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Autore: _justabibliophile_    23/06/2020    3 recensioni
Tra poco probabilmente il Sole sorgerà di nuovo e tu forse aprirai gli occhi, sbattendo le palpebre un sacco di volte e cercando a tentoni gli occhiali sul tuo comodino, occhiali che non troverai perché come sempre io te li avrò nascosti in un posto troppo lontano per la tua mente ancora annebbiata dal sonno.
Ma io non sono così sicuro di voler restare qui quando ti sveglierai. [...]
Perché quella che ti hanno fatto, James, è Magia Oscura. E se pensavo che questa guerra l'avremmo combattuta fianco a fianco, andando allo sbando come nostro solito e senza un piano ben preciso a cui attenerci, ora devo arrendermi di fronte alla consapevolezza di non esserne più così sicuro. Perché se credevo che ormai non potessi più provare sulla mia pelle il dolore dell'abbandono, del tradimento, dell'assenza di chi ero convinto non se ne sarebbe andato mai, oggi devo gettare la spugna e rendermi conto che non esiste più nemmeno questa certezza.
Perché il Sole sorgerà di nuovo, l'alba rischiarerà un'ennesima giornata e tu aprirai gli occhi.
Ma di te, di lei, di noi, tu non ricorderai più nulla.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Lily.

La notte sta calando sul castello di Hogwarts e al di là delle finestre chiuse non si vede altro che un cielo cupo e minaccioso, sporcato solo da quelle nuvole pallide e lattiginose a cui, ormai, tutti siamo avvezzi da quando è cominciato il mese di febbraio.

Fa freddo, ma in un modo diverso dal solito. Non sono solo i brividi che sento rincorrersi sulla mia pelle o la sensazione che la coperta che mi avvolge non basti più. No, è tutt'altro: è un gelo che sembra prendere vita direttamente dalle mie ossa, propagandosi in tutto il corpo e avvolgendo i polmoni, lo stomaco, il cuore come se fossero stati appena sfiorati da una mano d'acciaio.

Sono tante le sensazioni che si sono susseguite ininterrottamente da quando ho messo piede nell'Infermeria, ma questo freddo sconcertante le sovrasta nettamente tutte e finisce per essere la sola percezione che registro con coscienza. Siamo qui da minuti che paiono ore, scanditi dall'implacabile e lento ticchettio dell'orologio appeso nell'ufficio di Madama Chips, che tutti noi riusciamo a udire perfettamente solo grazie al silenzio disumano che ci circonda.

Nessuno di noi sarebbe in grado di riempirlo, comunque.

Remus è ancora disteso e addormentato sul lettino accanto alla finestra, imbottito di tutte quelle pozioni che i professori hanno insistito a dargli, almeno per attenuare il dolore causato da quelle ferite che solo le Maledizioni scagliate con maggiore ferocia possono avergli provocato. Peter è seduto vicino a lui e gli rimbocca le coperte non appena ne ha l'occasione, come se restare con le mani in mano fosse per lui qualcosa di impossibile e dovesse anzi fare di tutto per tenersi occupato, per distrarsi almeno un po'. Non ci sta riuscendo particolarmente bene, comunque, perché il suo volto è ancora trasfigurato in un'espressione di puro terrore, anche se farglielo notare sarebbe pura cattiveria.

Io rimango esattamente di fronte a lui, rannicchiata sulla prima sedia su cui mi sono lasciata cadere non appena abbiamo portato James qui in Infermeria. Al contrario di Peter, comunque, non ce la faccio neanche lontanamente a muovermi. Me ne resto qua ferma, incapace persino di sollevare una mano, con le braccia avvolte intorno alle ginocchia e questo freddo costante che mi attanaglia il corpo, stringendolo in una morsa famelica e mortale.

«Quanto diamine ci mettono ad arrivare?»

È Sirius il primo a interrompere questo silenzio estenuante, senza smettere tuttavia di misurare il corridoio centrale dell'Infermeria con passi rapidi e pesanti.

«Stavano risistemando le ultime cose laggiù, a Hogsmeade.» scandisco, riuscendo persino a stupire me stessa per la voce che riesco a tirare fuori da un punto imprecisato del mio corpo. «Probabilmente stavano spiegando agli altri le dinamiche dell'attacco.»

«Va bene, ma sono dei fottutissimi Auror e non è normale che non siano in grado di cavarsela da soli.»

«Si tratta di aspettare qualche minuto, Sirius, non una vita intera.»

«Ma io non ho voglia di aspettare.»

Sbuffo in risposta al suo tono tagliente e capriccioso come al solito, limitandomi a scuotere la testa e ad alzare gli occhi al cielo. Va sempre così tra me e Sirius, quando si tratta di affrontare una situazione scomoda: io cerco di frenare l'impulsività e di mantenere un certo sangue freddo, mentre lui decide proprio in questi istanti di dare sfogo al bambino represso che ha dentro e di farmi perdere la pazienza semplicemente aprendo bocca.

Non sono mai stata troppo abituata a doverlo sopportare praticamente in ogni istante della mia vita, ma naturalmente da quando io e James ci siamo avvicinati in maniera così sostanziale è stato inevitabile stringere un fortissimo legame anche con lui. È solo che ci sono questi lati del suo carattere che ancora fatico a mandare giù ed è quasi palpabile il mio fastidio di fronte a queste sue scenate, tanto che James ha sempre trovato le nostre piccole discussioni maledettamente divertenti.

E lo so che in un'altra situazione lui non avrebbe esitato a fare una battuta delle sue, lo so per certo, tanto che se chiudo gli occhi riesco quasi a sentire la sua voce sarcastica e la sua risata che, nell'ultimo periodo, è diventata indubbiamente il suono che più preferisco al mondo.

Ma James non parla, non dice niente. Perché se ne sta lì, sdraiato nel lettino di fronte a Remus, con la faccia ancora macchiata di sangue e le palpebre serrate, come se fosse nel bel mezzo del sonno più profondo. La fitta che mi stringe il petto è ancora più forte, perché nonostante io abbia cercato per tutto questo tempo di non guardarlo, in un qualche modo masochista i miei occhi finiscono sempre per ricadere sulle ciglia brune che gli solleticano le guance e su quell'aria imbronciata che, come so per esperienza, ha sempre quando dorme.

«Tesoro, ti abbiamo portato del té.»

Le porte dell'Infermeria si spalancano all'improvviso, mentre una stravolta Alice e un altrettanto esausto Frank fanno il loro ritorno dalle Cucine. La mia migliore amica ha un braccio fasciato, ma stringe tra le mani una tazza fumante e cammina sicura verso di me, ostentando persino quel sorriso che, da brava ottimista qual è, non cessa mai di rivolgermi nei momenti più difficili.

Noi due abbiamo sempre avuto una piccola tradizione in questi anni di amicizia, vale a dire quella di attenerci al classico stereotipo inglese che tutti hanno nella loro mente: il té visto come cura contro ogni male. Ho perso il conto di tutte quelle volte in cui abbiamo tamponato una delusione amorosa, un brutto voto a scuola, un litigio o un semplice sbalzo d'umore con due semplici tazze bollenti, che in un modo o nell'altro hanno sempre avuto il superpotere di sollevare il nostro umore.

Oggi, comunque, so per certo che questo non basta. Non è sufficiente il té caldo, il sorriso confortevole di Alice e nemmeno le mie mani che si stringono attorno alla tazza, alla ricerca di qualcosa che possa contrastare il freddo che ancora percepisco ovunque. Non basta niente, perché quello che è successo poco fa ha scavato in me una fossa profondissima e non c'è nulla che ora possa riempirla.

So che non ho ancora realizzato la portata dell'accaduto, so che la mia mente sta ancora cercando di autoconvincersi che si tratti solo di un orribile incubo, ma so anche per certo che quella sensazione di immenso sollievo che si prova solitamente al risveglio non arriverà mai. Questa è la realtà, questo è il mondo in cui le carezze sui capelli della propria migliore amica non hanno alcun potere curativo, e allora non mi resta che posare la tazza sul comodino più vicino e provare a respirare. È l'unica cosa che posso fare, adesso.

***

Peter.

«Non si sono ancora svegliati?» domanda Frank, appoggiandosi al comodino accanto al letto di Remus e incrociando le braccia al petto con aria grave.

Scuoto impercettibilmente la testa, continuando a guardare Sirius che marcia insistentemente per il corridoio e pensando che questa situazione è talmente assurda da tirare fuori per davvero il peggio di ognuno di noi.

«Non si sveglieranno. Non stasera.» aggiunge Lily in un sussurro, muovendo soltanto la bocca ma restando nella stessa identica posizione di mezz'ora fa, come se fosse stata pietrificata o qualcosa del genere.

Non sono proprio un asso nell'affrontare le situazioni particolarmente drammatiche, di questo ne sono certo oggi più che mai, perché il mio disagio aumenta in maniera esponenziale quando mi rendo conto di non poter fare assolutamente nulla e allora il mio cervello si congela, cercando forsennatamente un diversivo che possa distogliermi dal pensiero di essere maledettamente impotente.

«È una fortuna che non siano rimasti feriti in molti, comunque.» mormora Alice, facendo vagare lo sguardo sui pochi lettini dell'Infermeria occupati dai pazienti addormentati.

Nessuno qui ha particolarmente voglia di fare conversazione, questo è più che lampante, tanto che la frase da lei pronunciata sembra avere il semplice intento di riempire questo silenzio abissale. È troppo tardi, comunque: il vuoto lo sentiamo ormai dentro ognuno di noi.

«Fortuna? C'erano solo studenti del sesto e del settimo anno a Hogsmeade. E guarda quanti diamine sono qui dentro.» ribatte aspramente Sirius, sfoderando il solito tono sprezzante che usa sempre quando è maledettamente in ansia.

«Poteva essere comunque mille volte più tragico di così. E lo sai bene anche tu.» precisa Frank, incrociando le braccia al petto.

Sirius si blocca all'improvviso, lanciandogli un'occhiata raggelante che fa rabbrividire me per primo. Socchiudo gli occhi, certo che di qui a breve ne dirà una delle sue e sentendo il forte, potente impulso di piangere. Perché io, queste situazioni, non so come gestirle.

Padfoot è quello impulsivo e tutti ormai sono abituati alle sue scenate, alle sue frequenti perdite di autocontrollo e ai millemila errori che, nella sua vita, ha fatto per colpa della sua avventatezza. Remus è quello calmo e pacato, quello che sa chiudere le questioni in un batter d'occhio grazie al suo essere ragionevole e che litiga per davvero con gli altri solo quando è strettamente necessario. Ma adesso lui è qua sdraiato vicino a me, gli occhi chiusi e un orribile taglio sul volto, e di certo non si sveglierà per bloccare una sfuriata di Sirius sul nascere.

E poi c'è James, quello che servirebbe ora più che mai. È il solo tra noi che sa esattamente come prendere Sirius, come comportarsi quando lui è in preda a uno dei suoi soliti deliri mistici, e il bello è che la maggior parte delle volte lo aiuta semplicemente assecondandolo. Non so se questa sua abilità sia dovuta al fatto di conoscere Padfoot come le sue tasche, di aver passato una vita intera al suo fianco e di essersi praticamente autoproclamato suo fratello.

Il punto, comunque, resta il fatto che è James quello che sa precisamente come risolvere queste situazioni: sventa ogni probabile litigio con una battuta delle sue, riesce a distogliere chiunque dall'impulso di arrabbiarsi semplicemente sorridendo come un idiota e rende impossibile anche solo il fatto di pensare di infuriarsi con lui. E ora lui saprebbe esattamente cosa fare, di questo ne sono sicuro. Alleggerirebbe la tensione com'è nel suo stile, saprebbe infondere in tutti un briciolo di speranza e di fiducia nel futuro e, soprattutto, non si farebbe abbattere nemmeno dalla presa di coscienza di esserci salvati per un pelo, questa sera.

Ma James se ne sta lì, dimentico di tutto e di tutti, gli occhi serrati e l'espressione rilassata di chi non ha appena concluso un delirio con i fiocchi, in cui ha annunciato di non ricordarsi assolutamente nulla di nessuno di noi.

«Non so te, Frank,» comincia Sirius, sulle labbra un sorriso ironico e ferito al tempo stesso, nello sguardo tutto il dolore e la rabbia che, come intuisco con certezza, sta provando al momento. «ma io non riuscirei nemmeno volendo a immaginarla più tragica di così.»

***

Frank.

Sirius parla con un'ira repressa che non mi è nuova, perché sembra essere per davvero una caratteristica intrinseca della sua personalità. Pare avercela costantemente con il mondo intero, ma questo penso di averlo compreso fin dal primo momento in cui i nostri sguardi da undicenni si sono incrociati. Ma va bene, è sempre andato bene, finché questa rabbia non era indirizzata a noi.

Questa sera, comunque, è diverso. È teso e rigido, mentre cammina e parla con un'ostilità che sovrasta nettamente il sarcasmo abituale di cui è sempre impregnato il suo tono di voce. Ed io non posso fare altro che comprenderlo, tacere e assecondare il suo momentaneo stato di panico, perché uno dei suoi migliori amici dorme ed è pieno zeppo di ferite su tutto il corpo, mentre l'altro è  a pochi passi da lui, ma è anche terribilmente distante come mai prima d'ora.

Alice continua ad ad accarezzare i capelli di Lily e mi lancia uno sguardo preoccupato, l'ennesimo da quando ci siamo ritrovati dopo l'attacco e le ho dovuto spiegare nel dettaglio il delirio di James. Inutile specificare che nessuno dei due è ancora riuscito a elaborare e a dare una spiegazione coerente all'accaduto, ma non è come se adesso avessimo la possibilità di rifletterci sopra: c'è Lily, ci sono i Malandrini, e adesso sono loro ad avere bisogno di noi due più che mai.

«Arrivano!» sussurra Peter in maniera concitata, gli occhi sbarrati fissi sulla porta dell'Infermeria che, per l'appunto, si spalanca proprio in questo frangente.

Non ne segue una processione ordinata, quanto piuttosto un'accozzaglia di svariate figure che si disperdono intorno a noi e cominciano a parlare l'una sull'altra, interrompendo la quiete che fino a poco fa regnava nel santuario di Madama Chips.

«È un fatto di portata enorme, i giornalisti del Profeta erano già tutti lì a cercare di strapparci qualche informazione decisamente confidenziale.»

«Se quei delinquenti si aspettano che esca qualcosa dalla mia bocca, possono benissimo restare a girarsi i pollici per il resto della loro vita.»

«È il loro lavoro, Alastor. Non possono farlo diversamente.»

«Il punto resta che nei prossimi giorni i genitori manderanno centinaia di lettere chiedendo di rispedire gli studenti a casa. Avranno certamente paura a lasciarli qui e noi non possiamo assicurare...»

«Perché, credi forse che fuori da Hogwarts ci sia maggiore sicurezza?»

Sono cinque le persone che entrano nella stanza, quattro delle quali cominciano a riempire questa atmosfera che sa di tristezza con tutti i loro commenti, le domande e le svariate considerazioni sul drammatico accaduto di poco fa. L'ultima di esse, al contrario, non esita a tacere e ad avvicinarsi sempre di più a noi, lanciando prima uno sguardo a Remus e poi precipitandosi verso James.

«Professor Silente, mi deve ascoltare.»

«So già ogni cosa, signor Black.» lo interrompe il Preside sul nascere, mantenendo il suo solito tono pacato che, sono certo, sarà uno dei particolari che di qui a poco manderanno Sirius in escandescenza. «Madama Chips mi ha riferito le vostre testuali parole.»

«Dobbiamo fare qualcosa, è tutto un dannato disastro e io non so...»

«Signor Black.» sopraggiunge la McGranitt, avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla con fare materno. «Adesso è solo indispensabile che si calmi.»

«Ma io non ci riesco, maledizione!»

L'urlo di Sirius riecheggia tra le pareti dell'Infermeria, sovrastando il continuo parlottare dei nuovi arrivati e obbligandoli a tacere all'improvviso. Il professor Lumacorno è esattamente alla mia sinistra, mentre mi rivolge uno sguardo affranto e scuote la testa borbottando qualcosa di incomprensibile. C'è anche una donna dai lineamenti tesi e dall'aria preoccupata, accanto alla quale riesco a riconoscere perfettamente l'Auror di cui oggi si sente parlare su qualunque quotidiano.

«Il ragazzo ha ragione.» asserisce per l'appunto quest'ultimo. Tutto di lui, a partire dalla pelle completamente lacerata dalle cicatrici fino ad arrivare all'espressione imperturbabile e determinata, sembra incarnare a meraviglia l'immagine del grande Alastor Moody che avevo in mente. «Nessuno riuscirebbe ad essere calmo, adesso. Abbiamo solo bisogno di vigilanza costante. Vigilanza costante e niente di più.»

«Non fomentarli anche tu, per favore.»

«Io apro gli occhi, Minerva. È diverso.»

Deglutisco ancora una volta e sfioro la mano di Alice, che si è adesso avvicinata a me e mi osserva con quello sguardo apprensivo che sfodera sempre quando ha bisogno di rassicurazioni. E vorrei poter fare di più, vorrei dirle di stare tranquilla e che tutto questo si risolverà presto. Ma non posso, e questo lo sa anche lei.

Perché i nostri amici hanno delle espressioni terrorizzate speculari alla mia e tutto, adesso, sembra irrecuperabile. Perché Remus è pallidissimo e ha perso sangue a fiotti, tanto che se chiudo gli occhi riesco ancora a ricordare il momento in cui io e Gideon Prewett l'abbiamo sollevato di peso per portarlo al sicuro e, sopra di lui, non abbiamo visto altro che rosso. Perché persino gli adulti, persino i professori non fanno che discutere ed essere in totale disaccordo gli uni con gli altri, sottolineando ancora di più quanto questa situazione faccia sentire tutti, nessuno escluso, titubanti e privi di ogni minima certezza.

Perché persino Silente - l'unica persona che ha sempre stretto tra le sue dita i fili che regolavano la sicurezza di ognuno di noi - questa sera non sembra più il Preside fermo e determinato che tutti siamo abituati a vedere. Perché loro sono entrati anche qui, minacciando il suo territorio e facendoci capire che non hanno barriere e che possono spingersi ovunque, se solo lo vogliono.

Perché, da quando è entrato qui nell'Infermeria, Silente non ha guardato nessuno di noi dritto negli occhi. E questo non è mai stato un buon segno.

***

Lily.

Il Preside è chino su James da qualche minuto ormai, dando le spalle a tutti noi, affiancato dalla donna che giusto un minuto fa ho intuito chiamarsi Amelia. E io resto ancora immobile, congelata nella mia bolla di mutismo e sedentarietà. Se pensavo che l'arrivo di qualcun altro potesse scuotermi almeno in parte, ora ho capito che non mi sono mai sbagliata tanto: è mille volte peggio, adesso che il frastuono ha ripreso a circondarmi e io mi sento così estranea, così spaesata.

Racimolo quella poca dose di coraggio che ancora conservo intatta e decido di alzarmi, muovendo qualche passo verso Sirius e notando che anche lui, esattamente come me, ha deciso di prendere in mano la situazione e avvicinarsi al letto di James.

Amelia sta sussurrando qualcosa che non riesco a cogliere, mentre Silente annuisce silenziosamente con aria grave e sfiora la pelle del mio ragazzo con la bacchetta, pronunciando talvolta qualche formula che non conosco minimamente e che produce lievi fasci luminosi sul suo viso.

«Troveranno il modo.» Sento mormorare alla mia destra, voltandomi di scatto e scontrandomi con il volto di Sirius, ancora fisso sul suo migliore amico. «Troveranno il modo per farlo tornare quello di prima.»

Quello di prima, sì.

Il James che tutti siamo abituati a conoscere, quello dal sorriso facile e dalla battuta sempre pronta. Quello dalla permalosità che raggiunge livelli inauditi, quello che conserva ancora intatti quei residui di testardaggine e arroganza che, con una buona dose di forza di volontà, ha comunque cercato di smussare. Quello dai valori chiari e precisi anche a soli diciassette anni, quello determinato e mai titubante quando si tratta di anteporre il bene degli altri al suo.

Quello che si è preso il mio cuore a forza, infilandosi sottopelle con graffi e morsi e conquistando tutto ciò di cui sapeva di potersi appropriare.

Quel James Potter, insomma. Quello che oggi sembra distante anni luce da me, da tutti noi, tanto da indurmi a chiedermi se mai sarà possibile riavere indietro anche solo una minima parte di lui, per tenerla stretta e non lasciare che scivoli via dalle mie dita senza che io possa trattenerla.

Non riesco a rispondere alle parole di Sirius, perché la matassa di filo spinato che ho in gola ha ricominciato a pungere e a fare male, attivando un meccanismo che giunge fino ai miei occhi e mi obbliga ad alzarli sul soffitto dell'Infermeria, se non voglio che le lacrime tornino a sgorgare copiose. Ed è proprio mentre mi domando se davvero sia possibile sentirsi praticamente disintegrare dall'interno, che la porta principale si spalanca un'ennesima volta.

«James, tesoro!»

Una donna dai lunghi capelli neri si precipita all'istante vicino al letto di James, affiancando Silente e cominciando a rivolgere sguardi saturi di panico a tutti i presenti. L'uomo che entra nella stanza, altrettanto preoccupato e con il volto teso dallo spavento, marcia nella nostra direzione e, non appena è sufficientemente vicino, avvolge le braccia intorno alle spalle di Sirius. 

E lo stringe in un modo così affettuoso, così paterno, mentre la donna riprende le sue carezze sulla fronte di James e solleva lo sguardo nella nostra direzione, puntandolo dritto sulle due figure al mio fianco che sono ancora strette in un un abbraccio.

Non sono soltanto gli occhiali mollemente appoggiati sul naso dell'uomo o gli occhi sgranati della donna, che mi ricordano così bene un'espressione preoccupata che conosco a meraviglia. Non sono nemmeno le iridi nocciola di una e i capelli maledettamente scompigliati dell'altro, il cui mix perfetto è a pochi passi da me e mi fa stringere quasi il cuore.

È più il modo in cui lei sfiora la fronte di James, con un delicatezza e una dolcezza che mi sono così familiari da fare male. È il modo in cui lui stringe le spalle di Sirius e fa vagare ininterrottamente lo sguardo su di lui, come per assicurarsi che sia vivo e che stia bene.

È questo, è tutto questo insieme di dettagli che mi fa realizzare con la massima certezza che le due persone che sono appena entrate sono sicuramente Fleamont ed Euphemia Potter.

«Siamo corsi qui non appena abbiamo saputo, ma non abbiamo capito un granché delle dinamiche e vorremmo...»

«Ma sta bene, non è vero? Si riprenderà?»

Anche le loro voci si sovrappongono, sature ancora una volta di apprensione e di un'ansia quasi palpabile.

«Indubbiamente si risveglierà.» asserisce Silente con aria sicura, guardando Euphemia negli occhi. «Resta solo da vedere come

Ed è qui che vedo vacillare istantaneamente tutta l'imperturbabilità e la fierezza che in un primo momento avevo attribuito alla madre di James, perché lei si porta una mano sulle labbra e scorgo chiaramente i suoi occhi scuri riempirsi di lacrime. Distolgo lo sguardo e lo poso sul pavimento, perché questo è troppo persino per me.

«Cosa intendi dire, Albus?» domanda Fleamont, sistemandosi tra me e Sirius e fissando il Preside dritto negli occhi.

«Incantesimo di Memoria.» replica laconicamente Amelia, guardando prima lui e poi Euphemia. «Parziale, direi, ma incredibilmente potente. Non conosciamo ancora tutti i dettagli, i ragazzi hanno solo accennato...»

«I ragazzi!» la interrompe bruscamente la madre di James, facendo un passo verso Sirius e accarezzandogli una guancia, per poi posare lo sguardo su ognuno di noi. «State tutti bene? Merlino, che sciocchi che siamo stati! Siamo corsi qui e non ci siamo nemmeno preoccupati...»

«Stiamo bene.» la blocca Sirius, accennando un sorriso e parlando con una dolcezza nel tono che mi è del tutto nuova. «Remus è stato colpito da una Maledizione e ha perso decisamente tanto sangue, ma ora sta bene e nel complesso siamo tutti sani e salvi.»

«Eravamo poco distanti da voi a combattere.» asserisce Fleamont, determinato e sicuro in quel modo che riconosco essere tipico di chiunque faccia Potter di cognome. «Siete stati incredibilmente coraggiosi.»

I suoi occhi scorrono di nuovo su ognuno di noi, ma quando si posano su di me lo vedo sgranarli impercettibilmente e inclinare la testa di lato. Mi rivolge un minuscolo sorriso che ricambio come mossa da un impulso che nemmeno credevo di possedere, domandandomi se sia stato solo un fortuito caso oppure se, per davvero, James ha assurdamente parlato di me ai suoi genitori. 

«Allora voi sapete qualcosa di più?» riprende Euphemia, sedendosi sullo sgabello accanto al suo letto. «Chi può avergli fatto un Incantesimo di Memoria? E perché accanirsi contro mio figlio, soprattutto?»

Quelle due domande si dissolvono intorno a noi, riprendendo alla perfezione quei dubbi amletici che attanagliano ognuno e a cui, tuttavia, nessuno è ancora riuscito a dare una risposta. Sospiro e mi siedo sul letto vuoto più vicino, osservando Silente mentre cede il posto a Fleamont e si sposta verso il centro della stanza.

E ora, solo ora, posa lo sguardo su di noi.

«Lo so che sarà doloroso, ma è strettamente necessario ripercorrere le varie tappe della serata.» scandisce con serietà, intrecciando le mani dietro la schiena. «Solo così riusciremo a capire che cosa di preciso è successo al signor Potter.»

«È una vicenda che lascia tutti piuttosto spiazzati.» aggiunge Moody, cominciando a misurare la stanza con passi lenti, esattamente come se stesse riflettendo tra sé e sé. «Quello che è successo al ragazzo è qualcosa di estremamente raro e pericoloso.»

Sollevo lo sguardo e intercetto i genitori di James scambiarsi un'occhiata incredibilmente preoccupata, ma i miei occhi si posano quasi in automatico su di lui. Il suo petto si alza e si abbassa piano, mentre un raggio di luna gli colpisce dritto il viso e illumina quei tagli che ancora riporta sopra, insieme a quelle macchie violacee e rossastre causate dai pugni inferti da Sirius.

Deglutisco piano per cercare ancora una volta di non piangere, perché so che non è questo il momento giusto per farlo. Ho tempo questa notte per diventare preda della mia disperazione, quando sarò da sola nel mio letto e potrò stringermi le ginocchia al petto, senza che nessuno osi dirmi nulla se dovessi creparmi e crollare tragicamente in mille pezzi.

Ora, comunque, non posso farlo. Ora devo aspettare, incanalare più aria possibile nei polmoni e annuire in direzione di Alice, che ha appena fatto un respiro profondo come per prepararsi a parlare.

«Eravamo tutti noi insieme, questa sera.» comincia infatti con determinazione, catalizzando tutti i nostri sguardi su di sé. «Comincerò io a raccontare.»

***

Due ore prima

Alice.

«Non avevo minimamente idea del fatto che anche Hogsmeade avesse una festa tutta sua.»

«Perché non avrebbe dovuto, Wormtail? È un villaggio, tutti i villaggi hanno delle feste particolari.»

«Allora è un altro il punto cruciale.» asserisce Sirius, abbassando drasticamente il tono di voce con aria da complottista. «Perché diamine è questo il primo anno in cui ci è permesso partecipare?»

Hogsmeade è sempre meravigliosa, tutti lo sanno, ma questa sera lo è in modo particolare. Non so se sia merito della neve che ancora imbianca le strade acciottolate, delle lanterne luminose che gli abitanti del villaggio hanno deciso di far fluttuare intorno a noi, delle persone che passeggiano per le vie affollate o della luna che brilla nel cielo, circondata da quelle stelle che raramente mi è capitato di vedere con tutta questa chiarezza. 

Non so se sia merito di una sola di queste cose, oppure se è per davvero questo miscuglio di dettagli che infonde in me un'allegria disarmante. Il punto, comunque, resta il fatto che non ho mai percepito la magia intorno a me in questo modo così palpabile come ora. 

«Ragazzi, dovete assolutamente provarlo.» esclama Lily sorridendo, raggiungendoci all'angolo della High Street principale e reggendo in mano uno sgargiante zucchero filato, che subito Sirius assaggia senza troppi preamboli. «C'è laggiù una bancarella che lo vende.»

«Non provatelo.» la contraddice invece James, comparendo all'istante al suo fianco e indicando con un dito il suo labbro inferiore completamente gonfio. «È abbastanza suscettibile.»

«Uno zucchero filato non può essere suscettibile, James. Sei tu che non mi ascolti mai quando parlo.» ribatte la mia migliore amica e, Merlino, non so come diamine sia capace di guardarlo dall'alto in basso nonostante lui la superi di più di due spanne. «Te l'ho ripetuto mille volte che non dovevi masticarlo, altrimenti ti saresti bruciato.»

Sirius, che aveva per l'appunto appena affondato i canini nel dolce sofficissimo, emette un urlo acuto davvero esemplare.

«Ero distratto.» si giustifica lui con un sorriso divertito, passando un braccio intorno alle sue spalle e lasciandole un bacio sulla tempia con una delicatezza che mi fa stringere il cuore. 

James e Lily stanno ufficialmente insieme da poco più di un mese, ma credo che nessuno di noi potrà mai abituarsi a questo improvviso capovolgimento della situazione, esemplificato dai gesti teneri che riescono a scambiarsi pur essendo in mezzo a tutti noi, dando comunque l'impressione di essere su un pianeta lontano anni luce dal nostro. 

Quello a cui invece tutti sono avvezzi, al contrario, sono le frequenti discussioni che nemmeno una relazione ufficiale è stata in grado di eclissare. A James piace talvolta scherzare ancora in maniera infantile e Lily gli rimprovera spesso questo lato del suo carattere, sebbene la durata dei loro battibecchi si sia decisamente ridotta e l'epilogo che ne segue è diventato indiscutibilmente più dolce. 

«Andiamo ai Tre Manici, là possiamo di sicuro stare più tranquilli.» propone Remus, ottenendo subito il consenso generale. 

«Penso che tutti quelli del sesto e settimo anno abbiano avuto la tua stessa idea, Moony.»

«E va bene, allora cosa propone il fenomeno in alternativa?»

«Finitela di litigare, sembrate una coppia di sposini.»

Rido alla frase di James, mentre tutti insieme cominciamo a spostarci verso il pub scelto da Remus. Frank è alla mia destra e in un istante mi afferra la mano, stringendola e lanciandomi quel solito sguardo che so ormai interpretare con la massima precisione.

È felice, questo glielo leggo negli occhi. È felice e cerca di trasmettermelo in quel modo portentoso che conosce solo lui, sena necessariamente dover parlare ma semplicemente guardandomi. Perché lo sappiamo tutti cosa c'è fuori da qui, cosa sta succedendo negli ultimi tempi e cosa saremo destinati ad affrontare una volta usciti da Hogwarts. Ne parliamo spesso e lo facciamo sottovoce, provando a leggere tra le righe di quello che scrivono i giornali e chiedendoci se la parola guerra, che tutti sembrano voler celare con assurdi giri di parole, verrà prima o poi pronunciata ad alta voce da qualcuno di noi. 

Questo non è comunque il momento per pensarci, chiaramente. Questa è la classica serata in cui dobbiamo solo divertirci, svuotare la mente da tutti i pensieri negativi che la affollano e fingere, almeno per qualche ora, di essere dei normalissimi adolescenti che possono e devono non avere preoccupazioni più grandi di loro. 

Ma poi succede tutto in fretta. 

Sento delle urla acute e raccapriccianti, dei rumori di esplosione e qualcosa che scoppia - forse un muro vicino a noi, forse il tetto di qualche casa, forse addirittura un pezzo di strada - e non ho più il tempo di fare nulla. Nemmeno di pensare. 

Perché qualcuno accanto a noi ha appena gridato "Arrivano!" e lo sappiamo, lo sappiamo bene che sta succedendo qualcosa di grave e i negozi che prendono fuoco, le vetrine che si infrangono e le persone che urlano e corrono in ogni direzione possibile sono solo uno stupido contorno. 

Quello che succede è la mano di Frank che scivola via dalla mia, il primo incantesimo che colpisce la pietra alle mie spalle mancandomi per un soffio e quelle figure mascherate che cominciano a marciare nella strada principale, mulinando le bacchette come se ne dipendesse della loro stessa vita e scagliando fatture in ogni direzione possibile. 

«Restiamo uniti, restiamo uniti!» sento dire da una voce che riconosco essere quella di James, mentre il mio sguardo vaga sui miei amici e mi rendo conto che tutti, adesso, stringiamo in mano le nostre bacchette e siamo pronti a difenderci. 

Nessuno è un codardo, nessuno scapperà. Quando dicevamo che tutto questo era ingiusto e che questo dannato Lord Voldemort di cui si sente parlare sempre più spesso avrebbe portato solo guai, non sbagliavamo affatto. Quando dicevamo che avremmo fatto di tutto per opporci, se mai ne avessimo avuto l'occasione, sbagliavamo ancora meno. 

«Impedimenta!» urla qualcuno qui accanto a me, facendomi realizzare che la battaglia è appena all'inizio. 

E non importa se Frank non mi sta più stringendo la mano, se ora devo farmi bastare la semplice certezza che stia combattendo qui davanti a me e se dovrò convivere per un tempo incalcolabile con la paura folle che ai miei amici succeda qualcosa: adesso tocca a me ed io, quanto è vero che mi chiamo Alice Prewett, non mi tirerò indietro per niente al mondo. 

«Stupeficium!» grido in automatico, puntando la bacchetta sulla prima figura incappucciata che riempie il mio campo visivo ed esultando mentalmente quando la vedo schiantarsi sulla strada lontano da noi. 

Ad una vittoria corrisponde almeno una sconfitta, perché a pochi passi da me scorgo Peter con la manica del maglione squarciata, il sangue che da essa ne sgorga copioso ed io che mi ripeto che non c'è tempo nemmeno per fermarsi a pensare. E poi Lily Schianta uno di loro e Sirius schiva una Maledizione per un soffio, e James ne pietrifica un altro mentre io rovino tragicamente a terra, e Frank mi solleva con un braccio e con l'altro ne allontana un terzo, mentre un incantesimo colpisce Remus in pieno torace e lui cade per terra, il sangue che zampilla a fiotti dal suo corpo inerme. 

E mi viene da vomitare, sento la sensazione di nausea farsi largo dentro di me e non so se è la paura, se sono solo dannatamente terrorizzata o se sto male fisicamente per davvero. L'unica certezza che ho è che accanto a noi si è materializzato qualcuno, qualcuno che senz'altro è dalla nostra parte perché ci sta aiutando, sta scagliando incantesimi contro le sagome mascherate e urla di spostarci, di andare via. 

Ma io sono ancora qui, rannicchiata contro la parete distrutta, mentre mi maledico mentalmente perché questo dolore non mi fa combattere come vorrei. 

«Non rientriamo, smettila di chiedercelo! Protego!»

È la mia Lily che parla, vedo la sua chioma scarmigliata ondeggiare a pochi passi da me e mi viene da piangere, perché lei è così coraggiosa e io vorrei essere al suo fianco, se solo non avessi perso la sensibilità del braccio destro e non fossi in preda a un male allucinante. 

«Fabian ha ragione, Lily. Tornate al Castello e mettetevi in salvo.»

«Ma certo, mentre tu magari resti qui a combattere da solo, non è così?»

«Non credo sia il caso di litigare adesso, Incarceramus! Exulcero!»

«Io non mi muovo da qui. Pensate ad Alice, Remus e Peter, piuttosto! Sono feriti!»

Passa appena un secondo e subito scorgo Frank avvicinarsi a me, prendermi il viso tra le mani e guardarmi con gli occhi saturi di panico, totalmente contrastanti rispetto alla dolcezza che contenevano fino a pochi minuti fa. 

«Dobbiamo portarvi al sicuro, dobbiamo andare via da qui.»

«Riesco a camminare.» interrompo il suo tono affannato, mettendomi in piedi e stringendo i denti per trattenere una smorfia di dolore. «Andate da Remus, è laggiù ed è messo decisamente peggio di noi.»

«Alice, devo assicurarmi che tu...»

«Andate da Remus!» ribatto categorica, tirandomi definitivamente su e osservando Peter, a pochi passi da me e con il braccio ancora sanguinante, fare lo stesso. 

Frank mi rivolge un ultimo sguardo carico di sottintesi, prima di precipitarsi da Remus insieme ad un'altra figura di cui non riesco a riconoscere i contorni. Adesso anche un fumo denso ha iniziato a circondarci ed io non vedo più un accidenti, così mi concentro solo sul camminare lungo la parete di pietra alle mie spalle, sentendo dei passi dietro di me e pregando Merlino che si tratti di Peter. 

C'è una fessura qui, una piccola rientranza probabilmente causata da un incantesimo che ha distrutto il muro, così mi infilo tra le macerie sperando che le fatture possano non raggiungermi. Mi arrischio a lanciare un'occhiata al mio braccio, trattenendo un ennesimo conato non appena lo scorgo totalmente tumefatto e livido. 

«Da qui riusciamo a vederli.» mormora Peter con un tono saturo di paura, facendomi tirare un sospiro di sollievo nel sapere che almeno non sono da sola. 

Non faccio in tempo a sporgermi verso il buco della parete da lui indicato, perché all'istante sento un rumore di passi affrettati misti a delle voci che conosco come le mie tasche, finché non vedo Frank e Gideon trascinare di peso il corpo di un Remus privo di sensi. 

«Mettiamolo qua, così, piano.» sta sussurrando mio cugino, il volto pallido e trasfigurato dal terrore.

«Sta bene?» domando all'istante, portandomi una mano sulle labbra e sforzandomi più che posso per non scoppiare in lacrime.

«Cuginetta, non mi ero nemmeno accorto che fossi qui. Certo, vederci ad un pranzo di Natale sarebbe stato forse più piacevole.» dice Gideon, sforzandosi di sorridere e riuscendo, come sempre, ad alleggerire la situazione nonostante il panico evidente. «Comunque il vostro amico si riprenderà, ha solo ricevuto una brutta fattura in pieno petto.»

«Ha perso i sensi, dobbiamo portarlo il prima possibile a Hogwarts.» aggiunge rapidamente Frank, precipitandosi al mio fianco e valutando le condizioni del mio braccio, mentre Gideon fa lo stesso con Peter. «Dovete tornare adesso. Non c'è tempo, noi dobbiamo riprendere a combattere...»

«Tu starai con loro.» asserisce fermamente mio cugino, con un tono che non ammette repliche. «Abbiamo già abbastanza guai così, non abbiamo bisogno di un altro ferito.»

«So come si combatte.»

«Questo non lo metto in dubbio, ma loro non possono stare qui da soli. Sono entrambi feriti, come fanno a tornare al Castello senza aiuto?»

Frank non ribatte e non so se lo faccia perché sa per certo che Gideon ha ragione, oppure se ogni minima possibilità di risposta viene bloccata sul nascere dalla voce che sentiamo perfettamente a pochi passi da noi.

«Indubbiamente un trio meraviglioso, non c'è che dire.»

Mi chiedo come una semplice frase sia capace di farmi ghiacciare il sangue nelle vene, ma la risposta è così lampante e la rivedo negli occhi dei tre ragazzi accanto a me, che mi rivolgono gli stessi sguardi smarriti e sconvolti al tempo stesso.

«Premeditare un attacco a Hogsmeade, ma quanto potete essere codardi?» sputa con rabbia Sirius, con la sfacciataggine che non lo abbandona nemmeno in questo istante.

Tutti e quattro posiamo lo sguardo sulla fessura nella parete, attraverso la quale non ci è difficile scorgere Lily, James e Sirius che fronteggiano una fila di sagome mascherate e incappucciate. Ma al centro esatto c'è lui, la faccia scoperta e mortalmente pallida, con gli occhi infossati e rossi come il sangue.

Lord Voldemort sorride, le labbra arcuate in una smorfia che non ha assolutamente niente di ilare.

«Premeditare e concludere brillantemente un attacco a Hogsmeade, perdonami se ti correggo.» ripete lentamente, indicando con le braccia la devastazione che ci circonda e le persone che ancora fuggono, urlando. «Puoi anche tacciarci come codardi, ragazzo, ma di sicuro non siamo maleducati. Prego, avrei il piacere di cominciare con i convenevoli: tu devi essere Sirius, non è così?»

Non è solo la luna a splendere nel cielo, adesso. Ci sono le case in fiamme, le luci delle lanterne rotte che tremulano insistentemente e i fasci colorati delle Maledizioni che ancora volano sopra le teste di chiunque cerchi di scappare.

Sirius annuisce piano, tenendo lo sguardo fisso su di lui e lasciando che la fierezza tipica dei Black si riveli davanti agli occhi di tutti i presenti.

«Sono Sirius Black.» conferma infatti, la bacchetta stretta tra le dita e le nocche che sbiancano all'improvviso.

Tre parole sono sufficienti per far scoppiare Lord Voldemort in una risata raccapricciante, presto accompagnata da quelle dei seguaci che gli stanno alle spalle.

«Lo sapevo, hai lo stesso sguardo fiero di tua cugina. Bellatrix mi ha parlato molto di te, sai?»

«Lui non assomiglia neanche lontanamente a quella pazza.»

Peter trema, non appena si rende conto che anche James ha parlato e che l'attenzione dell'uomo si è adesso spostata su di lui. Non cessa di ghignare, beandosi della paura che legge nei loro volti e del terrore che la sua sola presenza è in grado di instillare nel petto di tre adolescenti come loro.

«E tu, ragazzo, chi saresti?» chiede ancora, mantenendo sempre quella vena beffarda nel suo tono di voce.

«Non so a cosa possa servirti sapere il mio nome, ma di certo non ho paura a dirtelo.» ribatte con orgoglio, sollevando il mento per guardarlo dritto negli occhi. «Mi chiamo James Potter.»

Lord Voldemort seguita a sorridere, percorrendo il contorno della bacchetta che stringe tra le dita e avanzando di un passo. Trattengo il respiro e stringo automaticamente la mano di Frank, che ha appena fatto un passo per correre da loro ma è stato ammonito dallo sguardo raggelante di Gideon. E non è codardia, non è viltà, non è essere egoisti: è che sappiamo benissimo che siamo in cinque ad essere nascosti, di cui tre siamo feriti e due soltanto non basterebbero a proteggerci. Se dovessimo fiatare o fare un passo falso, nessuno esiterebbe a ucciderci con uno sventolio di bacchetta.

«E la ragazza che stai cercando di nascondere dietro di te sarebbe...?»

Serro le palpebre e prego che Lily non faccia niente di avventato, che per una volta metta da parte l'impulsività di cui l'ho sempre rimproverata e che rimanga nascosta, lei che è una Nata Babbana e rappresenta ciò che più Voldemort trova deplorevole al mondo.

«Lily.» la sento dire con voce ferma, omettendo forse consapevolmente quel cognome che avrebbe potuto far supporre l'assenza di una discendenza Purosangue.

«Ripeto, un trio davvero meraviglioso.» sibila l'uomo, avanzando ancora con il sorriso sulle labbra. «Vi ho visti combattere, siete stati tutti e tre molto valorosi. Anche molto preparati, per essere solo degli adolescenti.»

«Nessuno di noi ha bisogno di complimenti al momento, grazie tante.» lo interrompe bruscamente Sirius, con quel proverbiale sarcasmo che porta sempre con sé.

«Stai cominciando a stancarmi con le tue provocazioni, ragazzino.» Voldemort muove impercettibilmente la bacchetta nella sua direzione, colpendo Sirius e facendolo schiantare contro la parete dietro la quale siamo nascosti. «Una volta posso ancora tollerarlo, ma alla seconda perdo la pazienza.»

«No!» sento urlare contemporaneamente da James, mentre cerca di scagliarsi contro di lui con tutta la rabbia del mondo. Ma Lily lo trattiene per una mano e la vedo chiaramente rivolgergli un'occhiata intensa, che forse basta a placare una sua possibile reazione avventata. «Cosa diamine volete, eh? L'attacco è riuscito, avete distrutto tutto, avete ucciso e ferito persone innocenti. Cosa dannazione vi serve ancora?»

Ogni parvenza di timore è sparita totalmente dal tono di voce di James, mentre respira affannosamente e lancia continue occhiate in direzione del suo migliore amico riverso per terra.

«È vivo, se è questo che ti stai chiedendo. Sono stato piuttosto indulgente, ma solo perché è un Black e i ribelli, in fondo, si possono domare facilmente.» scandisce Lord Voldemort, indicando Sirius con un gesto annoiato della mano. «Voi due mi interessate. Lily e James, James e Lily...due ragazzi che sanno combattere con coraggio e senza risparmiarsi.»

«Cosa volete?» ripete ancora la mia migliore amica, la voce tremante e il desiderio impellente di arrivare subito al punto cruciale della questione.

«L'ho già detto. Voi.» risponde ancora lui con voce pacata, sorridendo consapevolmente. «Vorrei che vi uniste a noi, a me. Vorrei che provaste il brivido del potere, della conquista, dell'appartenenza a qualcosa di grande e di incredibilmente forte. Sarete sotto la mia ala protettrice, mi occuperò personalmente di entrambi e farò in modo che possiate trarre più favori possibili da questa unione vantaggiosa. Quello che dovete fare è un semplice passo avanti.»

È con un tremito che mi accorgo che quello che sta ridendo, adesso, è James. Il suo sorriso ilare è intriso di amarezza, ira repressa e derisione, mentre inconsciamente avanza e arriva di nuovo a fare scudo a Lily con il suo corpo.

«Ascolta bene le mie parole, perché non credo che le ripeterò ancora una volta.» sussurra, camminando fino ad arrivare a pochi passi da Voldemort. «Noi non siamo come voi.»

Passa il tempo sufficiente per un battito di ciglia, quando all'improvviso un fascio di luce bianca ci circonda ed è con fatica che riesco a distinguere i contorni della sagoma di Silente, giunto in nostro aiuto con qualcun altro di cui ignoro completamente l'identità. E mi concedo un ridicolo sospiro di sollievo, pensando che forse è davvero tutto finito e che a breve torneremo a Hogwarts. Ammaccati e spaventati, certo, ma perlomeno tutti vivi.

Vola qualche incantesimo e sia Gideon, sia Frank escono allo scoperto, lasciando me e Peter con questa sensazione di fastidiosa impotenza a vegliare su Remus, ancora inerme. Seguo la scena davanti a me, sorridendo internamente quando vedo alcune figure incappucciate cominciare a smaterializzarsi alla velocità della luce come i peggiori dei vigliacchi.

Ma poi, ecco che succede l'inaspettato: Voldemort continua a combattere e a lanciare fatture in qualunque direzione, finché all'improvviso non afferra con forza un braccio di James, ancora rimasto esageratamente vicino a lui. Ed è adesso, solo adesso, che non riesco davvero a farne a meno: sgrano gli occhi e grido a pieni polmoni, guardando le due figure che, insieme, spariscono istantaneamente dalla mia vista.

***

Sirius.

Alice finisce così il suo racconto, là dove si interrompono i suoi ricordi e dove nessuno saprebbe come andare avanti. Non so se nessuno l'ha interrotta perché parlare dell'accaduto fa ancora tremendamente male a tutti, oppure perché non saremmo mai stati in grado di raccontare queste vicende con la sua stessa precisione.

Euphemia ha ancora la bocca coperta da una mano, gli occhi pieni di lacrime e la chiara espressione di chi non sa bene cosa dire o fare. Vorrei aiutarla, vorrei sollevarla almeno un po', perché negli ultimi anni lei ha sempre fatto lo stesso con me, incarnando alla perfezione quella figura di madre che, in fondo, non ho mai avuto. Ma è Fleamont a precedermi, posizionandosi dietro di lei e posandole entrambe le mani sulle spalle, quasi volesse essere lui l'unico punto di contatto tra sua moglie e il mondo esterno.

«Quindi Voi-Sapete-Chi si è smaterializzato con il ragazzo.» riassume brevemente Moody, rimasto in silenzio come tutti fino ad adesso. «Voi però avete detto di averlo trovato nei Sotterranei. Ma entro i confini di Hogwarts non ci si può...»

«Non si sono materializzati qui, infatti.» lo interrompe Silente, prevedendo la sua precisazione. «Prima l'avrà portato lontano da qui per eseguire su di lui l'Incantesimo di Memoria, poi avrà incaricato uno dei suoi adepti di riportarlo al Castello.»

«E chi può essere stato a portarlo indietro? Gazza ha detto che solo gli studenti...»

«Gli studenti possono entrare, Minerva.»

Il Preside la osserva intensamente, con gli occhi che sembrano parlare al di là delle sue fragili lenti a mezzaluna. E non c'è bisogno che aggiunga qualcosa, comunque, perché la sua allusione è stata colta da tutti: tra i seguaci di Voldemort c'è anche chi vive sotto il nostro stesso tetto.

«Ma perché,» chiede ancora Frank, scuotendo impercettibilmente la testa. «perché, fra tutti, proprio un Incantesimo di Memoria?»

Silente attende qualche secondo prima di rispondere, posando di nuovo lo sguardo su Lumacorno e su Madama Chips che, ancora chini su James, stanno parlottando fittamente tra loro.

«Prima è stato torturato.»

Sono quattro semplici parole, pronunciate con un tono fermo e calmo al tempo stesso. Qualcosa pare congelarsi, non so di preciso se dentro o fuori di me, ma l'unica consapevolezza che ho è che non riesco più a ragionare. C'è chi borbotta qualcosa e chi scuote la testa, Euphemia che scoppia in lacrime e Peter, poco distante da me, che mi guarda come se si aspettasse che con uno sventolio di bacchetta io riuscissi a sistemare la situazione. Lily ha la mano premuta sulle labbra e lo so che sta facendo il possibile per non piangere, ma la prima lacrima le scivola sulla pelle bianca e trascina presto con sé tutte le altre.

Mio fratello è stato torturato.

Mio fratello è stato torturato.

E io continuo a non sentire niente, se non quel bruciante senso di colpa che mi scava il petto e mi comprime i polmoni. Perché anche io non ho fatto nulla, perché l'ho lasciato da solo e non mi sono preso almeno la metà del suo dolore, come avevo sempre giurato di fare. Perché qualcuno ha lacerato la sua pelle, graffiandola e squarciandola e facendolo sanguinare a più non posso, per poi dargli il colpo di grazia cancellando totalmente la sua memoria.

Mio fratello è stato torturato e al suo posto avrei voluto esserci io, avrei dovuto esserci io. E invece è lui quello sdraiato a pochi passi da me, è lui quello che ancora non si è svegliato e che, quando comunque lo farà, non si ricorderà assolutamente niente della sua vita.

«Era prevedibile, la Maledizione Cruciatus è la loro firma.» borbotta aspramente Moody, coronando il tutto con qualche imprecazione. «Avranno cercato di estorcergli qualche informazione e il ragazzo avrà certamente taciuto.»

«Ma perché accanirsi contro i suoi ricordi?» ripete ancora Lily con un tono esasperato, asciugandosi velocemente le guance. «Voglio dire, questa non è solo perfidia. È...è...»

«È il modo peggiore per far star male tutti, non solo il signor Potter.» conclude Silente per lei, guardandola dritto negli occhi. «Quando a settembre il Cappello disse che sarebbe stato indispensabile più che mai quest'anno restare uniti, non sbagliava. Perché la guerra è anche questo e ognuno cerca i punti deboli dei propri nemici, semplicemente.»

«Hanno colpito la parte più intima e preziosa di James.» specifica Amelia Bones, passando una mano sulla spalla di Lily. «Perché sanno benissimo che uniti siamo tutti più forti, ma quando cominciano a formarsi delle fratture anche tra noi...ci indeboliamo, ecco tutto.»

La McGranitt scuote la testa e fissa il vuoto, lo sguardo terrorizzato di chi, per la prima volta, non ha la minima idea di quale sia l'appiglio giusto su cui fare affidamento.

Ed io non sono più certo di saper respirare.

«Incantesimo parziale di Memoria con un pizzico di Magia Oscura che lo rende più potente, come sospettavamo.» decreta all'improvviso Lumacorno, scostandosi dal letto insieme a Madama Chips, che traffica con qualche unguento sulla faccia di James. «La buona notizia è che non è irreversibile.»

Peter emette un sonoro respiro di sollievo, lanciando uno sguardo su Remus come se sperasse in un improvviso risveglio da parte sua.

«Esiste un rimedio?»

«Esiste una pozione.» mormora stancamente Lily, mordendosi il labbro e fissando ancora James.

Lumacorno si concede persino un sorriso soddisfatto per la pronta risposta, annuendo nella sua direzione.

«Esattamente. È stata una fattura di grande portata, questo è fuori discussione, tanto che gli effetti li avete già testati voi stessi in prima persona...»

«Quindi tornerà come prima?» domando precipitosamente, pregando che la risposta sia esattamente come spero.

«Nel novantanove per cento dei casi si ritorna come prima, sì.» Dovrei sentirmi sollevato, ma è il successivo sospiro sonoro di Lumacorno a farmi congelare sul posto. «L'unico problema resta, tuttavia, la tempistica.»

«Quanto richiede una pozione simile?» chiede Fleamont con una certa impazienza nel tono di voce.

«È molto complessa come preparazione, ma se comincerò subito - e lo farò, naturalmente - il tempo previsto dovrebbe essere di circa un mese.»

Un mese.

Un mese senza di lui, un mese con una persona che a stento riconosco ancora e che al posto di tutti i nostri ricordi, collezionati in sette anni di fratellanza, non ha altro che il vuoto più totale. 
Un mese con una persona che prova repulsione nei confronti dei suoi migliori amici, che chiama Sanguesporco la ragazza che ha desiderato di avere al suo fianco da tutta una vita.

Un mese a sopportare quello che sarà un drastico allontanamento che nessuno, tantomeno James, ha voluto.

«Ma cosa...cosa facciamo per tutto questo tempo?»

La domanda fatta da Peter a cuor leggero non ha niente di ridicolo o di insensato, ma è esattamente quello che inconsapevolmente mi sto chiedendo da quando è arrivata la sentenza definitiva di Lumacorno.

Cosa diamine faccio senza di lui per tutto questo tempo?

«Non abbiamo un grande potere nelle nostre mani, signor Minus.» replica il professore, passandosi una mano sulla fronte aggrottata dallo sconforto. «Certamente è fuori discussione prenderlo da parte e spiegargli tutto.»

«Intende dire che non possiamo menzionare l'Incantesimo di Memoria e...non possiamo dirgli come sono andate davvero le cose?»

«È un no categorico, signorina Evans. Non è solo il tempo ad essere uno dei nemici peggiori dei maghi, ma anche la memoria: non ha la minima idea di quanto sia sottile la linea che separa gli incantesimi non permanenti dai danni irreversibili che essi possono comportare.»

«Senza contare che, comunque, il ragazzo non vi ascolterebbe.» precisa Moody con un'amarezza che non mi sfugge.

«Quindi?» ripeto, sperando che tutti colgano il nervosismo che trasuda dalle mie parole. «Cosa ci resta da fare?»

«Assecondarlo, signor Black.» replica candidamente Silente, guardandomi dritto negli occhi. «Solo assecondarlo.»

È facile per lui dirlo, è facile assecondare un ragazzo che, nella peggiore delle ipotesi, manterrà con lui il classico rapporto freddo e civile che normalmente si instaura tra studente e Preside, privato solo di quella piccola complicità che chiunque, Silente così come i professori, hanno sempre inevitabilmente instaurato con una persona così espansiva come James.

Facile, tuttavia, non può esserlo per me.

Assecondare è semplice, è una cosa che io e il mio migliore amico abbiamo sempre imparato a fare in questi anni: talvolta è James ad assecondare me, specialmente quando ho la luna storta e l'unica cosa che può calmarmi è sapere di averlo al mio fianco, sapere che risponderà di  se gli chiederò di rimpicciolire all'improvviso le scarpe di Avery o di far evanescere i pantaloni di Mulciber; altre volte, invece, sono io ad assecondare le piccole fissazioni e le paranoie che solo uno come lui può avere, accettando ad esempio di non andare a dormire finché non avrà battuto il suo record personale di cattura del Boccino, o di scendere a notte fonda in Sala Comune ad assicurarsi che Lily non si sia addormentata tra le sue pergamene, come capita sovente.

Assecondare cose come queste va bene, ha sempre fatto parte del nostro tacito patto di amicizia ed è, in fondo, il fondamento di tutto quello che in questi sette anni abbiamo costruito e condiviso. Ma accettare che lui si allontani da noi, che dimentichi una parte intera della sua vita e che diventi tutto quello che entrambi abbiamo sempre odiato, no, questo va al di là di ogni mia più remota capacità.

Mi siedo vicino a Lily e non apro bocca, lasciando che questo silenzio disumano si insinui ancora una volta tra noi e appoggiando i gomiti alle ginocchia. Nascondo la testa tra le mani e sospiro, sentendo un peso gigantesco comprimermi il petto e chiedendomi se sia esattamente questo il dolore più grande che io abbia mai provato in tutta la mia vita.

Poi sollevo lo sguardo e lo poso su di te, immobile e addormentato a pochi passi dal sottoscritto, e la risposta al mio quesito è così lampante che non ho nemmeno bisogno di registrarla con coscienza.

Tra poco probabilmente il Sole sorgerà di nuovo e tu forse aprirai gli occhi, sbattendo le palpebre un sacco di volte e cercando a tentoni gli occhiali sul tuo comodino, occhiali che non troverai perché come sempre io te li avrò nascosti in un posto troppo lontano per la tua mente ancora annebbiata dal sonno.

Ma io non sono così sicuro di voler restare qui quando ti sveglierai. Perché tu non mi saluteresti con una mezza risata e una spallata come tuo solito, non cercheresti di buttarmi giù dal letto per poi finire aggrovigliato nelle coperte insieme a Moony e Wormtail - probabilmente di ritorno dal bagno, sicuramente anche loro coinvolti nella nostra mezza lotta - e, cosa ancora più sicura, non mi faresti venire voglia di iniziare la giornata soltanto guardando i tuoi capelli così oscenamente improponibili.

Perché quella che ti hanno fatto, James, è Magia Oscura. E se pensavo che questa guerra l'avremmo combattuta fianco a fianco, andando allo sbando come nostro solito e senza un piano ben preciso a cui attenerci, ora devo arrendermi di fronte alla consapevolezza di non esserne più così sicuro. Perché se credevo che ormai non potessi più provare sulla mia pelle il dolore dell'abbandono, del tradimento, dell'assenza di chi ero convinto non se ne sarebbe andato mai, oggi devo gettare la spugna e rendermi conto che non esiste più nemmeno questa certezza.

Perché il Sole sorgerà di nuovo, l'alba rischiarerà un'ennesima giornata e tu aprirai gli occhi. Ma di te, di lei, di noi, tu non ricorderai più nulla.

 

   
 
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