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Autore: SaraFantasy98    30/06/2020    0 recensioni
Tra gli alberi secolari della Foresta di Boundary, che tutti nel piccolo villaggio omonimo temono, è custodito un segreto.
Un segreto capace di rubare il cuore e i sogni a chiunque arrivi a scoprirlo, un segreto che è lì da sempre, ma che nel corso dei millenni è stato protetto a dovere: nessuno infatti lo conosce, almeno in questo mondo.
Emma e Jeremy, due gemelli rimasti orfani pochi mesi dopo la nascita, vengono inconsapevolmente attirati verso quel luogo tanto affascinante quanto misterioso. Ciò che ancora non sanno è che la foresta, assieme a ciò che contiene, potrebbe finalmente svelare l'enigma che da sempre circonda la storia della loro nascita, la vera storia dei loro genitori. Storia a cui entrambi cadranno dentro, inesorabilmente.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Emma
 
«Perché, Axel?» domando frustrata e sollevata allo stesso tempo non appena il racconto termina, non appena la verità tanto cercata e sofferta finalmente emerge in superficie.
«Perché non ci hai raccontato fin da subito la versione corretta dei fatti?» continuo.
Dio, sono così arrabbiata... Axel è stato con me fin dal mio primissimo giorno nel Mondo oltre l’Arcata: perché allora sono venuta a conoscenza di tutto questo soltanto adesso, mesi dopo quel momento? Perché ha deciso di farmi soffrire così tanto per lui quando poteva dirmi la verità fin dal primo istante? Perché ha deciso di mentirmi?
Alle mie parole il Notturno sospira e il suo volto livido si contrae in un’espressione afflitta, forse anche estremamente stanca.
«Prima di conoscere la vostra vera identità per me eravate solo due sfortunati di Fuori da aiutare a raggiungere Yakamoz, due di Fuori che presto non avrei mai più rivisto. Quando grazie a Jeremy capii chi voi foste davvero, ormai vi avevo già mentito su svariate questioni, Emma. Appena poco tempo prima ti avevo detto di avere ucciso Altair, di avere ucciso me stesso, quando in realtà con quel “vero colpevole” non intendevo altri che Corylus. Se a quel punto vi avessi raccontato la verità voi avreste perso ogni fiducia in me, anche perché voi stessi associavate già il mio vero nome al responsabile di ogni male. E io avevo bisogno della vostra fiducia per riuscire ad aiutarvi a ricreare i Nuclei... Così vi raccontai la stessa versione che avreste sentito anche una volta giunti a Yakamoz», spiega Axel.
«Perdonatemi, ragazzi. Per ogni singola cosa», aggiunge poi abbassando lo sguardo.  
«Tutte le cose sbagliate che ho fatto, le ho fatte a fin di bene; so che questo non giustifica le mie azioni, ma vi chiedo di mettervi nei miei panni e di pensare: “Io cosa avrei fatto al suo posto?”» conclude.
Un lungo silenzio segue le sue parole, mentre io e Jeremy ci scambiamo uno sguardo carico di incertezza.
Da parte mia non posso negare che l’aver scoperto la buona fede di Axel, la sua assoluta non cattiveria, mi ha alleggerito il cuore talmente tanto che mi sembra di essere tornata a respirare solo adesso dopo giorni di apnea.
Ora che so quanto ha sofferto quel giorno e tutti quelli a venire, ora che sono consapevole di tutte le perdite che ha dovuto affrontare in completa solitudine ed isolamento, per lui non provo altro che comprensione.
L’unica sua colpa è stata quella di aver salvato il mondo, ad un prezzo molto alto, è vero, ma quali sarebbero state le conseguenze se lui non avesse avuto il coraggio e la prontezza di pagare comunque quel prezzo?
Tuttavia, ci sono anche le bugie che ci ha propinato da tenere in considerazione: per quelle non posso che ritenerlo responsabile, anche se capisco le sue motivazioni, anche se sono consapevole che la situazione era estremamente delicata, tanto che in ballo c’era la salvezza di questo mondo.
Comprendo che non abbia voluto rischiare sfidando la sorte: in fondo neanche io so come avrei reagito a queste informazioni se conosciute prematuramente, non so se allora ci avrei creduto sapendo di udirle da Altair stesso.
Poi c’è la questione di quello che è successo tra di noi: Axel ha permesso che tutto quanto avvenisse nonostante la mia inconsapevolezza. Ma di questo posso incolpare solo me stessa: lui mi aveva avvertita fin dal primo momento, sono stata io a volerlo comunque.
“Io voglio perdonarlo. Io voglio che tutto torni come prima”, mi ritrovo improvvisamente a pensare. Così prendo la mia decisione: una decisione difficile, certo, una scelta che mi fa mettere da parte l’orgoglio e che mi fa rischiare ancora una volta, ma che spero mi porterà ad essere felice.
Solo seguendo il cuore si raggiungono certi risultati: è sempre stata questa la mia filosofia di vita. Non la tradirò proprio ora.
«Io ti perdono, Axel. Ti perdono per ogni bugia detta e per ogni verità taciuta, perché ne comprendo i motivi e credo che tu abbia già pagato a sufficienza, per tutto quanto», dico allora convinta, guardandolo in quegli occhi che alle mie parole tornano ad illuminarsi e a splendere assieme al sorriso fioritogli sulla bocca.
Così, in questo momento, mentre l’antica fiamma torna ad accendersi dentro di me, quella fiamma che credevo esseri congelata per sempre, so di avere fatto la scelta giusta.
«Tuttavia, Axel, sappi che se solo mi mentirai un'altra volta, su un qualunque argomento, anche sul più sciocco e inutile, mi avrai persa per sempre. Non tornerò mai più indietro un’altra volta, d’accordo?» aggiungo.
«Te lo giuro, Emma. Mai più», sentenzia lui senza spegnere la sua nuova felicità, annuendo sincero.
«D’accordo, ti perdono anche io, ma alle stesse condizioni di Emma», afferma allora Jeremy, convincendosi anche lui.
«Grazie ragazzi, grazie per questa seconda possibilità», dice sollevato Axel, rivolto ad entrambi.
«Bene, veniamo ora alla questione cruciale», riprende Jeremy.
«Come facciamo a far sapere la verità a tutti gli abitanti di questo mondo scagionando così finalmente Axel e noi stessi?»        
«Non credo ci sia un modo, Jeremy», afferma il Notturno.
«In questi diciassette anni ho pensato ogni singolo giorno a come poter spegnere l’odio della gente nei miei confronti, ma ogni piano che studiavo aveva sempre troppe imperfezioni, troppi fattori che avrebbero potuto far collassare ogni cosa.»
«Non ho la minima intenzione di scappare nel Mondo di Fuori o di passare il resto della mia vita in latitanza, Axel, dunque ora non ci muoveremo da qui finché non ci verrà in mente qualcosa!» ribatte il mio gemello con forza, categorico.
«Secondo me per provare la tua buona fede bisogna prima di tutto dimostrare la colpevolezza di Corylus», rifletto allora io, perfettamente d’accordo con Jeremy.
«Dimostrarla non a parole, certo, ma con delle prove concrete. Un punto di partenza può essere il movente: perché Corylus odiava a tal punto la Gente della Notte? Non posso credere che un tale sentimento fosse ingiustificato! Una volta una persona mi disse che il male ha sempre una ragion d’essere, per quanto ingiusta, sempre. Come le avevi tu, Axel, anche Corylus deve aver avuto le sue motivazioni, per quanto senza ombra di dubbio meno nobili delle tue», concludo.
«Nessuno ha mai capito il motivo di quell’odio, mai. L’unica cosa che posso dirvi è che Corylus teneva comizi anti-Notturni fin da prima di succedere a suo padre, quindi attorno ai diciotto, vent’anni. Quando Oxalis fu ucciso da quella Creatura d’Ombra durante una riunione con il Guardiano della Notte di allora, il padre di Deneb, Corylus gli diede la colpa nonostante quello avesse invece provato a salvare Oxalis», mi risponde Axel, riflettendo.
«Dunque il movente non fu la morte di suo padre, perché l’odio era già scoppiato prima», dice Jeremy.
«Forse si tratta di un qualcosa che affonda le radici nell’infanzia di Corylus... Axel, sai se esiste qualcuno che lo conobbe da bambino con cui potremmo parlare?» chiedo.
«Beh... Corylus e Anthemis praticamente crebbero insieme, le loro madri erano migliori amiche, dunque i due si incontravano spessissimo. Se c’è qualcuno che conosce l’infanzia di Corylus quella è lei, perché ne faceva parte», risponde lui.
«Allora dobbiamo parlare con Anthemis, a tutti i costi. Lei già voleva fermare il processo quando le abbiamo detto di avere delle prove in favore della tua innocenza, sono sicura che ci ascolterebbe! In fondo lei ti considera ancora suo figlio, non ha mai smesso di farlo», affermo io.
«A proposito, quali erano queste prove?» chiede Axel, sollevando dubbioso un sopracciglio.
Io sorrido.
«Te lo raccontiamo strada facendo.»
 
***  

«Ora sì che comprendo quel discorso sulle paludi», sbuffa Jeremy tirando fuori il piede che per la quarta volta gli è finito dentro ad una pozza di fango.
«Non c’erano portali vicino al laghetto?»
«Pensi che vi avrei fatto fare tutta questa fatica se fosse così?» il tono di Axel è eloquente.
«Quindi ti facevi tutta questa strada ogni giorno?» chiedo cominciando a sentirmi di nuovo davvero molto stanca.
Abbiamo trascorso la notte nella piccola grotta di Axel, per riprenderci dalle intense emozioni della giornata di ieri e per far calmare un po’ le acque, ma quelle poche ore di sonno è chiaro che non siano bastate a nessuno.
Abbiamo anche pensato di aspettare più tempo, qualche giorno o forse di più, ma non dobbiamo scordare che a differenza di prima ora il tempo scorre, e noi abbiamo bisogno di cibo: non avremmo potuto rimanere rintanati in quel posto troppo a lungo, luogo che avrebbe potuto offrirci solo acqua e qualche frutto selvatico.
«No, non tutti i giorni, però spesso», mi risponde Axel, che sta aprendo la strada mostrandoci, non sempre proficuamente, dove posare i piedi.
«Ragazzi, siamo sicuri di non stare andando in contro alla nostra fine? Come facciamo ad entrare nel Palazzo del Giorno senza essere presi dalle guardie?» chiede Jeremy portando alla luce le sue giuste preoccupazioni.
«Non sarebbe possibile farci trasportare da un portale direttamente all’interno?» propone poi lui.
«No, questo non è possibile: i due palazzi e molti altri edifici hanno protezioni   particolari che impediscono questa possibilità; tu però dimentichi chi vi sta accompagnando», dice Axel senza nascondere un sorrisetto compiaciuto.
«Come pensi che abbia fatto ad entrare e a uscire dal palazzo quasi ogni notte per quattro anni? Come pensi che siamo riusciti ad entrare io ed Emma per salvarti?» chiede poi.
«Stai insinuando che esiste un qualche passaggio segreto?» dice Jeremy piegandosi per evitare un ramo particolarmente basso.
«Esattamente, fratellino», dico ricordando quel corridoio sotterraneo buio e umido che io ed Axel avevamo percorso fino all’interno del palazzo di Komorebi.
«Ma lo hai visto il palazzo all’interno? Non crederai che tutti i suoi labirintici meandri non nascondano alcun segreto, spero!» afferma Axel.
«Sapete, io e Aaron ne eravamo ossessionati: da piccoli eravamo convinti che ci fossero delle ali del palazzo ancora sconosciute, tutte da esplorare, così passavamo giornate intere a percorrere tutti i corridoi più improbabili, ad aprire ogni singola porta che trovavamo, a sgusciare sotto le più piccole aperture. E arrivammo in stanze nascoste che per ritrovarle una seconda volta bisognava annotarsi il percorso, questo sì, ne trovammo tante: era lì che ci nascondevamo per sfuggire alle ramanzine di nostra madre, era il nostro segreto. Ma scoprimmo anche un passaggio, un corridoio che passava sotto al palazzo e che sboccava in una piccola grotta poco lontana ma ben nascosta, nella foresta attorno a Komorebi. Quella sarà la nostra porta d’ingresso.»
«E a quel punto preghiamo che Anthemis ci ascolti», aggiungo io.
«Lo farà. Ne sono certo», conclude Axel.
 
***
 
È ormai mezzogiorno quando raggiungiamo il primo portale oltre le paludi; qui non siamo più al sicuro, ovviamente, per cui con un rapido gesto delle mani Axel muta l’aspetto di tutti e tre per occhi che non siano i nostri.
Senza aggiungere altro il Notturno ci guida dentro alla stretta spaccatura sul tronco di un grande e nodoso salice, il nostro portale: un attimo dopo siamo immersi nella penombra di una grotta rocciosa aperta sul verde del bosco: si sente il rumore del mare.  
Voltandomi dalla parte opposta rispetto all’entrata lo sguardo mi si perde nelle tenebre, lunghe e profonde, che come l’ultima volta mi sembrano condurre dritte alle porte dell’inferno.
«Sicuri che di qua si arrivi al palazzo?» osa chiedere Jeremy mentre l’eco della sua voce si propaga rimbalzando sulle pareti del tunnel roccioso, assieme al ticchettio delle gocce d’acqua.
«Questo posto lo conosco fin troppo bene, fidati», gli risponde lui con amarezza facendomi stringere il cuore.
Non vedo veramente l’ora che tutto questo finisca, non vedo l’ora che tutti capiscano chi è davvero la persona che hanno odiato sterilmente per tutto questo tempo. Voglio che tutti si rendano conto che Altair ha salvato le vite di ognuno di loro, voglio che ciascuno si mangi le mani dal dispiacere di aver pensato e detto ogni male su di lui, la persona più straordinaria che esiste al mondo, la più forte, la più spezzata, la più umana, la più bella.
La persona di cui ancora sono innamorata adesso che so che non è mai stata un mostro spietato. Ma di questo avrò modo di pensare più avanti, spero.
«Axel, ma chi ha costruito il palazzo di Komorebi? E quello di Yakamoz? Da quanto tempo esistono?» chiede Jeremy distogliendomi dai miei pensieri.
«Il palazzo di Komorebi, a differenza di quello di Yakamoz -che è stato ricostruito integralmente qualche secolo fa dopo l’incendio che distrusse il precedente- esiste fin dalle origini di questo mondo: in seguito quasi ogni Guardiano del Giorno lo fece restaurare o ampliare, aggiungendo o modificando gli ambienti già esistenti. Ad un certo punto non ci sentiva neanche più dei veri Guardiani se non si interveniva sul palazzo: per questo il suo interno è tanto caotico e labirintico, a differenza di quello di Yakamoz. È una stratificazione di interventi architettonici ormai indistinguibili uno dall’altro», gli risponde lui.
Dopo qualche minuto ci decidiamo ad avanzare lungo lo stretto corridoio roccioso, ma ben presto la luce proveniente dall’imboccatura della grotta si assottiglia sempre di più, lasciandoci quasi al buio: Jeremy e il suo alone luminoso è l’unica cosa che si riesce a distinguere.
«Jeremy, sei tu il Diurno qui», afferma Axel quando ormai nessuno dei tre è più in grado di avanzare se non a tentoni.
«Vuoi che faccia luce qui dentro? Ma non ho mai fatto alcun tipo di magia, non so come si fa!» ribatte mio fratello scuotendo il capo.
«È la cosa più semplice che un Diurno possa fare, la prima cosa che si insegna ai bambini del giorno nell’iniziare ad istruirli alla magia; coraggio, prova!» dice la voce di Axel poco distante dal punto in cui mi trovo, mentre la sua figura rimane celata dalle tenebre della grotta, come anche la mia.
A tali parole vedo lo sguardo di Jeremy accendersi: subito tende una mano di fronte a sé provando a concentrarsi. L’attimo successivo, fluttuante sopra il suo palmo, compare una sfera candida, irradiante luce, che schiarisce di colpo l’ambiente attorno a noi e le pareti rocciose del corridoio. L’espressione esterrefatta di Jeremy è così spontanea e divertente che se potessi gli scatterei all’istante una foto.
Proseguiamo così il nostro cammino mentre mio fratello continua a borbottare tra sé e sé qualcosa come: “Sono stato io a fare questo, proprio io...”
Finalmente riusciamo ad arrivare, svariate centinaia di metri più tardi, ad una piccola porta di legno rinforzata da stipiti di metallo: ogni cosa è esattamente come me la ricordavo. Se ripenso a tutte le cose che non sapevo l’ultima volta che sono stata qui... Quanto sono cambiata da allora? E quanto è cambiata la mia vita?
«Pronti?» ci chiede Axel.
Io e Jeremy annuiamo, forse un po’ titubanti, così il Notturno abbassa la maniglia e apre la porta generando un lungo e forte cigolio, rumore che di certo nessuno ha udito a parte noi: tale porta infatti si trova in un’ala del palazzo talmente remota e complicata da raggiungere rispetto alle sale principali che praticamente nessuno ne conosce l’esistenza.
Senza esitare entriamo insieme in una piccola stanzetta quadrata e vuota, dalle pareti in pietra bianca come di consueto e un’apertura circolare sul soffitto che risale fino ad una piccola finestrella circolare sul tetto.
Di fronte a noi si trovano due aperture ad arco, una che porta ad un ulteriore stanzetta, questa volta circolare e senza aperture verso l’esterno, e un’altra che conduce ad un piccolo corridoio con finestre quadrate che danno sul mare, ad appena pochi metri sopra la superfice dell’acqua.
L’ultima volta che sono stata qui Axel mi aveva spiegato che dall’esterno tali finestrelle sembrano semplici fenditure sulla roccia del promontorio su cui sorge il palazzo.
Nonostante la profondità a cui ci troviamo, la luce del sole arriva a far risplendere ogni ambiente che attraversiamo grazie agli stratagemmi architettonici più disparati, che hanno permesso di avere uno sbocco verso l’esterno alla maggior parte delle stanze.
Quest’ala del palazzo non ha una sua utilità, è evidente: non ci sono infatti né mobili né arredi di alcun tipo, a parte qualche vaso di ceramica colorata di tanto in tanto sulle nicchie scavate un po’ovunque sulle pareti. Si tratta solo di un susseguirsi di sale, corridoi e scale dalle forme e dimensioni più disparate: un labirinto scavato nella roccia bianca, costruito da un genio per chissà quale ragione.
Mentre camminiamo non riesco a fare a meno di pensare a quale potrebbe essere la storia dietro a tutto questo, a quale Guardiano possa aver avuto bisogno di una simile struttura nascosta e semi sotterranea.
Seguendo Axel, parecchi minuti dopo, raggiungiamo l’ultima porta che ci rimane da aprire per entrare a tutti gli effetti nella zona abitata e conosciuta del palazzo: questa si affaccia su un piccolo sgabuzzino scarsamente utilizzato dalle domestiche, le quali evidentemente non hanno mai avuto abbastanza curiosità da aprire quelle ante che quasi si confondono con la parete stessa, curiosità che invece ebbero i due principi di Komorebi così tanti anni fa.
«Speriamo di non incrociare nessuno e di arrivare dritti da Anthemis», dico sospirando dopo aver constatato che nello sgabuzzino non ci sia anima viva.
«A proposito, come facciamo a sapere dove trovarla? Magari in questo momento non è neppure qui», continuo.
«Dovremo andare a tentativi, suppongo», risponde Axel guardandosi furtivamente intorno.
«Inoltre confido che la maggior parte delle guardie siano fuori a cercarci.»
«Beh, anche se ci prendono le guardie ci porteranno comunque dalla Guardiana, giusto?» interviene Jeremy passandosi nervosamente le dita tra i capelli biondi.
«Sì, ma a quel punto Anthemis sarà obbligata ad informare Alhena... Le guardie altrimenti parleranno», spiega Axel.
«Speriamo vivamente che ciò non avvenga, allora», affermo socchiudendo piano la porta dello sgabuzzino.
 
***
 
Axel a quanto pare aveva ragione, la stragrande maggioranza delle guardie non è dentro al palazzo: nella nostra ricerca infatti non incrociamo quasi nessuno, a parte qualche domestica che riusciamo ad evitare facilmente sgusciando dentro a porte laterali o dietro a pesanti tendaggi coloratissimi.
Dopo quasi un’ora di ricerche, quando ormai penso di aver raggiunto il picco d’adrenalina sopportabile dal mio fisico, arriviamo davanti alla camera da letto di Anthemis, uno degli ultimi posti che ci mancano da controllare.
Senza troppe remore apriamo la porta e sgusciamo dentro, trovandoci finalmente faccia a faccia con la Guardiana; il suo enorme stupore ci dà i secondi necessari per fiondarci su di lei a tapparle la bocca prima che possa urlare, poi Axel rimuove l’incantesimo che fino ad ora ha modificato i nostri tratti somatici.
Anthemis, che abbiamo colto seduta sul bordo del grande letto a baldacchino con la testa tra le mani, non appena ci riconosce si affloscia per il sollievo, facendoci cenno di lasciarla andare.
«Ragazzi... Non potete rendervi conto della catastrofe che avete combinato!» sono le prime parole che la Guardiana ci rivolge quando Jeremy allontana le mani dal suo viso. Il suo tono tuttavia non è di rimprovero, no: Anthemis in fondo è felice quanto noi del fatto che Altair abbia evitato la condanna, questo è certo.
«Possiamo immaginarlo», le rispondo io.
«Anthemis, ci dispiace, ma era l’unico modo per salvare tuo figlio. Adesso sappiamo la verità: Altair è innocente!» affermo poi mentre lei si volta verso Axel con le lacrime agli occhi e una mano sulla bocca.
«Altair... Io però ti ho visto fare le cose per cui sei accusato, io c’ero... Come puoi negarlo?» riesce infine a dire Anthemis, con voce rotta.
«Non nego niente, mamma. Ho fatto precisamente ciò che mi hai visto fare, ma dietro alle mie azioni c’era un motivo: lascia che te lo racconti», dice Axel avvicinandosi a lei e cadendo in ginocchio ai suoi pedi, il viso abbassato.       
«Avanti allora, parla. Ma ti prego, se tutto questo è solo l’ennesimo inganno, se almeno un po’ mi hai voluto bene durante la tua infanzia, risparmia questo dolore a tua madre.»
«Non mentirò mai più, mamma. Questo te lo giuro», sentenzia il Notturno, serio e solenne come solo un principe potrebbe essere.
Così, quella verità tanto a lungo taciuta sgorga fuori dalle labbra di Axel per la seconda volta in due giorni.
Quando tutto finisce Anthemis, ormai senza più lacrime da versare, si lancia verso Axel stringendolo forte, tentando di compensare con quell’abbraccio tutti quelli che negli ultimi diciassette anni non aveva potuto dargli.
«Oh Altair... Figlio mio... Se penso a quanto hai dovuto soffrire in questi anni solo perché io ho creduto a ciò che diceva la gente e non a quello che mi suggeriva il cuore! Sapevo che Corylus nascondeva qualcosa durante l’ultimo periodo della sua vita, me ne rendevo perfettamente conto, ma Corylus aveva sempre avuto i suoi segreti, sempre, segreti che avevo imparato a rispettare, a non indagare mai! Se avessi anche solo immaginato che un simile intento si celava nella sua mente... Sapevo che i miei occhi dovevano avermi ingannata, che il mio Altair, anche se ci aveva traditi coi Notturni, non avrebbe mai potuto compiere azioni simili! Ma non ho ascoltato quella voce dentro di me, scambiandola per il folle lamento di una madre che non voleva guardare in faccia una realtà troppo dolorosa da sopportare. Mi sono comportata da pecora seguendo la massa, senza neanche provare ad indagare più a fondo... Figlio mio, potrai mai perdonarmi?»
«Basta sensi di colpa, mamma, basta! Adesso è tutto finito. Ti voglio bene, te ne ho sempre voluto tanto», dice Axel piangendo a sua volta, stringendo sua madre come senza dubbio sognava di poter fare da tanto, tanto tempo.
«Però devi anche renderti conto che non sono del tutto innocente», continua lui.
«Io li ho davvero uccisi, le mie mani sono ancora sporche del loro sangue.»
«Altair, no. Corylus si è ammazzato da solo il giorno in cui ideò quel folle piano, tu hai solo fatto ciò che era necessario fare! La colpa sarebbe stata tua se non avessi avuto il fegato di andare fino in fondo: ti rendi conto che se avessi esitato entrambi i mondi non esisterebbero più? E il sacrificio di Deneb fu volontario, me lo hai detto tu stesso! Sei innocente, figlio mio. Innocente!»
«Grazie, mamma», dice Axel staccandosi da lei e asciugandosi le lacrime, sorridendo.
«Anthemis, in realtà noi siamo qui anche perché per scagionare Axel ci servono le prove della colpevolezza di Corylus», affermo sedendomi accanto a lei.
«Axel... Il nome segreto che ti aveva dato Ophrys...» dice lei rivolgendosi a suo figlio.
«Io non mi ero mai accorta di questo gioco tra di voi, me lo ha riferito Abies quando mi ha esposto i suoi dubbi su di te. Preferisci essere chiamato così, adesso?»
«Sì, decisamente. Altair ormai porta con sé immagini troppo negative, io voglio ricominciare», afferma sicuro il diretto interessato.
«D’accordo allora» dice Anthemis sorridendogli.
«Per quanto riguarda Corylus, Emma, come pensate che io  vi possa aiutare in questo? Non mi sono accorta di niente pur vivendo nella sua stessa casa...»
«Parlaci di quando eravate bambini: ricordi il momento esatto in cui Corylus cominciò a odiare i Notturni? E il perché?»
«Conoscevo Corylus fin dalla nascita, le nostre madri praticamente ci hanno fatti crescere insieme», inizia lei, perdendosi in ricordi così lontani.
«Inizialmente era un bambino normale: giocavamo insieme, eravamo sciocchi, ingenui e felici così come tutti i bambini dovrebbero essere. A mano a mano che crescevamo, però, lui diventava sempre più inquieto, introverso, tormentato. Non c’è stato un momento in cui tutto questo è cominciato, fu semplicemente un processo in crescita.
Io nonostante tutto gli avevo sempre voluto molto bene, era il mio migliore amico, anche se dei suoi pensieri più profondi non mi rendeva mai partecipe. Io, forse da sciocca, ritenevo affascinante questo lato tanto inafferrabile del suo carattere... E con il tempo finii per innamorai di lui.
Ad esprimere le sue idee contro i Notturni iniziò attorno ai sedici anni, quando il suo evidente tormento interiore aveva raggiunto vette inimmaginabili, anche se io non lo volevo vedere presa com’ero da ciò che provavo per lui.  
Da quel momento fu un crescere di maledizioni ed ingiurie contro la Gente della Notte, e le sue tesi sembravano così fondate e veritiere che tutti gli credemmo, tutti, specie quando tornò a Komorebi con il corpo di suo padre tra le braccia affermando che fosse stato ucciso dal Guardiano della Notte e da suo figlio Deneb.»
«No, fu una Creatura d’Ombra...» affermo io, ricordandomi solo dopo che nessun Diurno è a conoscenza di quei mostri da cui i Notturni li hanno sempre difesi.
«Da cosa?» ribatte infatti Anthemis, confusa.
«Te lo spieghiamo dopo, mamma. Continua pure», interviene Axel.
«Poco dopo la sua nomina a Guardiano del Giorno, Corylus mi chiese di sposarlo: anche lui alla fine aveva iniziato a ricambiare il mio sentimento. I primi mesi di matrimonio furono i più felici: Corylus sembrava più tranquillo e sereno del solito, mi riempiva di attenzioni, mi sembrava di vivere un sogno. Quel periodo felice si concluse però quando mi accorsi di non riuscire a concepire: avevo il terrore di non riuscire a dare un erede a mio marito, di non poter diventare madre come sognavo.
Oltre a questo, più passavano le settimane e più Corylus tornava ad essere quello di sempre. Io però lo amavo, dunque decisi di rispettare i suoi momenti bui quando questi arrivavano senza chiedergli nulla: le poche volte in cui avevo provato a parlarne con lui infatti non mi avevano mai portato a nulla.
 In ogni caso riuscimmo a trovare il nostro equilibrio, che perdurò anche dopo l’arrivo di Axel e Ophrys.
Ora che ci penso Corylus non mi fece mai pressioni sul fatto di avere un figlio, a lui sembrava non importare... Mi dicevo che lo faceva per me, per non farmi sentire in colpa, ma forse alla luce dei fatti... Insomma, a cosa poteva servirgli un erede se la sua idea era quella di regnare in eterno?»
«Sì, è probabile che fosse per questo», dice Jeremy.
«In ogni caso, dall’arrivo dei nostri figli in avanti, le cose rimasero pressoché invariate, fino a quando mio marito non decise di mettere in atto il suo folle piano», conclude Anthemis.  
«Dunque il suo odio contro i Notturni sembra quasi non avere origine. Magari c’è semplicemente sempre stato, però mi sembra talmente impossibile...» rifletto io.
«Corylus non ha lasciato niente di scritto? Un diario magari, o degli scritti, dei documenti che ci aiutino a capirne di più sui suoi pensieri?» interviene Jeremy camminando avanti e indietro per la stanza.
«Non che io sappia, però forse possiamo trovare qualcosa nel suo vecchio studio, quello in cui si rintanava sempre, quello in cui a tutti era estremamente vietato entrare», riflette la Guardiana.
«L’unico problema è che un incantesimo blocca la porta, un incantesimo che solo Corylus era in grado di spezzare. Io ci ho provato alcune volte, sia prima della distruzione dei Nuclei con aluni incantesimi sia manualmente dopo la scomparsa della magia, ma non ci sono mai riuscita da sola, e di chiedere aiuto a qualcuno non mi andava proprio. Alla fine decisi che avrei lasciato perdere i segreti di mio marito e non ci provai più.»
«Mostraci quella porta, mamma: forse con la magia della notte o con quella scoperta da Deneb potremmo riuscirci!» dice Axel, speranzoso.
Anthemis annuisce, poi si alza per socchiudere la porta: dopo qualche istante ci fa cenno di uscire.
«Axel, modifica i vostri aspetti, se incontriamo qualcuno lungo la strada lasciate parlare me.»
 
***
 
La strada non è molta, così per fortuna riusciamo a raggiungere la stanza su cui si affaccia la porta incriminata abbastanza in fretta e senza incrociare nessuno.
«Anthemis, ma le guardie dove sono finite?» le chiedo sembrandomi strano che a palazzo non ce ne sia davvero più nessuna.
«Le ho mandate tutte a cercarvi, dalla prima all’ultima. Qualcuno si è offerto di rimanere in mia difesa, ma mi sono rifiutata: speravo infatti che così per voi sarebbe stato più facile raggiungermi di nascosto», spiega lei.
«Dunque ci stavi aspettando!» dice Jeremy.
«Certo che sì! In ogni caso questa è la porta», afferma la Guardiana, indicandola.
Axel si mette subito al lavoro; la magia della notte sembra non avere alcun effetto, mentre usando l’altra magia l’uscio sembra indebolirsi sempre di più.
Alla fine, grazie ad un incantesimo particolarmente potente, quello si spalanca con un tonfo, andando a sbattere.
Oltre alla porta però non si trova una stanza come ci aspettavamo, ma un corridoio dal soffitto ondulato che svolta a destra dopo qualche metro: un altro labirinto, a quanto pare.
«Corylus l’ha nascosta proprio bene la sua tana», nota Jeremy spezzando il silenzio sconcertato che ci circonda.
«Se ci imbuchiamo lì dentro senza conoscere la strada rischiamo di metterci ore, se non giorni, ad uscire» riflette Axel.
«Come quella volta in cui io ed Ophrys ci infilammo nei meandri sotterranei del palazzo e ci rimanemmo per due giorni, costringendo Corylus a mandare tutte le sue guardie a cercarci in ogni angolo di questo mondo.»
«Per tutto quel tempo eravate sperduti all’interno del palazzo?» sbotta Anthemis sbarrando gli occhi.
«Sciocchi, non sapete quanto mi avete fatto spaventare quella volta! E inoltre non voleste neppure dirci dove eravate stati!»
«Beh, ora lo sai», le risponde Axel ridacchiando.
«Come facciamo adesso?» chiede Jeremy fissando il corridoio di fronte a noi.
«Filo d’Arianna?» propongo io, sembrandomi questo il modo più veloce di ritrovare la strada di ritorno.
«Il cosa?» chiedono insieme Anthemis e Axel.
«Ve ne mancano ancora di cose da sapere sul Mondo di Fuori!» dico sorridendo per poi raccontare loro il mito del Minotauro e lo stratagemma ideato dalla figlia di Minosse.
Afferrando il concetto, Anthemis pronuncia alcune parole che non riesco ad afferrare, forse nell’ antica lingua del Mondo oltre l’Arcata; subito una sorta di nastro luminoso sgorga fuori dalle sue mani, nastro che io mi lego ad un polso per iniziare la ricerca.     
«Andate voi, ragazzi, io vi aspetto qui per tenere il filo e per coprirvi nel caso arrivasse qualcuno», dice, così noi cominciamo ad immergerci nel secondo labirinto della giornata, questa volta sconosciuto perfino ad Axel.
Ci mettiamo quasi mezz’ora, ma alla fine, svolta dopo svolta, riusciamo ad arrivare all’unica altra porta chiusa di questo posto. Con nostra sorpresa notiamo che nessun incantesimo ne trattiene la serratura: i cardini cigolano non appena Axel abbassa la maniglia in ferro battuto.
Una piccola stanza appare alla nostra vista, una stanza con una grande finestra quadrata sulla parete di fondo e dal soffitto piuttosto basso.
Non appena i nostri occhi vedono quello che questo ambiente contiene, rimaniamo tutti basiti e a bocca aperta.
Gran parte della parete alla nostra sinistra è occupata da una grande mappa astronomica riportante il nome e lo schema di tutte le costellazioni esistenti e delle stelle che le compongono. Un telescopio in ottone è posizionato sotto alla finestra, in piedi sul suo cavalletto a tre piedi. La scrivania alla nostra destra è piena di scartoffie e appunti, tra i quali spicca un modellino metallico del sistema solare.
Insomma, il tipico studio di un Notturno innamorato dell’astronomia. Nel cuore del Palazzo del Giorno.
«Vi prego, trovatemi una spiegazione logica a tutto questo, perché io sinceramente non ce la faccio», sbotta Jeremy dopo alcuni minuti spesi a fissare immobili la stanza.
«Le carte sulla scrivania, iniziamo da lì», dice Axel spingendosi dentro allo studio di Corylus cercando di mantenere calma e lucidità.
In mezzo a quella confusione riusciamo a trovare un quaderno: esattamente quello che cercavamo. Le annotazioni dell’ex Guardiano del Giorno iniziano nel 1960, quando lui aveva appena quindici anni, per finire nel 1998, anno della sua morte.
Con il cuore in gola cominciamo a leggere, andando così a svelare, basiti, il segreto di Corylus:
 
15 aprile 1960
Inizio a scrivere qui per la mia salute mentale, perché altrimenti, non potendo parlare con nessuno di quello che mi sta capitando, rischio davvero di impazzire.
Questo diario sarà un segreto, mai nessuno dovrà venirne a conoscenza, mai, questo è fondamentale.
È ormai da molto tempo che ho capito ciò che vorrei più di ogni altra cosa al mondo, ma mi rendo perfettamente conto che tali desideri sono per me vani, vuoti, irrealizzabili. E tutto questo mi logora l’anima, giorno dopo giorno.
Questi desideri sono il mio pensiero fisso, il mio tormento, la mia rovina.
Io sono un Diurno, il figlio del Guardiano del Giorno perfino, il suo erede: il mio destino è quello di guidare la città di Komorebi nelle avversità e nella fortuna fino alla mia morte, ma soprattutto di vegliare sul Nucleo del Giorno, fonte di tutta la magia legata alla luce nonché secondo piatto della bilancia che tiene l’intero universo in equilibrio. Peccato che io non voglia niente di tutto questo. L’unica cosa che desidero è scappare nella notte, contemplare le stelle, venerare la luna, vivere nella magnifica Yakamoz. Ma non posso avere questo, sia a causa della mia natura sia a causa dei miei doveri.
Forse un giorno riuscirò ad accettarlo, magari questi sono solo stupide voglie adolescenziali, ma qualcosa dentro di me mi fa gridare: “No, è questo quello che sei e che sarai sempre: un anima notturna dentro un corpo da Diurno”.
 

18 luglio 1961
Sto cambiando, questo lo vedono tutti: i miei genitori, Anthemis, perfino me stesso.
“Sei sempre così cupo, Corylus! E ridi ogni tanto!”, mi dicono. Vorrei proprio sapere se loro riderebbero se portassero sulle spalle il peso della sventura che grava sulle mie. Se solo conoscessero l’inferno che sto passando, maledizione!
Mi sento incatenato, prigioniero in una vita che non desidero, in una vita che ripudio e rinnego. Di notte le cose vanno anche peggio: me ne sto nella mia stanza a guardare il cielo stellato mentre ogni cellula del mio corpo vorrebbe uscire fuori, scappare e non tornare più indietro. Ma sono costretto a rimanere fermo. Sarò costretto a rimanere fermo per sempre.
Quanto invidio tutti coloro che possono avere ciò che io invece non possiederò mai.
Odio i mezzosangue: loro hanno quella scelta che a me invece è stata negata, hanno la possibilità di decidere della loro vita, possibilità che a me, nato Diurno, non sarà mai concessa! È così sbagliato, questo, così ingiusto! Perché loro sì ed io no?
È strano, lo so, ma io odio perfino i Notturni: loro più di tutti! Loro che possono essere sé stessi senza alcuna restrizione, loro che hanno ciò che io bramo e che non avrò mai, mai!
 
13 dicembre 1963
Fuori è freddo, oggi, ma mai tanto quanto lo è dentro di me. Mi sento così arido, ormai, così svuotato di ogni felicità, di ogni gioia, che ormai l’unica cosa che provo è la rabbia, il furore. Ogni giorno è più difficile da superare del precedente, costantemente.
Ho desiderato così tanto l’impossibile che ora le uniche cose che mi restano sono l’amarezza e l’odio, odio per ciò che prima amavo, odio per chi possiede ciò che ho sempre voluto anche io. Perché loro sì ed io no, continuo a chiedermi. Ormai è un tarlo che non se ne va mai.
Ogni notte è sempre la stessa storia: soffro e soffro sempre di più, tanto che vorrei che le stelle e la luna sparissero per sempre, così che non mi ricordino più la mia disgrazia! Vorrei che la notte sparisse, sì, è questo che voglio! Così nessuno avrebbe mai più ciò che io non posso avere, così la fonte stessa del mio dolore sparirebbe per sempre!
Non posso essere un Notturno? Bene, allora che nessuno lo sia ma più! Sono nato Diurno, che solo il giorno regni, allora!

 
   
 
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