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Autore: _justabibliophile_    29/06/2020    3 recensioni
Tra poco probabilmente il Sole sorgerà di nuovo e tu forse aprirai gli occhi, sbattendo le palpebre un sacco di volte e cercando a tentoni gli occhiali sul tuo comodino, occhiali che non troverai perché come sempre io te li avrò nascosti in un posto troppo lontano per la tua mente ancora annebbiata dal sonno.
Ma io non sono così sicuro di voler restare qui quando ti sveglierai. [...]
Perché quella che ti hanno fatto, James, è Magia Oscura. E se pensavo che questa guerra l'avremmo combattuta fianco a fianco, andando allo sbando come nostro solito e senza un piano ben preciso a cui attenerci, ora devo arrendermi di fronte alla consapevolezza di non esserne più così sicuro. Perché se credevo che ormai non potessi più provare sulla mia pelle il dolore dell'abbandono, del tradimento, dell'assenza di chi ero convinto non se ne sarebbe andato mai, oggi devo gettare la spugna e rendermi conto che non esiste più nemmeno questa certezza.
Perché il Sole sorgerà di nuovo, l'alba rischiarerà un'ennesima giornata e tu aprirai gli occhi.
Ma di te, di lei, di noi, tu non ricorderai più nulla.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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James.

C'è qualcosa, nel buio, che ha l'inusuale potere di lasciarmi interdetto.

Non so spiegare questa sensazione, ma è come se i due emisferi del mio cervello si fossero all'improvviso dichiarati guerra con una ferocia spiazzante, cominciando per l'appunto a discutere sull'effetto che l'oscurità deve avere su di me.

Percepisco una porzione chiaramente più in superficie, che si attiva nel momento in cui poso lo sguardo sulle alte vetrate della mia nuova Sala Comune, sui divani nerissimi e sulle luci verdastre che non illuminano un accidenti, ma che anzi contribuiscono ad aumentare le ombre che si spargono per la stanza. Ecco, questa porzione sembra volermi urlare a gran voce che, finalmente, sono arrivato nel posto giusto per me.

Ma poi c'è qualcos'altro, qualcosa di più interno e profondo, che pare corrodermi da dentro e cerca di suggerirmi che manca qualche dettaglio. Qualcosa come la luce, come le fiamme che tremulano nel camino, come i colori accesi che sanno infondere sicurezza con la loro semplice vivacità. E lo so che questi ultimi particolari erano propri della Torre Grifondoro, lo so benissimo, dunque non posso che convincermi del fatto che sto solo cercando di abituarmi ad una situazione così nuova. È normale, almeno all'inizio, sentirsi spaesato e disorientato quando si piomba all'improvviso in un luogo che dovrà diventare la mia seconda casa.

«Mica male, no?»

Nicholas Avery sorride soddisfatto e allarga le braccia, facendo un giro su se stesso e lasciandosi cadere sul primo divano che scorge al centro della stanza. Gli basta una sola occhiata e all'istante i ragazzini del secondo anno che prima erano là seduti si alzano, cedendogli il posto senza protestare.

«È bella.» commento, facendo vagare lo sguardo sui serpenti intarsiati su ogni colonna della Sala Comune e cercando di ignorare le decine di pupille sconcertate fisse su di me. «È un peccato essere arrivato solo adesso.»

«Siamo ancora a febbraio, hai molti mesi di tempo per familiarizzare con questo posto.» Mi rivolge un ennesimo sorriso compiaciuto, sbattendo una mano sul divano accanto a lui. «Vieni a sederti, era da tanto che aspettavamo di averti qui tra noi.»

Annuisco piano, assecondandolo e registrando mentalmente il fatto che il plurale da lui usato non sembri rispecchiare propriamente la realtà.

Da quando mi sono seduto al tavolo Serpeverde su richiesta di Nicholas, quest'ultimo sembra essere stato certamente il più impaziente di avere tutte le attenzioni del sottoscritto catalizzate su di sé. Mi ha guardato per tutto il tempo con un'ammirazione ai limiti del reale, parlando e spiegandomi quello che c'era da sapere sulla mia nuova Casa esattamente come se si fosse autoproclamato mia guida personale.

È stata piuttosto inusuale questa accoglienza così calorosa perché, sebbene abbia scelto io stesso di essere spostato tra i Serpeverde, è logico che almeno all'inizio ci sia un po' di scetticismo da parte loro. Ma Nicholas non mi ha fatto sentire un estraneo, mi ha anzi accolto a braccia aperte come se fossi sempre stato parte integrante del suo gruppo ed è una cosa per cui, nonostante i suoi modi così plateali ed esageratamente cordiali, non posso che essergli grato.

La parte sconcertante, comunque, è stata la presentazione dei suoi amici.

C'è quello che non ha molto la faccia da sveglio, Damian Mulciber o qualcosa del genere, un ragazzo del settimo anno dotato di una massa muscolare non indifferente, che compensa certamente quella carenza di materia grigia manifestata dal fatto che paia saper comunicare solo mediante grugniti. E questo è un vero problema, perché mi è alquanto difficile capire se i suoni incomprensibili da lui emessi vogliano esprimere assenso o diniego, ma Avery ed Evan Rosier - settimo anno, indole particolarmente violenta e una costante smorfia infastidita stampata sulle labbra - sembrano essere abbastanza abili a interpretarli e dunque credo sia solo questione di pratica.

C'è Simon Wilkes, sesto anno, un ragazzo mingherlino dai tratti spigolosi che se ne sta zitto per la maggior parte del tempo, ma che quando parla ha l'incredibile potere di catalizzare tutta l'attenzione su di sé. Dicono che giri sempre con Regulus Black, il ragazzo che forse tra tutti è quello che più si avvicina al mio carattere: ha insistito nel sedersi accanto a me non appena sono arrivato in mezzo a loro, parlando in maniera cordiale e fissandomi con i suoi occhi grigi incredibilmente taglienti. È quasi assurdo credere che sia proprio lui il fratello di Sirius, ma è proprio questa netta differenza che c'è tra loro due a rendermi Regulus incredibilmente simpatico.

E poi c'è l'ultimo del gruppo, Severus Piton, che rappresenta invece un enigma che temo non riuscirò mai a risolvere. Perché a primo impatto potrebbe sembrare incredibilmente innocuo, questo è innegabile: se ne stava lì immobile, la bocca sottile che a stento si apriva quando doveva parlare - lasciando soltanto che le parole scivolassero dalle sue labbra per miracolo - i capelli nerissimi a coprirgli quegli occhi altrettanto scuri e il naso adunco che quasi sembrava sfiorare il tavolo, talmente era ricurvo su se stesso.

Ma c'è comunque qualcosa, nel modo in cui mi guarda, che mi fa sentire dannatamente strano.

È che non mi piace azzardare ipotesi circa i sentimenti delle altre persone, perché non sono empatico abbastanza e non ho la presunzione di dire che tutto mi è chiaro fin da subito, quando naturalmente non lo è. Ma quello che le sue pupille emanano ogni volta che quasi per sbaglio incrociano le mie, non posso che definirlo usando la parola odio. Non astio, non antipatia, non semplice ostilità o avversione: è un odio intenso, che sembra irradiarsi da un punto imprecisato del suo corpo e colpirmi proprio lì, in pieno petto, come se il suo mero intento fosse quello di trasmettermelo e con esso ferirmi.

«Sono contento di essere arrivato qui, comunque.» aggiungo all'improvviso, appoggiando un gomito sul bracciolo del divano. «La McGranitt non ha fatto troppe storie e persino Lumacorno sembrava contento della cosa.»

«È logico che lo sia, James. Te la cavi in ogni materia, hai la possibilità di far guadagnare un sacco di punti alla nostra Casa.»

«E sei anche bravo a giocare a Quidditch. Abbiamo praticamente il pacchetto completo.» mormora Simon, accennando persino un minuscolo sorriso.

«Per questo lo prenderemo in squadra, vero Reg?» chiede Mulciber, ridendo sguaiatamente e inclinando la testa verso di me.

«Sei tu il Capitano, giusto?»

Regulus annuisce alla mia domanda, sedendosi sulla poltrona accanto al sottoscritto e guardandomi dritto negli occhi.

«Capitano e Cercatore, sì. Non ho problemi a lasciarti il posto, comunque.» asserisce con una scrollata di spalle che, in qualche modo che ignoro del tutto, mi sembra di conoscere come le mie tasche. «Me la cavo anche come Cacciatore e tutti noi non vediamo l'ora di buttare fuori Selwyn con un pretesto, quindi sarebbe la cosa più giusta da fare.»

«Sono più le Pluffe che perde rispetto a quelle che manda negli anelli.» gli dà man forte Nicholas, scuotendo la testa con disappunto.

«Nemmeno tu hai tanta voce in capitolo, Nick. Ti devo ricordare di quando eravamo sul cinquanta a zero per Corvonero, a novembre?»

«Cosa vuoi che ti dica? Pioveva, la Pluffa era dannatamente scivolosa. E tu occupati dei tuoi Bolidi, razza di idiota.»

«Non posso giocare in squadra.» li interrompo con un sospiro, passandomi una mano tra i capelli e sperando che il mio intervento basti a bloccare la loro discussione sul nascere. «Era uno dei compromessi stabiliti dalla McGranitt, dovevo accettare se davvero volevo passare a Serpeverde.»

«Stai scherzando?» mi chiede Nicholas, spalancando la bocca e puntellandosi sui gomiti per guardarmi in faccia.

Scuoto la testa, alzando le spalle. «Ho dovuto acconsentire per forza. Mi ha comunque concesso di allenarmi con voi e questo è già qualcosa.»

«Splendido, così magari potrai darci anche qualche dritta.» aggiunge Mulciber, dando una pacca particolarmente forte sulla spalla del ragazzo accanto a me. «Il nostro piccolo Regulus non è ancora capace di fare una Finta Wronski degna del suo nome.»

Seguono qualche risata e una dose consistente di prese in giro, durante le quali Regulus non fa che sbuffare e incrociare le braccia al petto, sfoderando un cipiglio offeso che mi fa sorridere. C'è qualcosa in lui che mi intenerisce davvero, come se lo conoscessi da una vita intera e mi sentissi quasi in dovere di proteggerlo, di prenderlo sotto la mia ala come se fossi il suo fratello maggiore.

Ma poi i miei occhi si spostano ancora una volta esattamente di fronte a me, là dove trovo ad attendermi uno sguardo raggelante e un mezzo sorriso che di ilare non ha nemmeno l'ombra.

«Immagino che questa sia una vera tortura per te, Potter.» scandisce Piton, senza smettere di guardarmi in faccia e facendo tornare il silenzio. «Intendo il fatto di non poter dare sfogo al tuo bisogno di pavoneggiarti non appena ne hai l'occasione.»

E non è solo il fatto che nessuno, in questa stanza, sembri fiatare. È che tutti gli sguardi sono ora fissi su di noi in un modo che va al di là dello scetticismo iniziale che mi seguiva dappertutto, perché quello che leggo negli occhi di Piton è puro disgusto e chiunque, adesso, pare trattenere il fiato come se si aspettasse il peggio. Non so perché debbano temere una reazione avventata da parte mia, così come non so perché questo ragazzo abbia un tale senso di ripugnanza nei miei confronti, quasi fosse faticoso per lui persino respirare la mia stessa aria.

«Severus.» lo ammonisce Avery, lanciandogli uno sguardo di fuoco.

«Non capisco cosa intendi.» ribatto invece io, raddrizzandomi sul divano e assottigliando gli occhi.

Non ho davvero niente contro Piton, ma se pensa di poter usare queste frasi d'effetto con me è perché non mi conosce per niente. E nemmeno io conosco lui, per inciso, motivo per cui non mi passa nemmeno per la testa di cominciare a usare questo tono indisponente e guardarlo come se fosse l'insetto più insulso sulla faccia della Terra.

«Voglio dire, sarà tremendamente difficile per uno come te frenare l'impulso di acciuffare il Boccino come se ne dipendesse della sua stessa vita.» continua Piton, la vena beffarda nel suo tono di voce che si fa sempre più marcata. «Perderai punti nella scala di gradimento di Hogwarts, probabilmente. Ma non preoccuparti: anche gli eroi, prima o poi, devono affrontare le prime sconfitte della loro vita.»

Sto per ribattere e dire che tutto ciò non ha alcun senso, perché io ero  Cercatore e Capitano della mia squadra precedente, ma di certo non mi pare di essermi mai pavoneggiato davanti a nessuno. Senza contare che non esiste nessunissima scala di gradimento di Hogwarts e, se anche ci fosse, di sicuro rivestirebbe per me un'importanza davvero minima.

Ma non faccio in tempo ad aprire bocca, perché subito sento la voce ferma di Regulus Black precedermi di appena un secondo.

«Perché non vai a vedere la tua nuova stanza?» mi suggerisce, senza però staccare lo sguardo da Piton. «È subito in fondo a quella scala, alla tua sinistra. Vicino c'è il dormitorio dei ragazzi del sesto, se sei curioso puoi benissimo entrare a vedere anche quello.»

Annuisco brevemente in risposta, decidendo che cominciare a discutere già dal primo giorno non è propriamente la cosa più saggia da fare e, se devo dirla tutta, ho davvero bisogno di stendermi un po' e far passare questo mal di testa martellante con una bella dormita. Non sono così sciocco da non comprendere che l'invito di Regulus è più che altro dovuto al bisogno di liberarsi momentaneamente di me, come se dovessero parlare senza la mia presenza costante, ma in fondo assecondarlo non mi costa nulla: che risolvano pure i loro problemi in pace, io non ho la minima intenzione di rispondere a tono ad un ragazzo dai capelli così unti.

***

Severus.

«Si può sapere cosa diamine ti prende?»

Nicholas si alza di scatto dal divano, cominciando a camminare avanti e indietro sul tappeto verde di fronte a lui. Gli occhi di chi è ancora presente in Sala Comune sono di nuovo puntati su di noi, ma è sufficiente un altro suo sguardo raggelante e uno scrocchio di dita da parte di Damian per far sentire a tutti l'improvviso bisogno di salire in dormitorio.

«Sono io che dovrei chiedere cosa diamine prende a voi.» replico con tono fermo e deciso, non appena rimaniamo soltanto noi sei nella stanza. «Cos'è, Potter è diventato all'improvviso anche il vostro eroe? È proprio necessario idolatrarlo per gonfiare ancora di più il suo ego? Non era nei suoi piani quello di diventare migliori amici del nemico.»

«No, ma nei piani del Signore Oscuro c'era quello di stargli con il fiato sul collo il più possibile.» ribatte ancora, sbattendo un pugno sul tavolino che ancora ci separa. «Tu sei ancora radicato nel tuo odio viscerale per lui e nessuno qua, oltre a me, si sta attenendo al maledetto piano.»

«Cosa diamine abbiamo fatto, adesso?»

«Non lo so Evan, forse è il modo in cui lo guardate? Non è uno sciocco, ha capito benissimo che lo odiate.»

«Ed è esattamente qui che ti sbagli, Nicholas.» rispondo prontamente, con un sorriso amaro sulle labbra che è solo il pallido riflesso della rabbia che ho dentro. «Perché tutti voi, nessuno escluso, lo state venerando in un modo che quasi mi nausea. All'improvviso Potter è diventato James, lo volete in squadra al vostro fianco, vi complimentate per la sua bravura a scuola e nel Quidditch...»

«È in gamba.» commenta Damian con una scrollata di spalle, facendomi alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa. Non mi prendo nemmeno la briga di rispondergli, perché è talmente ottuso che non capirebbe.

«Sei geloso, Severus?»

Sposto di scatto lo sguardo sul mezzo ghigno che ora indossa Regulus e mi chiedo come sia possibile, come possa la gente sostenere ancora che tra lui e il rinnegato non esista alcuna somiglianza. Perché io le vedo eccome, li vedo spesso questi dettagli che ancora sottolineano, senza che nessuno sembri comunque accorgersene, il legame fraterno che assurdamente continua a unirli.

E questo sorriso sghembo, provocatorio e immensamente snervante è la fotocopia esatta di quello che aleggia costantemente sulle labbra di Sirius Black.

«Io non provo alcuna gelosia, Regulus.» rispondo pacato, appoggiando le braccia sulle ginocchia per sporgermi maggiormente verso di lui e guardarlo dritto negli occhi. «Forse sei tu quello che spera di avvicinarsi a Potter per ricevere, magari per osmosi, un briciolo dell'affetto che tuo fratello ha sempre negato a te, ma mostrato a lui?»

E anche questo sguardo ferito è identico al suo, con queste iridi grigie che mi fissano come se volessero incenerirmi con la sola forza delle pupille. Ma va bene, gli occhi di Regulus non mi scalfiscono: so di averlo colpito là dove fa più male, ma è la giusta punizione che si merita per avermi provocato per primo.

«Severus ha ragione, forse stai esagerando con la confidenza.»

Questo improvviso cambio di posizione di Nicholas è a dir poco imbarazzante, motivo per cui non esito a scoppiare a ridere e a rivolgermi a lui con tutto il sarcasmo tagliente che ho in corpo.

«Per favore Nick, evitiamo queste scenate. Sembra per davvero che tu e Regulus stiate litigando per l'ultimo giocattolo uscito in negozio.» affermo sfacciatamente, appoggiandomi di nuovo allo schienale della poltrona. «È così chiaro il fatto che tu voglia avere le attenzioni di Potter tutte per te.»

«A me non interessano le sue attenzioni, io voglio solo portare a compimento la missione del Signore Oscuro.» ribatte, sussurrando con enfasi e con un'ira nello sguardo ai limiti del patetico. «Ha detto che dobbiamo entrare in confidenza con lui, ed è quello che io sto facendo. Sappiamo che l'incantesimo ha la durata di un mese, non pensate che sia eterno.»

«Sono d'accordo. La Cruciatus non è bastata a cavargli di bocca qualche informazione, questo incantesimo è la nostra occasione e lui si fida davvero di noi.» asserisce Evan con convinzione, guardando uno a uno negli occhi. «Come pensate che Potter possa confessare di Silente e dell'esercito che probabilmente sta cercando di reclutare, se nemmeno ci vede come suoi alleati?»

«Voi non capite davvero un accidenti.» stabilisce ad un tratto Simon, rimasto in silenzio fino ad ora. «Potter non parlerà mai, questo è tutto tempo sprecato.»

«Stai insinuando che quella dell'Oscuro Signore sia stata un'idea sciocca?» domanda Nick, guardandolo quasi come se volesse sfidarlo.

«È solo un'idea che porterà scompiglio e niente di fatto. Gli hanno cancellato la memoria, capite cosa vuol dire? Non solo non si ricorda del suo passato qui a Hogwarts e di tutti coloro che gli erano più cari, ma non ricorda nemmeno interi episodi che si sono svolti nel corso di questi anni.»

«Quindi...se anche Silente gli avesse detto qualcosa, è comunque probabile che il Signore Oscuro gli abbia cancellato dalla mente anche qualche informazione particolarmente importante?»

Simon annuisce mestamente al breve riepilogo di Evan, mentre Damian si lascia andare alla sonora esclamazione di chi finalmente ha afferrato un concetto basilare.

«Ma non è per questo che entriamo in gioco noi? Dovremmo fargli delle domande specifiche per fare in modo che nella sua mente riaffiori qualche ricordo passato e lui si fidi a raccontarcelo.» aggiunge Nicholas, infervorandosi come raramente prima d'ora. «È questo l'unico modo per cavargli qualcosa di bocca.»

«Non sono comunque così sicuro che riusciremo a toccare le corde giuste per fargli rivelare segreti tanto grandi.»

«Non occupiamocene adesso, per favore.» Evan interrompe nuovamente Simon, sfoderando un ghigno divertito e rilassandosi di nuovo sulla poltrona. «Per ora godiamoci il momento. Finché si crea scompiglio nella vita di Potter, ogni cosa è gradita.»

Segue qualche risata e svariati cenni di assenso, ma ancora una volta è Regulus a stare perfettamente immobile. Anche io naturalmente non muovo un singolo muscolo, restando con le mani arpionate ai braccioli della poltrona e lo sguardo assente, a pensare che invece a me sembra che nessuna cosa sia gradita, ultimamente.

Perché è logico che gli altri non se ne accorgano, ma io non posso fare a meno di constatare come questa situazione non vada affatto bene. Potter, ancora una volta, ci ha guadagnato qualcosa: non è lui a soffrire, non è lui ad avere sensi di colpa, a provare dolore, a portare sulle spalle i residui di un attacco che ha certamente segnato tutti i suoi amici.

No. Lui sta bene, è a posto con la sua coscienza ed è persino convinto di aver realizzato il più grande sogno della sua vita venendo spostato qui a Serpeverde. C'era da aspettarselo, comunque, da uno che ha sempre avuto tutto ciò che si può volere al mondo: amici che assecondassero le sue bravate, ricchezza, l'amore dei genitori, popolarità, talento nel Quidditch e persino ottimi voti a scuola muovendo a malapena un dito.

E ovviamente il dettaglio che negli ultimi mesi ha inciso soprattutto sul mio stato di salute - fisico e mentale, non ha importanza - è stato il fatto che, tra tutte le cose che poteva desiderare, alla fine abbia ottenuto anche lei.

Sciocca, sciocca la mia Lily che ancora credeva di essere immune al fascino del glorioso James Potter e di essere talmente invincibile da non cadere ai piedi di quel damerino arrogante, come invece accade da sette anni a tutta la popolazione di Hogwarts. Eppure tutti noi, io per primo, abbiamo visto sotto i nostri sguardi il radicale cambiamento che da quest'anno l'ha vista protagonista, constatando come quel bruco che era il loro rapporto si sia trasformato in una coloratissima, gigantesca farfalla.

L'abbiamo osservata negare categoricamente quando qualcuno le domandava se tra lei e Potter stesse nascendo qualcosa, non senza che un meraviglioso rossore le imporporasse le guance chiare. L'abbiamo scrutata da lontano mentre cercava costantemente il suo sguardo in qualunque luogo arrivasse, quasi fosse per lei un istinto naturale. L'abbiamo vista smettere di alzare gli occhi al cielo quando Potter faceva una battuta delle sue, ma anzi ridere - ridere di cuore - mentre lui la guardava in un modo che mi faceva male.

Perché lui poteva permetterselo, mentre a me degli sguardi così intensi non sono più nemmeno concessi.

E poi sono arrivati i primi cedimenti, il fatidico sì alla richiesta di accompagnarlo a Hogsmeade, i primi piccoli gesti scambiati in pubblico che sono poi sfociati in un ridicolo, plateale bacio davanti a tutta la scuola, all'ingresso della Sala Grande, solo per permettere a James Potter di marcare il suo territorio come tanto gli piace fare.

Ma questo, naturalmente, non gli bastava più.

Non è stato sufficiente il privilegio di essere il destinatario dei suoi sorrisi, dei suoi sguardi così intensi da fare male, delle sue espressioni fintamente offese alle quali lui trovava sempre un rimedio. Non è bastato avere la possibilità di essere il solo a circondarle con tanta naturalezza la vita sottile, a prendere tra le mani quelle dita tanto fredde e scaldargliele una ad una, a poter baciare quella bocca screpolata ogni volta che ne aveva voglia.

No, non è stato sufficiente niente di tutto ciò. Perché lui è James Potter, il ragazzo che crede che i limiti esistano solo per essere superati, ed è ciò che ha fatto prendendosi anche tutto il suo dolore.

Perché io l'ho vista questa mattina mentre entrava in Sala Grande, gli occhi rossi da far paura e la pelle spevantosamente pallida, come se avesse passato la notte sveglia e si muovesse quasi per inerzia. Riportava sul suo corpo ogni traccia di sofferenza, anche le più piccole, che non ho avuto grandi difficoltà a rintracciare nei suoi occhi persi nel vuoto, nel modo in cui si mordeva nervosamente il labbro inferiore e infine nello sguardo determinato che ha sfoderato proprio all'ultimo, prima che Potter facesse il suo ingresso e sgretolasse una volta per tutte ogni sua certezza.

E la mia era una ridicola e magra consolazione, questo lo so, ma era l'unica cosa che mi restava di lei: essere stato il solo ad aver preso un dolore tanto grande che le apparteneva. Ma ora non è più così, perché la sofferenza che ho letto nei suoi occhi quando Potter è piombato nel nostro tavolo è stata mille volte superiore a quella che posso averle causato io, al quinto anno, quando quella parola ha sancito per sempre la fine della nostra - ormai irrecuperabile - amicizia.

E non mi interessa di quello che pensano gli altri, non mi importa di quello che faranno o del modo in cui si comporteranno con Potter. Lui può anche avere dei ricordi distorti del suo passato a Hogwarts, ma io tutto il male che mi ha fatto me lo ricordo sempre troppo bene.

***

Lily.

«Ripetetemi ancora una volta che devo stare fermo, avanti.»

Sirius si volta di scatto verso di noi, le braccia incrociate al petto e gli occhi grigi e dardeggianti che vagano su ciascuno, quasi volessero sfidarci a contraddirlo.

«Padfoot, per favore, ne abbiamo già parlato.»

È Remus il primo che tenta di fare da mediatore, perché parlare con Sirius in queste situazioni equivale a cercare di addomesticare un leone nel suo habitat naturale. Fare le scale che portavano fino al secondo piano cercando di stargli alle calcagna è stato incredibilmente difficile, ma nessuno di noi poteva permettersi di lasciare che andasse da solo in giro per il Castello.

Non dopo quello che è successo poco fa.

«Non eravate voi quelli che mi dicevano di prendere la situazione di petto?» domanda con un tono beffardo, fermandosi esattamente davanti ai due imponenti Gargoyles di pietra. «È quello che sto facendo.»

«Agire d'impulso è quello che stai facendo, Sirius. E l'impulso non porta mai a niente di buono, te lo dice l'istintiva per eccellenza.» mi intrometto, cercando a mia volta di farlo ragionare.

Sposta gli occhi su di me, lasciando che un sospiro profondo fuoriesca dalle sue labbra e posando poi entrambe le mani sulle mie spalle.

«Lily,» scandisce lentamente, come se stesse cercando di comunicare con qualcuno che non parla la sua lingua. «gli hanno permesso di passare a Serpeverde.»

Chiudo piano gli occhi al sentire la frase da lui pronunciata, perché il pranzo è finito da un pezzo ma la scena di poco fa continua a susseguirsi ripetutamente nella mia testa, come il peggiore degli incubi che, neanche a farlo apposta, continua a tormentarmi tutte le notti.

Vederlo entrare in Sala Grande è stato un colpo al cuore, perché per un solo istante ho creduto che l'incantesimo non avesse fatto effetto e che lui fosse il solito James di sempre - il mio James. Stava bene e questa è stata la prima cosa di cui mi sono accertata: non aveva particolari segni fisici della Cruciatus che gli è stata inferta, ma le bende ricoprivano gran parte del suo corpo ed io avrei voluto correre da lui e parlargli, sfiorarlo piano e sentire il sollievo invadermi da capo a piedi di fronte alla consapevolezza di essere salvi, di aver superato un attacco e di aver affrontato Lord Voldemort l'uno accanto all'altra, così come prevede l'ordine naturale delle cose.

Ma Alice stringeva ancora la mia mano da sotto il tavolo ed io non ho potuto fare altro che rimanere ferma, ad assorbire con le mie pupille l'espressione serena che sfoggiava sulla soglia e quel mezzo sorriso a tutti noi così familiare. Per un secondo ho avuto il presentimento che stesse sul serio per dirigersi verso la porzione di tavolo da noi occupata, ma la realtà mi è crollata addosso sotto forma di una secchiata di acqua gelida.

Le sue gambe si sono mosse verso il lato opposto della stanza e lui non ha esitato a sedersi tra Regulus Black e Nicholas Avery, in quello che chiaramente non è il suo posto, tra quelle persone che sono sempre state le sue nemesi per eccellenza. Persone che l'hanno comunque accolto con i sorrisi più ipocriti che io abbia mai visto in tutta la mia vita.

«Quale parte di assecondarlo non hai ancora capito, esattamente?» chiede retoricamente Remus, passandosi stancamente una mano davanti agli occhi e piazzandosi davanti alle statue di pietra, come se questo potesse bastare a dissuadere Sirius dal desiderio di oltrepassarle.

«Ma certo, assecondarlo equivale a fare il possibile affinché passi più tempo con...con loro, no?» ribatte aspramente, un ghigno ironico sulle labbra che sottolinea ancora di più la rabbia che trasuda dalle sue parole. «Gli faranno il lavaggio del cervello.»

«Pensi che sarebbe stato meglio convivere con lui tutto il giorno, tutti i giorni?» gli fa notare saggiamente Peter, posandogli una mano sulla spalla. «Ne saremmo usciti tutti pazzi, Padfoot. Ci sarebbero stati litigi pesanti ogni singola settimana e nessuno di noi avrebbe potuto convivere con quel James.»

«Io avrei preferito un mese di frustrazione continua, piuttosto che sapere che lui passa le sue giornate in compagnia di Mulciber, di Avery, Rosier...» Fa una pausa in cui sospira sonoramente una seconda volta, tanto che per un istante mi assale il dubbio che stia per accostare il nome di suo fratello a questa triste lista. Ma all'improvviso i suoi occhi si posano di nuovo su di me e si spalancano di scatto, come se fosse stato appena colto da un'illuminazione inaspettata. «Persino in compagnia di Piton, Lily!»

Scuoto la testa e alzo gli occhi al cielo, pensando che Sirius Black sia per davvero un totale idiota ma che, proprio per questo, è davvero impossibile non volergli bene.

«Mettere in mezzo Severus per avere il mio appoggio, come puoi essere così meschino?» domando ironicamente, inarcando un sopracciglio e fissandolo con aria di rimprovero. «Ti accompagneremo da Silente, va bene, ma non pensare in questo modo di poter cambiare la situazione.»

«Ho solo bisogno di spiegazioni.»

Come sospettavo, Sirius conosce perfettamente la parola d'ordine dell'ufficio del Preside - teoricamente dovrei essere la sola ad esserne informata, ma lui per un motivo o per un altro viene sempre spedito in questo luogo ed è dunque logico che ne sia conoscenza - e così ci ritroviamo a salire la scala di pietra prima del previsto, comparendo davanti alla porta e bussando cautamente.

Non appena veniamo invitati a entrare, vedo però Sirius spalancarla con troppa foga ed è così che mi rendo conto che il suo bisogno di spiegazioni non si prospetta essere poi così pacifico come speravo.

«Non potete averlo fatto sul serio.»

Fedele alla sfacciataggine che da sempre lo contraddistingue, non si fa davvero grossi problemi a violare il luogo sacro del Preside e a piombare all'improvviso con una frase che sa di minaccia, camminando deciso e arrivando proprio davanti alla sua scrivania. Remus, Peter ed io - i soli che hanno deciso di accompagnarlo nell'impresa, per inciso - ci scambiamo un'occhiata arrendevole, rassegnandoci al fatto che il nostro compito, da adesso in poi, sarà quello di mitigare le frasi di Sirius con un tono quantomeno cordiale.

Ma ecco, quello che sicuramente nessuno di noi si aspettava, era che Silente non fosse da solo. Lui se ne sta per l'appunto davanti alla grande finestra che dà sul cortile, le mani intrecciate dietro la schiena e le spalle rivolte verso di noi, mentre vicino alla scrivania siede composta nientemeno che la nostra Capocasa. Sì, questo incontro si prospetta essere decisamente interessante.

«Signor Black, per favore...»

«Signor Black, ragazzi, ero quasi sicuro che oggi sareste venuti a farmi visita.»

Le voci dei due adulti si contrappongono, ma non potrebbero essere più diverse di così: se la McGranitt, vedendoci entrare, ha infatti alzato gli occhi al cielo e scosso impercettibilmente la testa, Silente al contrario si è voltato nella nostra direzione e ha accennato il suo solito sorriso enigmatico, sondando ognuno di noi con i suoi occhi trasparenti.

«Ho bisogno di sapere alcune cose.» ripete Sirius, appoggiando i palmi delle mani sulla scrivania e fissando il Preside dritto negli occhi.

«Prego, sarò pronto a schiarirvi le idee.»

Il Preside si avvicina ed evoca all'istante quattro sedie, sulle quali ci accomodiamo subito. E lo so che Sirius ha ragione, abbiamo tutti bisogno di spiegazioni circa quello che è successo poco fa, ma esprimere le nostre preoccupazioni a loro due non è propriamente la cosa più facile da fare. Per l'appunto Sirius si schiarisce la voce, sfoggiando una severità e una compostezza che nemmeno credevo possedesse.

«Perché gli avete concesso di cambiare Casa? Perché...perché Serpeverde?»

«È stata una scelta del signor Potter.» replica prontamente la McGranitt, il volto teso e uno sguardo che non nasconde una certa dose di amarezza.

«Ma perché concedere il trasferimento proprio tra...loro?» aggiungo io, provando ad aiutare Sirius ad esprimere questo dubbio che attanaglia decisamente tutti.

«Loro chi, signorina Evans?»

Faccio solo in tempo ad aprire la bocca per rispondere, ma subito lo sbuffo sarcastico di Sirius mi precede.

«Lo sa bene, professor Silente. Sa benissimo che quella è esattamente la Casa dove ci sono quegli studenti che hanno aiutato Voi-Sapete-Chi a organizzare l'attacco a Hogsmeade, proprio nel momento in cui le nostre difese erano più basse.»

Il Preside resta immobile per quelli che paiono minuti interi, a guardare Sirius negli occhi come se volesse trasmettergli i segreti più profondi della sua anima. Ma poi all'improvviso si riscuote, voltandoci di nuovo le spalle e camminando piano verso il trespolo dove riposa una Fanny piuttosto raggrinzita.

Mi perdo per un istante a osservarla, ricordando la prima volta in cui, a dodici anni, entrai nell'ufficio di Silente e quasi mi vennero i lucciconi agli occhi nel constatare le terribili condizioni in cui si trovava quello splendido animale. Naturalmente era il mio primo incontro con una creatura simile e, per quanto persino in qualche storia babbana si parli di fenici, certamente una dodicenne come me non ricordava affatto la peculiarità di questo animale.

Ma fu poi tornando dal Preside qualche giorno dopo - ancora non riuscivo a capacitarmi di come potessero i piatti in Sala Grande riempirsi all'improvviso di tutte quelle deliziose pietanze, considerando che il cibo è una delle cinque eccezioni alla legge di Gamp, e avevo un impellente bisogno di spiegazioni da parte sua - e osservando la bella Fanny splendere sul trespolo con il suo piumaggio nuovo di zecca, che compresi la meravigliosa abilità di quella specie di poter risorgere dalle sue ceneri. 

Il mio flusso di ricordi passati viene però interrotto bruscamente dalla voce calma e pacata di Silente, tornato all'improvviso al di là della scrivania, esattamente davanti a noi. 

«Quando vi ho chiesto espressamente di assecondare il signor Potter, non intendevo dire che voi studenti doveste essere gli unici a farlo.»

«Mi sta dicendo, professore, che se James la pregasse di espellere da questa scuola tutti i Nati Babbani per colpa di quelle stupide idee che ora ha in testa, lei acconsentirebbe perché si sente in obbligo di assecondarlo?»

Remus lancia a Sirius un'occhiata con cui vorrebbe chiaramente fargli intendere di darsi una calmata, ma non è come se lui potesse minimamente dargli ascolto: pretende delle spiegazioni e lo vedo dal suo sguardo che sarà disposto a tutto, pur di averle. 

«Ma certo che no, signor Black. Esistono comunque dei limiti che nessuno, nemmeno voi, dovrà superare.» replica la McGranitt, aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Acconsentire allo spostamento del signor Potter in un'altra Casa mi sembrava la cosa più adatta da fare, per il suo quieto vivere e certamente per il vostro.»

«L'avevo detto, avevo detto la stessa cosa anche io.» decanta Peter con orgoglio, prima di zittirsi all'improvviso perché interrotto da Remus. 

«Ma non sarà pericoloso convivere per un mese intero con loro?» chiede con discrezione, deglutendo lentamente come per cercare le parole giuste. «Voglio dire, potrebbero fargli fare delle cose per cui lui si pentirebbe. Potrebbero...non lo so, obbligarlo a immischiarsi in faccende più grandi di lui. E non oso immaginare cosa farà James, una volta che tutto questo finirà.»

Perché finirà, Lily, mi ripeto automaticamente in testa, mordendomi il labbro e stringendo i pugni, siamo solo all'inizio, ma prima o poi tutto questo finirà

«Queste sono faccende di cui ci occupiamo noi personalmente, signor Lupin. Nessuno studente Serpeverde è lasciato allo sbando, tantomeno il signor Potter.» risponde cautamente il Preside, accennando un altro lieve sorriso. «Tutti loro sono sotto stretta sorveglianza. È l'unica cosa che possiamo garantirvi e voi dovete fidarvi di noi.»

Annuisco piano, sospirando e lasciando che il silenzio torni a insinuarsi tra noi. Ma poi, è ancora una volta Sirius a spezzarlo sfoderando il suo proverbiale tono sarcastico. 

«Quindi è un Serpeverde fatto e finito, eh?» chiede, accennando un minuscolo ghigno. «Non vedo l'ora di prenderlo in giro a proposito di questo, quando torneremo alla normalità.» 

«Ma certo che no, signor Black. Il signor Potter crede fermamente di essere un Serpeverde, ma è logico che la decisione presa dal Cappello non può essere modificata. Lui è Grifondoro fino al midollo, questo è evidente.» stabilisce la McGranitt, sollevando il mento con una fierezza che mi fa sorridere. «Tecnicamente si limita a dormire nella loro Sala Comune e a frequentare le lezioni negli orari della sua nuova Casa, ma in realtà continua ad essere in tutto e per tutto un vostro compagno.»

«Mi sta dicendo che eventuali punti a lui assegnati corrisponderanno a rubini che cadranno nella nostra clessidra?» chiede Remus con sincera curiosità. 

«Precisamente.»

«E con il Quidditch?» domanda invece Peter, agitandosi sulla sedia. «Con il Quidditch  che è un vero problema.»

«Immaginate la faccia che farà Avery, quando James prenderà il Boccino e sentirà dire che i centocinquanta punti vanno a Grifondoro.» esclama Sirius, cominciando a ridere sguaiatamente e contagiando a malincuore tutti noi. 

La McGranitt gli lancia uno sguardo piuttosto eloquente con cui sembrerebbe volergli ricordare che siamo ancora al cospetto del Preside di Hogwarts, ma non è che questo cambi molto la situazione: Silente è il primo ad avere un sorriso sinceramente divertito stampato sulle labbra. 

«Non costituisce affatto un problema, signor Minus, dal momento che la professoressa McGranitt ha imposto come compromesso il fatto di non poter entrare a far parte della squadra.»

«E lui ha accettato?» chiedo a mia volta, decisamente stupefatta. 

«Certo che ha accettato. Gli ho comunque concesso di allenarsi e provvederò io stessa a posticipare tutte le partite di Grifondoro finché non si sarà rimesso in sesto.» risponde decisa la nostra Capocasa, per poi spostare lo sguardo fuori dalla finestra e sussurrare piano, come se stesse parlando tra sé e sé. «Se pensavano di sfruttare questa situazione per avere in squadra il Cercatore migliore di Hogwarts, si sbagliavano davvero di grosso.»

Ci scambiamo tutti e quattro un'occhiata decisamente divertita, constatando come questa sia una delle rare volte in cui la McGranitt si mostra davanti a noi per la professoressa che è, senza filtri e senza veli. 

Credo che questo sia l'effetto che James ha su tutti, comunque. Non è un pensiero che ho maturato soltanto adesso, è una cosa che so davvero da sempre, forse persino dagli anni d'oro di più intensa avversione nei suoi confronti: in un modo o nell'altro, James ha il superpotere di farsi volere bene da tutti. 

Non è una cosa particolarmente facile, ma credo sia anzi un vero talento. Insomma, ognuno di noi ha sempre avuto quelle persone con cui andare d'accordo è per davvero un'impresa titanica, quelle persone per cui l'antipatia è sul serio a pelle e non c'è niente, nemmeno mesi interi di convivenza forzata, che possa cambiare la situazione. Voglio dire, ne sono io stessa il primo esempio vivente: delle mie quattro compagne di stanza vado d'accordo unicamente con Alice e Mary MacDonald, mentre con l'ultima c'è proprio un astio viscerale all'incirca dall'alba dei tempi e nemmeno sette anni da coinquiline hanno cambiato il nostro rapporto.

James, di certo, non può dire la stessa cosa: tutti, chi per un motivo e chi per un altro, sono assurdamente affezionati a lui. 

Va bene, togliamo i Serpeverde veterani che non hanno una vastissima gamma di emozioni, ma che sanno anzi spaziare soltanto da una cordiale sopportazione all'odio più intenso. Tutto il resto di Hogwarts, invece, adora James in ogni sua sfaccettatura. 

È l'idolo dei Grifondoro, è il modello a cui aspira gran parte dei Tassorosso ed è guardato con rispetto da tutti i Corvonero. Conosce e saluta quotidianamente ogni singolo quadro di ogni singolo corridoio, tanto che è inutile specificare quanto siano lunghi i sette piani di scale per arrivare fino in Sala Grande, quando si cammina accanto a una persona che si ferma a parlare di fronte ad ogni cornice. Sa intenerire praticamente qualunque professore - la McGranitt in particolare ha un'adorazione per lui che riesce a nascondere davvero penosamente - ed è il solo studente di Hogwarts per cui Mirtilla, il fantasma insopportabile che piange continuamente e che popola il bagno delle ragazze, si è presa una cotta non indifferente.

Sono solo alcuni piccoli esempi, ma è proprio a partire da questi minuscoli dettagli che si può comprendere come un ragazzo come James Potter, alla fine, sia riuscito a buttare giù mattone dopo mattone quel muro apparentemente invalicabile che avevo innalzato io stessa. Ma lui non si è mai dato per vinto, ha aspettato il mio tacito consenso prima di iniziare la scalata ed io, alla fine, non ho potuto fare a meno di crollare inevitabilmente davanti a lui.

Dall'unica persona che vanta il primato di essere riuscita a strappare il primo "ti voglio bene" a qualcuno che risponde al nome di Sirius Black, comunque, non ci si poteva aspettare diversamente.

Ma è proprio questa una delle tante cose che mi ha fatto innamorare di lui in maniera irreversibile e spaventosamente naturale, quasi fossi stata programmata per provare per lui qualcosa di tanto forte: il fatto che, in un modo o in un altro, James Potter sappia tirare fuori la parte più vera di chiunque gli stia intorno.

Perché anche io, quando ero al suo fianco, sentivo di essere per davvero una bella persona.

***

Frank.

«Allora ragazzi, non dobbiamo perdere neanche un secondo di tempo. Agire ora o mai più.»

Era tutto sommato una domenica piacevole, uno di quei classici pomeriggi in cui anche solo passeggiare con Alice per il cortile innevato di Hogwarts era qualcosa di estremamente gradevole e tranquillo - per quanto tranquillo si possa definire il tempo passato con lei, per inciso - e a renderlo tale era certamente il fatto che, dopo l'attacco di ieri sera, ogni cosa ha per me tutto un altro sapore.

Abbiamo chiaramente visto la morte in faccia, ma forse l'incoscienza del momento ha fatto sì che lo realizzassi solo ora. Ci siamo salvati davvero per un soffio, abbiamo evitato al pelo quella che poteva diventare una tragedia senza alcun rimedio, ed è qualcosa che non può che segnarci fin nel profondo della nostra anima.

Tenere Alice per mano, respirare l'aria fredda che mi riempie i polmoni, trascorrere alcune ore in compagnia dei miei amici, assaporare lentamente una fetta di torta: sono dettagli che, nei miei diciotto anni di vita, ho sempre dato per scontati. Per questo mi sono ripromesso di godermi ogni singolo momento fino in fondo, senza precludermi nulla e vivendo soprattutto per i piccoli istanti che, all'apparenza, sembrano davvero essere i più insignificanti.

Ecco, nei miei piani certamente non c'erano Sirius e la sua mania di interrompere puntualmente ogni momento che riesco a ritagliarmi con Alice. Ma questa volta aveva uno strano luccichio negli occhi, mentre veniva da noi e ci urlava di aver bisogno di una riunione lampo nel nostro dormitorio. E si sa: se Sirius Black organizza un raduno di persone nel luogo dove c'è anche il mio letto, è sempre meglio che ci sia io stesso a controllare che nessuno sparga sopra sostanze dalla dubbia provenienza. Un po' come quella volta in cui mi sono ritrovato con la testa su un cuscino fatto di bacon, ma questa è naturalmente un'altra storia.

«Ti ha fatto bene la chiacchierata con Silente, suppongo.» asserisce Remus, inarcando un sopracciglio e sorridendo divertito.

«Niente affatto, Moony: mi ha fatto fottutamente bene.» Detto ciò si posiziona al centro esatto della stanza, brandendo la sua bacchetta come se fosse una spada e facendo avanti e indietro, come se stare fermo fosse un'attività non contemplata dalla sua mente. «Ora, è chiaro che la situazione che stiamo vivendo è atipica. Atipica e maledettamente difficile.»

«Ma non mi dire.» sbuffa ironicamente Lily, seduta a gambe incrociate sul letto che prima apparteneva a James.

«Non usare il tuo sarcasmo con me, Evans.»

«Altrimenti?»

«Altrimenti è guerra, lo sai che il Re del sarcasmo sono solo e solamente io.»

«Quello che Padfoot voleva dire,» urla improvvisamente Peter, interrompendo quel ridicolo dialogo acceso appena nato tra i due. «è che abbiamo bisogno di un piano concreto per superare questo momento.»

«Mi piace l'idea. Mi piacciono i piani.»

«Lo sappiamo, Moony. Tu sei il Re dei piani studiati, io sono il Re del sarcasmo e Lily è un'illusa usurpatrice.»

«Se proprio insisti possiamo metterla a votazione, Sirius Black.»

«Io voto Lily.» asserisce Alice con convinzione.

Tutto ciò non ha alcun senso, questa conversazione non ha alcun senso ed io speravo che si trattasse davvero di una questione importante su cui discutere. E invece no, l'assenza di James si fa comunque sentire ma loro riescono lo stesso ad essere i soliti idioti di sempre, tanto che è abbastanza sconcertante il fatto che gli unici sani della situazione sembriamo essere io e Peter.

«Possiamo concentrarci, per piacere?»

«Parlavamo di un piano.» riprende Remus, sedendosi per terra accanto a noi e sfoderando quell'espressione concentrata che ormai gli appartiene per antonomasia. «Che, sostanzialmente, deve servirci per gestire James in questo mese.»

«Non dobbiamo dargli tregua.» propone all'istante Sirius, salendo in piedi su quello che un tempo era il mio baule immacolato e facendo scaturire dalle mie labbra un profondo, rassegnato sospiro. «Deve trovarci in ogni angolo di Hogwarts. Saremo peggio della sua ombra, ragazzi.»

«Vuoi farti ammazzare?» chiedo ironicamente, perché è così chiaro che non è lui il Re dei piani, dal momento che propone idee suicide che certamente non possono sortire alcun effetto positivo.

«Certo che no, ma un mese è lungo.» asserisce, scrollando le spalle ma mantenendo sempre la sua solita convinzione. «Devo pur trovare un modo per passare del tempo con il mio migliore amico.»

Vedo Lily con la coda dell'occhio accennare un sorriso verso Sirius, mentre Alice si siede accanto a lei e mi rivolge un'ennesima occhiata eloquente. Lo so che cosa sta passando nella sua mente, perché ne abbiamo parlato poco fa: ancora non riesce a perdonarsi il fatto di non esserle stata accanto quando c'era Lord Voldemort davanti a lei, ed è normale che nelle ultime ore percepisca il feroce impulso di farle sentire la sua vicinanza, di confortarla a parole e a gesti, di farle capire che c'è e che questa situazione la affronteranno insieme, così come hanno sempre fatto.

«Padfoot, non sono certo che tormentare James sia la scelta più saggia tra tutte.» gli fa notare Remus, sorridendo divertito. «Dovremmo forse chiedere la collaborazione dei professori. Sapete, fare in modo che mettano Prongs in coppia con noi in caso di lavori da consegnare o cose del genere.»

«È questa la tua grande trovata? Chiedere ai professori di poter fare i compiti con James?» domanda retoricamente Sirius, inarcando un sopracciglio e scuotendo piano la testa. «Penso sia arrivato il momento di revocarti il titolo di prima.»

«Non è un'idea così pessima.» commento distrattamente. «Non abbiamo molte altre possibilità per passare del tempo insieme, altrimenti.»

«E poi è sempre meglio che farsi Schiantare da lui per i corridoi.»

Tutti annuiamo alla constatazione di Pete, mentre Sirius borbotta qualcosa di incomprensibile e incrocia le braccia al petto.

«L'importante è che non si dimentichi di noi in questo mese.» mormora Alice, stringendosi nelle spalle.

«Credimi, non lo farà.»

«Potrebbe trovare una fanciulla Serpeverde pronta a rimpiazzarti.»

La provocazione fatta da Sirius ai danni di Lily va chiaramente a segno, perché all'istante la vediamo fulminarlo con un'occhiataccia degna del suo nome e lanciargli un cuscino dritto in faccia.

«Prova anche solo a insinuare di nuovo una cosa simile, Black, e comincia a correre.» replica indispettita, facendolo ridere e costringendo Alice a lanciarsi in una fitta sequela di rassicurazioni del tipo "Gli incantesimi non influiscono su ciò che c'è nel cuore di una persona, fidati di me: James cadrà ai tuoi piedi anche contro la sua volontà".

E sono abbastanza sicuro che abbia ragione.

«Dai Lily, l'ho detto solo per alleggerire la tensione. Immagino che questa lontananza sarà difficile da sopportare, soprattutto per te.» afferma nuovamente con tono allusivo. «Il letto di James resta comunque libero, se senti la sua mancanza puoi venire a dormire qui ogni volta che ne hai voglia.»

E Lily scuote per davvero la testa, ma poi un minuscolo sorriso fa la comparsa sulle sue labbra mentre io realizzo che in fondo va bene anche tutto questo. Non siamo ancora entrati nel vivo della questione, certo, ma perlomeno ci stiamo addentrando insieme e lo stiamo facendo con la solita leggerezza che ci contraddistingue, sebbene la mancanza di un tassello si faccia sentire come se si trattasse di un vuoto abissale.

Ma l'avevamo detto fin da subito, che avremmo affrontato questa situazione con determinazione principalmente per James. Perché poi sarà lui, quando tutto questo sarà finito, ad avere bisogno di ciascuno di noi. Sono però certo che la consapevolezza che nemmeno il suo allontanamento abbia condizionato la nostra amicizia, ma che anzi abbia contribuito a rafforzarla, sarà un dettaglio capace di dargli la giusta dose di coraggio per superare ogni futuro momento buio.

Adesso siamo noi, ora che lui non c'è, a tirarci su l'un l'altro. Ma quando sarà lui ad avere bisogno, ecco, sono sicuro che sarà circondato da persone pronte a tendergli la mano per risollevarlo da quella che, in fondo, non sarà altro che una momentanea caduta.

***

Sirius.

Sto bene. Bene come non credevo di potermi mai sentire, in tutto questo mese a venire. Bene nel senso che l'adrenalina scorre veloce nel mio corpo, rendendomi forse esageratamente iperattivo e con una folle voglia di mandare avanti le lancette di tutti gli orologi del mondo, per far sì che questi giorni che ancora ci separano dalla parola fine scorrano via veloci e implacabili.

Remus dice che faccio male ad essere così impaziente, perché sarà proprio la mia irrequietezza a rendere una tortura il tempo che dovrò trascorrere senza James. Non posso che ridere in risposta, perché una tortura lo è già ed è difficile pensare che possa andare peggio di così.

Non l'ho ancora guardato negli occhi da quando è uscito dall'Infermeria, tanto che a occhio e croce credo sia la primissima volta, dopo quasi sette anni interi, in cui il mio sguardo non incrocia per tutto questo tempo quelle iridi nocciola che riesco a leggere come fossero un libro aperto. Persino durante i nostri sporadici litigi le occhiatacce erano la nostra via di comunicazione preferita, perché sapevamo bene di riuscire a intenderci alla perfezione anche così ed era l'unico modo a nostra disposizione per insultarci silenziosamente, per dirci le cose peggiori semplicemente tacendo e, infine, per far crollare ogni resistenza e chiederci scusa.

Forse credo sia questo, per ora, il particolare che più mi manca di lui: la nostra complicità, quella fitta trama di fili sottili che sembrano cominciare da me e arrivare fino a lui, collegandoci in un modo che sarebbe impossibile da spiegare a parole. Ma non mi importa se è lontano, se non mi guarda negli occhi e se mi eviterà per tutto questo tempo: io continuerò a sentire le sue stesse emozioni filtrarmi sottopelle e mi andrà bene anche solo vivere semplicemente attraverso esse.

«Il primo giorno senza di lui è quasi finito.» mormora ad un tratto Moony, mentre scendiamo le scale diretti in Sala Grande per la cena.

«Già.» constato laconicamente, sospirando e fissando entrambi negli occhi. «Quanto pensate sia durata questa giornata?»

«Un anno intero.» risponde prontamente Pete ed io mi ritrovo ad annuire, pensando a quanto diamine abbia ragione.

Ma poi non è come se ci fosse tempo per aggiungere altro: ci siamo noi tre che scendiamo l'ultimo scalino e, come se fosse un ridicolo scherzo del destino, troviamo James che sta camminando esattamente nella nostra direzione. Ed è strano, maledettamente strano, trovarsi ai poli opposti in un modo che fa così paura: avevamo giurato di restare sempre fianco a fianco ed ecco che lui è di fronte a me, con il solito sorriso sghembo a decorargli il volto e con quella cravatta verde e argento che stona così tanto, se indossata da lui. 

Buffo, sembra per davvero che questi due colori mi perseguitino: sono quelli indossati dalle stesse persone che, momentaneamente o meno, sono giunte a voltarmi le spalle. 

«Cercavo proprio te, Sirius Black.» decanta non appena mi si para di fronte.

Sorrido comunque, perché il gioco è iniziato per davvero soltanto adesso e mi va bene anche questo, anche stare davanti a James e fronteggiarlo. Purché mi guardi negli occhi.

«James Potter, che immenso piacere.» ribatto con lo stesso tono, mentre Remus si avvicina a me di un passo. «I tuoi nuovi amici ti hanno già abbandonato?»

«Non credo ti riguardi in maniera particolare. O vuoi per davvero fare a gara di chi sa scegliersi i compagni migliori?» Degna a malapena Remus e Peter di uno sguardo sprezzante, prima di tornare a concentrarsi su di me. «Ora, ciò che invece ti riguarda è la questione in sospeso che abbiamo io e te.»

«Il tuo naso sembra essere tornato normale.» constato con un ghigno beffardo, pensando che, nonostante tutti abbiano bocciato il mio piano, provocarlo è per davvero l'unico modo che ho per sentirlo un po' più vicino a me. «Non capisco davvero quale sia il problema.»

«Sirius.» mi ammonisce Remus, ma io prontamente lo ignoro e faccio un passo avanti verso James, che ora mi guarda con la mascella contratta. 

«Ti è piaciuto raccontare a tutta la scuola di avermi preso a pugni, mh?» quasi sussurra, arrivando a pochi centimetri dal mio naso. «Immagina come sarò soddisfatto io, quando dirò di averti mandato in Infermeria senza che tu fossi già mezzo svenuto a terra.»

E poi non so bene come succeda, ma è tutto un groviglio di di braccia, gambe e mani, pugni che cercano di andare a segno, sangue che di nuovo comincia a sgorgare, lui che vuole farmi male perché sono un coglione e io che cerco di ferirlo perché è un bastardo, perché prenderlo a pugni è per davvero l'unico modo che ho per fargli provare almeno un terzo del mio dolore.

Intorno a noi si è radunata una piccola folla e adesso tutto si riduce a questo, alle voci che incitano e a quelle che urlano di smetterla, a Remus e Peter che provano a dividerci mentre io mi rendo conto che questa è una scena ai limiti del reale. Nemmeno nel peggiore dei miei incubi mi ritrovo in mezzo ad una rissa con il mio migliore amico, esattamente nel corridoio adiacente alla Sala Grande. 

Non perché io ci tenga particolarmente a non picchiare James, sia chiaro: ho perso il conto di tutte le volte che siamo finiti in una lotta animalesca sul tappeto della Sala Comune o nella nostra stanza, perché è esattamente così che ci piace risolvere la maggior parte dei nostri battibecchi. 

Ma il motivo reale, concreto per cui mai avrei dovuto invischiarmi in una situazione simile è sostanzialmente uno solo: ha il suo ufficio non molto distante da qui, i capelli raccolti in uno chignon, gli occhiali sulla punta del naso, una veste verde smeraldo e quello sguardo: lo sguardo di chi non perdona. 

«Potter, Black!» sento gridare dalla McGranitt, mentre io e James decidiamo di smetterla di dare spettacolo e finalmente ci separiamo, rimanendo seduti nel bel mezzo del corridoio ancora ansanti e scombinati. «Si può sapere cosa diamine vi è preso? Una rissa alla babbana in mezzo al corridoio, è questo ciò che fanno gli studenti del settimo anno?»

«Professoressa, lasci che...»

«Non osi nemmeno fiatare, signor Potter.» lo interrompe lei, fulminandolo con un'occhiataccia che fa rabbrividire persino il sottoscritto. «Non prendete impegni per venerdì sera: c'è una punizione che vi aspetta. E quindici punti in meno ciascuno.»

«Lo ammetta, professoressa. scandisco invece io, slacciandomi la cravatta con un ridicolo sorriso soddisfatto stampato sulle labbra. «Pronunciare questa frase le era mancato tantissimo.»

 

   
 
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