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Autore: LeanhaunSidhe    24/06/2020    5 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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L’abbraccio di Zalaia aveva il sapore delle cose non dette, di promesse importanti che forse non avrebbero potuto essere mantenute. Quando lui aveva provato ad allontanarsi, Seleina aveva rinforzato la presa. Non riusciva a staccarsi dal suo torace ampio, dove le parole di lui erano vibrate calde, rendendo ancora più rassicurante la sua voce. Con la guancia premuta sul suo petto, aveva alzato finalmente lo sguardo, a mostrare il volto perso di bambina che troppo a lungo aveva giocato ad essere combattiva: una guerriera.

Docile, aveva sollevato il mento sotto la guida delle sue dita.

“Siamo vivi.”

Aveva ribadito Zalaia. Era vero. Era un fatto importante ma non l’unico degno di nota.

Seleina si cullò nel suo tepore. Ritornò a poche ore prima quando, incapace di muoversi, Zalaia l’aveva abbracciata e condotta fuori da quell’abisso. Allora, aveva percepito chiaramente le sue sensazioni e pensieri, anche se debole ed impossibilitata a rispondere. Lo aveva sentito offeso, disperato, distrutto. Contro di lei e contro Kiki. Zalaia aveva compreso che gli avevano mentito per proteggerlo ma non poteva sopportarlo. L’aveva giurato a se stesso: avrebbe spalancato le porte dell’inferno, se glielo avessero chiesto. Ci sarebbero entrati tutti e tre insieme: lui, la persona che amava ed al cui cenno sarebbe stato pronto a smarrirsi, un alleato che ormai aveva imparato a chiamare amico, volentieri pure fratello.

A quella consapevolezza, dura come il diamante, Seleina non era riuscita a frenare le lacrime. Non gli aveva permesso di aggiungere altro. Non una parola o un fiato. Mai nessuno l’aveva amata così tanto. Non suo padre, con cui si era dovuta scontrare per l’infanzia e l’adolescenza. Non Kiki, con cui aveva condiviso moltissimo ma a cui aveva dovuto nascondere quel suo legame con una natura quasi immortale. Non Mu, che le aveva offerto supporto, ogni volta che a causa della propria debolezza ne aveva avuto bisogno. Zalaia aveva conosciuto ogni parte di lei, anche i segreti che per ordine di Haldir non poteva svelare e le aveva comunque regalato una fiducia incondizionata. Il dono più grande per lei abituata solo ad essere messa in discussione sulla bontà del suo agire. La amava così tanto che avrebbe rischiato di perdersi, se avesse significato renderla felice. Per lei, che aveva conosciuto la cattiveria e l’odio in molte sue forme, quel sentimento era ancora più potente, impossibile da ignorare. Zalaia ci teneva fino al punto da farle dimenticare tutti i problemi che si trascinava dietro. La illudeva di essere come tutte. Degna di essere amata, al di la delle sue scelte, della natura ambigua dei suoi poteri.

L’unico modo in cui Zalaia le chiedeva di guarire la sua anima non era purificandola, causandole dolore. Solo ricambiarlo. Con pari intensità ed ardore. Allora, l’aveva baciato impacciata. A nessun altro decise che avrebbe mai donato quella parte di se. Si era staccata dopo lunghi secondi, con le guance rosse ed un fragile sorriso.

Nel fuoco qualcuno bruciava e reclamava il suo intervento. Prima, però, sarebbe venuto Zalaia. Poggiò la fronte bollente sullo spallaccio freddo della sua corazza. Dopo un iniziale sbigottimento, l’aveva sentito ridere. Una risata liberatoria delle sue: di stomaco e di cuore. Forse di vittoria verso qualcun altro. Per un po’, prima di Haldir, ci sarebbe stato solo Zalaia.

❄️❄️❄️

Mu aveva visto e finto di non vedere. Aveva celato il sussulto dell’animo in un battito impercettibile delle ciglia, le iridi abbassate solo verso suo fratello, che dormiva un sonno sereno ma era pallido come una statua di sale. Aveva dato le spalle a Seleina e Zalaia, al significato dei loro gesti, così palese. Pochi rapidi istanti erano passati nell’imbarazzo della sua mente e si era sentito uno sciocco, preso in giro da sentimenti che non conosceva ed avrebbe dovuto sapere interpretare, vista la sua maggiore età, rispetto a quei due.

In fin dei conti, cosa erano Zalaia e Seleina al suo confronto? Il primo circa un coetaneo di suo fratello, la seconda poco più di una bambina. Anche se in rari momenti aveva mostrato la fragilità di una donna, il fascino del fiore in boccio. In lei aveva visto una persona che non c’era e non avrebbe dovuto mai vedere: non la realtà ma un desiderio dell’animo, una proiezione della propria mente. Una fanciulla inerme da proteggere. Una guerriera che come lui rifiutava di combattere per la sua indole, capace di condividere i suoi sentimenti, affezionata a Kiki quanto lui. Qualcuno che aveva scelto di vivere le emozioni liberamente, nel modo che lui, cavaliere della dea, si era sempre precluso. Perché prima doveva venire la dea, poi l’ideale, in seguito tutto il resto. Seleina era stata probabilmente il miraggio del proprio rimpianto giovanile, piegato sotto il peso e la luce accecante della cloth dell’Ariete.

Aveva intuito un sentimento che non c’era nell’abbraccio in cui l’aveva protetta da se stessa e dalle proprie lacrime, nello sguardo che si erano scambiati in una notte di pioggia, quando avevano specchiato gli occhi dell’uno in quelli dell’altra (1). Aveva nutrito quell’infatuazione puerile nel tepore della propria mano, dove aveva cullato la sua guancia, togliendole dalla pelle quel sangue marcio e rappreso che non poteva e non doveva assolutamente appartenerle (2). Si era illuso, semplicemente ed irrimediabilmente.

L’intuito gli suggeriva che qualcosa fosse accaduto nelle tenebre di quell’abisso. Era un mistero custodito nell’oscurità di quel posto, che gli aveva quasi strappato nuovamente suo fratello. I figli di Haldir non rivelavano i loro segreti. Quello l’aveva chiaramente compreso. Per interagire con loro bisognava accettarlo. Kiki l’aveva fatto e ci aveva guadagnato l’affetto incrollabile di Seleina. Zalaia, testardo e possessivo come era, l’aveva accettato anche lui sicuramente. Il grande Mu dell’Ariete, però, era un cavaliere d’Atena. Il suo affetto e volontà dovevano convergere unicamente nella dea ed in ciò che essa incarnava.

Nonostante ciò, nel bacio esitante dei giovani amanti che gli stavano al fianco e si sforzava di ignorare, per una frazione di secondo, si convinse di scorgere il proprio, quello che avrebbe potuto concedersi con la stessa persona in una notte di pioggia, protetto nell’intimità del primo tempio (3), se fosse stato prima Mu e solo dopo il santo. Se avesse tenuto fede per primo a quel sentimento che era desiderio ed illusione. Eppure, tra le sue dita premute su quella guancia, per pochi momenti ed occasioni, quel sentimento era stato reale.

❄️❄️❄️

Percependo quelle vibrazioni, Imuen si era fermato immediatamente. Aveva annusato l’aria, perplesso. Quell’energia era familiare, troppo, ed era strana, alterata. Sconcertato, non riusciva in nessun modo a credere che si trattasse del gemello. Era ormai in vista delle mura, in prossimità del campo. Una volta rientrato, avrebbe potuto chiedere lumi a Taka, forse pure a quello scellerato di suo figlio che, senza dubbio, qualcosa della magia comprendeva sicuramente.

Era un cosmo potente, troppo sconfinato per appartenere ad un dio, troppo ferino per un uomo. Tremò riconoscendolo. Volse le spalle al campo, ai suoi figli di rimasti ed a quelli di Haldir, tutti quanti da proteggere. Al suo cucciolo, che lo attendeva tra le braccia della sua donna. Avvertì mentalmente Zalaia di organizzare subito la difesa e non lasciar uscire nessuno assolutamente.

Si scatenava qualcosa di impossibile. Non era ancora finita.

❄️❄️❄️

Seleina avvertì immediatamente l’approssimarsi di Sire Imuen. Ancora stretta a Zalaia, aveva avuto un lieve sussulto, prima di usare istintivamente le sue facoltà per confonderlo.

Al suo scatto, Zalaia aveva pensato che stesse di nuovo male. Si era preoccupato, iniziando a parlarle in un modo tanto pacato da risultargli del tutto alieno. Accolse la mano che lo rassicurava, sostando sulla sua guancia, la barba troppo lunga che iniziava a pungere appena al tocco delle dita umide di sudore. Seleina l’aveva rassicurato con un sorriso. Con quei modi lievi che avevano solo le femmine nell’intimità coi loro cari, silenziose, preziose nei loro gesti. Nei ricordi della sua infanzia, Mnemosine era solito placare il suo animo tumultuoso in maniera non troppo diversa. Per lui, aveva significato tornare un po’ cucciolo, a quando le cose erano più complicate e semplici assieme. Non indossava un’armatura ma invece di un clan aveva solo sua madre da proteggere ed i calci di Taka da evitare. Reso sordo agli ordini del suo maestro, aveva abbandonato quella stanza sollevato, seguito presto persino dall’Ariete. Convinti a lasciare per un po’ i feriti da soli a riposare. Del resto l’Altare dormiva ma era un riposo ristoratore e sereno.

❄️❄️❄️

Mu si era attardato un attimo di più sulla soglia. Aveva guardato Seleina un’ultima volta pensieroso prima di lasciarla andare definitivamente. A Seleina parve di scorgere un impercettibile sospiro lasciare le sue labbra. Probabilmente, anche a lui avrebbe dovuto qualcosa: poche parole di chiarimento o di commiato. Anche solo per mettere una pietra sopra neppure lei capiva cosa. Ad un’infatuazione veloce che si era spezzata davanti alla potenza di un sentimento vero. Ad un pezzo della sua anima che scivolava via, insieme a Zalaia.

Lei aveva scelto di essere una Dunedain, come Mu cavaliere della dea.

Attese che tutti fossero fuori, che Mu sbattesse appena più forte la porta. Ormai, ciò che pensasse di lei il cavaliere non le importava. Rimasta sola, rivolse un saluto mentale pure a suo fratello, prima di puntare lo sguardo deciso verso la finestra. Pochi granelli di pulviscolo nuotavano nei raggi del sole del tramonto che filtrava, rosso e sonnacchioso. Scrutò le proprie mani. Il potere di Haldir, in lei, cresceva. Lo sentiva pulsare nelle vene, insieme al sangue che ribolliva e cominciava a scottare nelle vene.

Il patto ci consuma ma rende potenti. Aveva lasciato scritto la sua antenata, per quante delle sue discendenti avrebbero risposto a quella chiamata. Il destino beffardo a lei non aveva concesso scelta alcuna. Quel potere aveva dovuto accettarlo per forza. Il cosmo di suo padre, che in qualche modo aveva ereditato, era risuonato come le corde dell’arpa pizzicate da un abile bardo, insieme a quell’unica stilla di magia che aveva ereditato da Haldir. A tessere una melodia profumata di neve e ghiaccio, costellata di sangue. Tale era stata la sua vita da quando era nata, dal primo istante che le facoltà di Haldir avevano cominciato a renderla diversa e debole, eppure potente, da alcuni temuta per le sue unicità.

Era tempo che tutto terminasse, che il potere di Haldir facesse ritorno nelle mani del legittimo proprietario, che sia lei sia il suo maestro fossero liberi per davvero. Avvertì invece Tabe di approntare la difesa. Poté vederlo chiaramente nella mente il ghigno beffardo di quel suo fratello acquisito, che si era rivelato ben presto opposto alla figura positiva che aveva immaginato. Tabe era fumo e nebbia, come le droghe che era stato solito consumare nei secoli passati in cui si nascondeva tra gli umani. A sfidare la sorte e la vergogna. Lo spadaccino, ma anche mago. Che aveva bestemmiato su leggi troppo sacre e per un lungo periodo era stato bandito. Poi tornato al suo signore, con una macchia mai cancellata del tutto, solo occultata dalla sua abile madre. Ma Seleina aveva scoperto, accettato, taciuto. Come voleva Haldir: i panni sporchi si lavano in famiglia.

Tabe era quello di cui si fidava meno ma da cui aveva imparato meglio: con la spada, come confondere nemici ed amici.

Seleina sospirò. Implorò tutti gli dei e tutte le stelle di concederle non tanto il ritorno quanto la forza. Era sola. Da sola avrebbe dovuto combattere.

Note

(1) Cap 33: mi riferisco al momento in cui Seleina e Mu trascorrono da soli al primo tempio, prima che li raggiunga anche Kiki. Li non avevo chiarito. Qui si

(2) Cap 37: L’attimo prima che Seleina vada in supporto a Kiki e Zalaia. Anche qui ha un fugace scambio di battute con Mu

(3) Stesso capitolo e momento della Nota 1


Insomma, ci avviciniamo alla fine. Se non altro, credo di aver sciolto la questione del triangolo tra Seleina e Zalaia o Mu. Adesso mi resta il meglio. Per chi legge, ci si ritrova qui, spero il prima possibile. Ce la metterò tutta. Ormai è un percorso, tortuoso si, ma che voglio finire... Spero

 

   
 
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