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Autore: AdhoMu    26/06/2020    4 recensioni
Romilda – Calamity Vane per gli amici - si è fatta conoscere per il suo piglio leggero e superficiale: ha fama di essere un po’ sciocchina e di innamorarsi spesso, soprattutto quando si tratta di avvenenti campioni di Quidditch.
Non tutti, però, la pensano così: Mechka (in bulgaro, “orso”), l’amico con cui Romilda trascorre le sue estati, la conosce come nessun altro e sa che la briosa Grifondoro, al contrario, possiede un’interiorità complessa e sensibile, occulta agli occhi dei più.
Queste pagine di Diario registrano momenti sparsi, disseminati nel corso dei sei anni durante i quali Romilda cresce e, con non poca fatica, forgia la propria personalità ed affina la sua visione dell’amore, anche grazie all’aiuto di un Mechka che, spesso, si trova fisicamente lontano ma che, anche se lei forse lo capirà un po’ tardi, le è sempre vicino.
Un Mechka che forse, a sua volta, non è ciò che sembra...
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Roger Davies, Romilda Vane, Viktor Krum
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Diario di una Groupie.
1996-1997

 


Krapets, Bulgaria, estate 1996
 
Quest’anno, per la prima volta da quando conosco Mechka e frequento la sua caletta segreta, arrivando vi ho trovato qualcun altro che non fosse lui.
Avevo appena doppiato il promontorio che separa il suo cantuccio dallo spiaggione di Krapets, impaziente di continuare le scorribande per sabbia e per mare inaugurate a inizio estate quando – la sua casetta dalle pareti foderate di ciottoli marini e conchiglie distava ancora un centinaio di metri -, con mia grande sorpresa, ho udito la sua voce bassa e pacata, inconfondibile, che contrappuntava con un’altra dal timbro soave e cristallino, inequivocabilmente femminile.
Inutile dire che ci sono rimasta di sasso; e così, senza pensarci troppo, mi sono appiattita fra gli arbusti e mi sono messa in ascolto.
Ora: nonostante le numerose estati trascorse in Bulgaria ammetto che, col fatto che Mechka parla (magari non benissimo, ma lo parla) l’inglese, io mi sono sempre approcciata con un certo (colpevole, lo so) lassismo alla lingua locale, della quale padroneggio sì e no una ristretta manciata di frasi masticate.
Cosicché, purtroppo, della conversazione in atto fra Mechka e la sua misteriosa interlocutrice ho afferrato poco, molto poco, e in maniera senz’altro disomogenea.
Riporto qui un resoconto approssimativo, tanto per darti un’idea della figuraccia che ho fatto.
«Questo posto è davvero incredibile» stava dicendo la tipa. Attraverso uno spiraglio fra le fronde riuscivo a cogliere il movimento ondoso della sua chioma serica, così chiara da sembrare fatta di crine di unicorno. «Ed eccezionalmente riservato, oltretutto. Non mi stupisco che non ti abbiano mai scovato, Yuri».
Yuri?!
Mechka si è stretto nelle spalle, ha sorriso e ha risposto qualcosa che non sono riuscita a capire.
«Parola mia: li stai facendo impazzire» ha continuato lei in tono scherzoso. «Non sanno più dove cercarti: sono ormai alla disperazione, rabbiosi come cani da punta che perdono l’usta di una preda ambita».
Lo ammetto: non riuscivo a capirci un purvincolo secco, ma l’idea di un Mechka nei panni del ricercato (che cosa avventurosa, da vero eroe romantico!) mi ha intrigata al punto da spingermi ad avvicinarmi ancora un pochino, per non perdere il minimo dettaglio. 
Chi diavolo erano questi fantomatici loro? E perché gli facevano la posta?
«Mi raccomanda, Clara» ha ribattuto Mechka, guardandosi intorno con fare guardingo. «Acqua in bocca, eh».
Oh.
«Ma certo, ci mancherebbe» ha subito convenuto lei. «Ho promesso sulla Bandiera, lo sai».
Eh?!
Mentre parlava, la ragazza (continuavo a vederne soltanto le spalle) gli si è avvicinata facendo ondeggiare i capelli di luna.
«Sono davvero contenta, Yuri, di potermi affidare a te» gli ha detto ancora mentre io, avida, tendevo le orecchie fino allo spasmo. «Del resto, ormai lo so più che bene, le tue mani hanno un tocco speciale; non potrei pensare di darla a nessun altro che non sia tu».
Dal mio anfratto ho visto che Mechka le si avvicinava a sua volta, tendendo le braccia verso di lei.
Oddio.
Caro Diario, non sapevo proprio che cosa fare. Ovviamente ero fuori strada, ma tu sai come sono: la mia fantasia, quando scioglie gli ormeggi, è assolutamente irrefrenabile. Insomma, senza troppi giri di parole: ci ho visto l’inciucio. Logico, no? E la cosa, lo ammetto, mi ha un po’ sconvolta (molto sconvolta, in realtà).
Al punto che, pervasa dall’agitazione più bieca, ho commesso un grave errore, aggrappandomi con imprudenza ad un ramo secco e del tutto incapace di sostenere il mio peso. Morale della favola: sono rotolata a terra con fragore, in un baccano assordante di rami spezzati, volatili in fuga, imprecazioni (mie) ed esclamazioni di sorpresa (loro).
«Rommi!?»
Mechka ha aggirato la bionda e mi ha raggiunta di corsa, afferrandomi poi una mano per tirarmi su ed affrettandosi a rimuovere le foglie e i rametti che mi si erano infilati fra i riccioli.
«Ehilà» ho pigolato io, sforzandomi di suonare disinvolta (probabilmente il mio colorito tendeva al viola, ma okay). «Delizioso pomeriggio, eh?...»
Imbarazzata, ho guardato prima Mechka e poi la ragazza - la quale, nel frattempo, si era girata dalla mia parte. La sua bellezza eterea mi ha lasciata letteralmente senza fiato (eppure tu lo sai, Diario Mio, che io prediligo i bei giovini!); ciononostante ho subito notato che, fra le dita sottili, reggeva il manico di una scopa da corsa dall’aspetto costosissimo.
«E così» ha sorriso costei, rivolgendosi a Mechka in bulgaro «questa è la famosa Rommi...» (famosa?) «Molto piacere» ha detto poi in un inglese fluido e aggraziato, avvicinandosi a noi per stringermi la mano. «Io sono Clara».
«Il piacere è tutto mio» ho borbottato io, cercando di darmi un tono.
Clara mi ha sorriso e ha fatto un cenno a Mechka, cui ha consegnato la scopa.
«Beh, direi che si è fatto tardi» gli ha detto, accingendosi a partire. «Te la lascio qui... mi auguro vivamente che troverai la soluzione: mi fido ciecamente, lo sai. Grazie mille in anticipo, e... » mi ha guardata di nuovo e ha estratto penna e quadernetto «ti lascio l’autografo, cara. Mi sei proprio simpatica!»
Un secondo prima di smaterializzarsi (operazione al termine della quale Mechka ha eseguito un misterioso e complicatissimo incantesimo del quale, francamente, mi è sfuggita la formula da tanto ero confusa), la bella mi ha piantato in mano un fogliettino con su scritto: “A Rommi con simpatia. Clara Ivanova”.
Clara Ivanova? ho pensato io. 
E chi diavolo è?!
 
«Quella Clara è proprio una gran bellezza, non è vero?» ho buttato lì a Mechka oggi pomeriggio, incapace di estirparmi dalla testa il tarlo che, nonostante l’equivoco parzialmente chiarito, mi assillava fin dal giorno del nostro triplice incontro.
In sottofondo, soffusa ma udibile, la voce dello speaker di Futuradio MF (MagiFrequenza 66.6), la stazione di cui siamo da anni affezionati e avidissimi ascoltatori (adoriamo scoprire in anteprima i successi musicali ancora a venire):
«Ed ecco a voi, carissimi utenti, direttamente dal 2001, i Cake, con Short Skirt and Long Jacket!...»
Mechka, intento a piallare con la punta della bacchetta (opportunamente trasformata in una piccola spatola) il manico della strepitosa Firebolt della Ivanova, si è interrotto e ha tirato su la testa.
«Molto pella, zi» ha grugnito, facendo spallucce.
«Aham» ho replicato io, caustica.
«E no potreppe ezzere altrhimenti» ha continuato lui, con un fare ovvio assolutamente fastidioso. «Del resto, lei è Veela... e loro, è kosì».
E ha ripreso il suo lavoro, come se niente fosse.
Non avrei voluto, Caro Diario, ma non ho potuto evitarlo: mi sono visibilmente accigliata.
«Già. Davvero impossibile non cadere ai suoi piedi, eh, Yuri?...» ho sillabato, in un tono un po’ troppo mordace.
Lui si è interrotto di nuovo.
«Yuri è soprannome russo» mi ha spiegato, con infinita pazienza. «Amici mi kiama kosì, perkè mio zecondo nome è Georgi, e perkè nukleo di mia bakketta è: fibra di drakon».
«Oh».
Mica le sapevo, tutte queste cose.
«E comunqve, no» ha continuato Mechka, serio «Veela no ha effecto, su me». Ha sollevato la massiccia bacchetta di carpine per farmela vedere meglio. «Primo, quattro anni fa, Signore Gregorovitch ha fatto infuso di crine di Veela su lei. Secondo: Clara esce con Vulchanov. Amichizia è sakra. E terzo» ha concluso guardandomi fissa un secondo di troppo, per poi rimettersi a limare la scopa «Clara no è mio tipo. Preferisco altro ghenere, zi».
Mi sono leggermente imporporata, ma ho subito recuperato il raziocinio.
Ah, già. Il tipo Hermione Granger.
Ma porca di quella pup...
La voce di Mechka ha interrotto la risacca montante dei miei pensieri pericolosamente tendenti al truce.
«Finito» ha annunciato, sollevando soddisfatto la scopa della Ivanova. «Lo foghliamo profare, qvesto cioiellino?»
Ah, Diario Caro.
Si salvi chi può!
«Ad una condizione» gli ho risposto, cauta. «Che, per il bene comune, lasci guidare me».
Non volevo assolutamente offenderlo, ma che diamine, siamo entrambi troppo giovani per morire schiantati al suolo, dico bene?
Mechka non se l’è presa assolutamente.
Ha ridacchiato piano, questo è vero, ma poi, con un gesto da gran signore, ha ordinato Zu! , mi ha fatto cenno di precederlo sulla scopa che già si librava leggera a un metro da terra e mi ha detto:
«Dopo te, pella».
 
Questa cosa la sanno in pochi, ma è un dato di fatto - e Madama Bumb me l'ha ripetuto spesso: io, a cavallo delle scope, non me la cavo affatto male. Non tanto da ambire ad un posto in squadra, certo, ma poco male: in fondo, ho sempre anteposto le tribune al campo, forse perché io, i giocatori di Quidditch, ho sempre preferito potermeli guardare (e gustare) con calma, piuttosto che giocarci assieme.
Va beh.
Tutto questo per dire che, al proporre a Mechka di guidare la scopa, avevo la precisa intenzione di pavoneggiarmi un po', mostrandogli qualcosa in cui pos magari non posso definirmi brava, ma almeno bravina - oltre al fatto, chiaramente, di non essere così temeraria da permettere a lui di governare il manico.
Così, con studiata nonchalance e senza preoccuparmi troppo della gonnellina del prendisole, sono saltata a cavallo della scopa. Mechka, un'espressione indefinibile dipinta sul volto olivastro, ha raccattato la radiolina dal suo ripiano, se l'è messa in tasca e si è accomodato dietro di me, molto vicino, accostando le cosce alle mie. Con una mano mi ha spostato delicatamente i capelli, sistemandomeli tutti sulla spalla sinistra (per evitare di mangiarseli durante il volo, immagino io); e poi, facendomi sussultare leggermente, mi ha fatto scivolare le braccia attorno ai fianchi, andando ad allacciare le dita all'altezza del mio ombelico.
Merlino Benedetto! 
Che cosa te lo dico a fare, Caro Diario? 
Questo suo gesto, ancorché perfettamente comprensibile in vista dell'imminente decollo, mi ha fatta sudare freddo. Perché fra me e Mechka, nonostante i lunghi anni di conoscenza reciproca, il contatto fisico superiore alla stretta di mano per aiutarsi reciprocamente a fare qualcosa (scendere dalla barca, risalire il promontorio) è sempre stato una specie di tabù - infranto, come ben sai, una sola ed unica volta. E quindi, insomma, sentirlo così vicino, col torace snello ma tonico accostato alla mia schiena e il mento a sfiorare la mia spalle destra coperta solo dalla sottile spallina del prendisole mi ha... sconvolta.
Letteralmente.
E così, mentre lo speaker di Futuradio annunciava a gran voce il prossimo successo ("Ed ora ecco a voi Beck, con Dreams, una hit del 2015!") e Mechka, chinandosi in avanti, affiancava la sua guancia ruvida alla mia gettandomi nel panico più nero, io non ho trovato nulla di meglio da fare se non puntare i piedi a terra e imprimere alla scopa una spinta che definire "vigorosa" è un eufemismo di delicatezza rara.
«Pronti, partenz... aaaaaaaahhhhhhhhhh!!!!!!»
Che figura barbina, tanto per cambiare.
Perché, accidenti a me, ho scoperto una cosa che avrei dovuto sospettare: e cioè che, definitivamente, una Firebolt NON È una Scopalinda Sette.
L'accelerazione è stata a dir poco spaventosa; credo proprio che, se il corpo di Mechka non si fosse trovato dietro al mio e non avesse frenato la mia caduta, probabilmente sarei capitombolata malamente all'indietro in una serie di salti acrobatici dalla scarsa armonia, e mi sarei spiaccicata al suolo. 
Mentre salivamo a velocità inaudita mi sono accorta che il petto di Mechka, al quale la mia schiena si trovava ancora strettamente incollata, sussultava su e giù perché lui, in preda ad un inedito ed irrefrenabile attacco di sguaiata ilarità, stava ridendo a crepapelle, ma proprio fino alle lacrime, come se non ci fosse un domani.
Non la smetteva più.
«Santo Vasiliî» ha mugugnato dopo svariati minuti ed altrettanti tentativi di tornare serio (credo che, ormai, avessimo raggiunto la ionosfera o giù di lì). «Lascia me farhe, Rommi».
Si è chinato ancora un pochino, spingendomi in avanti, e con le mani ha afferrato il manico della scopa che, subito, ha abbandonato la curva esponenziale per portarsi in una più confortevole posizione orizzontale.
«Prafa pampina» l'ha vezzeggiata Mechka, facendola decelerare. La scopa ha eseguito, docile. Solo a quel punto mi sono azzardata ad aprire gli occhi, del tutto impreparata alla vista superba che mi si parava davanti. Il cielo e il mare, striati di arancione, mi sono parsi immensi, fusi insieme in uno splendido connubio di cirri e di onde senza soluzione di continuità.
Ruotando leggermente il capo ho sbirciato il profilo tagliente di Mechka che si stagliava contro il cielo infuocato.
E siccome, per una volta, non ho trovato nulla da dire, me ne sono stata zitta e mi sono rigirata in avanti, per godermi la bellezza del paesaggio e l'alito fresco della brezza del tramonto.
In perfetto silenzio Mechka ha continuato a condurre la scopa, facendola librare fra le correnti ascensionali e zigzagare lentamente fra le nuvole. E mentre io, meravigliata e un po' frastornata, mi domandavo da dove diavolo provenisse la sua inspiegabile (quanto stupefacente) dimistichezza con quel tipo di pratica, l'ho sentito staccare le mani dal manico e farle scivolare verso l'alto per stringermi in un abbraccio solido come acciaio.
«Qvesto kielo. Piace te, Rommi?» mi ha chiesto, posando con delicatezza il mento sulla mia spalla.
«È... bellissimo. Davvero bellissimo, Mechka» ho mormorato, accostando istintivamente la guancia alla sua.
Lui ha avvicinato il naso al mio orecchio.
«Fieni qva, pella» mi ha detto soltanto, imprimendo una leggera pressione sul mio busto per farmi girare di nuovo dalla sua parte. Facendo bene attenzione a non cadere (ma non ho avuto paura, neppure per un secondo: sapevo che Mechka non avrebbe mai permesso che mi facessi del male) ho scavallato la gamba per sedermi 'all'amazzone'; e poi, respirando profondamente, l'ho guardato dritto dritto in quei suoi occhi scuri e severi da falco.
Un secondo dopo le sue labbra si trovavano sulle mie; le sue dita callose intrecciate ai miei riccioli scuri; le sue braccia solide a stringermi a sé; il respiro affannoso mescolato al mio. Ed io ho accarezzato il suo viso ruvido, la sua nuca vellutata laddove i capelli tagliati corti si fanno morbidi come piumino, la sua schiena magra, i fianchi snelli.
«Riportami giù» l'ho pregato in un sospiro. Mechka si è mosso appena, e la Firebolt ha obbedito. Poco dopo eravamo di nuovo a terra, più avvinghiati di prima.
"È oggi, Morgana cara" ho pensato, abbandonandomi languidamente al tocco sublime delle sue labbra sulla pelle indifesa e sensibile del collo. "Oggi, finalmente, succede quella cosa".
E... beh, sarò sincera: non saprei spiegartene il perché, ma il pensiero che quella cosa sarebbe successa proprio con lui mi ha subitaneamente riempita di commozione, di gratitudine e di gioia.
 
Se non che...
Ah, Godric santo. Niente di fatto, ovviamente; e ti pareva?
Che disperazione, che frustrazione, miseria nera! E dire che probabilmente, conoscendo il soggetto, avrei dovuto aspettarmelo. Perché Mechka non è... va beh. Ci siamo capiti.
Ma che ci sperassi, che lo volessi, con tutta me stessa, è assolutamente indubbio.
Dico solo che quando, ad un certo punto, gli ho infilato le mani sotto la camicia per accarezzargli piano la pelle del torace e dell'addome (e oh, Gesù Bambino dei Babbani, quanta grazia sotto ai miei polpastrelli deliziati!), l'ho sentito irrigidirsi di colpo e ringhiare un'imprecazione in bulgaro, incomprensibile ma inequivocabile. E quando ho accennato a far scivolare il primo bottone fuori dall'asola... basta, Mechka si è staccato da me e mi ha afferrato i polsi per tenermeli fermi.
«No, Rommi» ha ansimato. «No».
«Ma... ma perché?» gli ho chiesto, un po' confusa.
Lui ha teso una mano per spostarmi i capelli dal viso, inspirando fondo per regolarizzare il respiro.
«Perké... no è ciusto».
«Ma perché?!» 
«Troppo presto, non voghlio che...»
«Ma che cosa caspita dici!?» ho urlato, costernata e ferita. «Compirò sedici anni a dicembre!»
Lui mi ha rivolto un sorriso ovvio, che mi ha mandata su tutte le furie.
«Apunto».
«Tu... tu non mi vuoi bene!» l’ho accusato, col labbro tremulo.
«Al contrario» mi ha corretta lui, cupo. «È propio perké ti volio be...»
L’ho zittito con un gestaccio.
Che cosa ti devo dire, Caro Diario? Ci sono rimasta... malissimo.
Fortunatamente, però, io sono un tipo reattivo. E così, per una volta, mi sono risparmiata la scenata da mocciosetta.
«Aspettami qui» ho sibilato al suo indirizzo con tutta l'ironia che sono stata in grado di raccimolare. «Vado a prendere le formine, così, da bravi bambini, giochiamo un po' con la sabbia».
 
Ho deciso che sparirò per il resto della settimana e che mi accomiaterò via gufo. Che se ne stia là da solo nel suo brodo, quell'orso ingrato.
 
Hogwarts, anno scolastico 1996-1997
 
Tempo fa, voci di corridoio affermavano che il percorso formativo di Durmstrang includeva l’insegnamento delle Arti Oscure.
Ecco: io, per anni, questa cosa l’ho sempre considerata una panzana grande così; una sorta di leggenda metropolitana del Mondo Magico, insomma.
Ora, invece, posso dire di aver cambiato radicalmente idea. Non solo, infatti, ritengo che ciò realmente accada, ma anzi: lo so per certo. Ne ho le prove.
Parlo per esperienza personale, sulla base di quanto vivo sulla mia stessa pelle dalla scorsa estate; da quando, cioè, Mechka mi ha apposto un implacabile incantesimo oscuro che, nonostante tutti i miei strenui tentativi di resistenza, mi impedisce di smettere di pensare a lui.
 
Ho cercato di distrarmi, Caro Diario.
Ci ho provato davvero.
Ho cominciato a dare, lettaralmente, la caccia ai ragazzi della scuola; ne ho baciati a decine, più o meno consenzienti, con risultati variabili e talvolta sorprendenti (6 meno meno a Blaise Zabini, tutto fumo e niente ciccia; 9 pieno a Colin Canon, un vero e proprio kiss revelation; un onesto 8 a Finnigan, buona tecnica ma un po’ esitante; e così via).
Niente da fare.
Disperata, le retine mentali stazionarie sul profilo aquilino di Mechka, ho pensato bene di ricorrere all’artiglieria pesante.
“Qua ce ne vuole uno che estrapoli l’ordinario”, mi sono detta.
E lo sguardo mi è caduto su Harry Potter, il Ragazzo Che É Sopravvissuto.
Niente male davvero, anche se forse, a mio parere, un po’ insipido, checché ne dica la Weasley che, fin da quando abbiamo messo piede qui ad Hogwarts, ne tesse le lodi in un’ininterrotta serie di manfrine senza capo né coda - con una piccola pausa ora che è impegnata ad inciuciarsi con Dean Thomas (per rispetto a lei, ho evitato di includerlo nella mia test list).
Per tutta una serie di equivoci, comunque, il tentativo di accaparrarmi Potter non è andato... molto bene, diciamo.
Per mia grande sfortuna, infatti, i cioccolatini battezzati all’Amortentia sono finiti prima nelle mani e poi nell’incavo orale della persona sbagliata; e pare anche che quell'ingordo di Weasley VI abbia fatto indigestione, o una cosa così, e se la sia vista assai brutta.
Inutile dire che, a cose ormai fatte, quella pittimina della Granger abbia voluto togliersi la soddisfazione di venirmi a fare la morale (perché guai a chi glieli tocca, i suoi due amichetti del cuore).
«Ma sei impazzita, Vane?» mi ha apostrofata, sigillandosi alle spalle la porta del dormitorio del quinto anno. «La vuoi smettere, una buona volta, di fare la cretina?!»
Il ricordo delle parole pronunciate da Mechka al suo indirizzo mi ha fatto salire il sangue al cervello.
«Vedi di non rompermi le palle, Hermione, o non rispondo di me» ho ringhiato, estraendo la bacchetta. «E vedi di farti gli affari tuoi, razza di perfettina ipocrita che non sei altro!»
Lei mi ha guardata stranita.
«Hai avuto un ragazzo d’oro ai tuoi piedi, ma tu gli hai preferito il Grande Campione» ho inveito, inviperita. «Già: proprio come tutte le altre, me compresa, cui ti senti sempre così tremendamente superiore!»
Lei è rimasta ferma e zitta per una manciata di secondi; poi, guardandomi con una certa pena, ha mormorato:
«Okay. Sapevo che la cosa era grave, ma non immaginavo lo fosse fino a questo punto».
E senza aggiungere altro, ha lasciato la stanza.
Con un diavolo per capello ho deciso allora di giocarmi la mia ultima carta e, per l'ennesima volta, ho afferrato carta  e penna.
"Ho bisogno del tuo aiuto" ho scritto in fretta e furia ad una mia vecchia conoscenza.
 
Che dire?
Il Corso di Seduzione Accelerata che Roger Davies ha acconsentito a darmi durante l'ultimo weekend libero ad Hogsmeade è stato quantomeno illuminante.
«Del resto te ne devo una, bella mia» mi ha sorriso, vedendomi arrivare. «Spara: qual è l'inghippo?»
Io ho subito vuotato il sacco.
Roger assentiva concentrato mentre gli raccontavo tutto; e quando gli ho riferito che Mechka è immune al fascino delle Veela, ha fatto tanto d'occhi  ed ha emesso un fischio di ammirazione.
«Caramba! Davvero?» ha commentato, grattandosi  il mento. «Qui abbiamo un duro di prim'ordine, non c'è che dire!»
Io ho annuito, un po' scoraggiata.
«Ma sai cosa ti dico, chica?» ha subito esclamato lui, con il consueto entusiasmo. «Io adoro le sfide. E dunque, ti chiedo: sei pronta per apprendere i Sei Passi Infallibili per Sedurre un Mago?»
«Credevo fossero dodici, i passi» ho osservato io, stupita.
Roger ha riso e ha tirato su le mani, come per scusarsi.
«Quello è per le streghe. Suvvia, Vane. Per conquistare un uomo ci vuole, in media, meno della metà dello sforzo. Lo sanno tutti, dai».
 
Krapets, Bulgaria, estate 1997 (I° parte)
 
La mia personalissima battuta di Caccia all'Orso è cominciata non appena ho rimesso piede in Bulgaria, poche ore fa.
"Regola Numero 1, Vane. Valorizza i tuoi punti forti. Che, secondo il mio modesto e infallibile parere, sono gambe e capelli".
Forte dei consigli di Roger ho quindi passato l'argan per domare i riccioli, ho indossato una vestina comprata sotto sua scrupolosa supervisione presso la rivendita segreta di Madama Rosmerta e, già che c'ero, ho laccato di rosso tutte le unghie disponibili, eccezion fatta per l'indice della mano destra, che ho smaltato in verde per creare il perfetto contrasto bulgaro ("Regola Numero 2: adulalo, ma con astuzia e sottigliezza").
Così combinata, mi sono avviata verso la caletta in cerca di Mechka.
"Mi raccomando: la regola Numero 4 è importantissima."
"Sarebbe?"
"Tienilo sulle spine".
"Ma non era la 3, questa?"
"Sì, ma è che è importantissima, te l'ho detto. Tanto importante che, in effetti, si ripete tale e quale anche al punto 5".
"Ah... va bene, allora".
"Ottimo. E non dimenticare, mi raccomando, la Numero 6".
"Che è...?"
"Cucinalo a fuoco lento. In nuce: fallo ammattire senza che se ne renda conto. In men che non si dica lo avrai in pugno, vedrai".
Quando mi ha vista arrivare Mechka mi ha rivolto uno sguardo duro, rimproverandomi tacitamente per le lettere non risposte; io però, con intima soddisfazione, non ho potuto fare a meno di notare una sua rapida deviazione corneale verso il basso.
Ignorando il suo cipiglio l'ho quindi raggiunto per salutarlo con un bacio sulla guancia, breve ma umido il giusto, oltreché sufficiente per sfiorargli il viso coi capelli profumati.
Al mio tocco, mi è parso di sentirlo fremere leggermente.
E la partita è cominciata.
 
 
Ah, Caro Diario.
Caro, Caro Diario.
Le cose, qui, sono evolute in fretta; non sono praticamente riuscita a scriverti una riga, ed ora, a cose fatte, devo proprio dire che... ma lascia che ti racconti con calma, su.
Nei giorni che hanno seguito il mio arrivo ho scrupolosamente mantenuto la stessa condotta, alternando con attenzione e sagacia ("Il timing è tutto, Vane!") momenti di riserbo a piccole provocazioni, buttate lì mascherandole da quisquilie apparentemente non volute ma assolutamente preterintenzionali.
A me, sinceramente, sembrava che il piano stesse funzionando; lo capivo da come Mechka mi fissava,  nonché dai suoi tentativi maldestri di mantenere le distanze puntualmente smentiti dal suo accostarmisi ogni tre per due, sempre per motivi assolutamente banali e secondo modalità che, per i suoi parametri, potrei definire piuttosto ravvicinate. Io gli ho dato corda, ma solo fino ad un certo punto, ingegnandomi, il più delle volte, a sgusciargli fra le dita all'ultimo momento, proprio come farebbe un Boccino fuggiasco che si sottrae alla presa di un Cercatore.
Ora: quello che avrei dovuto capire, ovviamente, è che Mechka non è Roger Davies e che, pertanto, un piano elaborato da quest'ultimo presentava fin dall'inizio grandi possibilità di fallimento.
Il che, in un certo senso, è di fatto avvenuto - anche se, in effetti, solo per metà. Una sorta di pareggio, insomma.
Perché dai, Mechka può anche giurare e spergiurare  che lui nooo, certe cose non se le fila neanche di striscio, ma è innegabile che una minigonna ben piazzata fa sempre la sua porca figura, checché lui ne dica (Parola di Davies, Libro I, versetto 2).
 
Sta di fatto, comunque, che ieri pomeriggio l'ho trovato piuttosto irrequieto, il che mi ha fatta supporre che, ormai, fosse cotto a puntino.
E così quando, sul far della sera, Mechka è rientrato in casa per prendere i vasetti in cui inserire le lucciole, io l'ho seguito di soppiatto, mi sono intrufolata oltre l'uscio e, con un salto ed una scrollata di capelli, mi sono seduta sul ripiano della scrivania.
Indi, ho accavallato le gambe e gli ho rivolto un sorriso (credo) parecchio allusivo.
E lui... mi  ha impietosamente freddata. 
«Fogliamo zmetterhla, Rommi» ha bofonchiato, cupo «con qvesta pantomima di 'femme fatale'? Tu no è kosì».
L'ho guardato a bocca aperta, imporporandomi all'istante; da un secondo all'altro mi sono sentita sciocca ai limiti del tollerabile, tutta convinta di stare agendo in modo impeccabile e astuto; e ciò, chiaramente, mi ha fatta infuriare.
«Io ti giuro, Mechka, o Yuri, o come diavolo preferisci che ti chiamino» l'ho minacciato allora, imbufalita «che, se ti azzardi a respingermi di nuovo, io ti affatturo  con la  mia stessa bacchetta!»
Lui mi ha guardata fissa per un secondo. Poi si è girato come una furia, ha chiuso di scatto la porta e mi ha raggiunta in due falcate.
«Zi da il caso» mi ha detto, stringendo appena gli occhi in un lampo di luce scura «che io no ha minima intentione di rhezpincere nessuno, perké qvesta è Rommi ke voghlio».
Bizzosa, melodrammatica  e spontanea, insomma. Al naturale. E con, all'attivo, quei quasi diciassette anni che fanno la differenza.
Tanta fatica per nulla, ohibò!...
Me lo sono ritrovato addosso in men che non si dica, con la forza di una folata di vento impetuosa; e se il tocco delle sue mani mi ha fatto ardere la pelle, quello delle sue labbra ha innescato il delirio.
Ecco: per riserbo, non mi dilungherò in descrizioni troppo dettagliate; sappi solo, Caro Diario, che il ricordo di quanto è avvenuto in seguito mi accende le viscere al solo pensiero.
Le mani di Mechka hanno lunghe dita, un po' callose ma agili e delicate come ali d'uccello. Dita che mi si sono annidate fra i riccioli, strattonandoli piano; dita che mi si sono insinuante sotto le spalline del vestito, facendomelo scivolare a terra; dita che mi hanno accarezzata, facendomi fremere di desiderio e piacere; dita che, ad un certo punto, sono scese oltre l'elastico delle mie ardite mutandine (rosse: e questo dettaglio, però, lo ha apprezzato, eccome se lo ha apprezzato, il puro di cuore) in cerca di qualcosa - e quando questo misterioso qualcosa è stato trovato, io ho visto le stelle e ho soffocato a stento un urlo.
«Rommi» ha ansimato Mechka sulle mie labbra «io ti defo... defo dire te, kosa molto importante...»
L'idea di starlo  ad ascoltare non mi è passata neppure per l'anticamera del cervello. 
«Non adesso» ho decretato, volitiva, tappandogli la bocca con la mia - e, beh: l'aver baciato, nell'ultimo anno, decine e decine di ragazzi deve aver proprio giocato a mio favore perché, nel giro di un minuto, Mechka è definitivamente capitolato. Imperterrita e impertinente, gli ho letteralmente strappato di dosso quel poco che ancora lo celava al mio sguardo; e un'unica occhiata, nonostante tutta la mia imbarazzante inesperienza, mi ha rivelato un corpo maschile più che pronto e desideroso di proseguire - e al diavolo l'arte della buona conversazione.
Mi sono adagiata sulla scrivania e me lo sono trascinato addosso, beandomi del contatto con la sua pelle calda e del tocco morbido ed impetuoso dei suoi baci.
E quello che è avvenuto dopo... ah, quello è stato anche meglio.
 
 
 
Note generali.
Clara Ivanova è una Cacciatrice bulgara, unica strega della squadra, presente alla finale del 1994. Vulchanov è, invece, uno dei due Battitori. Da quanto sappiamo, Viktor e Hermione si scrivono, da buoni amici, quindi presumo che lei sia, a grandi linee, al corrente della situazione. Per quanto riguarda l’aspetto fisico del nostro Mechka, lungi dal disdegnare l'attore scelto per interpretarlo nei film, devo dire che io lo immagino più come è descritto nei libri, e cioè alto e, nonostante la sua forza, piuttosto magro, con la pelle olivastra e il naso aqulino (ereditato, se non sbaglio, dal padre).
 
Note sulla storia.
Okay, lo ammetto... mi sono lasciata prendere la mano - o, come dice Mau, mi è scattato il rating, anche se poi, con molto sforzo, sono riuscita a mantenerlo piuttosto basso (credo). Come spesso accade, in fase di revisione ho aggiunto un po' di dettagli che hanno allungato il brodo, e così ho deciso di spezzare in due parti l'estate 1997 per non sforare le 10 pagine. Almeno gli lascio un po' di gioia, ai due fringuelli... anche perché (spoiler), in breve, una certa verità verrà a galla (Viktor ci ha pure provato, a confessare, ma non era proprio il momento) e ci sarà un bel po' di trambusto.
Grazie di cuore a chi persevera nella lettura!
   
 
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