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Autore: NyxTNeko    05/07/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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6 agosto

Dopo due giorni di accese febbri che si alternavano a momenti di relativa calma, prive di sintomi evidenti, Napoleone era certo di non avere più nulla, di aver sconfitto la malaria che sembrava averlo abbattuto. La sua forza di volontà, il suo viscerale desiderio di vivere per combattere, per emergere gli avevano ridato la speranza necessaria per non lasciarsi sopraffare. Soprattutto adesso che aveva fatto pubblicare l'opuscolo, sapendo che prima o poi qualcuno di importante l'avrebbe letto.

Ma Pierre Simon voleva accertarsi che il suo amico stesse davvero bene e che non fosse l'ennesima scusa per potersi liberare di dottori e medicine - Dovremmo farvi visitare dal medico e lo sapete che non potrete sottrarvisi

- Stavolta è vero! - esclamò Napoleone che realmente si sentiva in forma, l'energia gli pulsava incessantemente nelle vene, assieme al sangue - Non ho bisogno della conferma di un medico da quattro soldi... - aggiunse guardandolo.

- E invece sì, cosa vi costa, durerà pochissimo - insisté l'amico, che voleva essere davvero sicuro delle sue condizioni di salute. La malaria lo aveva deperito più del solito, smagrito notevolmente, doveva rifocillarsi e anche nutrirsi per bene, per essere pronto a qualsiasi evenienza.

Napoleone corrucciato, a braccia conserte, alla fine cedette e sospirò - Va bene, se serve per rassicurarvi la farò, ma che sia veloce e discreta - si alzò bruscamente in piedi e si avvicinò alla finestra per controllare la situazione. La città di Avignone era fin troppo tranquilla dopo l'assalto di Carteaux e ciò non lo rassicurava, poteva essere la quiete che precede ogni tempesta. Spostò le tende, fu invaso dalla luce accecante di quell'infuocato agosto. Restando quasi perennemente al buio in quei giorni, era come se dovesse riabituarsi alla luce del sole. Aprì solamente la finestra, senza  sporgersi sul piccolo balcone. "La prudenza non è mai troppa" disse fra sé.

Nel frattempo Bouchet, uscendo dalla stanza in cui vi era Napoleone, aveva fatto chiamare il medico, per fortuna non era lontano, e fatto preparare il pranzo abbondante dal resto della servitù. Era quasi mezzogiorno, non aveva toccato cibo dal giorno prima e il suo stomaco reclamava rumorosamente nutrimento. Ordinò delle porzioni abbondanti, in particolare per il suo amico, pur sapendo che avrebbe mangiato poco o nulla. Si chiedeva come riuscisse a stare in piedi, a muoversi, era come se avesse il moto perpetuo in corpo.

Scese frettolosamente le scale e andò ad accomodarsi sulla poltrona, cercando refrigerio, l'afa era persistente e penetrante negli ultimi giorni, persino il tempo voleva  peggiorare la situazione già critica in cui versava la nazione. Allentò lievemente la cravatta bianca sul collo, si sbottonò il panciotto - Portatemi qualcosa di fresco...

Napoleone, invece, non soffriva particolarmente quel clima afoso, rovente, essendo cresciuto in Corsica, quello era il tipico caldo che apprezzava. Tuttavia era leggermente sudato, si augurò solo che non fosse un altro attacco della malaria. Non ne poteva più di quella condizione "Non sopporterei di nuovo quell'impotenza, è stato uno sforzo per me, anche per non aumentare il peso delle responsabilità al povero Bouchet" chiuse gli occhi e li riaprì "È stato davvero paziente con uno come me e gli sarò riconoscente per tutta la vita".

Era cosciente del fatto che avesse un pessimo carattere, che in parte riusciva a mitigare quando era piuttosto tranquillo o se i piani andavano a buon fine. Però diventava insopportabile in caso di estremo nervosismo o in un momento durante il quale non aveva tutto sotto controllo, praticamente quando non era padrone della giornata e della sua vita. Era stato così fin da bambino, sottomettendo il mite Giuseppe, pur essendo il minore, e si era acuito negli anni successivi, entrando in Accademia.

Fu un'esperienza traumatica e fortificante al tempo stesso. Accanto alle burle feroci dei suoi compagni, un altro evento sconvolgente fu proprio il suo primo sbarco in società: l'ingresso in un universo completamente diverso da quello nel quale era vissuto fino a quel momento, sulla sua isola. La Francia, oltre alla sua notevole estensione rispetto alla sua Corsica, era diametralmente opposta ad essa.

Sull'isola, infatti, vigeva un codice d'onore antico quanto il mondo; per via della sua posizione isolata, era quasi selvaggia, l'uomo non era riuscito a dominarla completamente, viveva con essa. Inoltre era poco abitata, si conoscevano più o meno tutti. In Francia, invece, era l'uomo ad avere il completo controllo della natura, non era lui a convivere, semmai il contrario. Poi era sempre stata al centro della storia o comunque aveva avuto un ruolo di maggiore importanza, il suo passato ne era la prova, dai tempi di Cesare fino a quelli più recenti.

I cittadini francesi, fin dai primi anni venivano educati alla civiltà, attraverso delle regole rigide, quelli corsi, anche dopo essere diventati 'francesi', erano rimasti fondamentalmente dei selvaggi, dei rudi. Preservati dal continente attraverso il mare che li circonda. Ripensò a Rousseau e al suo selvaggio, comprese che praticamente era lui uno di quei tanti selvaggi che descriveva nella sua opera.

Anch'egli era entrato in contatto con la civiltà e ne era stato contaminato, nonostante fosse uscito rafforzato nello spirito. Era convinto che una parte della sua natura primordiale era ancora presente e lo accompagnava, così come la sua predilezione per la solitudine, il silenzio o i suoni nostalgici, ad esempio le campane "Sono anni ormai che non ne odo una, da quando è scoppiata la rivoluzione, eppure era una delle poche cose belle che la chiesa poteva offrire, come conforto" rifletté stupito dal suo stesso ragionamento "Chissà un giorno... si ritornerà a far suonare le campane anziché udire il rimbombo angosciante di questa guerra fratricida" sospirò.

Un forte tanfo proveniente dall'esterno ridestò il giovane, il quale, istintivamente si tappò il naso - Cosa diavolo è questa puzza pestilenziale?! - sbottò disgustato. Si sporse leggermente e notò un aquitrino poco distante dal marciapiede, formatosi da del liquame informe e di colore scuro. Quel tipo di ristagno era stato uno degli odori che aleggiava sul continente, eppure non riusciva ad abituarsi - Saremmo noi corsi i selvaggi... - bofonchiò tra i denti - Ho i miei dubbi in proposito...

Mentre stava per rientrare, a causa del fetore insopportabile, intravide il dottore che stava per avvicinarsi al portone di Bouchet e subito si nascose alla sua vista - È già arrivato quel maledetto, quando c'è da lucrare non si arretra mai - chiuse anche le tende e attese che qualcuno lo chiamasse. "Non ho alcuna intenzione di andare da lui, semmai dovrà essere lui stesso a compiere lo sforzo di reclamare la mia presenza, è già tanto se mi faccio visitare" si disse orgoglioso come poche volte in vita sua.

Piano piano sgattaiolò fuori, facendo attenzione a non far cigolare la porta e si avvicinò alle scale, cosicché potesse ascoltare la conversazione tra Pierre Simon e il dottore, rimanendo nascosto lungo la parete che precedeva la balaustra. Fu molto accorto nel non creare troppo rumore con le scarpe che portava.

- Perché mi avete chiamato? Ha avuto delle complicazioni? - domandò il medico senza far trapelare alcuna preoccupazione.

- Vi piacerebbe... - bisbigliò fra sé Napoleone.

- No, anzi il mio amico afferma di essere completamente guarito dalla malattia e vorrei avere una conferma - rivelò Bouchet velocemente - Sapete...la preoccupazione c'è sempre...

- Capisco... - mugugnò l'altro massaggiandosi il mento, sorpreso da una tale affermazione, vi era della sfrontatezza e sicurezza incredibili. Era impressionante, per lui, constatare che quell'ufficiale fosse tanto desideroso di guarire, di solito la gente, per l'appunto militari, inventava scuse di ogni tipo per restare a letto - Stiamo parlando di una malattia pericolosa, con cui non si scherza...

- Tutti così dicono - continuava a borbottare sottovoce Napoleone.

- Piuttosto, perché non lo mandate a chiamare - affermò il medico, desideroso di visitarlo e di andarsene il prima possibile. In tutta la sua vita non aveva mai avuto a che fare con un individuo simile, ostinato e restio, diffidente, sempre pronto a mettere in discussione la medicina.

Bouchet annuì e mandò un servo, Buonaparte, a quel punto, simulò la sua uscita, facendo cigolare fastidiosamente la porta, affinché potessero immaginare che fosse stato avvertito in quel momento - Ho sentito che è arrivato il medico - disse non appena vide il servo, quest'ultimo annuì e gli si mise dietro. Il capitano scese le scale, quasi volando, e balzò verso il dottore - Siccome sapete già tutto, so che il mio amico è particolarmente puntiglioso su queste faccende, fate in fretta, non ho tempo da perdere con voi - affermò a braccia conserte. Lo osservava con aria di sfida.

- Sempre il solito - emise ridacchiando Pierre Simon.

Il medico fece accomodare il giovane capitano e lo visitò per bene, dopo aver controllato minuziosamente ogni parte del corpo, tastò infine la zona della milza e percepì al tatto che era sgonfia - Mi sa che avete ragione, capitano, dalla milza mi pare che siate guarito - ammise il medico. 

Gli occhi grigi di Napoleone s'illuminarono per la contentezza, era guarito, si sentiva bene perché lo era. Chiunque, a prima vista, gli avrebbe riferito che non sarebbe sopravvissuto con un fisico del genere. 
Ancora una volta, aveva avuto ragione lui, si era fatto beffa di quel destino miserando che tutti gli avevano predetto e che pareva essere il suo. "Quello non è il mio destino, no il mio è un altro, fatto di gloria e ambizione".

Il medico tremò di paura di fronte a quello sguardo, era glaciale e infuocato contemporaneamente, si mostrava addirittura rovente, in esso brillava una strana e intensa luce. Chi era davvero costui?

- Be' allora avete indovinato - rise di gusto Pierre Simon. Il dottore li salutò, augurando una buona salute a tutti quanti e sgusciò dall'abitazione in fretta e furia - Adesso però dovete riprendervi del tutto, caro cittadino capitano

- Ma...non ho bisogno di... niente - balbettò Napoleone, guardandolo stralunato. Non riusciva a capire cosa volesse dire.

- E invece sì - ribadì Bouchet, gli indicò la pancia - Dovete mettere qualcosa sotto i denti, durante questi giorni avete ingurgitato solo zuppe...

- E va bene - sbuffò Napoleone, il suo stomaco brontolava. Effettivamente aveva una fame pazzesca, non riuscì a dirgli di no, per cui si precipitò con lui a tavola e mangiarono insieme, divorando ciò che avevano davanti. 

Nizza, 10 agosto

Due uomini nella penombra attraversavano il lungomare della città tentando in tutti i modi di celare la propria identità. Nel mese precedente erano stati più volte attaccati dai nemici della rivoluzione, rischiando la vita, al pari di numerosi compagni più sfortunati di loro, arrestati e torturati dagli abitanti del luogo o morti suicidi nel tentativo di sfuggirvi.

Già dal 19 luglio i due giacobini, Jean-François Ricord e il fratello di Robespierre, Augustin, girovagavano per la città di frontiera. Il Bonbon, così era soprannominato il minore dell'Incorruttibile, per via del suo carattere simile al caramello riprendendolo dal secondo nome, era uno dei rappresentanti più influenti della missione dell'Armeé d'Italie. Il Robespierre trentenne era più volubile e sensibile ai piaceri della vita e ai problemi della gente, rispetto a Maximilien.

Molto cauto ed oculato nello studiare la vita della gente comune, durante la rivoluzione si era reso conto che in parecchi posti non aveva portato che caos e confusione, senza contare l'anarchia più totale. La guerra, sia civile, sia contro le potenze europee, si stava rivelando dura e deleteria per la società stessa.

Come se non bastasse, sempre nel mese di luglio, la carrozza su cui stavano viaggiando fu assalita da un gruppo di briganti, o meglio da militanti marsigliesi che lungo la strada di Manosque stavano cercando di arruolare uomini da opporre ai rivoluzionari. I due, intelligentemente, decisero di non opporre resistenza, lasciarono a quelli il veicolo, visto come simbolo di uno status elevato, oltre che di attaccamento all'Ancient Regime, e si lanciarono sui cavalli raggiungendo la vicina città di Forcalquier. Poco tempo dopo, riuscirono a farsi riconsegnare la carrozza, o meglio ciò che restava del veicolo.

La notte era sopraggiunta e i due montagnardi si concessero un breve momento di pausa, potendo rifocillarsi in una delle tante taverne dalla città. Augustin stava gustandosi del buon vino, non ordinò altro, gli si era chiuso lo stomaco per la stanchezza e la fatica.
Ricord, accanto a lui, stava sfogliando un piccolo opuscolo che aveva acquistato a basso prezzo in una libreria nelle vicinanze, lo aveva incuriosito - Guardate un po' questo pamphlet, sembra essere un inno al giacobinismo!

- Ah sì? - chiese il giovane Robespierre, posò bruscamente il bicchiere sul tavolo e rivolse un'occhiata rapida al suo compagno di viaggio - E chi l'ha scritto?

- Parebbe un militare, poiché dice di essere tale... Ha un nome impronunciabile però... Non sembrerebbe francese, seppur conosca puntigliosamente gli ultimi eventi accaduti nei paraggi - rivelò alla fine il collega - Almeno il titolo, le Souper de Beaucaire è più che comprensibile

- Se ha partecipato all'assedio di Avignone, può essere uno degli uomini di Carteaux e di conseguenza uno dell'Armeé d'Italie - ipotizzò il giovane avvocato Robespierre - Questo Bu... Buonaparte... potrebbe esserci utile, chissà... questo cognome ha un suono italico, forse è nizzardo... O comunque dei paraggi

- Avete ragione, dovremmo chiedere in giro se lo conoscono - azzardò il montagnardo Ricord.

- Un' ottima occasione per girovagare indisturbati... - sorrise Augustin. Forse era davvero un'opportunità irripetibile per poter procedere al meglio. Questa scoperta ritemprò l'animo indebolito dalle ultime notizie e sventure. Afferrò l'opuscolo e leggendolo rimase colpito dal tono sicuro e rapido dell'autore. Vi era un fede molto grande per la causa rivoluzionaria, non era fanatica. Trapelava determinazione, chiarezza in quelle parole, nonostante alcuni impercettibili errori di grammatica. Lo scritto era stato effettivamente elaborato da uno straniero "Non importa, ciò che conta è il contenuto e mi pare abbastanza chiaro il suo voler contribuire al bene della Francia... dev'essere un tipo intrigante, curioso". 










 

 

   
 
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