Titolo(Storia):
I Cento Mo(n)di
Titolo Capitolo:
Decolté leopardate e WTF?
Prompt: #70 Quella
spogliarellista ha un aspetto
familiare OMG sei tu!AU
Personaggi: Nico di
Angelo, Grover Underwood,
Frank Zhang, Reyna Arellano, Leo Valdez (citati: Will Solace, Annabeth
Chase,
Piper McLean, Thalia Grace, Hazel Levesquez, Bianca di Angelo)
Paring: Pernico!one-side,
Solangelo (minor: percabeth,
jun/grover, Frazel, Jasiper!na-specie,Thalia/Reyna!Hint).
Rating: Giallo limonata
Warning: Modern!AU, Stripper!au
Beta: Nessuna
Note: Ho trovato questa shot nel mio pc,
penso di averla
scritta durante la quarantena e non ne ero convinta allora come ora,
però visto
che era sul pc, ho pensato: dai la posto! Il punto è che il
prompt non mi
piaceva, perciò dubito potrò mai tirare fuori
qualcosa di bello. La storia tecnicamente
è una Nico&Reyna (come avevo fatto per Leo e Jason)
invece che una
Nico/Reyna (Magari un giorno).
Vorrei ringraziare Fenris
e Farkas
per essere presenze così costanti in questa
raccolta e amiracieri che
ha la buona creanza di star recensendo questo
delirio.
Buona lettura!
Ps - Ho tecnicamente aggiunto un indice.
Decolté
leopardate e WTF?
“Che hai da
fare?”
aveva domandato Nico confuso.
“Ho-da-fare” era stata la
risposta di Reyna, una tiritera che andava
avanti da un po’ di tempo e cominciava a frustrare non poco
Nico.
Reyna era la sua migliore amica, almeno così credeva Nico,
dopo una serie di
relazione interpersonali che aveva affrontato nel corso della sua vita,
tra
mezze-cotte non ricambiate, gesti d’amicizia caduti nel vuoto
e Jason, che per
Nico rappresentava una questione a parte; aveva conosciuto Reyna.
Ed era stato, almeno dal lato di Nico, amore –
platonico – a prima chiacchiera;
si erano conosciuti al compleanno di Hazel, la sua sorellastra, dove la
ragazza
era stata l’unica altra anima avvolta nel disagio nel mezzo
di una festa. Dal
canto suo Nico aveva l’incredibile abilità di
saper sparire tranquillamente nella
carta da parati, una volta sfuggito allo sguardo attendo di Jason
Grace, Reyna era
la designata vittima delle attenzioni di tanta gente. Forse
perché appariva
sempre così sicura, brillante e sagace, che la sua apparente
freddezza e rigidezza,
finiva per sciogliersi soffocata dalla passione e la dedizione che la
caratterizzavano.
Nico aveva capito che nonostante Reyna, si impegnasse per non apparire
socievole – o solare – era
una persona
dallo spirito forse e tenace, qualcuno su cui sembrava naturale fare
affidamento.
A presentare i due
era stato Jason, che con una mano sulla sua spalla e con una stretta di
ferro
lo aveva trascinato in giro per la sala della festa, onde evitare Nico
sparisse
nelle ombre – come adoravano tutti dire – per
conoscere quante più persone
possibile. Di
rimando lui si era
guardato bene dal voler incontrare suddette persone; un susseguirsi di
strette
di mano e facce assolutamente anonime che aveva dimenticato il momento
dopo. “E
lei è Reyna, ricordatelo perché un giorno
sarà presidente degli Stati Uniti”
aveva esordito Jason e di rimando la ragazza, colta a tradimento mentre
beveva
si era ritrovata a sputacchiare la sua bevanda con un certo disagio,
perdendo
quella sua aria di ferrea sicurezza.
Nico poteva candidamente ammettere un anno e mezzo dopo che concordava
con
quella presentazione, probabilmente un giorno Reyna avrebbe avuto per
ufficio
lo Studio Ovale.
“Certo, ultimamente sei sempre così
impegnata” aveva notato Nico.
“Non sapevo di avere un fidanzato geloso a cui dover
dare spiegazioni”
aveva risposto con una certa acidità la ragazza.
“No, Reyna, tu puoi fare tutto quello che vuoi, mi piacerebbe
solo prendermi
una birra con te, non ti agitare” aveva risposto Nico.
Dalla festa di Hazel, che i due avevano finito per incontrarsi almeno
una volta
a settimana a bere e mangiucchiare qualcosa di sera, da quando sua
sorella
Bianca ingenuamente vedendoli parlare fittamente alla festa aveva
organizzato
loro un appuntamento – tre mesi dopo, grazie al sostegno di
Reyna, Nico aveva
confessato ad ambedue le sue sorelle la sua netta preferenza per gli
uomini.
Solo che erano almeno sei settimane che la sua compagna di bevute e sgranocchiolamento
di noccioline era scomparsa.
La paranoia lo aveva spinto a pensare che Reyna avesse cominciato ad
evitarlo;
Nico viveva in maniera angosciante ogni relazione, se ne rendeva conto,
percepiva sempre, costantemente, un’ineguatezza inspiegabile
quando era con le
altre persone. L’assoluta percezione di essere un disturbo e
che
improvvisamente Reyna se ne fosse accorto, sapeva non fosse un pensiero
razionale, perché continuavano a scriversi con la stessa
regolarità.
Avevano pranzato anche insieme diverse volte, c’erano state
anche delle
colazioni invero, ad orari improbabili, prima che Reyna andasse al
praticantato
e Nico tornasse a casa a dormire, reduce da una notte insonne.
Tre giorni prima avevano studiato assieme in biblioteca.
E che era scomparsa completamente la sera.
Nico le aveva anche chiesto se si fosse trovata un lavoro, ma la
ragazza aveva
eclissato ogni domanda, in ogni modo.
“E
che sto
diventando matta con l’esame di Diritto Privato
Comparato” aveva confessato
la ragazza, “Praticamente passo la mia vita a morire tra
queste pagine” aveva
aggiunto, “Però ti giuro che pianterei
tutto” aveva rivelato la ragazza con un
tono più dolce.
Nico aveva sorriso, “E che sto cercando di non impazzire per
la storia del
matrimonio” aveva confidato lui, passandosi la mano libera
sulla fronte, mentre
scendeva dall’autobus raggiunta la sua fermata, “Lo
so quanto è importante per
te l’università” si era affrettato
subito a riferire. Forse il motivo
principale per cui di quei tempi si sentiva così
insofferente alla vita, prima
anche della latitanza della sua migliore amica, era quello: il
matrimonio.
Inevitabile. Imminente.
“Impazziresti di meno se chiedessi a William di
venirci con te” aveva
sottolineato Reyna, “Mi piace come tu faccia tutta la
misteriosa ma che insista
a dirmi cosa fare” aveva soffiato lui, leggermente risentito.
“Nico, i miei sono consigli”
aveva risposto lei, “Adesso devo
assolutamente andare” aveva tagliato corto la sua
amica, “Si, vai a fare le
tue cose misteriose” aveva sentenziato lui.
“Perché
siamo in
uno strip club?” Nico lo aveva chiesto con le labbra serrate
in un’espressione
neutra, che mal celava la sua insofferenza.
A Nico non piacevano le donne, ma era piuttosto convinto che anche se
lo strip-club
avesse riguardato uomini si sarebbe sentito a disagiato in tutta quella
nudità,
anche le cameriere erano strizzate in vestiti microscopici che
lasciavano in
mostra troppa carne.
“Perché il buffet è gratis”
aveva risposto genuino Leo riempiendo il suo piatto
di ali di pollo speziate e crocchette di patate.
Nico lo aveva guardato con vago astio, “Calypso la pensa
uguale?” aveva chiesto
retorico, “Me lo ha fatto scoprire lei” aveva
risposto con onestà disarmante
lui, “Come credi si siano pagata la facoltà di
genomica[1]?
Il Signor Atlante non ha mai dato un centesimo alle sue
figlie” aveva domandato
retorico, prendendo la strada per il tavolo.
Percy, il festeggiato, stava bevendo da un bicchiere con un drink rosa
con un
ombrellino, con gli occhi spallati, non sapeva se fosse confuso da
quell’ambiente ma solo parecchio stordito
dall’alchool.
Jason al suo fianco aveva preso a pulire le lenti degli occhiali, cotto
di
imbarazzo; il suo amico era sicuramente un bel ragazzo, ma era anche
uno di quelle
persone assolutamente inconsapevoli di esserlo.
Frank al loro fianco era rosso come un pomodoro maturo ed approfittava
per ogni
occasione per coprirsi gli occhi con le mani.
L’unico che sembrava a proprio agio in quella situazione era
Grover con i suoi
vestiti larghi ed il capello da rastafariano, che copriva i riccioli
serpentini.
“Lo so che avevi detto niente cose esagerate” aveva
valutato Leo, sedendosi al
posto di fronte Percy, “Ma è solo un innocente
strip-club” aveva detto, posando
il piatto pieno di cibo sul tavolino, prima di schioccare le labbra e
fare il
segno di una pistola a Jason.
Il biondo aveva inforcato gli occhiali quadrati prima di recuperare un
portafoglio
bello pieno e tirare fuori da esso una mazzetta di banconote.
“Hai rapinato una banca?” aveva domandato confuso
Percy, sputacchiando un po’
della sua birra, “Sono banconote da un dollaro”
aveva detto chiaro Jason, “Ah,
quindi una chiesa” aveva ridacchiato Percy.
“Abbiamo fatto una colletta” aveva
chiarito Grover con una risata, “Per le ballerine?”
aveva domandato il
festeggiato, Percy, arrossendo furiosamente sul viso. Era
intervenuto Leo allora, stuzzicando l’altro
ragazzo, senza pietà: “Dai, Percy, è
solo un rito di passaggio” . Frank che era
sempre timidissimo aveva preso il coraggio di parlare: “E
fidati, Hazel mi ha
detto il programma delle ragazze!” aveva aggiunto lui,
allusivo, “Vanno a Las
Vegas.”
Nico aveva tirato su un po’ del suo rum-cola con la
cannuccia, prima di
ficcarsi in bocca una manciata di patate fritte.
Sarebbe stata una serata, orribile.
Doveva darsi malato, lo sapeva.
“Comunque non posso crederci” aveva ripreso a
parlare Grover, “Ti stai
veramente per sposare” aveva aggiunto guardando Percy,
sconsolato; l’altro
aveva ridacchiato, “Ma io lo avrei fatto anche tre-quattro
anni fa, ma Annabeth
voleva finire il dottorato, prima” aveva risposto con esimia
onestà l’altro
ragazzo, “Sei tu che hai una fidanzata da quando hai tredici
anni e non l’hai
ancora sposata” aveva sottolineato.
“Io e Jun siamo contrari all’istituzione del
matrimonio!” aveva chiarito lui,
con sicurezza.
Il momento dopo
erano tutti a discutere delle loro fidanzate e quando sarebbe stato il
caso di
fare cosa. Frank era il più spedito da questo punto di
vista, il problema
fondamentale era il rito da scegliere, perché Hazel era
cattolica e lui
shintoista,
per Leo e Calypso
era ancora troppo presto.
Gli unici che erano rimasti esclusi dal discorso erano Nico e Jason.
“Hai deciso se inviterai il dottore carino o no?”
aveva chiesto poi, con un
tono di voce più piatto Jason.
Lui ci sarebbe andato da solo, tecnicamente con Piper, nel loro
maldestro
tentativo di rimanere amici, nonostante la rottura della loro relazione.
Egoisticamente Nico aveva sperato che Jason invitasse Reyna
al matrimonio, voleva che la sua amica
si trovasse una brava persona e Jason lo era per antonomasia.
Nico aveva fatto schioccare le labbra. “Tecnicamente non
è un dottore” aveva ammesso
lui in imbarazzo; Will non era ancora un dottore, studiava medicina
all’università; e si pagava gli studi lavorando
nel bar, dove Nico andava a
passare la notte quando non riusciva a dormire. Cosa che succedeva
abbastanza
spesso, almeno agli inizi; nell’ultimo tempo a guidarlo a
quel bar era stato
più l’interesse per vedere Will.
Nico non aveva
ancora fatto propriamente coming-out con i suoi amici; aveva solo
lasciato
vaghi segnali sul fatto che non fosse interessato ad avere relazioni
con donne,
ma metà dei suoi amici aveva interpretato il suo
comportamento come se Nico non
avesse passione nell’intessere rapporti in generale.
Ma non Jason, ovviamente, perché forse il suo amico era un
po’ inconsapevole per
le vicende che riguardavano se stesso, ma non per quelle che
riguardavano Nico,
stranamente, per quello era attentissimo.
“Potrei averlo accennato” aveva concesso alla fine
Nico.
Jason aveva sorriso soddisfatto, aggiustandosi meglio gli squadrati
occhiali
rossi.
Era la dannata versione bionda di Clarke Kent.
Non era del tutto
vero, aveva raccontato a Will che c’era il matrimonio del
ragazzo schifosamente
eterosessuale di cui era innamorato da quando aveva, qualcosa come,
tredici
anni?
E Will, bello come il sole, aveva sorriso accomodante, e poi gli aveva
detto
che infondo ci erano passati tutti e che se voleva un più
uno per
l’evento: lui era un vero animale da festa.
Nico aveva avuto un mancamento, quasi. Will gli faceva svolazzare le
farfalle
nello stomaco, in una maniera diversa da qualsiasi sensazione Percy gli
avesse
mai dato; in realtà non voleva neanche paragonarle. Will era
come una doccia
fredda in una giornata caldissima d’estate, faceva
bene, mentre quando
pensava alle sensazioni che provava con Percy, quelle erano
completamente
diverse: era come essere investito più volte da un autobus. Stava
sempre
male.
“Okay siamo diventati troppo noiosi” aveva attirato
nuovamente l’attenzione
Leo, rubando la mazzetta di banco notte dal tavolo, dove Jason
l’aveva lasciata
per darlo al festeggiato, “È il tuo addio al
celibato e devi farlo, non
importando quanto è imbarazzante” aveva detto, con
un sorriso bello lezioso
sulla faccia.
‘Reyna
rispondimi’
‘Reyna, sul serio ho bisogno di parlare con te’ continuava a digitare
sul telefono, per
nulla interessato a guardare le ballerine che roteavano attorno ad un
palo,
mezze-nude in tacchi vertiginosi.
“Ti prego non dirlo a tua sorella!” lo
supplicò Frank, mentre un Grover
parecchio divertito continuava ad ordinare alchool per tutti. Percy con
coraggio, arrossato in faccia continuava a passare biglietti da un
dollaro alle
ballerine.
Se non lo avevano ancora preso a calci in faccia era solo per il suo
bel
faccino, probabilmente, visto quanti pochi soldi stava dando.
‘Nico,
adesso
non posso. Ti chiamo io dopo’ Reyna si era degnata
di rispondere.
Al quarto bicchiere di Rum-e-cola, Nico non era così ben
disposto con le
sparizioni di Reyna, sapeva che studiava coma matta per passare gli
esami e che
il suo ruolo di rappresentate degli studenti l’assorbiva
completamente, specie
perché Octavian le lasciava fare tutto il lavoro per
prendersi la metà dei
nervi. Ma Nico non poteva andare avanti.
Era disgustato da tutto.
Voleva che Percy, bruciante di imbarazzo, smettesse di cercare di
allungare dei
soldi a donne mezze-nude.
Voleva anche Percy non sposasse Annabeth.
Ma sapeva che il suo secondo desiderio non fosse molto pratico.
Grover gli aveva messo una mano attorno alle spalle, amichevolissimo,
più di
quanto piacesse a Nico, ma cercò di non scacciarlo,
perché riconosceva i buoni
sentimenti dell’altro ragazzo.
“Io devo andare in bagno” aveva detto poi Nico,
vuotando direttamente dal
bicchiere il quinto bicchiere di rum-e-cola, inghiottendo anche il
ghiaccio triturato.
“Fai attenzione” aveva aggiunto Frank, audace, con
le gote arrossate e le dita
davanti agli occhi, quasi squagliato dall’imbarazzo.
Non era andato in
bagno, non ci era neanche passato, si era chiuso altrove per prendere
il
telefono.
Era uscito a prendere una boccata d’aria, ne aveva bisogno.
Si grattò gli occhi con la manica della felpa, chiedendosi
perché avesse
accettato di andare, perché non riuscisse a dire di no a
Percy mai, perché
fosse così patetico.
‘Ignorami pure, ma io al matrimonio non ci vado’
aveva digitato
velocemente.
Mentre fissava con sguardo perso una foto sua e di Bianca, con alle
spalle
Piazza San Marco.
Reyna non aveva ancora visualizzato il messaggio.
Lui aveva scosso il capo, aveva bisogno di bere un altro po’.
La notifica di un messaggio!
Si aspettava Reyna, ma invece aveva realizzato che il messaggio fosse
di Will.
‘Ei, Nick! Come va?’ semplice.
Netto.
Non vorrei essere qui. Vorrei tu fossi qui. Vorrei non essere
qui, ma
altrove con te.
Un sacco di risposte, erano venute in mente a Nico, ma era troppo
codardo per
scriverlo davvero.
Aveva rimesso il telefono in tasca ed era rientrato
all’interno del locale.
Aveva fermato una
ragazza con le orecchie da coniglietta per chiederle un altro bicchiere
ed
aveva cercato nuovamente i suoi amici sotto il palco, ma erano stati
capaci di
sparire nei dieci minuti in cui era uscito.
Incredibili.
Prima che si potesse concentrare nel cercare gli altri per il locale,
per un
breve momento, i suoi occhi indugiarono sulla donna che aveva avvolto
la sua
gamba, terminante in una decolté leopardata di tredici
centimetri, attorno ad
un palo d’acciaio.
“Ma … che cazzo …” si era
lasciato sfuggire Nico.
La scarpa leopardata apparteneva ad un paio di gambe olivastre,
chilometriche, proprietà
di ad una ragazza latina, con una chioma di ricci scuri, strizzata in
un
vestitino di lustrini grande quanto un fazzoletto.
Reyna! Reyna Avila Ramirez Arellano.
Si era avvicinato al palco, mentre Reyna con un notevole forza delle
gambe si
era sollevata da terra, leggendosi al pallo solo con le braccia,
rovesciando la
testa all’indietro.
Nico aveva posato i gomiti sconvolto sul palco.
Qualsiasi danza Reyna stava facendo, suadente, mentre cominciava a far
scivolare le spalline del vestito di lustrini dorati, quando aveva
visto, tra
tutti gli uomini che allungavano banconote un pallido Nico, con i
gomiti
piantati e lo sconcerto dipinto in viso.
“Meno male
che non
mi hanno visto” aveva detto Reyna, mentre indossava un
maglione di lana sopra
un reggiseno sportivo, “Sarebbe stato
imbarazzantissimo” aveva detto con voce
più controllata, “Certo Percy mi ha visto nuda
già una volta” aveva raccontato
con leggero nervosismo.
Nico aveva ancora gli occhi fissi sui copri capezzoli dalla forma di
stella
posati sul banchetto, davanti ad uno specchio, dove Reyna aveva la sua
postazione. Aspetta cosa? Era stato il secondo
pensiero di Nico, Reyna
e Percy?
La faccia di Nico aveva dovuto essere esplicativa, perché
Reyna aveva aggiunto,
“Quando eravamo da Thalia, una volta è entrato in
bagno, mentre io uscivo dalla
doccia. Super imbarazzante” aveva raccontato,
“Tranquillo, rispetto troppo
Annabeth … e te” aveva detto
quella. Nico avrebbe voluto dire che non
aveva diritti o pretese sul ragazzo, nonostante il suo cuore andasse in
fiamme
in ogni occasione, ma alla fine aveva lasciato perdere.
“Vuoi spiegarmi?” era riuscito a dire Nico,
decidendo che Percy Jackson era un
argomento da lasciare stare.
“Prima di tutto. Se lo dici a qualcuno, in particolare Thalia
Grace, sei morto”
aveva detto subito Reyna, “Sei il mio migliore amico, ma sei
morto” aveva
aggiunto.
“Secondo: tra lo stage in procura e
l’università non ho trovato molte offerte
di lavoro che si sposavano bene con i miei orari.”