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Autore: Enchalott    06/07/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’ombra di un uomo
 
La Violine attraccò magistralmente a uno dei nuovi moli di Neirstrin, dimostrando di possedere una certa abilità di manovra e un discreto sprezzo del pericolo, visti i frangenti poco amichevoli che battevano il porticciolo improvvisato e la corrente impetuosa di quel giorno.
Le altre tre navi al suo cospetto assunsero di colpo l’ingloriosa forma di semplici modellini, tale era la mole del galeone giunto per ultimo.
Le vele erano già legate ai pennoni e apparivano scure nonostante le piegature.
Le funi d’ormeggio, date di volta alle bitte, si tesero stridendo e per un attimo sembrò che il fragile e improvvisato pontile di legno fosse destinato a svellersi.
Le insegne nere con il jolly roger, esibito con sfacciata teatralità, continuarono a garrire al vento dall’albero maestro senza essere ammainate.
I marinai, che indossavano una sorta di uniforme stranamente sobria, si disposero efficienti ai lati del barcarizzo, mantenendo nell’attesa una sorta di attenti.
“Questi qui sembrano piuttosto organizzati…” commentò Aska Rei, interessato.
“Il comandante Iker è fissato con la disciplina” spiegò Dalian, sporgendosi placido dal parapetto “Non a torto è soprannominato il generale dei mari. Non ama le ciurme sgangherate e poco ammaestrate, con i suoi è inflessibile. Suppongo che per il compito che vi siete prefissati il suo apporto risulterà molto valido”.
“Sempre che decida a nostro favore” considerò Dare Yoon, seguendo lo sbarco dei nuovi arrivati con piglio severo.
“Non dirà di no a Bicks, vedrete…” anticipò il pirata, ammiccando “Da sempre ha un debole per lei, farebbe qualunque cosa per mettersi in luce ai suoi occhi”.
Il vice comandante elestoryano bofonchiò in dialetto stretto un epiteto poco onorevole rivolto all’inconsapevole interessato e Aska Rei fece del suo meglio per non scoppiare a ridere. Dalian non si scompose, presumendo il significato del termine e abbozzò una smorfia divertita. 
Nel frattempo, il nuovo arrivato percorse a passi cadenzati le lucide assi di legno.
 
Iker era un uomo sulla quarantina, attraente e dal portamento deciso. I suoi abiti erano completamente neri, compreso il cappello a tre punte che portava sul capo e gli ornamenti preziosi che arricchivano il suo elegante guardaroba.
Anche la sua pelle era naturalmente scura, l’incarnato d’ebano era diverso da quello semplicemente abbronzato degli uomini di mare; i lunghi capelli castani erano trattenuti da un laccio di seta in una coda ondulata sulla spalla sinistra, i baffi sottili e il pizzetto sul mento erano curati. Gli occhi, verdi come il mare infuriato, gli rischiaravano i tratti marcati e suggerivano una certa fierezza nel carattere.
Le sue labbra si composero in un sorriso aperto e spontaneo mentre andava incontro a Tsambika, che era scesa dalla scaletta del castello di poppa per accoglierlo.
“Mia cara!” esclamò, profondendosi in un generoso baciamano “Non esistono parole per esprimere quanto tu mi sia mancata!”.
“È una gioia rivederti, Iker” rispose lei, socchiudendo le palpebre “Speravo che tu rispondessi al mio appello, non sai quanto ho bisogno di te!”.
“Spero sia più un riferimento all’ambito privato” ribatté lui, licenzioso.
“Di quello ce ne occuperemo dopo” rise Tsambika, altrettanto sagace “Ora gradirei presentarti alcune persone e metterti a parte degli eventi”.
“Dunque nemmeno questa volta hai organizzato in segreto il nostro matrimonio?” domandò il capitano, gettando un’occhiata indagatrice alla Karadocc e porgendole gentilmente il braccio “Fantasticavo su una sorpresa del genere”.
“Temo di no” glissò la donna, accettando la galanteria e riprendendo a camminare.
“Mh, le mie illusioni erano già crollate quando ho visto che non stavi portando il mio anello… però un uomo ha bisogno di certezze, come si suol dire”.
“Quando deciderò di dipendere da qualcuno, sarai il primo a saperlo, Iker”.
“Oh, andiamo!” protestò lui “Sai benissimo che non sarebbe così! Conserveresti il tuo stato, la tua nave – a proposito, dov’è la Xiomar? - e la tua vita libera di sempre. Io farei altrettanto, ma con la gioia aggiuntiva di ritenermi tuo marito e di accampare tale privilegio su tutti i buzzurri che popolano il Pelopi e ti ronzano intorno”.
“Mi conosci, ti tradirei alla prima occasione… tu non te lo meriteresti e il restare nei ranghi della dedizione coniugale per me sarebbe un’insopportabile limitazione”.
“Beh, possiamo sempre saltare la parte cerimoniale dedicata alla fedeltà, se ti infastidisce tanto!” ribatté prontamente il capitano in nero “Dovrei impiccare qualche incauto viaggiatore, certo… ma la cosa non costituirebbe un problema” aggiunse, posando indicativamente la mano sull’elsa della sciabola.
Tsambika scosse la testa, divertita dall’usuale insistenza delle proposte.
Eppure ci pensò, quasi come in un riflesso incondizionato. Non si vide certo sposata al suo corteggiatore più appassionato, ma si immaginò nel futuro prossimo legata in qualche modo a un uomo… no, a quell’uomo. Trattenne il respiro, turbata da quell’immagine inattesa stampata nella mente, per scacciarla poi furiosamente fuori da sé come qualcosa di assurdo e avvilente. Mai! Non sarebbe mai appartenuta ad altri che a se stessa!
Cambiò immediatamente argomento e riferì al compagno filibustiere le contingenze, con la stessa modalità salva faccia e scarsamente aderente al vero che aveva già adoperato prima con Talon e Demar.
Iker annuì, aggrottando però la fronte come se qualcosa nell’esposizione dei fatti non lo avesse convinto appieno, ma accettò l’incarico senza apparenti obiezioni. Il suo sguardo inquisitorio si posò sui due uomini in piedi accanto a Dalian.
“Sarei terribilmente geloso, se il principe di Iomhar ti consegnasse anzitempo alle braccia azzurre di Manawydan” disse cavalleresco “Perciò ti offro le mie e quelle del mio fido equipaggio. La Violine è ai tuoi ordini da questo momento”.
“Te ne sono grata” sorrise la piratessa “Saprò ricompensarti”.
Lui scosse la testa quasi con fastidio.
“Non lo faccio per interesse e neppure perché ho paura di morire per mano del famigerato reggente del Nord o a causa di qualche divinità irata. Accetto solo poiché me lo hai chiesto tu. Quanto alla retribuzione, mi sono già espresso”.
“Ci penserò” rispose lei, frettolosa, quasi a cancellare l’idea balzana di prima, che ancora riverberò in un’eco fatto di un tuffo nello stomaco.
Iker spalancò gli occhi, incredulo davanti alla prima replica che non era sfociata in un no secco o in un pretesto per discorrere d’altro. Qualcosa iniziò a non tornargli.
 
“Siamo al completo” osservò Aska Rei in seguito alle dovute presentazioni “Quattro velieri, compreso quello dell’individuo in ghingheri di poco fa, sono più che sufficienti a trasportare i profughi a sud. Non avevo aspettative tanto ottimistiche”.
Dare Yoon annuì, abbottonandosi con cura la casacca dell’uniforme. Ruotò cautamente il polso: riusciva ormai a muoverlo senza provare eccessiva pena, ma la guarigione non era certo completa. Dessri aveva previsto un mese, data la scarsa entità della frattura, il che significava che era circa a metà percorso, mentre il tempo stringeva e i pericoli lievitavano esponenzialmente. Sospirò, insoddisfatto. La pazienza non era la principale delle sue virtù, ma avrebbe dovuto trovarne in quantità, a partire da quella sera stessa, peraltro.
“Ehi, Yoon… sei imbronciato perché hai esaurito le scuse per scansare la cena organizzata dalla nostra ospite o devo preoccuparmi d’altro?” ridacchiò il capitano.
“Stare allo stesso tavolo con una cricca di tagliagole non mi entusiasma” ribatté lui, accigliato “Non c’è altro”.
“Neppure un certo tipo di nostalgia?” rincarò Rei, pungente, mentre l’amico si agganciava il fodero della spada alla cintura.
Dare Yoon gli lanciò un’occhiataccia e non fece commenti.
“Non sai cogliere il lato divertente della situazione!” rimandò il primo.
“E quale sarebbe?”.
“Uomini grossi e brutti con la coda fra le gambe davanti a una donna in grado di mangiarseli crudi, in aggiunta alla serie di frottole che si sono bevuti senza batter ciglio. Lo scriverò nelle mie memorie per i posteri!”.
“Mh, quell’Iker non ci è cascato, secondo me” constatò Dare Yoon “Mi pare tutt’altro che stupido. Hai visto la diffidenza con cui ci ha esaminati quando è salito sulla Karadocc, mi aspetto che stasera ci metta in difficoltà per saperne di più”.
“Sì, ma anche noi con lui non abbiamo certo interpretato gli amiconi. Quello è un pendaglio da forca mentre noi siamo soldati, non accade spesso di trovarsi schierati sullo stesso fronte. È ovvio che tendiamo a non fidarci reciprocamente. Quanto alle fandonie che Tsambika gli ha propinato, è una sua responsabilità… vedrai che sbatterà prontamente le ciglia nella sua direzione se le richieste si facessero troppo inopportune. A quanto sostiene Dalian, Iker è molto preso da lei. Tu cerca piuttosto di non farlo ingelosire, non vorrei che il desinare terminasse a colpi di pugnale”.
“Io!?” sbottò il vice “Sei tu quello che si atteggia a sfrontato ammiratore!”.
“Ahimè, sono solo la spalla su cui può piangere” scherzò il capitano.
Dare Yoon sbuffò pesantemente e ignorò la giocosa provocazione. Terminò di affibbiarsi il mantello e attese che il compagno facesse lo stesso.
“Si va in scena!” commentò questi, allegro, afferrando la maniglia della porta.
 
Il capitano della Violine si sdraiò sulla schiena e incrociò le braccia dietro la testa, fissando il soffitto ligneo della cabina, disteso sul letto. Il lucore della lampada a olio, posta sopra la spalliera lavorata e schermata dal vetro verde scuro, si riflesse nelle sue iridi smeraldine, rendendole più cupe e più lucide.
Tsambika gli carezzò il petto nudo, indugiando sulle linee nitide dei suoi muscoli e sulle sfumature brune della sua pelle.
“C’è qualcosa che ti impensierisce?” domandò, avvolgendosi con vezzo nel lenzuolo candido “Stasera a cena eri stranamente teso. Anche se hai fatto di tutto per non darlo a vedere, non credere che non me ne sia accorta… ti conosco bene”.
Lui sorrise, voltandosi su un fianco e la fissò negli occhi.
“E io conosco te, Bicks. In tutti i sensi” ribatté con l’espressione di una tagliola appena scattata “Vuoi dirmi che diavolo sta succedendo?”.
Lei si rabbuiò, sistemandosi il cuscino dietro la schiena con un gesto nervoso.
“Non l’hai notato da solo?” proferì, vaga.
“Oh, certo” restituì Iker pazientemente “Il mare è casa mia, mi aspetto che si spalanchi e ci inghiotta tutti quanti da un momento all’altro. Ma non sto alludendo alla fine dei nostri giorni, quella non mi crea problemi. Incontrerò finalmente il vecchio Manawydan e gli domanderò se anche l’aldilà possiede un oceano da solcare. Piuttosto vorrei discutere del tuo supposto sodalizio con il reggente di Iomhar… o, argomento ancor più stuzzicante, dei due ufficiali elestoryani che si trovano a bordo. Aver convinto con una storiella ben orchestrata due menti semplici come Demar e Talon non significa aver persuaso anche me”.
“E va bene!” sbottò la donna “Tanto so che terrai la bocca chiusa!”.
Raccontò in breve i fatti senza mentire, realizzando con disagio che il ricordo di Anthos e del suo sguardo inumano ancora le facevano tremare la voce.
“Questo spiega le cicatrici che hai addosso” commentò l’uomo, sfilandole il lenzuolo e passandole lentamente la mano sulla gamba con lasciva sensualità “Il fatto che tu sia sopravvissuta a quel demonio mi eccita parecchio, se devo essere sincero… ma per quanto io sia soddisfatto dalle lussuriose capriole che abbiamo condiviso prima e allettato dalle prossime, il tuo sorprendente resoconto non basta a chiarire le ragioni per cui io abbia avuto la netta sensazione di fare l’amore con un’altra. Non con te, Tsambika… eri lontana mille miglia da qui”.
“Non dire assurdità!” ringhiò lei.
“E tu non prendermi in giro!” ribatté lui, duro “Già il fatto che tu non abbia deciso di affondare insieme con la Xiomar mi ha lasciato alquanto sbalordito. Era il minimo che mi sarei aspettato da una come te, per quanto sia felice di rivederti in salute”.
“Perché avrei dovuto?”.
“Perché sei come me, Bicks!” esclamò Iker, scuotendo la testa “Per quelli come noi è meglio rendere l’anima a Reshkigal, piuttosto che vivere con disonore e senza libertà! Non mi sarei mai piegato a sottostare agli ordini di chicchessia, neppure a quelli del dio del Mare in persona! Diamine, rifiuti di sposarmi perché lo paragoni a una prigionia e poi…! Bah! Avrei sfidato la collera di Anthos e sarei morto con orgoglio, riscattando la mia fierezza di pirata! Cosa ti ha spinta a vivere con quest’onta insopportabile sulle spalle?”.
“Parli così perché non ti ci sei trovato!” replicò la capitana, furente “Non ti ho chiesto di approvare le mie decisioni, solo di scortarmi a Elestorya! Quanto all’infamia cui alludi, che cosa ti fa pensare che non mi vendicherò?”.
“I due uomini del Sud!” esclamò lui, irritato “Non trattarmi da idiota! La Tsambika che conoscevo li avrebbe già scaraventati in pasto ai pesci! Ho visto come ti sei comportata con loro durante la cena… non venirmi a dire che stavi recitando!”.
La donna si mise a sedere con impeto e le lenzuola scivolarono giù, scoprendo il suo corpo sinuoso e provocante.
“Il più affabile di loro” sibilò con collera repressa “È sopravvissuto per mesi alle segrete di Jarlath e usa la spada come un prolungamento del suo corpo. L’altro invece ha decapitato Raidel senza fare una piega e ha tenuto testa all’intero equipaggio della Agewe con una sola lama… se fosse semplice sorprenderli, riposerebbero già sul fondo del mare!”.
Iker aggrottò la fronte, impressionato dal racconto, ma non demorse.
“Ci sono svariati sistemi per liberarsi di una presenza sgradevole” disse, realistico “Evidentemente, non è nelle tue intenzioni ed è questo che non mi spiego. Resto della mia idea e ti dirò di più! Posso capire che il più giovane dei due ti sia simpatico, lo è persino a me, nonostante il suo ruolo, e va bene tenerlo buono. Ma l’altro? Mi è venuta voglia di infilargli un coltello tra le costole appena si è seduto a tavola!”.
“E quando apre bocca tale ambizione sopraggiunge anche prima” bofonchiò lei.
Il comandante della Violine strinse le palpebre, chiudendo il laccio che aveva teso.
“Ho visto come lo guardavi” asserì, rigido “Rabbia, frustrazione, velata ammirazione, rivalsa, rammarico… devo continuare?”.
“Disprezzo, mala sopportazione, ostilità…” corresse lei, aprendo le dita nell’enumerare le sensazioni “La gelosia ti rende poco obiettivo, mio caro”.
Le iridi verdi di Iker ebbero un guizzo scaltro.
“Niente affatto. Sebbene io abbia buone ragioni per manifestarla” asserì seccato “Quel Dare Yoon ti interessa in un modo che non mi piace. Che cosa c’è tra voi?”.
Tsambika scoppiò a ridere, ma l’ilarità non si estese al suo sguardo.
“Adoro quando fai il maschio alfa” mormorò suadente “Soprattutto quando siamo a letto... lo trovo così sexy! Considerando che non ti devo alcuna spiegazione e che è proprio il tuo smodato senso del possesso che mi spinge a declinare le tue intenzioni matrimoniali…”.
“Senso del possesso!?” gridò Iker, esasperato “Per gli dei, non insultarmi, Bicks! Ti voglio sposare perché ti amo! La mia unica consolazione a fronte dei tuoi ripetuti rifiuti era pensare che tu non fossi fatta per legarti a un uomo! Non mi sono mai agitato per le tue sporadiche infatuazioni verso il fortunato amante di turno, sapendo di avere un accesso preferenziale alle tue lenzuola! Ma quello che ho intravisto stasera mi manda fuori di me!”.
La donna sgranò gli occhi a mandorla davanti allo sfogo appassionato del compagno. Percepì un nodo alla gola e faticò a contenere la sensazione di profonda desolazione che le invase il petto. Iker aveva intenzioni serie, non esistevano dubbi… ma lei non lo ricambiava. Stare con lui era gradevole, lo apprezzava sia per le sue qualità caratteriali sia per quelle fisiche e – non aveva torto – lo sentiva a sé affine più di ogni altro. Ma non ne era innamorata. Le piaceva per il suo ardimento, per la sua sicurezza, per la sua mente aperta… perché era affascinante, focoso e non aveva paura di sfidarla. Perché era un vero pirata.
Desiderare una persona a partire dal cuore e non dalla carne, tuttavia, infliggeva altre emozioni, quelle che lei non aveva mai sperimentato, quelle che lui le aveva lucidamente elencato poco innanzi. Quelle più pungenti della lista, invero. Non aveva mai visto Iker tanto adirato, ma ne coglieva le ragioni. Il gioco a due che avevano sempre tacitamente condiviso aveva perso il suo equilibrio. Aveva smesso di essere un delizioso passatempo, ma non si era trasformato in una vera relazione, quella che lui auspicava. Tra loro due si era distesa, nell’effettivo senso del verbo, un’ombra ingombrante.
L’ultimo no che gli aveva opposto era dovuto allo stesso motivo che l’aveva spinta a non uccidersi, a non rivoltarsi contro la costrizione imposta da Anthos, a gettare al vento l’orgoglio ferito di leggenda dei mari per restare a tutti i costi in vita: Iker l’aveva compreso, mostrando una lucidità mentale più onesta della sua. L’aggettivo le causò una reazione amara. Era stata tacciata di slealtà e bassezza morale.
Qualcuno in passato aveva osato quei termini dispregiativi e veritieri. No. Veritieri per lei dall’attimo in cui erano esplosi dalla sua bocca.
Dare Yoon.
Non l’aveva mai visto in uniforme. Quando era entrato nella sala riservata con la divisa nei toni tortora e le decorazioni con i tre colori di Elestorya, lei non era riuscita a rivolgere altrove lo sguardo e, se Iker se n’era avuto a male, neppure a celare le proprie sensazioni. La tinta chiara degli abiti aveva messo in risalto la sua carnagione ambrata e la sua chioma bruna, più lunga di quella che abitualmente era propria di un soldato. I suoi occhi blu notte l’avevano squadrata con l’abituale freddezza, senza tradire alcuna variazione d’umore. Le era passato accanto nel frusciare del mantello foderato di scarlatto e le aveva rivolto un cenno d’obbligo. Perché, anche se la detestava, rimaneva nel limite della formalità.
Tsambika aveva chiacchierato amabilmente con tutti durante la cena, ma Dare Yoon non le aveva mai rivolto direttamente la parola, neppure quando Aska Rei gli aveva rifilato una calibrata pedata sotto il tavolo per sollecitarlo a essere più loquace.
La piratessa si era sorpresa a fissare l’elsa nordica della sua spada con una punta acuta nello stomaco; a chiedersi come fosse la donna che gliene aveva fatto dono. E quando aveva scacciato quell’assurdo ragionamento con il vino e con le chiacchiere, il suo sguardo si era tuttavia soffermato sugli alamari dorati della sua casacca bordata di rosso. Aveva immaginato di slacciarli, di scoprire il suo tatuaggio con il sole a sette raggi, di accarezzarlo nel tramonto cremisi della terra calda da cui lui proveniva. Maledizione! Non era riuscita ad arginare l’immaginazione!
Quando era finita a letto con Iker, gli si era data con foga e aveva espresso altrettanta rabbia in un amplesso rovente come non mai… lui se n’era accorto e l’aveva seguita con pari enfasi, ma non si era lasciato ingannare.
Non era l’effetto dell’astinenza di quei mesi o della prolungata lontananza da lui. Era il pensiero di un altro uomo… che non sarebbe mai stato suo. Il suo.
“Tra me e l’elestoryano c’è solo un astio particolarmente radicato… non devi arrovellarti, Iker” mormorò “Non era mia intenzione offenderti”.
L’uomo si portò una mano alla fronte, scostando la chioma castana e tornando a sdraiarsi. Sembrò più un gesto dolente che abitudinario.
“Non ti sei mai scusata in vita tua, Tsambika” disse piano “Non fai che confermare le mie desolanti teorie. Non sei più tu”.
Anche Dalian le aveva rivolto la stessa considerazione, seppure in termini differenti. Tra lei e lei stessa c’era l’ombra di un uomo.
“Possiamo continuare a discutere sull’essenza del nulla” disse con un sorriso malizioso, mettendoglisi a cavalcioni per esorcizzare l’amaro che le aveva tracciato una scia nel petto “Oppure dedicarci a qualcosa di più coinvolgente. Che ne dici?”.
Lui sospirò, rassegnato, posandole le mani sui fianchi.
“Purché nel tuo sguardo ci sia io solo, Tsambika” rispose.
 
Aska Rei alzò il cappuccio cerato sulla lunga chioma corvina, ma non si ritirò dall’impavesata di babordo, nonostante l’improvviso scroscio di pioggia, che sfumava di grigio piombo le onde infuriate dell’oceano. Si era ritagliato un momento di isolamento, di cui aveva inderogabile bisogno e nel quale desiderava riflettere lontano da tutto.
Sollevò il polso sinistro, al quale era ancora tenacemente annodato il nastro verde, ormai scolorito, che gli aveva donato Dionissa nell’unica notte che avevano trascorso insieme. Le aveva giurato che sarebbe tornato da lei e quel mare scuro che li divideva, nel rammentare la propria promessa, aveva assunto l’aspetto di un ostacolo arduo da superare. Non sarebbe stato l’ultimo e, forse, neppure il più insidioso… ma a lui, nato e cresciuto sulla terraferma, un nemico che appoggiava i piedi sul suolo stabile appariva meno infido di tutta l’acqua ribollente che gli stava di fronte, persino se l’intralcio era costituito dai Daimar.
Lei era ancora viva. Se lo ripeté per l’ennesima volta, pur senza riscontro.
Da quando aveva lasciato Jarlath in morte apparente, non aveva più ricevuto sue notizie e non aveva avuto modo di inviarne di sé. I pirati non usavano gli strik e, pur avendone uno a disposizione, non sarebbe stato affatto certo che la sua missiva avrebbe raggiunto la veggente. Una notte aveva sognato Amarelo che planava al suolo con un messaggio da Erinna; non ricordava i dettagli, ma aveva interpretato la visione come un tentativo di Dionissa di fargli sapere che stava bene, che lo aspettava. Forse, invece, era solo il risultato inconscio del terrore lacerante che provava al pensiero di giungere troppo tardi.
Non avrebbe potuto sopportarlo. Era consapevole della malattia che stava consumando la donna che amava… desiderava restare con lei fino al suo ultimo respiro, versare il sangue per difenderla, stringerla tra le braccia…
Il dovere era un altro, però, e Dionissa gli aveva fatto giurare che l’avrebbe compiuto senza concederle alcuna preferenza. Così aveva fatto.
Si era concesso quel momento di solitaria tristezza per alleggerire il cuore, per ricaricare le energie, per affrontare i propri sentimenti in modo che restassero forti pur senza costituire un impedimento. Sotto la scorza, però era umano e fallibile.
Aveva lanciato a Dare Yoon quella battuta sulla nostalgia perché in realtà era lui il primo a provarla: quel clima freddo e triste non faceva altro che renderlo malinconico.
“Ah, sto invecchiando!” mugugnò tra i denti, asciugandosi la fronte dalla pioggia.
“Non si direbbe” fece eco una voce a poca distanza.
Aska Rei portò la destra alla spada, maledicendosi per essersi lasciato sorprendere come un novellino mentre rimuginava sull’avversità della sorte.
Tsambika avanzò attraverso la nebbiolina salata che esalava dalle onde e lo raggiunse, appoggiandosi a sua volta al parapetto senza dare segno di aver notato la sua mossa guardinga.
“Interrogate le mie ossa” sviò l’elestoryano, stringendosi nel mantello “Con questa umidità sono meglio del certificato di nascita per segnare il trascorrere degli anni!”.
La piratessa rise, ma i suoi occhi a mandorla rimasero fissi sul mare, infelici. Aveva i capelli raccolti in un foulard cremisi, che si infradiciò in pochi minuti, ma non fece cenno di volersi riparare sotto la cappa impermeabile che portava sulle spalle. La sua pelle candida, in quella luce soffusa, pareva alabastro.
“Non temete, non lo rivelerò a nessuno” disse poi, girandosi a guardarlo, spavalda.
“Che sono vecchio?” si schermì l’ufficiale, ironico, dall’alto dei suoi ventotto anni “In effetti scalfirebbe di non poco la mia immagine”.
“No. Che stavate pensando a una donna” ribatté lei “La vostra fidanzata?”.
Rei accettò di buon grado lo smacco di essere stato colto in flagrante, prendendolo come un allenamento per diventare meno interpretabile in futuro.
“Mia moglie” rispose con sincerità.
Tsambika inarcò un sopracciglio, senza riuscire a occultare la meraviglia.
“La cosa vi sorprende?” domandò lui.
“Sì” ammise lei senza intento beffardo “Ho creduto che un uomo d’azione come voi, con il vostro carattere spigliato e irriverente avesse optato per non legarsi a nessuna”.
“Avete ragione” ammise il comandante “È stato così finché non ho incontrato lei… finché lei non ha trovato me”.
La capitana spalancò gli occhi, come stordita da quell’ammissione. Fu solo un istante, subito si ricompose nel proprio atteggiamento distaccato.
“Deve essere una persona di grande valore se ha fatto breccia nel vostro animo”.
“Vi ringrazio” rispose Rei, inchinandosi leggermente “E per manifestare a dovere la mia riconoscenza, sarò altrettanto lieto di conservare il vostro segreto”.
“Cosa?” sbottò Tsambika “Quale segreto?”.
Il comandante della Guardia si raddrizzò, sogghignando furbescamente.
“Che stavate pensando a un uomo” precisò.
“Vi sbagliate” negò lei, voltando la schiena al mare e appoggiando i gomiti sul legno bagnato “Ne ho lasciato uno poco fa in cabina, che mi crea pochi pensieri e molte soddisfazioni. Perdonate se non scendo nei dettagli”.
Aska Rei rise spontaneo e il mantello si aprì, lasciando intravedere l’uniforme. Lo sguardo della donna si posò sui suoi colori, come ammaliato.
“Non ho specificato quale” continuò lui, tornando serio “Da qui il mio riserbo”.
“Sono una che non mette radici, capitano” rispose la donna, alzando le spalle “Iker mi conosce bene, se anche pensassi a dieci uomini contemporaneamente, la cosa non lo sorprenderebbe e neppure lo scalfirebbe. Diversamente, si ritroverebbe fuori dal mio letto in men che non si dica”.
“Come volete voi” concesse Rei, allargando le braccia senza credere a una parola di quelle che lei aveva evidentemente eretto a propria discolpa “Vi lascio in compagnia del mare, penso che ora andrò ad asciugare le mie stanche membra”.
Tsambika attese che l’acuto comandante fosse rientrato in coperta, poi sferrò un pugno rabbioso alla paratia più vicina. Il rumore uscì ovattato dallo scrosciare ormai torrenziale dell’acqua.
Con l’elestoryano facevano tre. Tre persone le avevano fatto presente a diversi livelli che, in qualche modo, in lei era cambiato qualcosa e che tale mutamento d’animo o di atteggiamento era certamente legato all’incontro con Dare Yoon. Anzi, con la sua presenza a bordo si era intensificato tanto da divenire lampante.
Non poteva permettere di far trapelare alcuna debolezza, perché così la interpretava. Non poteva accettare di possederne una. Poteva concedersi umanamente la riflessione che la sconfitta subita e l’affondamento della sua Xiomar avevano per forza provocato, ma non che qualcuno la giudicasse irresoluta o morbida o… cedevole solo perché un uomo aveva osato rifiutarla e le aveva inchiodato in testa parole ingiuriose che non riusciva a cancellare.
Detestava sentirsi in posizione di inferiorità. Tutte le volte in cui le era accaduto, rare in verità, Tsambika aveva reagito a suo modo: come un pirata.
Aveva eliminato il problema alla radice. Con metodi drastici era sempre riuscita a mantenere la propria stabilità, la propria supremazia mentale, il proprio essere donna: valorosa, invulnerabile in un mondo che si ostinava ad assegnare il primato al sesso opposto. A lei non sarebbe accaduto.
Non esisteva altra soluzione, se non quella che aveva sempre utilizzato.
Si staccò di colpo dall’impavesata viscida, fradicia e furente, affrettandosi a rientrare in coperta, decisa a cambiarsi d’abito e a meditare su quanto aveva stabilito.
Il corridoio di legno della nave giaceva nella penombra, illuminato dalle lampade a olio tenute al minimo dell’emissione.
La capitana impiegò un istante ad adattare la vista alla differenza di luce, ma continuò a camminare determinata e sovrappensiero.
Urtò qualcuno che giungeva dalla direzione opposta.
“Perché non guardi dove vai, idiota!” sbottò, adirata.
“Potrei domandarvi la stessa cosa con ragione” ribatté questi, gelido.
Tsambika trasalì e fece un passo indietro.
Dare Yoon la stava squadrando più con curiosità che con stizza, nonostante l’epiteto che lei gli aveva indirizzato. Rimase a fissarlo un attimo di troppo, mentre i vestiti zuppi grondavano sul pavimento lucido con un gocciolio monotono.
Si sfilò il foulard dai capelli bagnati e si terse l’acqua piovana che le brillava tra le ciglia e sulle guance. Una vera fortuna essere fradicia, così lui non avrebbe visto…
“Con permesso” si congedò freddamente il soldato, facendo atto di voler continuare per la propria strada.
Ora o mai più.
“Aspettate, vice comandante” lo bloccò lei, altrettanto distaccata “Le navi che mi avete chiesto sono arrivate e porteranno a destinazione i vostri amici. Estinguerò il debito con la principessa Adara, avete la mia parola d’onore”.
“Grazie” mormorò lui tra i denti, manifestando la fatica che gli costava dover pronunciare quel semplice termine.
“Non siate troppo riconoscente” sogghignò lei, amara “Ho promesso che avrei condotto al Sud i profughi, non voi”.
L’ufficiale aggrottò la fronte, adombrato. Fece per ribattere, ma lei lo anticipò.
“Se volete attraversare il Pelopi a bordo della mia Karadocc, dovrete battermi in un duello. Io vi sfido, Dare Yoon. Se rifiutate, sarà la prova che siete solo un vigliacco!”.
Lui la incenerì, puntandole addosso gli occhi scuri e severi.
“Perché volete morire?” rimandò poi, adamantino e pacato.
Tsambika rise senza calore.
“È alla vostra vita che dovete pensare!” ringhiò, feroce “Domani. All’alba”.
Se ne andò rapida senza voltarsi.
L’elestoryano sospirò, risentito. Aska Rei, per l’ennesima volta, non si era sbagliato.
   
 
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