sbuffo per coprire il proprio imbarazzo. Ma Leo lo conosce ancora, sa come interpretare i suoi gesti e le sue azioni; sfoggia un sorriso radioso e, con incredibile controllo, non dice proprio nulla, tornando a mangiare la propria bistecca.
La paura è relegata al giorno che sta morendo, scioccamente, impudentemente, egoisticamente.
Basta davvero pochissimo perché gli animi degli uomini si arrendano alla speranza e l’abbraccino tenendola stretta con tutte le proprie forze. Se ne nutrono fino alla follia, ne diventano ebbri subito e per essa sacrificano anche la logica.
Leo è umano, così anche Shu. Evitare i conflitti, ricercare la propria felicità e il proprio benessere, sono istinti del tutto naturali, a cui si abbandonano persino gli animi più nobili di tanto in tanto. A nessuno piace soffrire in eterno, d’altronde.













Note Autrice: Aggiornamento del lunedì!
Questo è un bel capitolo tosto, posso dirlo.
Partiamo da Shu e dai problemi della sua mano ballerina (.) Ho provato a immaginarmi cosa potesse significare, nel "concreto", una cosa del genere in uno scenario del genere per Shu, penso che in determinate situazioni per quanto felici si venga anche sopraffatti da sentimenti di caos, irragionevoli. Un po' tutto Shu è irragionevole, Ic parlando (.)
Il conflitto viene portato avanti e non solo, emerge in tutto il suo lato più "violento" ed esplosivo. Tutti i miei personaggi sono in costante tensione dal prologo, in sostanza, e penso che Mika sia sempre stato quello che, a livello di trama e a livello di IC caratteriale, potesse essere quello che potesse presentare questo tipo di argomento. Lui nel canon è qualcuno che impara a mostrare il proprio disagio e a vocalizzarlo, non è una cosa semplice neanche nella realtà e ho apprezzato sempre questo suo cambiamento, ritengo che sia stato un grande segno di maturià. Parlando invece della fic, qui è ancora diviso tra il proprio senso di colpa - per tutto ciò che lo ha legato direttamente o non a Leo - e la sua lealtà a Shu, si capisce bene come risulti incostante e particolarmente di cattivo umore nel momento in cui Shu pare aver cambiato così radicalmente atteggiamento senza un perché A LUI valido. Ognuno ha dei "principi immobili" personali, io credo.
La scena con Arashi è stata a lungo pensata, tipo. Proprio perché lei è così tanto innocente, era perfetta per la figura del capro espiatorio. Arashi è un altro personaggio veramente bellissimo a mio parere, offre un sacco di spunti e riflessioni, ha un sacco di sfaccettature che possono essere sfruttate in un sacco di campi.
L'ultima scena è stata messa un po' per compiacere me (.) perché ho sempre voluto - e in questa fic cercato spesso - uno spazio per farli parlare di quel qualcosa che li unisce sopra ogni cosa, ovvero l'arte, la visione del mondo che hanno. Spero risulti una buona resa ywy <3
Come al solito, chiudo qui! Grazie di aver letto, ci vediamo settimana prossima (L)
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Ensemble Stars / Vai alla pagina dell'autore: Rota