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Autore: meiousetsuna    01/07/2020    7 recensioni
Questa storia è stata pensata per il contest: Generi a catena di Dark Sider, scritta col prompt di Lita_EFP: Non aveva mai visto del sangue di quel tipo, prima
[Generi secondari: light fantasy, magic realism / Avvertimenti: mild! Language]
[Human!Crowley/Nephilim!Aziraphale]
[Parte 4/4]
Anthony J. Crowley non è stato un ragazzo fortunato. La sua famiglia non è stata di alcun supporto, anzi, al contrario, lo ha condannato a una vita molto difficile. Le persone che lo circondano peggiorano la situazione, ma un giorno, quando meno se l’aspettava, un uomo molto speciale incrocia il suo cammino. O questo è quello che crede…
Con infinito amore per questo fandom meraviglioso,
Setsy
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Hastur, Ligur
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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GRAZIE. Grazie a quelle poche, preziosissime persone che hanno creduto in questa piccola cosa e sono ancora qui, a leggere - finalmente - il finale! Vi adoro

 IV° parte
in questo capitolo: uso del prompt, in blu

La percezione delle cose è sempre relativa, diversa per ognuno in ogni situazione. Anche se le finestre ben chiuse non consentivano a nessuno spiffero di insinuarsi nell’appartamento, la sola algida luce invernale che filtrava dalle imposte era sufficiente a far sentire un certo fresco nella stanza, preferendo tirare su le coperte fino agli occhi. Aziraphale si svegliò con una sensazione di benessere che non ricordava di aver provato da tanto tempo. Un angolo della camicia del pigiama era sollevato, e le dita del suo ospite lo stavano delicatamente sfiorando sulla pelle nuda, calde ed eccitanti, anche se erano ferme all’altezza della vita.
“Buongiorno, angelo. Ho dormito benissimo, e tu? È quasi mezzogiorno, abbiamo riposato abbastanza”.
La voce di Crowley era maliziosa, ma non come la volta precedente. Non c’era nessuna messinscena consumata, era seduttiva in modo naturale, incrinata da una nota di insicurezza che la rendeva solo più irresistibile. Se Aziraphale fosse stato più freddo, meno incline ad amare come fondamento della sua natura, avrebbe anteposto le regole ferree che lo vincolavano al suo operato a tutto: ma quel ragazzo si era scavato un posto nel suo cuore con una semplicità e in modo tanto fulmineo da fargli riconoscere, senza dubbio, di essere predestinato a lui. Era capace di distinguere un piano del Grande Architetto.
Con un sospiro affannato spostò la mano di Anthony, portandola alle labbra. Gli baciò il polso, il palmo, le dita, leggendo il dubbio lacerante che attraversava gli occhi castani screziati d’ambra dal riflesso del sole.
“Non ti sto respingendo, Crowley. C’è una cosa che devi sapere. Non potevo fidarmi di te a occhi chiusi, lo comprendi, mio caro? Sono sempre stato prudente… sto per mettere la mia sicurezza nelle tue mani”.
“Hai parcheggiato in seconda fila e non hai pagato la multa”.
Non lo stava prendendo in giro, eh. Magari un pochino. Ecco, ora iniziava a parlare come quell’essere che sembrava più uscito da una favola che un uomo come gli altri. Pazienza, a chi doveva rendere conto?
Il libraio accennò un sorriso allo scherzo.
“No, è una cosa molto più seria, temo. Io…” La frase non poté completarla, perché un bacio travolgente gli aveva chiuso la bocca. C’era urgenza e c’era fiducia, e l’unica cosa possibile era ricambiare, passando le dita tra le ciocche fiammeggianti, stringendo quel ragazzo con le ossa da uccellino e le labbra brucianti fino a farlo placare.
“Devi vedere una cosa, sul serio, per favore”.
Aziraphale si tirò su, aprendo il cassetto del comodino per prendere delle forbicine e un fazzoletto.
“Vuoi che guardi mentre ti fai una manicure? Sei perverso, angelo”.
Anthony era perplesso, ma non riusciva a capire cosa potesse mai esserci di così grave da impedire la realizzazione del suo desiderio.
Mentre si preparava a qualche altra battuta, il biondo fece l’unica cosa che non si sarebbe mai aspettato: con una delle lame si praticò un taglietto su un pollice. Il giovane i giochi pericolosi li aveva sempre evitati, ma non era certo tipo da svenire alla vista del sangue, per cui… ma il punto non era quello. Quella macchia che si era formata sul fazzoletto candido non era possibile. Nel centro della chiazza rossa c’erano delle venature dorate, come la foglia che adorna i dipinti più preziosi.
Io… non ho mai visto del sangue di questo colore. È uno dei tuoi trucchi da prestigiatore? Perché questo è riuscito bene”.
C’era una leggera vibrazione nella sua voce, unita alla speranza di sentirsi rispondere “sì”, che fosse solo un gioco. Quale spiegazione poteva essere reale?
“Non sono un normale essere umano” un silenzio assordante riempì la stanza “ma non devi temere, non sono un mostriciattolo venuto da un altro pianeta!” Il tono falsamente allegro non convinceva nessuno dei due interlocutori, però non per questo Anthony era spaventato. Cioè, non nel senso convenzionale del termine; quello che temeva era un destino così sfortunato da privarlo dell’unica possibilità di essere felice, perché messo alle strette poteva solo ammettere con se stesso che era quello che aveva provato appena aveva conosciuto quella delizia.
“Sono un nephilim” (1), Crowley. Un mezzo angelo se preferisci una definizione più precisa, ecco”.
Anthony aprì la bocca, poi la richiuse con uno schiocco secco. Non riusciva a dire niente di spiritoso, ad arrabbiarsi, a sdrammatizzare. L’unica cosa che sentiva nella testa era un coro di vero-vero-vero, una rivelazione.
“Esisti davvero?” La voce del ragazzo era spezzata come il suo cuore “Puoi svanire da un momento all’altro?”
“No, piccolo mio. La mia natura fisica è quasi quella di un umano, ma se non succederà un brutto incidente morirò a cento anni esatti, e non mi ammalo mai. È qualcos’altro ad essere diverso… ho il potere di influenzare le persone a compiere scelte buone e l’ho fatto con te. Mi sono insinuato nella tua mente, due volte, e ti ho distratto dal volerti ubriacare… ho sbagliato, Crowley”.
“No, non ce l’ho con te, ma… Hastur, Ligur… cosa sono, loro?”
Aziraphale spalancò gli occhi con un moto di paura. Era troppo, per il ragazzo? Era terribilmente pentito di aver confessato, ma mentire era anche peggio. Prese un grande respiro, cercando le parole.
“Non dirlo” Anthony posò due dita sulle sue labbra rosee “ho capito, non serve essere un genio. Sono i tuoi nemici. Ho indovinato?” Un cenno del capo fu la sola risposta. L’atmosfera nella stanza era indecifrabile, pesante come se invece dell’aria ci fosse del vapore denso da respirare.
“La scommessa era davvero sulla mia vita, insomma, la mia anima? Basta essere un alcolista per essere la persona peggiore del mondo?” La voce del ragazzo era stridente, i denti digrignati per lo sforzo di non gridare, di non fare una scenata terribile in quel momento. Forse rovesciare ogni oggetto presente nella camera sarebbe servito a qualcosa, forse no. Osservò le proprie mani tremanti, e Dio, sì che in quel momento aveva voglia di bere!
“No, Crowley. È quello che sarebbe successo tra poco tempo, caro. Ti saresti tolto la vita. Non l’avrei mai fatto se non avesse portato solo benefici, te lo giuro. Puoi fidarti di me?”
Anthony si alzò lentamente dal letto, girandosi a guardare Aziraphale, anche se un velo di lacrime che si rifiutavano di scendere gli appannava la vista. Gli girava la testa, sapeva bene cosa desiderava e nel contempo, per orgoglio, sarebbe voluto uscire sbattendo la porta tanto da staccarla dai cardini.
“Se smetterò di bere forse potrei vivere fino a ottantacinque anni, non è strano. Voglio dire, potrei stare bene e restare sempre con te, se mi vuoi. O me ne vado, e non ci vedremo mai più, non voglio illusioni”.
In tutta la sua vita Aziraphale non era stato mai meno che attento a non farsi sopraffare dai sentimenti personali se potevano distoglierlo dalla missione, ma adesso era semplicemente impossibile opporsi a quello che il suo cuore stava gridando. Si mise a sedere allungando le mani verso il giovane, con una richiesta negli occhi. Un primo passo titubante, un secondo, e Aziraphale si trovò le braccia piene di un corpo sottile e caldo come se ardesse di febbre, il peso lieve di Crowley sulle sue cosce salde, le gambe intrecciate dietro la sua schiena con forza, come se temesse di essere allontanato. Le dita fini erano tuffate nei riccioli chiari, e il bacio non era solo quello di un innamorato, ma quello di una creatura che è appena scampata alla morte per soffocamento e può respirare solo se l’aria gli viene soffiata nei polmoni. Dopo un tempo che sembrava infinito si staccarono, solo lo spazio necessario a guardarsi mentre si accarezzavano il viso e il collo.
“Fai quello che vuoi”. Anthony l’aveva detto con spavalderia, e con decisione, perché sì, gli sarebbe andato bene tutto. “Che ne dici…” Con un gesto disinvolto fece per abbassare i pantaloni del pigiama del biondo, ma si sentì fermare per i polsi.
“No, tesoro. Lascia che mi prenda cura di te”.
Anthony trattenne il fiato mentre si sentiva spingere delicatamente dalle spalle fino a sdraiarsi su quel letto morbido, tra le lenzuola che conservavano già il loro odore. Chiuse gli occhi per gustare a pieno le sensazioni che non aveva mai conosciuto, il tocco morbido con cui il suo amante lo stava spogliando, timoroso di fare qualcosa che lui non volesse. Le sue labbra a cuore dappertutto, le sue mani dappertutto.
“Stai bene?” Aziraphale stava bisbigliando tra i suoi capelli per non disperdere neppure il suono di una parola, per non sprecare niente al di fuori di loro.
“Sei il mio angelo, non potresti mai fare male. Ti prego…”
Quando lo sentì entrare dolcemente dentro di sé, Crowley si abbandonò alla passione come non l’aveva mai provata nella sua vita. Era la sensazione di appartenere a qualcuno e nello stesso momento di essere libero, lo riempiva di scosse di elettricità che l’attraversavano dalla testa fino a pizzicare sotto le unghie. Si trovò a sollevare le ginocchia il più possibile per offrirsi maggiormente, per dire senza parole quanto lo desiderasse, perché a parlare proprio non riusciva, era troppo. Aziraphale si muoveva ad un ritmo lento, seguendo la risposta del corpo del ragazzo, baciandogli il collo e sussurrando frasi d’amore senza senso. Quando alla fine le scosse di piacere furono troppo forti per resistere oltre, fu come volare.
Rimasero stretti in un abbraccio tremante, cullati da piccoli gemiti e respiri, da parole scritte con le dita.
Nessuna promessa, nessun rimpianto. Le mani a seguire la linea dei volti per memorizzarli, il timore di dire qualcosa di sbagliato. Si riposarono abbracciati, finché Aziraphale si addormentò per alcuni minuti.
Al suo risveglio il posto accanto al suo era vuoto, ancora tiepido, le lenzuola sgualcite sulle quali era posato un biglietto.
“Angelo, devo andare via. È l’ultima cosa che voglio, ma devo trovare una strada con le mie forze, non col tuo aiuto sovrannaturale. Non saprei cosa è vero, e i miei demoni mi perseguiterebbero, e anche te. Dammi un anno per cambiare, aspettami. O no, non sei costretto. Sei l’unica persona che ho amato. Che amerò.
A.J. Crowley”.
Aziraphale poté solo stringere il foglietto tra le mani, mentre calde lacrime cadevano dai suoi occhi afflitti.

ali-ttoo

 

Il Black Wings apriva su appuntamento a ogni ora, ogni giorno, era uno dei vanti dello studio. Da quando la giovane coppia aveva fondato l’attività i clienti si erano moltiplicati a vista d’occhio, sia attratti dalla disponibilità e professionalità, sia per la qualità artistica dei lavori. Era stata dura all’inizio, si erano appena sposati e nessuna banca era disponibile a fare loro credito; ma era intervenuta la zia Agnes, che aveva praticamente cresciuto la ragazza e aveva fatto una generosa offerta. Un terzo era un regalo per la sua unica, amata nipote, che aveva ereditato ― almeno secondo lei ― tutti i talenti delle donne della famiglia. Due terzi erano un prestito da restituire quando e come avrebbero potuto, altrimenti non avrebbero accettato. Niente era troppo per la sua Anathema.
“Newt? Hai sistemato le scatole con le ricariche, non le trovo?”
“Sono già in ordine sul tuo scaffale, sono al computer a cercare dei disegni per…”
“NO! Aspetta, per favore, l’ultima volta è saltata la luce del palazzo! Ci penso io, tu aggiungi le foto nuove all’album, va bene?”
Newt sarebbe rimasto un po’ mortificato se non fosse stato innamorato cotto della sua bellissima mogliettina, ma un sorriso furbo e una carezza fatta a volo erano sufficienti a farlo sciogliere.
In fondo aggiornare l’album che chiamavano “I bellissimi e accurati modelli per tatuaggi” era molto importante per loro, era la prova del percorso fatto giorno dopo giorno. In quel momento la porta si aprì, lasciando passare l’appuntamento di mezzogiorno.
“Bene arrivato” Newt indicò la seconda stanzetta con l’indice “puoi accomodarti”.
L’ambiente era pulito e profumato di incenso al sandalo, e il giovane che era di spalle a sistemare gli aghi nuovi nella macchina lo accolse con un gesto della mano, prima di passarla tra i capelli rossi tagliati di fresco.
“Allora, hai già in mente qualcosa?”
“Una lettera A, per favore. Sul polso destro”.
Crowley rimase paralizzato. Non poteva confondere quella voce con nessun’altra. L’aveva ricordata piangendo nei giorni maledetti nei quali voleva solo cedere e smettere di lottare, l’aveva sognata nelle notti in cui riusciva a riposare. Girarsi fu la cosa più difficile del mondo, ma lui era lì, era reale, il suo angelo.
“Ecco… sono le dodici del primo dicembre e così…”
“È passato un anno, e tu sei qui. Ci sei davvero”.
Anthony rimase fermo guardando Aziraphale andargli incontro torcendosi le mani, inghiottendo a fatica.
“Ho chiesto tue notizie ma non ho mai interferito, lo giuro. Stai bene, hai un lavoro, hai… un altro…”
Il rosso, per tutta riposta, slacciò i primi tre bottoni della camicia. Sul cuore, il tatuaggio di una bellissima A, come un ricamo.
“Non posso accontentarti, porterebbe sfortuna avere lo stesso disegno. Vieni qui”.
Il lettino non era il più comodo del mondo, ma né Crowley né Aziraphale se ne sarebbero accorti, e comunque c’erano il pavimento, le pareti e il tavolino. Erano baci, lacrime e risate, finché Crowley si aggrappò all’ultimo momento di lucidità.
Anathema! Non pensare per nessun motivo di aprire questa porta prima di…”
“Due ore, lo so! Sono felice per voi!” La ragazza si rivolse al marito, che aveva un’aria un po’ sconvolta.
“Che ti avevo detto? Quando ho un presentimento indovino sempre, e tu che non mi credi”.
“La stanza andrà restaurata, vero?” Newt non aspettò la risposta “Va bene così. Va tutto bene”.

Fine

Note:
(1)= I nephilim sono in realtà esseri di natura ambigua. Vivono 120 anni (ma qui ho scelto un’età più “umana” per esigenze di trama), e c’è chi li considera figli di angeli “scesi sulla terra”, chi interpreta il passo come “caduti sulla terra”, quindi figli di demoni. In ogni caso nessuna mitologia li considera esistenti contemporaneamente, quindi Hastur e gli altri li ho resi proprio demoni. Una curiosità: tra le varie letture del termine Nephilim c’è “Jedi”.











 

 

  
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