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Autore: SaraFantasy98    03/07/2020    0 recensioni
Tra gli alberi secolari della Foresta di Boundary, che tutti nel piccolo villaggio omonimo temono, è custodito un segreto.
Un segreto capace di rubare il cuore e i sogni a chiunque arrivi a scoprirlo, un segreto che è lì da sempre, ma che nel corso dei millenni è stato protetto a dovere: nessuno infatti lo conosce, almeno in questo mondo.
Emma e Jeremy, due gemelli rimasti orfani pochi mesi dopo la nascita, vengono inconsapevolmente attirati verso quel luogo tanto affascinante quanto misterioso. Ciò che ancora non sanno è che la foresta, assieme a ciò che contiene, potrebbe finalmente svelare l'enigma che da sempre circonda la storia della loro nascita, la vera storia dei loro genitori. Storia a cui entrambi cadranno dentro, inesorabilmente.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jeremy
 
Dopo aver letto solo alcune tra le prime annotazioni di Corylus, un Corylus ancora molto giovane ma già avvelenato dal rancore e dall’invidia, sappiamo già tutto quello che ci serviva scoprire.
Queste parole riportano una verità talmente sconcertante da farci inizialmente dubitare dell’autenticità del quadernetto; la stanza in cui ci troviamo è tuttavia un’ulteriore prova a favore di questa versione dei fatti, stanza che, prima di noi, nessuno ha mai più visitato dopo la morte dell’ex Guardiano.
«Per quanto assurdo possa sembrare dunque il movente di Corylus era l’invidia... Per tutta la vita ha desiderato ciò che non poteva avere e ciò è degenerato col tempo in feroce odio e brama di vendetta», afferma Emma, ancora sconcertata come tutti noi.
«Era un pazzo, solo un pazzo! Chi mai vorrebbe distruggere ciò che ama più di ogni altra cosa solo per il fatto di non possederla?» sbotto io.
«Saresti sorpreso e terrificato nel conoscere il numero di tutti coloro che la pensano così, Jeremy», mi risponde Axel chiudendo il diario, serio, e scuotendo la testa.
«Dobbiamo tornare da Anthemis, non c’è tempo da perdere», interviene Emma.
Così, seguendo il corso del filo di luce che ci eravamo lasciati alle spalle, riemergiamo dalla porta davanti alla quale ci sta ancora aspettando la Guardiana.
«Allora, trovato qualcosa?» ci chiede subito lei, capendo la risposta dai nostri volti pallidi e scossi.
«Mamma, devi leggere questo. Qui c’è la spiegazione ad ogni cosa», dice Axel porgendole il vecchio diario di suo marito. Anthemis  lo afferra, girandoselo tra le mani per qualche istante, con espressione assorta.
«Andiamo in biblioteca, lì staremo più tranquilli», dice infine facendo sparire il filo e dirigendosi in fretta fuori dalla stanzetta.
 
***   
 
Dopo aver letto in silenzio alcuni stralci del diario, Anthemis si mostra sconvolta come tutti noi.
«Oh Corylus... Se solo ti fossi sfogato con qualcuno, se solo non ti fossi tenuto dentro quel mostro che ti lacerava l’anima... Se ti fossi fidato di un fratello, di un amico o di me magari niente di tutto questo sarebbe capitato», dice la Guardiana richiudendo il quadernetto dalle pagine ingiallite dal tempo e dalla rabbia che Corylus ci riversò sopra per gran parte della sua vita.
«Ora conosciamo il movente di Corylus e le azioni da lui compiute, ma come facciamo a dirlo a tutti quanti? Secondo voi il diario è una prova sufficiente?» chiedo cercando di pensare ad un modo per organizzare le cose di qui in avanti.
«Se quelle pagine fossero reputate autentiche tutti sarebbero costretti a crederci», afferma Axel.
«Vi sono contenuti tutti i pensieri di Corylus, i suoi progetti, il percorso che lo ha portato a sviluppare quel piano che infine riuscì ad attuare. C’è scritta davvero ogni cosa, ma purtroppo non conosco un modo per provare l’autenticità di quelle pagine agli occhi delle due Genti.»
«Già, potrebbero dire che sono state create ad hoc da noi per provare l’innocenza di Axel», riflette Emma, sospirando.  
Improvvisamente, nel silenzio venutosi a creare, un’idea mi balena nella mente, così ne rendo subito partecipi gli altri sperando che possa almeno essere un buon punto di partenza.
«Axel, ascoltami. Se il giorno della distruzione dei Nuclei il piano di Deneb fosse andato completamente a buon fine, come pensavate di informare la popolazione? Ci hai detto che non rendeste noti a nessuno i crimini di Corylus prima della battaglia perché avevate bisogno che lui non sapesse che voi lo avevate smascherato, ma se tutto fosse filato liscio e i nostri genitori non fossero morti, cosa avreste fatto dopo per spiegare quello che era successo?» chiedo.
«Certo!» esclama Emma.
«Deneb sapendo di dover morire e che non avrebbe potuto difenderti in prima persona deve per forza aver pensato ad un modo per salvare la tua reputazione! Era un uomo estremamente intelligente ed astuto, di sicuro aveva immaginato quello che avrebbero capito, erroneamente, entrambe le Genti!»
«Un piano credo ci fosse, ragazzi», ci risponde il Notturno..
«Il problema è che io non lo conosco: io e Ophrys ci dividemmo i compiti nell’aiutare Deneb a progettare il piano per sconfiggere Corylus. Io lo aiutavo con la strategia bellica, mentre Ophrys lo aiutava a pensare ad un modo per rendere nota la verità quando tutto avrebbe avuto fine.  Come sapete siamo stati attaccati da Corylus prima del previsto, dunque né Ophrys né Deneb fecero in tempo a comunicarmi ciò che avevano deciso.»
«Quindi, a meno che papà non appaia dall’aldilà a dirci tutto, siamo al punto di partenza», dice Emma rattristandosi.
Ognuno di noi annuisce, frustrato: a quanto pare il piano di Deneb è morto assieme a Ophrys.
«Ragazzi...» rompe improvvisamente il silenzio Anthemis con voce un po’ tremante e insicura, lo sguardo puntato al suolo e il tono di chi non sa se continuare a parlare o rimanere in silenzio. 
«Devo confidarvi una cosa. In qualunque altra circostanza non lo farei, tanto tempo fa giurai infatti di portarmi nella tomba questa verità, come sarebbe stato giusto, ma dal momento che potrebbe essere la nostra unica possibilità...» continua la Guardiana sollevando lo sguardo e puntando gli occhi verde-azzurri su di noi, ora glaciali e determinati come mai glieli ho visti addosso.
«E se vi dicessi che in realtà parlare con Ophrys non fosse così impossibile?» bisbiglia infine.
A una tale affermazione tutti sgraniamo gli occhi, stupiti e malfidenti.
«I morti non parlano, mamma» le risponde infatti Axel, corrucciato, non credendo a ciò che chiaramente reputa una falsa speranza.
I suoi occhi tuttavia, come i nostri, a tali parole hanno brillato per un attimo: parlare con Ophrys e magari anche con Claire? Sarebbe un sogno per ciascuno di noi. Ma come? Neanche la magia del Mondo oltre l’Arcata può tanto, di questo sono convinto.
Ma a quanto pare Anthemis non lo è altrettanto.
«Da giovane avevo un precettore privato», inizia infatti a spiegare lei, continuando a giocherellare con l’anello che porta al dito.
«Era un uomo molto sapiente ed estremamente curioso; questo lo aveva spinto ad indagare i misteri più grandi che avvolgono da sempre i poteri che ci sono stati concessi dai Nuclei: poteri che nessuno è mai riuscito a comprendere fino in fondo. Le sue ricerche lo avevano spinto ad ipotizzare che il potere della notte, in linea teorica, avrebbe potuto perfino evocare le anime dei defunti. Non so come lo capì, né tanto meno quale fosse il ragionamento che lo aveva portato a stipulare una simile idea, ma lui ne era convinto. Durante una nostra discussione sui limiti della magia si lasciò scappare un po’ troppe cose, mi disse di aver trovato una persona che gli aveva dimostrato la correttezza della sua ipotesi: un vecchio eremita talmente potente da riuscire a compiere l’impensabile. Il maestro, mentre accennava vagamente al loro incontro, sembrava quasi spaventato da lui tanto ne era rimasto impressionato.
“Sono pratiche magiche al limite della razionalità, al limite della naturalità e della correttezza etica, Anthemis, pratiche di cui è meglio tenere tutti all’oscuro. È pericoloso, giurami che terrai questa cosa per te e che non ci penserai più!” mi disse lui. Ed io giurai davvero, senza più pensare a quel vecchio eremita e alle sue capacità per anni; tuttavia, quando persi tutta la mia famiglia in un giorno solo, senza avere avuto la possibilità di dire loro addio... beh, mi fu impossibile non tornare a rifletterci.
Sapevo che la magia della notte era perita assieme al Nucleo, ma se questo eremita era davvero così potente, perché non tentare comunque? Un ragionamento senza senso, lo so, ma era la disperazione a spingermi.
Chiesi così ad Abies di andare a cercarlo, raccontandogli la verità, e lui, coltivando la speranza di poter parlare a sua volta un’ultima volta con Ophrys, accettò.
Ci mise anni, ma alla fine tornò da me vittorioso: lo aveva trovato.
Così Abies mi accompagnò da lui, in quel posto così inquietante. L’eremita mi guardò e capì tutto prima ancora che io parlassi, dicendo che non poteva aiutarmi: la sua magia era potente, vero, ma pure quella dipendeva dal Nucleo della Notte che era stato distrutto. Così me ne tornai a casa, delusa e amareggiata. Adesso però la magia della notte è tornata, ragazzi: posso mostrarvi dove trovare l’eremita.»
Un brivido mi corre giù per la schiena quando Anthemis finisce di parlare, un grande turbamento mi assale. Quel precettore aveva ragione, queste sono cose al limite dell’umano: a disturbare i morti non si sa mai cosa potrebbe capitare.
Tuttavia, parlare con mamma e papà... Sapendo che esiste una tale possibilità come possiamo non coglierla al volo? Inoltre questa sembra essere la nostra unica possibilità per provare a scagionare Axel e noi stessi: dobbiamo tentare.
Alla stessa conclusione sembrano arrivare anche Emma e Axel, che, pur pallidi in volto, annuiscono.
«Mostraci una mappa, Anthemis, lo troveremo», afferma mia sorella.
 
***
 
«Axel, secondo te è una buona idea?» non posso fare a meno di chiedere quando il portale ci fa riemergere nel punto conosciuto dal Notturno più vicino al luogo indicatoci da Anthemis: parecchi chilometri più a sud della nostra meta.
Prima di partire, dopo aver mangiato e riposato un po’, abbiamo chiesto alla Guardiana se volesse venire con noi per poter parlare con suo figlio come avrebbe voluto, ma lei ha rifiutato. Non poteva sparire così da palazzo, inoltre rivedere Ophrys per poi perderlo una seconda volta le avrebbe fatto troppo, troppo male: adesso se ne rendeva conto.
Mi chiedo se lo stesso non capiterà ad Axel: io ed Emma in fondo non abbiamo mai conosciuto i nostri genitori, mentre lui sì, e sappiamo quanto fossero importanti per lui, sappiamo quanto la loro fine lo abbia lasciato distrutto.
«Io non lo so, Jeremy, ma è l’unica opportunità che abbiamo», mi risponde lui dopo un attimo di incertezza.
«Inoltre, rivedere Ophrys e Claire... Io... Come posso non provarci?»
«Axel, secondo te Deneb sapeva di questa possibilità offerta dal potere della notte?» chiede Emma mentre incominciamo a camminare tra gli alberi dai tronchi bianchi e dalle foglie scure, quasi nere, che caratterizzano questa zona al limite nord-occidentale di questo mondo.  
«Se lo sapeva, a me non l’ha mai detto», afferma lui incupendosi.
Camminiamo così per ore finché il sole non sparisce dietro all’orizzonte lasciando spazio alle ombre della sera, quelle ombre a cui presto si fonderanno le aure scure che hanno circondato Emma ed Axel per tutto il giorno.
Attorno a noi nel frattempo la foresta si fa sempre più fitta, sempre più intricata, sempre più nera.
Io che non possiedo lo stesso istinto dei Notturni per muovermi agilmente nel buio sono costretto a rallentare e talvolta ad illuminare il cammino con una sfera di luce.
A mano a mano che avanziamo un certo senso di inquietudine ci assale: è un brivido che ci pervade le membra, un’energia che comincia a vibrare dentro di noi senza sosta.
È un luogo carico di un’atmosfera strana, questo, pervaso da una vibrazione che chiunque potrebbe percepire: credo che qui ogni filo d’erba, ogni foglia e ogni goccia di rugiada sia satura di magia della notte.
Il mio istinto da Diurno continua a suggerirmi di voltarmi e di correre via, veloce, il più lontano possibile. Mi sento estremamente a disagio qui, estremamente fuori luogo, in un territorio nemico, ostile a quelli come me.
Questo posto è l’incarnazione stessa della notte: io non dovrei essere qui.
Ma nonostante questo me ne sto zitto e continuo a camminare dietro ad Emma ed Axel, turbati, certo, ma di sicuro non tanto a disagio quanto me.
Ogni sfida che ho affrontato da quando sono entrato in questo mondo mi ha fatto crescere, mi ha fatto superare i miei limiti, mi ha reso una persona più sicura di sé e coraggiosa... Se supererò vittoriosamente anche questa, beh, credo che potrò dire di non essere davvero più quello di una volta. Devo essere forte, adesso più che mai, se voglio dimostrare di essere il degno erede di Anthemis, il degno erede di mio padre, che ebbe il coraggio di schierarsi contro la sua stessa gente per ciò che riteneva giusto.
Il cielo ha appena cominciato a schiarirsi quando finalmente giungiamo al punto indicatoci da Anthemis: non che ci serva ricontrollare la mappa, è palese che siamo arrivati nel luogo esatto.
È una radura spoglia ad accoglierci: uno spazio perfettamente circolare circondato da alberi neri e fitti, al cui interno enormi monoliti di pietra vanno a formare un anello che delimita un ulteriore area circolare al centro della radura.
Su di quelli se ne stanno appollaiate varie decine di grossi corvi neri: alcuni uccelli percependo la nostra presenza si alzano in volo gracchiando, macchie alate ancora più scure del cielo sul quale si stagliano.
La strana sensazione che non mi ha abbandonato per tutta la notte qui è perfino più forte, tanto che non riesco a trattenere un tremito.
«Chi siete? Perché venite a disturbare la mia solitudine?» una voce squarcia il silenzio della notte, una voce somigliante al rumore del vento durante una tempesta, una voce che sembra antica quanto il mondo stesso, la voce di una creatura che non può essere del tutto umana.
Io e gli altri ci stringiamo uno all’altro, a disagio, non capendo da quale direzione la voce sia arrivata e senza vedere nessuno.
Il cuore di tutti inizia a battere freneticamente, ma nonostante questo Axel trova comunque la forza di parlare.
«Sono Altair, figlio di Deneb, e questi sono Emma e Jeremy, figli di Ophrys. Siamo qui per chiedere il tuo aiuto: abbiamo bisogno di conoscere una verità che solo i defunti possono comunicarci. Né va della nostra vita. Ti prego, aiutaci.»
Improvvisamente una figura scura emerge dalla foresta dall’altro lato della radura, avvicinandosi a noi sempre di più, senza fretta.
Solamente quando quella arriva a pochi metri di distanza da noi riusciamo a distinguerne le fattezze: si tratta di un vecchio alto, imponente, dal viso scavato da profonde rughe. Una lunga barba grigiastra gli ricade sul petto assieme agli scompigliati capelli dello stesso colore. Indossa una lacera tunica marrone legata in vita da una cintura e sandali di cuoio, in mano tiene un lungo bastone.
I suoi occhi, che al buio della notte appaiono neri come il carbone, sono profondi e incavati, senza età: trasmettono una sensazione di profonda saggezza e di grande, grande potere.
«Altair, figlio di Deneb», dice il vecchio eremita con la sua roboante voce.
«Distruttore dei Nuclei e due volte parricida. Come posso esserti d’aiuto?»
«Io... io non», inizia a dire turbato lui, chiaramente spaventato e in soggezione.
«Neghi forse le tue azioni, figlio di Deneb?» insiste il vecchio.
«No, io non le nego, ma voglio poter dimostrare le mie buone intenzioni», afferma Axel ritrovando la voce e un briciolo di audacia.
«Per questo ho bisogno di parlare con mio fratello. So che in questo tu puoi aiutarmi», continua.
«So che non sei colpevole, figlio di Deneb, lo leggo nella tua anima.»
«Tu leggi le anime?»  chiede allora Axel, piuttosto turbato.
«Il potere della notte mi permette di vedere ogni verità sepolta nel buio, ogni verità nascosta, ogni verità non palesemente manifesta: ogni Notturno possiede questa capacità di vedere oltre l’apparenza, questo desiderio di andare oltre il visibile, oltre l’ovvio, a differenza dei Diurni.  Io ho sviluppato meglio di tanti altri questa dote, che ora mi permette di vedere cose senza neanche cercarle.»
«Per tutta la vita ho creduto che fosse mio padre il più grande conoscitore della magia. A quanto pare mi sbagliavo.»
«Tuo padre ne sapeva abbastanza, non dubitarne. Avrebbe potuto uguagliarmi se lo avesse voluto, ma per farlo avrebbe dovuto dedicarsi anima e corpo allo studio e alla pratica: il suo ruolo da Guardiano glielo impediva. Inoltre si faceva troppi scrupoli, glielo ripetevo in continuazione.»
«Tu... Tu lo conoscevi di persona?» sbotta Axel, basito dalla rivelazione.
«Lo conoscevo: molte delle cose che sapeva gliele ho insegnate io stesso», risponde il vecchio. 
«Ma veniamo al motivo per cui siete qui», prosegue.
«Volete parlare con Ophrys, magari anche con la prima di Fuori, giusto? Bene, li evocherò per voi, ma dovete essere consapevoli che c’è un prezzo da pagare.»
«Qualunque cosa», afferma Emma, sicura di sé come sempre, attirando su di sé l’attenzione del vecchio eremita.
«La ragazza è determinata, vedo. Ora ascoltate, voglio che siate consapevoli di ciò a cui andate incontro. La magia della notte mi permette di evocare i morti per una ragione precisa: noi Notturni non possiamo controllare la vita terrena degli esseri viventi come i Diurni, che hanno la capacità di curare i corpi con la magia o di far crescere dalla terra piante ed erbe di ogni tipo. No, noi abbiamo il controllo della vita spirituale, la vita che si accende tra le tenebre della morte, brillante come una stella nel buio della notte. Vita terrena, visibile a tutti, brillante e certa come la luce del sole, ai Diurni. Vita spirituale ai Notturni. Così come posso sfruttare il potere di una certa stella che brilla nel buio, così posso evocare una vita che brilla nella morte.»
«Lo capiamo», dico trovando, non so come, il coraggio di parlare a mia volta. 
«Ma qual è il prezzo da pagare?»
«Evocare uno spirito sulla Terra significa strapparlo temporaneamente alla Morte, la quale reclama indietro qualcosa come risarcimento alla momentanea perdita di un’anima. Potrebbe strapparvi un ricordo, un sentimento o una dote innata, qualunque cosa a suo piacimento, per tutto il tempo che vorrà. Ci potrebbero volere ore, giorni, mesi o anni prima che vi venga restituita: accettate di rischiare?»
Io e gli altri ci guardiamo: non abbiamo scelta, anche se ognuno di noi è chiaramente preoccupato di perdere qualcosa di importante, qualcosa che fino ad ora abbiamo reputato indispensabile per la nostra vita. Ma ormai non possiamo più tornare indietro.
«Accettiamo», diciamo tutti e tre insieme, ad una voce.
«Bene. Seguitemi.»
Detto questo il vecchio si volta e inizia a camminare, fermandosi poi al centro del cerchio di pietre.
«Fermi!» grida verso di noi alzando un braccio nella nostra direzione, facendoci immobilizzare. Tutti iniziamo a sudare freddo e a tremare.
Sopra di noi il cielo, pieno di grosse nuvole cariche di pioggia, è ormai visibile grazie ai primi raggi del sole che a breve emergerà dall’orizzonte.
Senza attendere oltre il vecchio chiude gli occhi e solleva in aria il bastone, iniziando a cantilenare muovendo ritmicamente le braccia: attorno a noi, improvvisamente, compaiono delle ombre scure che iniziano a ruotare sempre più velocemente, sollevando un gran vento.
In pochi instanti la radura sparisce e la voce dell’eremita si smorza: ora ci siamo solo noi, circondati dal muro roteante di tenebre e sovrastati dal cielo grigio in cui i corvi continuano a volare in quella che pare una danza, gracchiando cupamente.
Dopo alcuni minuti durante i quali nessuno dei tre ha il coraggio di dire una parola, finalmente, accade qualcosa: due piccole luci sferiche compaiono davanti a noi, luminose come due piccoli soli. All’improvviso quelle iniziano ad ingrandirsi, sempre di più, fino a diventare due silhouette candide dalla forma umana inginocchiate di fronte a noi.
Il cuore sembra volermi uscire dal petto quando infine la luce delle due figure si smorza gradualmente, rivelando ai nostri occhi sconcertati e pieni di meraviglia e speranza i tratti e le fattezze di Ophrys e Claire, i miei genitori, vestiti con delle leggere tuniche candide.
L’emozione che provo in questo istante è indescrivibile, semplicemente la più potente che mi abbia mai investito: gli occhi mi si riempiono di lacrime non appena riconosco il viso di mamma, conosciuto grazie alle tante fotografie mostrateci dai nonni, e quando vedo per la prima volta in vita mia il volto di mio padre.
Mamma e papà: strani nomi da associare a due ragazzi evanescenti che sembrano avere appena quattro o cinque anni in più di me e di Emma, ma guardandoli non posso fare altro che pensare a quanto sono orgoglioso di essere figlio loro.
Claire è una ragazza esile e minuta: la sua forza e il suo coraggio, gli stessi che l’hanno caratterizzata in vita, si vedono stampati a chiare lettere sul suo viso dolce e risoluto ad un tempo. Ha caldi occhi color cioccolato, capelli dello stesso colore mossi e corti fino alle spalle, il naso leggermente all’insù come il mio; la bocca sottile è tesa in un grande sorriso.
La prima cosa che invece si nota in Ophrys è lo sguardo irriverente e carismatico che parte dai suoi occhi azzurri come il cielo di maggio, colore evidenziato ancor di più dalle lunghe ciglia nere appena più scure dei suoi capelli corti e scompigliati.
Anche lui sorride, un sorriso luminoso come una stella.
Ci vogliono parecchi attimi affinché lo shock cali abbastanza da riconsegnarci le facoltà linguistiche e motorie, ma non appena questo succede tutti e tre ci inginocchiamo davanti alle due anime, così da poter parlare con loro faccia a faccia.
Per quanto gli animi di tutti noi siano in subbuglio credo che sia Axel il più toccato e commosso nel profondo: se ne sta in ginocchio davanti a Ophrys con gli occhi sgranati e pieni di lacrime, mentre la sua bocca continua ad aprirsi e chiudersi senza emettere suono.
Mio padre allora allunga le braccia verso quello che era suo fratello, afferrandolo per le spalle.
«Oh Axel, sono coì felice di vederti!» dice Ophrys altrettanto commosso, facendomi così ascoltare la sua voce per la prima volta, quella voce che tante volte avevo provato ad immaginare senza risultato.
Adesso che la sento davvero una strana sensazione mi pervade, come un déjà-vu, come se avessi appena ritrovato un ricordo che la mente aveva perduto, ma il cuore conservato con tutta la cura possibile.
«Aaron, perdonami, io... io... se solo fossi arrivato prima...» trova finalmente la forza di dire Axel, afferrando a sua volta il fratello per le braccia.
«Niente di ciò che è successo è stata colpa tua! Niente! Ti sei tormentato l’anima per diciassette anni invano! Avrei così tanto voluto esserci per sostenerti e aiutarti, Axel! Mi ha spezzato il cuore vederti sempre in quelle condizioni e non poter fare niente! Ma io c’ero, noi c’eravamo! Ci siamo sempre stati!» dice Ophrys accennando a Claire, che inizia a parlare a sua volta suscitandomi dentro le stesse emozioni di poco fa.
«Ha ragione lui, Altair. Tu sei una persona meravigliosa, non hai colpe! Ciò che è accaduto semplicemente doveva accadere, tu hai avuto il coraggio di pagare il prezzo della salvezza! E soprattutto hai aiutato i nostri bambini a compiere il loro destino», dice nostra madre spostando lo sguardo su di noi.
«Emma, Jeremy, venite qui!» dice poi lei tendendo le braccia verso di noi, mentre Axel si fa rispettosamente da parte.
Io ed Emma allora ci guardiamo per un attimo, come facciamo sempre un secondo prima di buttarci a capofitto in qualcosa di importante, facendo incontrare i nostri occhi emozionati come a dire: “Avresti mai pensato che un giorno non solo avremo saputo la verità su di loro, ma li avremo addirittura abbracciati?”
Un secondo dopo mamma e papà ci stanno cullando tra le loro braccia, cercando di comunicarci con quella stretta tutto l’amore che in questi anni non hanno potuto darci.
«Siamo sempre stati anche accanto a voi, luci dei nostri occhi, ad ogni vostra tappa importante noi c’eravamo, sempre, cercando di infondere in voi la forza e il coraggio necessari ad affrontare la vita», dice papà.
«Siete stati bravissimi, ragazzi, eccezionali. Avete portato magnificamente a compimento il vostro destino, avete salvato il nostro mondo. E avete ancora così tanta vita davanti a voi!» interviene la mamma.
«Vi abbiamo cercati così tanto», dice allora Emma.
«Abbiamo cercato la verità fin da quando siamo stati grandi abbastanza da capire, sempre, e quando l’abbiamo trovata abbiamo compreso davvero quanto siete stati, e siete ancora, speciali. Siamo orgogliosi di essere figli vostri, vi vogliamo bene.»
«E noi ne vogliamo a voi, non potete neanche immaginare quanto!»  risponde papà.
Non so per quanto tempo poi rimaniamo così, stetti uno all’altro, ma alla fine i nostri genitori ci lasciano andare per tornare a guardarci negli occhi.
«Emma, Jeremy, Axel, ascoltate» inizia Ophrys.
«So perché ci avete cercati in questo modo, so cosa vi serve. Avete ragione: io e Deneb davvero preparammo un piano per svelare la verità alle due Genti e per salvare la reputazione di Axel. Il Guardiano mi rivelò che l’unico modo per salvare l’Equilibrio era che lui inglobasse in sé il Nucleo e si sacrificasse, mi rivelò anche di essere il vero padre di...»
«Tu lo sapevi fin da subito?!» lo interrompe Axel sgranando gli occhi.
«Certo che lo sapevo! Deneb lo disse soltanto a me perché lo aiutassi a preparare il piano per il dopo-battaglia, un piano in cui lui non avrebbe avuto alcuna parte», gli risponde il fratello.
«Lo sapevi e non mi hai detto niente?» insiste sconvolto il Notturno.
A questo punto Ophrys guarda Axel sollevando ironicamente un sopracciglio, per poi sghignazzare trattenendosi a stento.
«Ehm, fratello, forse ti sfugge un piccolo dettaglio... Sì, insomma, tu mi avevi tenuto nascosto ben di più e per molto più tempo, se non ricordo male! Ho pensato che tenerti all’oscuro di ciò per pochi giorni non fosse la fine del mondo! Un po’ te lo meritavi, ammettilo!» dice facendogli l’occhiolino.
«Ok, devo dire che questo lato di te non mi è mancato affatto!» afferma Axel imbronciandosi.
«Bugiardo, guarda che ti ho visto mentre frignavi disperato sulla mia tomba!» ribatte papà facendoci scoppiare tutti a ridere, Axel compreso.
«Ad ogni modo», continua poi tornando serio.
«Dopo avermi svelato la verità e avermi fatto giurare di non dirti niente prima del tempo, Deneb mi chiese di tornare a Komorebi per catturare alcune immagini con la magia del giorno: scattare delle foto e fare dei video, direbbero i di Fuori.
Documentai così la stanza vuota del Nucleo e le magie fuori dal comune di mio padre, spiegando nel mentre tutta la verità. Tornato a Yakamoz aggiunsi alle riprese un’immagine di Deneb che raccontava ciò che era necessario fare per salvare l’Equilibrio, includendo nel discorso anche la sua intenzione di nominare te, Axel, suo erede in quanto figlio naturale. Una volta finito io e Deneb trasferimmo le immagini catturate in due copie dentro a delle sfere di vetro che, una volta rotte, avrebbero riprodotto nell’aria tutte le immagini davanti alle due Genti.
Per tenere le due sfere al sicuro durante la battaglia decidemmo di portarle nel Mondo di Fuori assieme a voi, ragazzi, così prendemmo due ciondoli e le inserimmo al loro interno, legandoveli al collo. Quando vi consegnai a Ada e James dissi loro che, se non fossi tornato a prendervi, avrebbero dovuto mandarvi qui quando sareste stati pronti, ma categoricamente con quei ciondoli addosso. Ada ha aggiunto al loro interno le placchette con i vostri ritratti, ma al di sotto di quelle troverete ciò che cercate.»
Appena nostro padre finisce di parlare io e mia sorella ci sfiliamo i ciondoli, sconcertati: così tutte le risposte sono sempre state con noi, a portate di mano, per tutto il tempo, fin dall’inizio...
Febbrilmente apriamo i ciondoli e solleviamo le placchette coi ritratti: al di sotto di essi compaiono ai nostri occhi due piccole sfere azzurrine, incastonate nel corpo del ciondolo.
«Dunque basta romperne una e una sorta di documentario verrà proiettato nel cielo?» chiede Emma, ancora abbastanza scossa.
«Esattamente tesoro», interviene mamma.
«Rompetene una a Yakamoz e una a Komorebi: tutti saranno costretti a credervi! La magia del giorno non può mentire, le immagini catturate in questo modo non possono essere manipolate, lo sanno tutti.»  
«Bene, ora avete ciò che cercavate. È giunto il momento di salutarci, adesso», dice Ophrys.
Così annuiamo, mogi e tristi, in attesa di un addio a cui nessuno di noi è minimamente pronto.
«Emma, sei una ragazza coraggiosa e sicura di te, sai quello che sei e sai quello che vuoi: non cambiare mai, tesoro mio, mai. Segui sempre le tue idee e il tuo cuore, continua a servire i valori in cui credi: se farai così non potrai mai perderti!» dice Claire abbracciando teneramente sua figlia, per poi rivolgersi a me.
«Jeremy, figlio mio, da quando hai scoperto le tue vere radici e da quando hai dovuto affrontare situazioni e difficoltà che prima ti sembravano insormontabili ti sei davvero trasformato. Hai finalmente capito che anche tu vali, che anche tu sei speciale! Non dimenticarlo mai, non lasciarti mai abbattere dalla paura di non essere abbastanza! Vorrei che tu potessi vederti con i nostri occhi, allora capiresti davvero che non esiste situazione che tu non possa affrontare con successo!»
«Grazie mamma, lo ricorderò», le rispondo stringendola ancora a mia volta.
Anche nostro padre ci attira a sé per un ultimo saluto, affermando di essere il padre più fortunato del mondo ad avere noi come figli.
Quando alla fine ci separiamo anche da lui lo sguardo di Ophrys cerca nuovamente Axel: colui che un tempo era stato e sarà per sempre il suo migliore amico, suo fratello, anzi, di più: un’estensione di sé stesso.
Così i due si avvicinano uno all’altro e si stringono la mano, specchiandosi uno negli occhi dell’altro per un’ultima ed estrema volta.
«Axel, prima di andare devo dirti ciò che non ho potuto mentre ero in vita: grazie per la nostra infanzia e per la nostra amicizia, grazie per tutte le volte in cui mi hai aiutato e sostenuto, grazie per tutte le volte in cui mi hai fatto ridere e anche per quelle in cui mi hai fatto piangere e gridare dalla rabbia. Grazie per aver provato a salvarmi e per avermi stretto la mano durante il mio ultimo viaggio. Soprattutto, grazie per avere aiutato e salvato i miei figli. Ti voglio bene, fratello, da qui all’eternità. Un giorno saremo di nuovo insieme: spero per te il più tardi possibile.»
«Grazie a te, Aaron, e perdonami se non sono stato un fratello esemplare: ti ho deluso profondamente, tanto profondamente che credevo di averti perso per sempre. Vorrei non averlo fatto, fratello. Addio, per ora: un giorno saremo ancora insieme, stavolta per sempre.»
Detto questo anche Axel si alza e fa un passo indietro, mentre i corpi eterei ma concreti di Ophrys e Claire tornano a risplendere di luce.
Prima di sparire del tutto, però, un lampo sembra attraversare gli occhi di Ophrys, che ricomincia a parlare.
«Ah, un’ultima cosa! Axel, dal momento che questo scherzetto temporale ha messo le cose in un certo modo, e solo per questo, credo che mia figlia non potesse finire in mani migliori delle tue, dunque, per favore, basta paranoie! Godetevi insieme questa vita, cogliete il dono che è questo amore per voi! Un amore sano e sincero non può mai essere sbagliato, non può mai essere un errore. Ricordatelo sempre!» dice facendo così aprire due enormi sorrisi nei volti di Axel ed Emma.
L’attimo dopo Ophrys e Claire non ci sono più.  
   
 
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