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Autore: Akame28    06/07/2020    0 recensioni
Sette storie diverse per sette coppie diverse, scritte per la Haikyuu Rarepair Week e la Haikyuu Week.
Ci sarà Tobio alle prese con il suo primo amore, Sugawara con un viaggiatore del tempo, Hinata con un suo senpai e un Tooru fin troppo sicuro di sé con un Iwaizumi fin troppo protettivo, per non dire di più.
Nota di servizio: solo le prime tre one-shot fanno parte della Haikyuu Rarepair Week, le altre sono quelle più comuni (Kagehina, per fare un esempio).
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 3:  Ice cream
Coppia: Sugawara Koushi/Hinata Shoyo

Fa caldo. Hinata dubita di riuscire ad arrivare fino a casa se non si ferma prima da qualche parte, al riparo dal sole, per prendersi una – seppur lieve – boccata d’aria fresca. Davanti a lui, la strada asfaltata assume contorni sempre più offuscati a causa dell’arsura crescente, e il solo pensiero di aver ancora da percorrere un ampio tratto di strada gli fa contorcere lo stomaco. Le gambe smettono di pedalare all’altezza di una gelateria, il primo locale che incontra di una lunga serie di negozi e abitazioni disposte sul lato destro della strada. Magari, pensa mentre appoggia la bicicletta su un albero vicino per mancanza di altri posti liberi, un piccolo gelato non gli farà così male. D’altronde, è in orario per tornare a casa, e l’ora di cena è ancora lontana. Si affretta ad entrare nel piccolo locale, promettendo mentalmente che sarebbe stato veloce e che avrebbe pagato con i soldi della paghetta, invece di chiederli alla madre una volta a casa.
L’aria condizionata lo colpisce sulla soglia come una secchiata d’acqua gelida che si abbatte con violenza contro la pelle riscaldata dal sole durante una lunga dormita sul bagnasciuga. Spera di non prendersi un malanno quando gli toccherà uscire da lì, anche se dubita che avrà voglia di abbandonare quell’oasi paradisiaca. Il locale è pieno, e gran parte dei clienti sembra essere ragazzi delle superiori, quelli per cui, suo malgrado, Hinata sente di essere in soggezione ogni volta che li incontra. In fondo, lui è solo un misero ragazzetto di prima media.

Sono tutti immersi nelle proprie chiacchiere da non accorgersi della confusione creatasi nella stanza, e Hinata, nonostante spiccichi tre parole al massimo, è costretto ad alzare la voce per farsi sentire. Poco dopo, è seduto a uno dei tavoli più nascosti e l’unico che pare essere ancora libero. Davanti a lui, sull’altra parete, la grande vetrata fa intravedere il cielo terso che assume, di minuto in minuto, colori tendenti al rosa e al rosso-arancio, lì dove il sole tramonta. Tra poco, la temperatura si dovrebbe abbassare in modo consistente, sebbene sia improbabile che il calore raccolto dal marciapiede durante la mattinata e sprigionato da esso durante la sera possa far sentire la differenza. Bah, basta pensarci; l’importante è pedalare veloce, sentire il flebile vento scompigliargli i capelli e pensare a tutto tranne che alla scuola.
«Scusa… posso sedermi qui?»
Shoyo sobbalza dalla sedia, preso alla sprovvista, immerso nei suoi pensieri. Un ragazzo sta davanti a lui con un gelato in mano e un’espressione un po’ imbarazzata in viso. «Gli altri tavoli sono tutti occupati, e non ho idea di dove potrei mettermi».
«S-sì… nessun disturbo» risponde Hinata, cominciando ad osservarlo. Non ha dà l’idea di essere un liceale, ma neanche quella di essere chissà quanto più grande di lui. Inspira, e, per curiosità da una parte e per fare conversazione dall’altra, domanda: «Quanti anni hai?»

Il ragazzo, che nel frattempo ha preso il cellulare dalla tasca, lo guarda con aria interrogativa e leggermente divertita. «È la prima volta che mi chiedono l’età, all’inizio di una conversazione».
Hinata si fa rosso in viso, pieno d’imbarazzo. In effetti, non sono poi rare le volte in cui finisce in situazioni del genere, per la sua lingua lunga e il suo essere estroverso, ma è più forte di lui dar voce ai propri pensieri da un momento all’altro. «Mi-mi dispiace, non volevo…»
«Ma no, figurati, dicevo così per dire,» dice il ragazzo, agitandosi un poco per la sua reazione, «nemmeno io bado molto a queste cose, ah-ah. Comunque, mi chiamo Sugawara Koushi, e frequento il primo anno delle superiori». Sugawara gli porge la mano e Hinata gliela stringe. Ha una presa salda, a dispetto dell’apparenza. «Io sono Hinata Shoyo, e frequento il primo anno… delle medie» dice mentre ritira la mano per riposarla sul gelato, ormai a metà. Non sa come, ma già si sente a suo agio con lui. Ha modi gentili e sembra essere mite di carattere, nonostante per certi versi appaia piuttosto… timido? Sì, timido dovrebbe essere la parola esatta.
Nel frattempo, Sugawara è tornato al suo gelato. «Allora sei un mio kohai» dice tra un cucchiaio e l’altro, pronunciando quelle parole come se fosse ovvio. «Come ti sembra la scuola? Certo, all’inizio non è facile, però ti ci abitui».
«Sì, è un po’ difficile…» fa girovagare gli occhi intorno a lui, e con suo stupore nota una borsa da palestra accanto al tavolino. Deve averla messa lì prima di chiamarlo. «Fai sport?»
Sugawara segue il suo sguardo, e un il sorriso sulle sue labbra sembra ampliarsi, anche se non di molto. «Sì, faccio pallavolo dalle elementari. Oggi ci sono stati gli allenamenti» spiega, e si volta verso Hinata. «E tu?»

Lui? A dirla tutta, lui non fa sport. Cioè, gioca al campetto i pomeriggi in cui è libero, ma non ha mai fatto uno sport vero e proprio, con gli allenamenti e tutto il resto. «Ecco… in realtà, non pratico nessuno sport, o almeno non ancora. Per questo, sono indeciso in quale club entrare…» fa dondolare le gambe troppo corte sulla sedia, e finisce il gelato. Gli piace parlare con lui: è come se un calore gli si stesse propagando per tutto il corpo e gli desse una sensazione di serenità interiore e di euforia nel medesimo istante. Involontariamente sorride, pensando che quel flusso di pensieri sia colpa dello sbalzo di temperatura di un paio di minuti prima.
Sugawara si fa subito interessato, tanto da abbandonare la freschezza che il piccolo dolce emana all’interno della vaschetta per più di venti secondi di fila, senza neanche infilarci il cucchiaino. «Davvero non hai ancora deciso? Hai provato a praticarne qualcuno?»
Hinata si gratta la testa. «Sì, ma si sono rivelati dei fallimenti. Non sono portato per alcuni».
«E la pallavolo? Ci hai provato?» chiede Koushi, e nel frattempo si è fatto un po’ più vicino.
La pallavolo? Un tipetto basso come lui? Hinata abbassa lo sguardo, e quello che dice viene percepito come un sussurro, o qualcosa di vagamente simile: «Pensavo di non esserne capace».
Al contrario di quello che si aspetta, Sugawara non ride né sembra dargli ragione. Lo osserva come se non credesse alle sue orecchie. «Però non ci hai mai giocato prima, vero?» domanda.
«No»
«Allora…» Sugawara si porta alla bocca il cucchiaino, «come puoi dire di non esserne capace?» La sua voce trasmette tutta semplicità dell’affermazione, e a un ascoltatore esterno potrebbe risultare molto simile al tono di un bambino che chiede alla madre tutti i “perché” che gli passano per la testa.

A Hinata fa uno strano effetto, sentirlo pronunciare dalla sua bocca. «Perché… tu pensi che possa giocare bene anche se sono basso?» I suoi occhi si impiantano sulla figura del senpai e le sue orecchie pendono dalle labbra di quest’ultimo. Tutti, da quando avevano capito che non sarebbe di certo diventato un gigante, gli hanno sconsigliato di praticare sport in cui l’altezza è un elemento fondamentale, come il nuoto e la pallavolo stessa. È la prima volta che qualcuno afferma il contrario di ciò che è stato abituato a sentire.
«Perché dovrebbe essere il contrario? È vero, la pallavolo è uno sport soprattutto per persone alte, ma chi vieta a tutte le altre di praticarlo?» dice, mentre raschia la piccola vaschetta e la libera dagli ultimi residui di dolce. «Secondo me, l’importante è fare ciò che si ama».
Shoyo avverte lo scatto di un interruttore dentro di sé. Non ha ben chiaro cosa sia, ma crede che gli sarà molto difficile dimenticare quell’incontro; gli sembra che una nuova energia abbia preso a scorrergli nelle vene a una velocità incredibile.
«Be’, devo andare. È stata una chiacchierata piacevole, Hinata» dice Koushi in un largo sorriso, alzandosi e porgendogli la mano. Hinata si alza a sua volta, con la vaschetta vuota in una mano e la mano di Sugawara nell’altra. Il contatto contro il palmo sembra bruciargli la pelle, e non è per il caldo. «A-anche per me».

Sugawara si dirige verso il cestino, per poi proseguire e varcare la soglia del locale con la borsa a tracolla che ondeggia con la stessa intensità delle onde quando il mare è calmo. Hinata si scuote dai propri pensieri al suono del campanello, e, con le gote infiammate, inizia a corrergli dietro. «A-ah, aspetta!»
Fuori dal locale, la temperatura è alta almeno una decina di gradi in più, ma sente di poterla sopportare anche se al posto dell’asfalto ci fosse lava incandescente (cosa, tra l’altro, abbastanza possibile). Sugawara si è fermato al marciapiede, rivolto verso la strada stessa strada da cui Hinata è arrivato. «Ci-ci… rivedremo?»
Sulla maglietta, il nome della scuola recita: “Karasuno High School”. Koshi gli rivolge un altro sorriso. «Credo di sì».
Scuote il braccio, e riprende a camminare.
   
 
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