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Autore: Enchalott    30/06/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La fine della Profezia
 
Adara socchiuse gli occhi, ma nel buio di Leu-Mòr non riuscì a realizzare se fosse notte o giorno: le lunghe fenditure lattescenti e diramate in frantumi sulle vetrate le impedivano di vedere chiaramente l’esterno. La fiaccola si era spenta, così come la fosforescenza verdastra che aveva da sempre animato la Torre, gettandola in una penombra ancora più misteriosa.
Nel tentativo di scorgere il cielo cercò di muoversi con delicatezza per non svegliare Anthos, profondamente immerso nel riposo, che le cingeva la vita con il braccio e aveva il capo abbandonato sulla sua spalla. La coperta di pelliccia gli era scivolata fino in vita, scoprendogli pelle ambrata e le membra perfette. Senza il Medaglione, che giaceva a terra poco lontano, il principe per la prima volta le sembrò davvero nudo. Arrossì a un tale pensiero, ma subito si perse nei tratti del suo viso attraente e insolitamente sereno, circondato dai lunghi capelli biondi. Non aveva parlato durante il sonno o lei forse non l’aveva sentito, avvolta dal calore del suo corpo e dalla sua stretta salda, cullata dai battiti dei loro cuori.
Avevano fatto l’amore per davvero: era stato intenso, travolgente, totalizzante.
Anthos si era fidato di lei, tanto da privarsi del gioiello del Nord; aveva creduto nel suo ti amo, sebbene non lo avesse restituito e probabilmente non lo avrebbe mai pronunciato finché avesse avuto fiato e vita. Ma le parole non erano più state necessarie dall’attimo in cui lui aveva versato a sua volta il sangue sulla fiamma, articolando un giuramento che Adara mai avrebbe pensato di udire.
La ferita che si era inflitto con il pugnale era sparita, così come i graffi che le sue unghie gli avevano disegnato sulle spalle, mentre la prendeva in un crescendo di passione rovente; la promessa che si erano scambiati però non si sarebbe dissolta.
Era sicura che in Anthos riposasse molto più di quanto non fosse riuscita a intravedere attraverso la concitazione carica di pathos del momento in cui gli aveva svelato i suoi sentimenti. La sua reazione era stata viscerale, incontrollata, le sfumature di ciò che aveva provato gli erano transitate addosso istintive, libere da ogni costrizione. Da lui era sgorgata una luce identica a quella del suo sguardo posato su di lei, abbagliante, meraviglioso, ineffabile. Uguale al sorriso accennato che si era disegnato sulle sue labbra nell’istante in cui l’aveva attirata a sé nella ormai bruciante certezza di quanto lei aveva finalmente trovato il coraggio di esprimere.
Prima era stato necessario che facesse i conti con se stessa, che si guardasse allo specchio, ammettendo di essere follemente innamorata del principe del Nord, di esserlo forse sin dai primi giorni della loro convivenza, nonostante la resistenza che aveva cercato di opporre a una realtà tanto sconvolgente. Forse, ancora prima…
C’era stato un attimo, mentre la frastornava di carezze roventi, in cui il mistero che giaceva nel profondo di Anthos non aveva fornito tutte le risposte, un secondo in cui si era sentita catturare dalla paura quando quella scossa violenta aveva attraversato Leu-Mòr. Un infinitesimo, che si era sciolto nel suo abbraccio impulsivo e ardente, nella sua contiguità tesa a proteggerla, ad allontanarla dal resto del creato, a renderla sua e basta. L’enigma di lui non si snodava ancora. Ma andava bene così.
Colui che le dormiva accanto, il suo più temibile nemico, lo spaventoso sovrano di Iomhar, il glaciale Alyecc, il suo spietato sposo… ora era soltanto l’uomo che avrebbe posseduto in eterno il suo cuore.
Si era legata a lui per sempre, così come desiderava, in anima e corpo: avrebbe condiviso con lui quel destino non più scritto che le aveva sussurrato sulla bocca mentre si amavano senza più barriere. Qualunque esso fosse.
Spostò il braccio con cui lo stava cingendo e gli accarezzò dolcemente la schiena.
 
Anthos avvertì le dita di lei lungo la spina dorsale e un brivido cocente accompagnò quel tracciato lieve sulla sua epidermide.
Si era destato e aveva socchiuso le palpebre nella penombra, senza preoccuparsi di rindossare il Medaglione. Non aveva ritirato le braccia dal corpo nudo di sua moglie dormiente, si era soffermato a percepire il suo respiro leggero e regolare, il tocco del suo seno contro il petto, il calore dell’intreccio delle loro membra. A riconoscere il prodigio insperato, impensabile che era avvenuto... fare l’amore in quel modo, l’unico che meritasse un tale appellativo.
Non vi avrebbe prestato fede, neppure se la più capace delle veggenti lo avesse vaticinato, neppure se lui in persona fosse riuscito a strappare totalmente il velo indistinto dagli eventi futuri. Avrebbe pensato a un abbaglio, invece…
Che Adara amasse lui era un miracolo puramente umano, che aveva mandato in fumo ogni progetto, ogni soluzione calcolata, ogni possibilità a lungo ponderata. E gli anni trascorsi a vagliare la strada migliore per ottenere ciò che desiderava gli apparivano ora spesi invano. Nient’altro che una pena aggiuntiva. Sua moglie aveva annientato la Profezia senza combattere. Lo aveva fatto arrendendosi a lui. Aveva fatto in modo che il destino gli venisse riaffidato, così come le sorti del Regno, senza conoscere nulla di quanto, terrificante e intollerabile, restava ancora in agguato. L’ago della bilancia aveva sfiorato la sua direzione.
Che Adara avesse scelto liberamente uno come lui… inconcepibile.
Era stato… diverso.
Aveva avuto tutte le donne che voleva, ma con esse non aveva consumato altro che un atto fisico freddo, accontentato un mero istinto da soddisfare o una rivincita personale volta a prevalere, ad affermare il proprio status, a riscuotere un contratto.
Non con Adara. Non con l’amore bruciante di lei che gli pulsava nelle vene, non con il fondersi delle loro anime nel legame profondo che lei aveva dichiarato già prima che anche i loro corpi si congiungessero… che aveva fatto suo e che possedeva una forza primordiale devastante.
Quel vincolo che lui aveva sempre respinto con orgoglio, rifiutandosi di sganciare l’amuleto che portava al collo fino a quando lei non gli aveva detto in faccia, disperatamente, ti amo. Finché non l’aveva reso certo della verità che, a pensarci, ancora gli appariva inspiegabile. Finché non l’aveva sconfitto così... con due parole che erano detonate con una potenza che neppure lui era stato in grado di reggere… e non si sarebbe opposto. Non più, mai più. Solo due parole, che avevano rincanalato la sua sorte quando tutto gli sembrava orientato verso una fine tragica e devastante.
Ma non era stata la sicurezza dell’essere ormai libero, ancora vivo a scuoterlo; era stato l’impeto del sangue che aveva preso a scorrere in lui con furia a fargli battere il cuore, in una maniera che non aveva mai sperimentato o che forse aveva soltanto rifiutato di ammettere fino a quell’istante in cui, con consapevolezza, si era lasciato andare. Anche Anthos era arreso.
Se per Adara era stata la prima volta, in un certo senso lo era stata anche per lui: si era dato senza condizioni, aveva desiderato con ardore divenire parte di lei e renderla metà di sé, con quel cuore che sua moglie aveva chiesto in dono agli dei in giorno delle loro nozze. Lo stesso che sino ad allora gli era servito soltanto per tormentarsi. Lasciarsi amare… niente di più difficile, di più ostico, di più arduo da accettare. Tuttavia reale, effettivo, accaduto.
Era stato necessario che giungesse nel suo gelido mondo la ragazzina tenace che stringeva ora tra le braccia, la donna che lo aveva voluto senza farsi ingannare dal mostro di cui si rivestiva, colei che aveva avuto l’ardire di amarlo nonostante il peso delle azioni che aveva commesso. Desiderare lui, lui solo… non era spiegabile con nessuna forma di follia insita in lei. Lo sapeva, lo sapeva da tempo. Solo non aveva osato credervi per proteggere ciò che era, per allontanare ciò che sarebbe stato.
Per arrivare a quel momento, entrambi avevano dovuto abdicare a una parte di sé: Adara aveva rinunciato a considerarlo l’incarnazione del male e lo aveva fatto spontaneamente, leggendo nel suo intimo tutto ciò che lui si era preoccupato invano di annientare, di occultare. Aveva intravisto, oltre il buio, la sua vera essenza.
Anthos aveva dovuto rinunciare al Medaglione, mostrarsi senza difese, concedere che esisteva qualcosa di molto più importante dei suoi programmi di gloria e di vendetta. Che il voler fare l’amore con lei superava ogni altro desiderio, perché proveniva dalla parte più profonda dell’io e si alimentava a una fonte che splendeva di luce intensa, non di collera e di rivalsa. Leuhan lo avrebbe permesso soltanto se anche lui avesse mostrato la sua anima nuda e vera. Anthos e basta. Così era stato.
L’incubo che lo attanagliava ogni notte non aveva avuto l’audacia di ripresentarsi quando era precipitato nel mondo onirico. La verità era che quella visione non gli serviva più. Comprendeva ormai tutto con evidenza e lo assumeva… suo malgrado lo accettava… o in quel frangente non si sarebbe sentito felice come non lo era mai stato in tutta la sua esistenza. E, allo stesso tempo, infinitamente triste.
 
La mano di Adara gli si inoltrò tra i capelli con dolcezza e il suo sangue s’infiammò.
“Se continui a toccarmi così…” mormorò, schiudendo gli occhi d’oro sfolgorante.
“È per accertarmi che tu sia reale” sorrise lei, arrossendo.
Le labbra di Anthos si posarono sulle sue e un’onda di calore la invase all’istante.
“Da dove vuoi che ricominci a provarlo?” domandò, ironico e sensuale.
“Da qui…” sussurrò la ragazza, posandogli le dita sul petto, dal quale i battiti precipitosi dichiaravano emozioni che non sarebbero mai uscite in forma di parole.
Il principe si sollevò su un gomito, avvolgendola con lo sguardo.
“Non riesco a controllarlo, neppure con i miei poteri pienamente attivi” sussurrò, posando la mano a sinistra.
“Perché dovresti?” osservò lei, perdendosi nell’ambra che la fissava dall’alto.
Anthos sogghignò, inclinando il capo e la chioma bionda gli scese sulle spalle.
“Senza il Medaglione sono vulnerabile” ammise senza remore “Individuabile per la precisione… abbassare la guardia perché tutti i miei sensi sono impegnati a volere te può portare degli svantaggi. Soprattutto ora che Leu-Mòr non è efficace”.
Adara sussultò, intimorita, ma il sorriso seducente di lui la rassicurò. Guardò il gioiello gettato poco distante e la spada che giaceva sul pavimento. Avvertì una fitta.
“Non voglio che tu ti esponga per me…” disse, preoccupata.
“Già fatto” restituì il reggente, intenso “Ne è valsa la pena”.
La principessa avvampò, assaporando il contatto con il suo corpo snello. Dal suo sguardo trapelavano una serenità mai mostrata, una sicurezza incrollabile, una decisione che lo rendevano attraente, magnetico in forma ancora maggiore. Ma dolore e tristezza non si erano affatto attenuati, apparivano solo differenti.
“Tu…” replicò soave “Tu vali la pena, Anthos. Non metterti in pericolo, ti prego”.
Le iridi d’oro di lui scintillarono dolci e feroci. Mosse l’indice e le vetrate incise dalle crepe ramificate tornarono intonse, come se non si fossero mai infrante. La Torre ebbe un fremito, come l’emissione di un sospiro spossato, e un potere insormontabile la avvolse in una trasparenza tuttavia percettibile.
“Chiedimi ciò che vuoi” aggiunse poi, seguendo l’espressione sorpresa della moglie, rivolta al bacile nero rimasto in pezzi.
“Che cos’è successo stanotte?” domandò lei dopo una breve esitazione, accarezzandogli il viso “Hai parlato della Profezia e c’è stato quel terremoto…”.
“Mh…” sorrise il reggente “Infranta… insieme con un altro centinaio di indicazioni sul destino e simili. Nulla di ciò che è stato scritto ha più valore effettivo, ora. Leu-Mòr è come un’antenna, ha percepito il riassestarsi del futuro in una direzione non prescritta e ha perduto il suo ruolo primario di sentinella. Il bacile non serve più, adesso è perfettamente inutile guardarvi dentro”.
Adara spalancò gli occhi, stringendosi a lui con sincera preoccupazione.
“C-cosa? Questo perché abbiamo trasgredito il divieto secondo il quale il Sud e il Nord devono restare separati in eterno? Perché tu ed io abbiamo… “.
“Fatto l’amore?” sorrise Anthos, completando la frase e baciandole la mano che lei gli aveva appoggiato sulla guancia “No. La proibizione non si riferisce a quanto è avvenuto tra noi… e se anche fosse stato quello il monito, non me ne sarebbe importato nulla. Nessun interdetto è mai stato in grado di frenarmi, meno che mai mi avrebbe impedito di avere te. Ma non hai nulla da temere, Adara. L’asserzione volta a mantenere divisi i Due Regni deve essere intrepretata diversamente”.
Lei arrossì sotto l’occhiata penetrante che la accarezzò con evidente ardore.
“Se la Profezia non esiste più, allora ogni via possibile è precipitata nel caos? È avvenuto quando hai sciolto il Medaglione? Era per questo motivo che tu non…”.
“È avvenuto quando ho abbandonato me stesso per legarmi a te” mormorò Anthos, socchiudendo le palpebre sullo sguardo bruciante “Quando tu hai scelto me per amore. Se io ti avessi costretta come intendevo fare quando ti ho sposata, il Testo Sacro non si sarebbe annullato e il destino forse sarebbe rimasto indelebilmente segnato. I miei tentativi di oppormi alla Profezia sarebbero stati destinati al fallimento… invece, quello che tu chiami caos possiede il pregio dell’indecifrabilità, dunque non interpretarlo con accezione esclusivamente negativa. Nessuno è più in grado di prevedere quanto avverrà. La possibilità che cercavo è divenuta concreta, realizzabile, un combattimento ad armi pari. Grazie a te”.
“L’Imis’eli… l’Imis’eli ha realizzato il tuo desiderio? Come può essere? Tu lo sapevi?”.
Anthos scosse la testa, lievemente divertito dal suo candido stupore.
“Assolutamente no, anche se ho intuito e ti ho sempre detto che Leuhan agiva in base alle tue emozioni…”.
“Sì” rispose lei prendendogli il volto tra le mani e rabbrividendo per il contatto più intenso con il suo corpo nudo “Sì. Però non mi hai mai rivelato che avrebbe risposto anche alle tue! Che il Crescente avrebbe letto anche te!”.
“Non ne ero a conoscenza” ammise il principe in un sospiro “Anzi, non l’ho mai lontanamente immaginato. Ero davvero convinto che fossi tu, nell’inconscio, a governarlo, a respingermi. Non ti ho mai mentito, Adara. Mi sono ostinato a guardare in una sola direzione. Tutte le altre le ho ritenute impossibili… e ho sbagliato”.
“Allora…” mormorò lei, addolorata nello scorgere la sua espressione amara “Allora avrei dovuto dirti subito che cosa provavo, evitare di aspettare così tanto! Anthos… io… oh, tutti questi mesi…”.
“No” negò lui con fermezza, mentre le sue dita sfioravano la mezzaluna in una carezza arcuata e terribilmente eccitante “Attendere è stato necessario. Il Crescente ha svolto il suo compito: ha difeso te dal male e ha permesso a me di abbandonare l’orgoglio che mi stava ottenebrando, di comprendere che esistono realtà che non potrei padroneggiare, nemmeno se i miei poteri fossero infinitamente più forti di così. Ha consentito che fossimo entrambi pronti ad accettare le conseguenze delle nostre scelte, a combattere per esse, a una reciproca resa. Io non sono mai capitolato difronte a niente, Adara... se Leuhan non mi avesse fermato, ti avrei fatta mia la prima notte che abbiamo trascorso insieme, tu mi avresti detestato e basta, non avresti lottato assurdamente per me…”.
“Io non ti ho mai odiato, Anthos!” esclamò lei, terribilmente scossa “Né allora né mai. Era solo il mio sciocco orgoglio. Restare accanto a te, amare profondamente te e il mistero di cui ti circondi mi ha mandata in confusione! Non credevo che il vero confronto con te fosse questo!”
Il reggente sorrise, concorde sulla medesima, impensabile conclusione.
“Ancora adesso non capisco in che modo tu abbia a che vedere con la Profezia… se essa è cancellata, che ne sarà di ciò che cerchi?” continuò lei.
“Ciò che cercavo, ha trovato me” mormorò il principe, enigmatico, piegandosi sul suo volto “Ma non mi risparmierà il combattimento contro il Nemico”.
Adara trasalì e ricevette il suo bacio, la sua lingua morbida che la provocava, le sue mani che sapevano come strapparla al resto dell’universo affinché volgesse la sua attenzione a lui soltanto.
“Anthos…” ansò, faticando a riguadagnare la calma “Quando sono salita qui, tu avevi sguainato la spada… perché? Tu non stavi per…”.
Lui le appoggiò le dita sulle labbra, impedendole di continuare.
“Non mi sarei certo ucciso per averti lasciata nel letto del ragazzo Aethalas” ribatté in un impeto altero “Ho fatto ammenda dandomi dell’idiota, forse non a sufficienza”.
“No” riprese la ragazza, senza lasciarsi fuorviare dalla sua espressione scaltra “Il sogno… quello di cui hai parlato con Màrsali a Odhran. Lei ha detto che tu… noi…”.
“Stupidaggini” la interruppe il reggente, all’apparenza tutt’altro che angustiato “È vero, ho sempre avuto una visione ricorrente, ma la tua amica non possiede l’attendibilità assoluta. Ciò che scorgo nel sonno può essere spiegato con la presenza ostile di Ishkur, con la sfida che mi ha rivolto e che avrei evitato volentieri. Ora che ho accettato e che la Profezia non esibisce più le sue ingombranti fantasie, anche quel sogno non ritornerà più. Non devi averne paura”.
La principessa lo osservò, dubbiosa, ma non colse alcuna ombra nel suo sguardo sicuro e intenso. Eppure, la sua desolante malinconia non se n’era andata, forse era divenuta addirittura più intensa di prima, più evidente.
“Anche la maledizione è spezzata?” gli domandò con un brivido improvviso.
Anthos spalancò gli occhi e la fissò come se non avesse colto la questione.
“Quella che pesa sul divino Irkalla…” specificò lei.
“Suppongo di no” replicò il giovane dopo un attimo di esitazione “Non vedo però il nesso. Con o senza Testo Sacro hai già incontrato il Distruttore e conosci direttamente le sue intenzioni, non è così? L’anatema di una divinità non è cosa che si possa cancellare comodamente, soprattutto quando prevede una scelta come quella che Irkalla dovrà sicuramente effettuare. Le sorti del creato sono ancora legate al suo sommo e imperscrutabile arbitrio”.
Adara sospirò con la gola serrata da un nodo di pesante tristezza. Il dio della Distruzione avrebbe atteso ancora, nell’infelicità, nell’umiliazione, nell’ingiustizia… il suo destino si sarebbe incrociato infine con quello di suo marito e il creato sarebbe insindacabilmente rimasto sull’orlo del baratro, finché il Distruttore non avesse deliberato la sua caduta o la sua salvezza. Né l’uno né l’altro… lei non voleva…
La sua profonda commozione non sfuggì alla mente perspicace del principe, che si soffermò ad osservarla, facendo aleggiare un sorriso invisibile sulle labbra.
“Ritieni che la Profezia non abbia effetto sulle sue decisioni?” sospirò lei, triste.
Anthos rimase in silenzio, replicando solo con lo scintillio ambrato degli occhi.
“Ritengo che sia troppo buio quassù…” mormorò, cambiando argomento.
“C-cosa…?”
“Non vorrai discutere delle sorti di un immortale mentre sei nuda tra le mie braccia?” ironizzò poi alquanto divertito, ponendo fine al confronto “Sarebbe irriverente”.
Prima che lei potesse obiettare serrò la stretta, aderendo a lei con il proprio corpo e accompagnando l’atto con un bacio che le tolse il fiato.
Adara gli circondò il collo, abbassando le palpebre e le difese, assaporando quel contatto epidermico e infuocato. Avvertì come una brezza che le sfiorava la pelle, ma il brivido leggero che la colse sfumò nel calore di lui, che la percorse come un flutto.
Riaprì gli occhi per immergersi nel suo sguardo, per cogliere l’essenza della sua anima, per convincersi un’ennesima volta che era Anthos a sfiorarla con passione inesausta. Un chiarore lievemente più diffuso nell’ambiente suscitò il suo stupore. Sussultò nello scorgersi distesa con lui sul talamo della loro stanza nuziale.
“Ma come…?” esalò stupefatta.
Il reggente rise di gusto, ma non abbandonò l’intreccio di membra che li univa.
“Semplice traslazione…” sussurrò suadente, come se quell’atto gli fosse naturale “Te l’ho detto, Leu-Mòr è troppo buia… io, invece, ti voglio guardare…”.
“Anthos…” mormorò lei, arrossendo all’affermazione maliziosamente esplicita.
“Sì…” anelò lui, il respiro fuso nel suo “Pronuncialo ancora… pronuncia il mio nome, come se fosse l’unico vocabolo che conosci, come se fosse… prezioso…”.
Le sue labbra ricominciarono a scaldarla, a cercarla, a annullarla.
“Inestimabile” ansò lei, desiderandolo con la stessa forza con la quale lui la voleva per sé, accompagnando i movimenti sensuali del suo corpo “Ti amo, Anthos… ti amo non è sufficiente per dirti…”.
“Lo so…” sospirò lui, facendola fremere di eros “Lo sento nell’anima…”.
Adara si allacciò a lui, strappandogli un gemito che tentò di soffocare nell’amplesso. Come se per il principe di Iomhar fosse insopportabile, mortificante, mostrare una reazione eccessivamente umana, persino mentre faceva l’amore con lei.
Lei gli posò le dita sulla bocca, schiudendogliela con dolcezza per ascoltare i suoi sospiri, lasciando che le affondasse il viso tra i capelli bruni.
“Adara…” bisbigliò il reggente, in una sorta di impotente ribellione poiché aveva concesso alle sue emozioni più profonde di affiorare al di là delle intenzioni.
“Hai tutto di me” ansimò la ragazza “Ora pretendo tutto di te, la luce e… l’ombra!”.
“Nessuno me lo aveva mai detto…” sorrise lui.
Vibrò di passione, accettò i palpiti furibondi del proprio cuore come parte innata e non umiliante di sé, permise al luogo remoto in cui era insito il suo io di imbeversi di luce pura, di restituirne altrettanta, dissipò le ombre in un atto cosciente e spontaneo, toccò senza repulsione la propria piena essenza mentre il suo corpo raggiungeva il limite fisico, unito a quello della donna che lo amava senza riserve. Anthos si lasciò andare in ogni fibra, attraverso lei accolse se stesso e smise di odiarsi, arrestò il flusso ininterrotto di astio che, partendo dalla sua furia, sconvolgeva il mondo di cui era sovrano. Si riconobbe intensamente e l’ostinata rivalsa per cui era vissuto sfumò dai suoi propositi, alleggerendo il suo onere. Si vide nella propria unicità, che non significava aberrazione, non più, in quanto avvolta nell’amore infinito di Adara… per sempre era il futuro che poteva distinguere, ma che non avrebbe svelato, quello per cui avrebbe combattuto, affrancato da ogni sorta di vincolo.
Permise al suo corpo di esprimersi in sua vece e rivelò pari amore, senza occultarsi, senza trattenersi, senza difendersi.
Si lasciò libero in un grido.
 
 
Stelio accarezzò il piumaggio color argilla di Amarelo, spiegando il foglio cifrato che Eudiya gli aveva inviato. Lo strik gracchiò pacificamente, strizzando le palpebre.
La situazione emergente dallo scritto era grave: l’assedio che stringeva Erinna era stato previsto, addirittura confermato con sfregio dal Daimar prigioniero, ma non avrebbe immaginato in tempi così ristretti. Indubbiamente gli Anskelisia avevano urgenza di lusingare e servire i loro nuovi padroni, meno materiali del vile denaro e delle ricchezze, però altrettanto esigenti e abietti.
Oppure, viceversa, erano i demoni dell’ombra ad avere impresso una brusca accelerata ai loro piani nefasti per qualche recondito motivo. Magari per ovviare a quella sorta di punto debole individuato nella compattezza maligna dell’oscurità e descritto da Dionissa come unica via di successo contro il male.
Il fatto che la capitale fosse asserragliata dai reietti, tuttavia, non garantiva margine di movimento alle tribù radunate a Zerf. Nulla lasciava intendere che gli attacchi di quegli esseri abominevoli all’oasi sarebbero cessati e la decisione di spostare le genti del deserto verso la città, per prestarle soccorso e sferrare una controffensiva da tergo, non era di semplice attuazione.
Sollevò lo sguardo verso Varsya, che leggeva con commozione le righe a lui destinate da Phylana: il reggente del Sud condivideva con lui la medesima apprensione, nonostante le parole rassicuranti che aveva estratto dalla missiva.
Il demone Rona aveva proferito una terribile verità. Quelli come lui non avevano certo bisogno di mentire, quando sapevano che la realtà degli eventi avrebbe portato più dolore di una qualunque bugia.
Shion era perduto, era impossibile rassegnarsi all’evidenza di ciò che era diventato, quale che ne fosse la ragione. Stelio rifiutava di prendersela con il destino o con il caso. Piuttosto, si auto esaminava come padre, per comprendere in quale occasione avesse sbagliato con suo figlio, quando avesse mancato di individuare i segnali di un cambiamento o di un disagio del ragazzo. Non si raccapezzava, ma si sentiva parimenti responsabile e il conforto incoraggiante espresso da sua moglie non era stato sufficiente a fargli provare meno senso di colpa. Era sicuro che anche per Eudiya fosse così. Non averla accanto aumentava la sua sofferenza.
Sperare che un miracolo avrebbe riportato sano e salvo il suo primogenito era come tenere viva la fiamma languente di una candela durante una tempesta di sabbia. Era certo che Adara avrebbe compiuto qualunque sforzo per salvare il fratello, ma non voleva pascersi nell’illusione che tutto sarebbe tornato come prima.
Varsya ripiegò il taglio di carta, tutt’altro che rassicurato. I suoi occhi bruni, rassegnati, incrociarono quelli verdi del re e non ci fu bisogno di parole.
“Lei combatterà” mormorò con amarezza “Lei, dopo Narsas…”.
“Anche mia figlia” rispose Stelio con altrettanto rammarico “Contro Shion… o quel che ne resta”.
Zheule sollevò il capo, mostrando un’espressione colma di dispiacere, ma in lui prevalse il ruolo di leader, che ricopriva da più tempo di tutti i presenti.
“È il loro dovere” asserì, sperando che la voce non gli tremasse per l’angoscia “Anche se non siamo d’accordo e abbiamo sempre immaginato che avremmo terminato il nostro percorso mortale prima di chi abbiamo messo al mondo, dobbiamo onorare le loro risoluzioni. La condizione contraria ci impedirebbe di essere altrettanto orgogliosi dei nostri discendenti. Sono adulti ormai, accettiamo con gioia la loro volontà, anche se ciò significherà non rivederli mai più”.
“Parole onorevoli, bailye” intervenne Ayonira, scostandosi dalla parete chiara del padiglione, con il bastone in pugno “Ed estremamente rilevanti. L’accettazione di ciò che ci disturba o ci rattrista priva il nemico dell’arma principale che esso ci rivolge contro. Anshar ce l’ha dimostrato, pur essendo il più giovane tra noi. Dobbiamo avere fiducia, comprendere che umano non significa debole”.
“Tutti i guerrieri Iohro e quelli delle altre tribù sono stati avvisati” intervenne Eisen, pratico “Affronteranno le creature dell’ombra con più consapevolezza. Nessuno di noi si tirerà indietro e ciascuno diverrà un supporto per chi si troverà in difficoltà”.
Stelio annuì, accogliendo con sollievo l’appoggio dei portavoce presenti. Restava da chiarire l’opportunità di uno spostamento di massa verso la capitale.
“Mi sto chiedendo se sia conveniente continuare a spezzare in due il fronte del nemico” disse “O se invece questa strategia non sortisca altro effetto che indebolire le difese che possiamo opporre. Le mura di Erinna sono salde e la presenza in loco del generale Kendeas è una benedizione, ma temo che non potranno reggere a lungo. Così come noi a Zerf”.
Zheule annuì e si passò le dita nella barba brizzolata, meditando sulla questione di non secondaria importanza.
“Il vero dilemma, se possiamo definirlo in modo così poco adeguato, sono i non combattenti. Non tutti sono in grado di affrontare un viaggio a tappe forzate attraverso il deserto, rallenterebbero i guerrieri e tra le dune sarebbero ancora più esposti agli attacchi degli Angeli”.
“D’altra parte” continuò Varsya “Non possiamo lasciarli all’oasi senza protezione. È un’ipotesi fuori discussione… pensate a quanto hanno subito i Rhevia!”.
“Lasciare qui una scorta è la soluzione meno intelligente” osservò Eisen, tormentandosi un orecchino che spiccava tra le ciocche scure “Priverebbe ambo le parti della forza necessaria ad arginare un attacco”.
“Lo stratega sei tu, bailye” affermò Ayonira gentile, rivolgendosi al portavoce Iohro “La tua è la tribù guerriera per eccellenza. Noi non possiamo che affidarci alla tua saggezza e alla tua esperienza”.
Gli altri annuirono con convinzione.
“Senza volerti imporre il peso esclusivo di una simile decisione” precisò Stelio, appoggiando la mano sulla spalla robusta dell’amico d’infanzia.
Eisen scosse la testa, turbato dall’impasse.
“Se anche riuscissimo a raggiungere incolumi e in tempi brevi Erinna” ragionò tra i denti “Tra noi e le porte sicure della città si frapporrebbe l’esercito dei ripudiati. Oltrepassarlo con le tribù al completo equivarrebbe a un suicidio. No, non possiamo trascinare le nostre genti già provate in una situazione come quella che immagino”.
“Allora non ci resta che attirare su di noi l’attenzione degli Anskelisia, sperando che non se la prendano con chi viene lasciato indietro” riassunse Zheule “Studiando prima per essi un nascondiglio meno individuabile”.
“Temo siano in troppi” obiettò Varsya “Considerando anche il problema degli approvvigionamenti. Li troveranno in un baleno”.
“Considerate che ci sono gli Alkivion, invece!” esclamò una voce gioviale proveniente dall’ingresso della tenda principale.
I convenuti si girarono in quella direzione, interdetti.
“Kiyan…?!” sbottò il reggente, più rincuorato che sorpreso “Gli dei ti abbiano in gloria! Ci stavamo domandando che fine avessi fatto!”.
Il bailye degli Alkivion esibì un sorriso aperto, inchinandosi davanti a Stelio.
“Qualcuno deve aver fatto allo spiedo il vostro strik, altezza” ridacchiò “Per fortuna le voci viaggiano più veloci degli uccelli e non si possono mangiare, così abbiamo saputo comunque della riunione in corso. Perdonate il disdicevole ritardo”.
“Non vi abbiamo sentiti arrivare…” borbottò Varsya, contrariato.
“Ovvio!” esplose fragorosamente il primo, piazzandosi i pugni sui fianchi “Ci siamo allenati per benino a fregare gli Aethalas! Se sfuggiamo agli sguardi acuti dei leggendari Guardiani del Mare, ci sono buone possibilità di ingannare anche le meno accorte creature dell’ombra!”.
Zheule alzò gli occhi al cielo a fronte della nota faccia tosta del portavoce Alkivion.
“Questo significa forse che la tua tribù è rimasta indietro?” constatò Eisen.
“A un giorno di cammino” replicò Kiyan “Ma ho portato solo i guerrieri e, a giudicare dai vostri discorsi, è stata un’avvedutezza. Pare quasi che non l’abbia pensata io!”.
“A giudicare da quanto dai aria alla lingua, invece, pare tu abbia un piano preciso” rimbrottò amichevolmente Ayonira.
Gli occhi neri del bailye Alkivion guizzarono soddisfatti tra le treccine ornate di legno lavorato che gli pendevano sulle spalle nonostante la fascia rossa e oro che le tratteneva. Indossava una casacca tinta ocra, che spiccava sulla pelle bronzea, e una stola sfumata di verde dava una nota di colore all’abbigliamento piuttosto sobrio.
“Più che altro ho il nascondiglio che fa al caso nostro” rispose trionfante “Se voi siete d’accordo, maestà, sono pronto ad assumermi la responsabilità di condurre chi non è in grado di combattere nella valle di Trodora e di proteggerlo”.
“C-cosa!?” sbottò Zheule, sgranando gli occhi nell’udire il nome “Li vuoi lasciare alla Strega del deserto!? Sei forse uscito di senno, Kiyan!?”.
Stelio aggrottò la fronte e sospirò davanti all’ennesima opportunità che pareva sfumare nell’incerto.
   
 
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