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Autore: GReina    02/07/2020    2 recensioni
[Jily + accenni di Romione; Timetravel, Maraunders' Era]
Harry, Ron ed Hermione si ritrovano "come per magia" nel 1976 davanti a quattro molto scettici Malandrini e Lily i quali stentano a fidarsi di tre ragazzi sconosciuti che sono riusciti ad aggirare tutte le protezioni di Hogwarts arrivando non visti nella Sala Comune Grifondoro.
Genere: Azione, Guerra, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, I Malandrini, Il trio protagonista, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Dopo aver attraversato mezzo castello sotto il mantello dell’invisibilità, James si infilò in uno dei sette passaggi segreti che lui e il resto dei Malandrini avevano scoperto e in poco tempo si ritrovò nel cortile della scuola. Qualche minuto dopo era nascosto dai primi alberi della Foresta Proibita.
Si guardò in giro: nessuno avrebbe mai pensato di farsi due passi fuori con il freddo di quella sera, per di più così vicino alla Foresta da poterlo vedere, senza contare che era proibito uscire dal castello a quell’ora, ma la prudenza non era mai troppa. Una volta sicuro di non essere visto, poi, si trasfigurò in cervo. Fletté il collo per poi fare lo stesso con ogni zampa e – una volta pronto – partì al galoppo.
Correre era da sempre stato un modo, per James, di alleggerire la tensione, sfogare la rabbia, e in quel momento ne aveva proprio bisogno. Era un anno, ormai, che lui e il resto dei Malandrini erano ufficialmente membri dell’Ordine della Fenice, ma era da molto più tempo, in realtà, che seguivano ciecamente gli ordini di Silente, facendo per lui quello che l’uomo più controllato del mondo magico non poteva fare. Se il preside non dava spiegazioni, loro non insistevano. Sapevano dell’enorme abilità di Voldemort nella Legimanzia e, sebbene si fossero addestrati più che adeguatamente nell’Occlumanzia, capivano perfettamente perché il capo dell’Ordine non volesse rischiare. C’erano altri modi, oltre alla lettura del pensiero, per capire cosa sa un mago. Conoscendo la tempra morale, l’astuzia e la forza del loro professore, quindi, i Malandrini non si erano mai fatti problemi a lasciare che l’uomo muovesse i loro fili da esperto burattinaio quale era. Eppure, c’erano volte – come quella – in cui James sentiva il bisogno di buttare fuori tutta la frustrazione che aveva dentro; tutta l’ansia che lo schiacciava quando Silente gli impartiva un peso in più sulle spalle giovani senza neanche una spiegazione soddisfacente che lo aiutasse a reggerlo.
Con il vento che gli arruffava il pelo e il terreno morbido sotto gli zoccoli, corse fin quando non sentì la mente più libera e leggera; corse fin quando i suoi pensieri – dalla guerra, a Voldemort, agli infiniti compiti che svolgeva per l’Ordine, ai suoi genitori in pericolo – non passarono alle innumerevoli serate passate da animaghi a giocare con Lunastorta, il Lupo che avevano imparato ad amare, agli scherzi messi in atto con i suoi migliori amici, a dei capelli color rosso fuoco e un paio di occhi verde smeraldo. Corse fin quando non si ritrovò al punto di partenza, davanti al tronco cavo in cui aveva nascosto il Mantello; lo indossò e – così come era venuto – tornò alla propria Sala Comune.
***
Non appena James lasciò il dormitorio, Harry non riuscì a trattenere un sonoro sospiro di sollievo per poi buttarsi seduto sul letto più vicino attirando l’attenzione di tutti i presenti. Conosceva tutti in quella stanza, eccetto suo padre e sua madre. Erano anni che ogni mago che incontrava decantava lodi su entrambi, elogiandoli come due dei migliori maghi di tutti i tempi. Ad Harry era sempre sembrata un’esagerazione per compiacerlo, ma adesso capiva che non era così: a sedici anni suo padre era già in grado di dettare legge e incutere paura ai propri avversari.
Immobilizzato dalle corde come era fino a pochi secondi prima, Harry sapeva bene che Sirius, Remus, ed era sicuro anche sua madre non gli avrebbero mai fatto del male; sapeva anche che Peter era troppo vigliacco per prendere l’iniziativa e ferire lui, Ron o Hermione senza che uno degli altri Malandrini lo avesse fatto per primo. Ma suo padre? Fino all’anno prima era convinto di conoscerlo tanto quanto conosceva Lily. Poi, però, dopo aver visto il ricordo di Piton, iniziò a rendersi conto che praticamente tutti coloro che lo circondavano e che gli avevano parlato bene di James Potter erano stati suoi grandi amici, e quale amico parlerebbe male di un uomo morto? Il suo padrino, Harry lo sapeva, era stato come un fratello per James: quest’ultimo era ormai, per Sirius, posto su un piedistallo dorato ed eletto a titolo di dio. Avrebbe difeso la sua memoria a qualsiasi costo, soprattutto agli occhi di suo figlio. Almeno questa era l’idea che Harry si era fatto, cosicché, dopo aver visto quel ricordo, le spiegazioni che gli aveva dato per cercare di giustificare il suo migliore amico non erano servite a niente, anzi.
“Che cosa vi ha detto Silente?” chiese a un certo punto Minus riportando la concentrazione di Harry nella sala. Sirius scambiò un’occhiata fugace con Remus prima di rispondere
“Quello che ha detto James.” disse subito dopo “Silente sapeva del loro arrivo e ci ha detto di occuparci di loro: addestrarli.”
“Senza aggiungere altro, immagino” constatò Lupin
“Tipico di Silente” si lasciò sfuggire Harry sorridendo sotto i baffi e attirando su di sé gli sguardi di tutti
“Lo conosci?” gli chiese il suo futuro padrino
“Di fama.” tentò di rimediare al proprio errore “Chi non conosce Albus Silente?” sebbene incerti, i presenti sembrarono credergli e passarono ad altri argomenti. I giovani membri dell’Ordine, d’altronde, erano convinti che i nuovi tre arrivati non conoscessero Hogwarts e le sue regole, così iniziarono a spiegargliele. Avevano appena finito quando James rientrò nel dormitorio. Arrossato in volto, con i capelli arruffati e con un sottilissimo strato di sudore sulla pelle aveva tutta l’aria di aver corso per chilometri.
“Meglio?” gli chiese Sirius. L’altro si limitò ad annuire e chiudersi in bagno mentre il migliore amico sospirava passandosi distrattamente una mano tra i capelli
“Che cos’ha?” chiese a quel punto Lily
“È solo stanco.” accennò un sorriso il corvino “Lo siamo tutti…” aggiunse poi dopo una pausa “forse è meglio andare a letto.” congedò con delicatezza le ragazze.
Una volta che furono uscite, Remus procurò dei pigiami a lui e Ron e si misero sotto le coperte spegnendo la luce
“Date del tempo a mio fratello.” disse Sirius nel buio riferendosi a James ancora chiuso in bagno “Ha bisogno di tempo per aprirsi, soprattutto in questo periodo… ma quando lo farà, vedrete, sarà fantastico.” concluse per poi far immergere l’ambiente nel silenzio.
***
Quella notte, James, dormì poco e niente. Si fidava di Silente, lo aveva sempre fatto, eppure non riusciva a dormire tranquillo sapendo che due estranei maledettamente sospetti occupavano i letti accanto a quelli dei suoi migliori amici.
Quando finalmente vide albeggiare fuori dalla finestra, decise di fare un bagno fresco che gli scrollasse di dosso la stanchezza. Una volta asciutto prese la Mappa e si chiuse di nuovo in bagno, cosicché i nuovi ragazzi non potessero vederlo. Diede giusto una rapida occhiata, controllò solo i sotterranei: nessun movimento sospetto da parte dei Serpeverde che stavano tenendo d’occhio.
Uscì dal bagno e trovò Remus che iniziava a vestirsi, pronto a sostenere un altro giorno da Prefetto
“Hai dormito almeno un po’?” gli chiese. Per i suoi amici, James era come un libro aperto. Si limitò ad un’alzata di spalle, l’altro sospirò prendendo il suo posto in bagno. Quando ne uscì, James si era già cambiato “Vado in ronda.” lo avvertì “Ci vediamo a colazione.” il Potter annuì e l’amico uscì dal dormitorio. Lo sguardo nocciola rimase a fissare la porta chiusa, perso in mille pensieri. Solo un movimento alla sua destra riuscì a destarlo da quello stato: Harry Dursley si stava svegliando. James prese a fissarlo, a studiarlo: il ragazzo si sollevò sui gomiti con ancora gli occhi quasi totalmente chiusi; sbadigliò; si stiracchiò; dopodiché, senza guardare, allungò la mano sul comodino ed afferrò i propri occhiali. Non sembrava guardingo o spaesato come lo sarebbe qualcuno che si sveglia per la prima volta in un ambiente che non ha mai abitato; sembrava tranquillo, a casa. Si passò una mano tra i capelli e sbadigliò ancora, prima di accorgersi degli occhi nocciola del Potter che lo guardavano. Sotto il suo sguardo, l’altro sgranò leggermente gli occhi, si voltò a destra, poi a sinistra, passando in rassegna tutta la stanza, improvvisamente del tutto sveglio.
“Dormito bene?” gli chiese James tanto per dire qualcosa, per rompere il silenzio ed iniziare a studiarlo anche nella voce
“S-sì” rispose balbettando e continuando a guardarsi in giro, apparendo – finalmente – spaesato
“Che c’è?” lo ribeccò James con un ghigno sulle labbra a celare la sua concentrazione e con essa i suoi veri intenti “Non ti ricordi più dove ti sei addormentato?” l’altro lo guardò per qualche secondo senza parlare, poi rispose
“Credevo fosse stato un sogno…” James corrucciò la fronte, non capì appieno cosa intendesse dire, né cosa dicessero i suoi occhi: improvvisamente malinconici, spaventati. Il Potter sospirò lasciando, per il momento, che la sua mente si prendesse una pausa.
“Sarà meglio che svegli il tuo amico.” gli disse alzandosi e spostandosi verso il letto di Sirius “Dobbiamo portarvi dal preside e poi a colazione.” aggiunse mentre dava malamente una botta al braccio dell’amico. Sirius mugugnò, sbuffò e si coprì fin sopra i capelli con le coperte; James roteò gli occhi “Felpato!” chiamò colpendolo di nuovo
“Cinque minuti…” implorò, in risposta James prese il cuscino che gli reggeva la testa e glielo sbatté in faccia non riuscendo a trattenere un sorriso divertito quando Sirius aprì gli occhi e gli ringhiò contro
“Abbiamo del lavoro da fare.” tornò serio
“Come sempre.” si lamentò l’altro. James gli poggiò una mano sulla spalla, Sirius alzò gli occhi nei suoi trovando solidarietà. James era sicuro che nel suo sguardo, il fratello, avesse letto anche tutta la stanchezza e la rabbia che lo attanagliava in quel momento. Il corvino, a quel punto, si passò una mano sul viso, sbuffò ancora e si alzò “Già…” disse, forse in risposta ai pensieri di James, forse ai propri.
***
Lasciato il dormitorio, trovarono Hermione ad aspettarli in Sala Comune, lasciata lì da Lily che – come Remus – aveva iniziato la ronda mattutina.
Una volta riuniti con l’amica si diressero verso l’ufficio del preside facendo il possibile per dare l’impressione di vedere il castello – ad Harry familiare come casa propria – per la prima volta.
La vista della statua a forma di gargoyle e poi la porta di quercia svelata dalla parola d’ordine, trasmisero ad Harry un immenso senso di sicurezza; al pensiero che Silente era a un passo da loro, le spalle del ragazzo si rilassarono.
L’ufficio era del tutto identico, pregno com’era di oggetti magici, a come sarebbe stato in futuro. Il preside si trovava in piedi vicino al Pensatoio, non appena li sentì entrare si voltò verso di loro per poi rivolgergli un sorriso cordiale
“Benvenuti.” disse, facendo poi cenno alle sedie già disposte per tutti loro di fronte la scrivania, mentre lui stesso prendeva posto al lato opposto del tavolo. Dopo solo un attimo di esitazione, tutti i ragazzi presenti lo imitarono
“Dunque,” riprese con le mani congiunte sul piano di legno “Hermione Granger,” disse guardando la ragazza, “Ron Finnigan” spostò lo sguardo “ed Harry Dursley.” concluse incrociando gli occhi verdi del ragazzo e strizzandogli velocemente un occhio. Harry lanciò fugace uno sguardo ai Malandrini, prima di rivolgersi a Silente
“Professore, perché siamo qui? Com’è possibile una cosa del genere?” l’uomo si prese del tempo ed iniziò ad accarezzarsi pensieroso la barba prima di rispondere
“Come sa, signor Dursley, questi sono tempi pericolosi. Voldemort è sempre più potente, e ad eccezione dei purosangue, nessuno si può più dire totalmente al sicuro. Voi siete qui per questo motivo: Hogwarts è il luogo più sicuro al mondo, dove sarete protetti, ma soprattutto dove verrete addestrati a proteggervi.” spostò lo sguardo celeste in quello di James “Ed è per questo che li ho affidati a voi, perché so che non c’è persona più adatta di te, per svolgere questo compito.”
“Potrei suggerirle il professore di Difesa contro le Arti Oscure?” rispose sarcastico suo padre. Silente rise
“Sarà adatto, sì, durante le ore di lezione. Ma non basteranno. Serve un allenamento più intenso e sebbene voi non siate ancora all’ultimo anno, penso non ci siano studenti più dotati.” continuò guardando a turno ognuno dei Malandrini
“Ma continuo a non capire, professore.” tornò alla carica Harry “Insomma…” guardò i suoi compagni, non sapendo come continuare alla presenza di James, Sirius e Peter “se potessimo parlare soli…” si rivolse ancora la preside
“Non sarà necessario, il resto delle risposte vi saranno date quando ce ne sarà bisogno. Ora potete andare. Il vostro orario coincide con quello dei vostri compagni.” chiuse l’argomento. Harry non se ne stupì, Silente era rimasto lo stesso, ed anche suo padre, dal modo infastidito in cui sbuffò, sembrava esserci abituato “Come ultima cosa,” disse mentre i ragazzi si alzavano per congedarsi “ritengo che la professoressa McGranitt sarebbe entusiasta di vederti alle selezioni per la squadra Grifondoro di Quidditch, signor Dursley.” sorrise ancora.
***
Il resto della giornata proseguì senza intoppi: fecero colazione e seguirono le lezioni che – essendo quelle del primo giorno dell’anno – furono tutt’altro che impegnative.
Nel tardo pomeriggio, James e Sirius accompagnarono Harry e Ron dalla professoressa di Volo in modo da potersi iscrivere alle selezioni per entrare nella squadra di Quidditch: dei quattro, in quanto capitano, solo James era esonerato dalla selezione.
Rientrati in Sala Comune, si diressero subito al loro dormitorio dove – come pensavano – trovarono il resto del gruppo
“Ho stilato un programma.” partì subito Remus dopo avergli accennato un saluto con la testa. James gli si avvicinò e calò lo sguardo sulla pergamena che l’amico teneva in mano. Questo, era diviso in ore e giorni della settimana. James iniziò a leggere nello stesso istante in cui Remus iniziò ad elencare ad alta voce:
“trenta minuti di corsa ogni mattina;” James annuì compiaciuto. Sin da ragazzino aveva iniziato a correre almeno un’ora appena sveglio, e da qualche anno aveva costretto anche il resto dei Malandrini ad allenarsi, accontentandosi – dopo le infinte proteste di Sirius – di farli correre per la metà del tempo. “colazione;” proseguì “poi niente fino alla fine delle lezioni. Allenamento nel combattimento;” fece una pausa “poi voi a giorni alterni avete gli allenamenti di Quidditch. Ho lasciato quegli orari liberi, per il resto di noi. Quando invece ci sarete lavoreremo sull’Occlumanzia.” con la coda dell’occhio, a James parve di vedere Harry sussultare, ma non ci mise molto a convincersi che piuttosto era lui ad essere paranoico e a vedere in ogni più piccolo movimento dello sconosciuto qualcosa di sospetto. “Poi ci sono le ore in cui faremo i compiti e si riprende il giorno successivo.” concluse. Il primo a piagnucolare fu Peter che – seduto sul letto – si gettò all’indietro sconsolato
“Sono già stanco!” disse, il secondo fu Sirius
“Remus, tu sei una persona orribile!” e poi venne il turno di James
“La persona orribile, qui, è Silente che non smette di darci compiti!” si abbassò al livello di Remus – in quel momento seduto a terra – e fissò meglio il programma “aggiungi mezz’ora ai nostri allenamenti di Quidditch. Domani vado dalla professoressa a chiedere il permesso per il Campo. L’anno scorso abbiamo vinto per miracolo, non intendo ripetere lo stesso errore.”
“Tu quoque, Brute??”
“Scusa, Sir. Dobbiamo farlo.” da lì, James poté vedere che i fogli erano diversi. Prese le pergamene dalle mani di Remus e iniziò a scorrere le pagine con lo sguardo: l’amico aveva lasciato metà del sabato e tutta la domenica libere ed aveva aggiunto qualche variazione in base alle lezioni più o meno pesanti della giornata; aveva messo più ore di riposo nei giorni subito successivi a quelli in cui era previsto un allenamento più pesante ed esonerato da alcuni allenamenti James e Sirius. Il Potter sollevò lo sguardo su Remus che scrollò le spalle prima di rispondere
“Mi rendo conto che voi due siete sempre i più impegnati. Vi meritate un po’ di riposo. L’allenamento serve ad Harry, Ron ed Hermione, non a voi. Voi due siete i migliori, qui.” James gli mise una mano sulla spalla e sorrise riconoscente. Poi andò avanti a leggere.
La pagina successiva era molto più vuota e James capì subito il perché: erano i giorni della luna piena. James annuì “dopo un allenamento del genere è giusto fare cinque giorni meno impegnativi.” finse, “Immagino che a Sirius piacerà potersi svegliare più tardi.” guardò il migliore amico con ghigno maligno: svegliarsi presto come al solito sarebbe stato impossibile dopo aver corso per la Foresta tutta la notte insieme al Lupo, senza contare che il programma – ovviamente – non aveva messo per iscritto che a turno i Malandrini avrebbero dovuto svegliarsi prima di Harry e Ron per attuare i soliti controlli nei confronti dei più inclini alle idee di Voldemort.
***
Remus non scherzava. La mattina seguente, Harry fu svegliato malamente dalla voce di suo padre.
Sebbene lo conoscesse da solo un paio di giorni, il mago aveva iniziato a conoscere fin troppo bene i modi di James Potter e – temendo una secchiata d’acqua gelida in faccia – si sollevò in fretta dal cuscino. Ron, Sirius e Peter, non furono altrettanto rapidi di riflessi, ma – probabilmente perché il suo futuro padre si era chiuso in bagno – a nessuno venne fatta una doccia indesiderata.
James uscì dal bagno poco dopo, cercando di nascondere alla meglio la Mappa del Malandrino sotto il pigiama che reggeva tra le braccia. I due Potter incrociarono gli sguardi
“È tutto tuo.” gli disse James facendo cenno al bagno. Harry corse a chiudercisi dentro, sperando che l’altro non l’avesse colto a fissare la Mappa. Harry non era cieco e sapeva benissimo che suo padre nutriva dei sospetti su di lui. Non poteva biasimarlo: erano apparsi come funghi proprio davanti ai loro occhi, all’interno del luogo più protetto del mondo intero, magico e non; avevano detto di trovarsi a Diagon Alley, prima di arrivare ad Hogwarts, “tre ragazzi natibabbani giravano per Diagon Alley come se niente fosse?” aveva risposto suo padre. In un primo momento – forse troppo condizionato dal ricordo del suo insegnante di Pozioni – Harry aveva creduto che il tono sprezzante di James fosse perché aveva dichiarato di essere un natobabbano, solo più tardi comprese il proprio errore: con l’ascesa di Voldemort e i numerosi Mangiamorte in giro, tre natibabbani non avrebbero mai potuto trovarsi spensieratamente a Diagon Alley.
 
Non sapeva neanche che ore fossero. Il sole era del tutto sorto, eppure era ancora molto basso. L’aria era fredda e pungente e il cortile del castello deserto. Harry, si accorse, non aveva mai pensato di fare quel tipo di allenamento. Il suo obiettivo – voti di Piton ed esami permettendo – era quello di diventare un auror, per cui si applicava molto in Difesa contro le Arti Oscure, e qualsiasi altra materia potesse essergli utile. Eppure, non un solo giorno aveva creduto necessario rafforzare il proprio corpo fisico se non per poter giocare a Quidditch. Vedendo i Malandrini e Lily fare stretching con aria di chi è abituato a farlo quotidianamente, Harry non poté far altro che darsi dello stupido. Sapeva di essere Il Prescelto e che per questo avrebbe dovuto impegnarsi più degli altri. Combattere contro Voldemort certo non si sarebbe limitato a qualche scambio di incantesimi. Fuggire ai Mangiamorte e all’esercito che Voldemort stava radunando da più di un anno, ormai, avrebbe potuto richiedere una fuga alla “maniera babbana” e quindi far lavorare fiato e gambe. Entrambe cose che lui non aveva mai allenato.
“Faremo tutto il giro del castello.” lo tolse dai propri pensieri James “Andate al vostro ritmo,” si raccomandò “non preoccupatevi della velocità degli altri. Quando sarete troppo stanchi potrete passare dalla corsa lenta ad una camminata veloce, ma non rallentate troppo o non avrebbe senso. Io cercherò di starvi vicino, così da farmi un’idea e migliorare i vostri tempi seguendo il ritmo giusto per ognuno di voi.” ebbe appena il tempo di finire che Sirius partì spedito, con ampie e veloci falcate
“Un giro del castello, giusto? Se lo finisco prima di mezz’ora non voglio sentire storie!” e scomparve oltre la curva poco distante. Remus, Peter e Lily se la presero con più calma, iniziando a correre in maniera tranquilla. Anche gli altri partirono lentamente. Ben presto, Remus e Lily distanziarono Peter, Ron, Hermione ed Harry il quale, però, a differenza dei propri amici, aveva dovuto fare i conti con Dudley, da bambino. Gli vennero presto alla mente tutte le volte in cui se l’era dovuta dare a gambe per seminare il cugino e gli scagnozzi che lo seguivano ovunque, alle elementari. Aveva sempre avuto un talento naturale per sfuggire ai bulli. Certo, all’epoca la magia involontaria era dalla sua parte e dopo solo pochi scatti, il piccolo Harry poteva ritrovarsi sulla cima di un albero o sul tetto della scuola grazie a un salto poderoso che gli sarebbe risultato impossibile in qualsiasi altro caso. Fare il giro dell’intero castello era tutt’un’altra storia.
Calcolare il tempo gli riuscì impossibile: a giudicare dal sudore che iniziava a impregnargli il viso e dal fiato che iniziava a mancare, avrebbe detto che stavano correndo almeno già da una dozzina di minuti, ma la dura verità era un’altra. James passava dal correre affiancando lui, al rallentare per farsi raggiungere da Ron, Hermione ed infine Peter. Poi scattava e raggiungeva di nuovo Harry. Dava loro consigli su come aiutarsi con il moto delle braccia e come poggiare meglio il piede: tra una cosa e l’altra parlava ininterrottamente senza neanche un accenno di affanno nella voce o in viso.
All’ennesima curva, Harry scorse sua madre: la stava raggiungendo. Con la coda dell’occhio, il ragazzo poté vedere James sorridere. Voltò il capo per scrutare meglio l’espressione di suo padre e scorse gli occhi di questi illuminarsi; lo vide accelerare e raggiungere la rossa. Quando Lily percepì l’altro dietro di sé, si voltò e seguì i movimenti di James finché non arrivò al suo fianco. Continuarono a correre per qualche minuto guardandosi l’un l’altra, scambiando qualche parola con aria entusiasta. Harry, tremendamente curioso di sapere perché l’argomento di cui parlavano rendeva entrambi così felici, aumentò il ritmo; arrivò dietro i due, ma scoprì che – come con tutti gli altri – James si stava limitando a darle consigli sulla corsa. Nel frattempo, Harry riuscì ad affiancarli ed entrambi, come galvanizzati, tornarono ad essere più seri. James si schiarì la voce
“Provo a vedere se riesco a raggiungere Sirius.” disse, e corse via più veloce che poté.
***
Ci era cascato di nuovo: si era ripromesso di smettere di pensare a Lei, di non renderla più il centro del suo mondo, eppure era bastato uno sguardo per fargli dimenticare tutto il resto. Perché dare consigli a Lily Evans su come correre correttamente era tanto diverso rispetto a quando li dava a tutti gli altri?
Aveva seguito ed aiutato chi poteva per metà percorso, e non appena la presenza di Harry gli fece notare di avere un sorriso ebete stampato in faccia ed il batticuore come la più sdolcinata delle ragazzine innamorate, pensò fosse meglio mettere un po’ di distanza fra sé e la rossa e quindi rendere la corsa una sfida anche per il proprio fisico finendo di aggirare il castello a velocità elevata.
Ci vollero parecchi minuti prima che James riuscisse a scorgere il suo migliore amico. Sorrise: Sirius era arrivato più lontano di quanto si aspettasse.
Erano partiti da un punto vicino al Platano Picchiatore e – superata l’ultima curva – James poté vedere l’albero in lontananza. Accelerò ancora: i polmoni dolevano e le gambe bruciavano; poteva sentire la propria maglietta sempre più madida attaccarsi alla propria pelle bollente ed appiccicosa di sudore, ma non rallentò. Era poco distante da Sirius, ormai, e gli ci volle poco per raggiungerlo e superarlo immediatamente prima di arrivare nel raggio di sicurezza dell’albero. James sorrise soddisfatto e beffardo, guardò l’orologio che teneva al polso
“ventisei minuti. Non male, Sir!” l’amico passò dalla corsa scomposta che era diventata verso la fine del percorso, ad un passo avvilito fino a fermarsi. Si accasciò posando le mani sulle ginocchia e cercò di riprendere fiato, tossendo di tanto in tanto. Anche James, naturalmente, era stanco, eppure si sentiva tremendamente soddisfatto
“Mi spieghi…” iniziò Sirius, ma dovette interrompersi per mettere aria nei polmoni “come hai fatto… a raggiungermi…” James pensò avesse finito, ma poi aggiunse “maledetto bastardo?” l’altro rise
“Avresti dovuto sapere che partendo in quel modo avresti sputato sangue, alla fine. E vorrei ricordarti che io mi alleno molto più di tutti voi.” rispose con fiato corto iniziando a fare stretching.
Circa cinque minuti dopo furono raggiunti da Harry e Lily che avevano di poco superato Remus. Poi Ron, Hermione, ed ultimo come al solito Peter che arrivato al gruppo non perse tempo e si buttò sdraiato sul prato. James guardò di nuovo l’orologio: ci aveva messo quarantacinque minuti
“Non fare così, Peter, stai migliorando!”
“Sono una mezza sega!” si lamentò
“Ognuno di noi ha un proprio ritmo, Codaliscia.” tentò di consolarlo “Sirius è più veloce, ma fa meno progressi di te.” il nominato aprì la bocca per replicare, ma uno sguardo ben piazzato di James frenò qualsiasi protesta “Forza.” tese la mano all’amico a terra “Facciamo stretching e poi a colazione.”
   
 
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