Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    06/07/2020    0 recensioni
Marzo 2012, Jotaro Kujo chiama a rapporto in Florida tre dei suoi più forti e fidati portatori di Stand, Koichi Hirose, Josuke Higashikata e Giorno Giovanna, per combattere una battaglia che cambierà le sorti dell'universo...
...forse.
Forse no. Forse questa battaglia non cambierà proprio un bel niente.
O quasi.
.
*ATTENZIONE: spoiler per il finale di Stone Ocean!*
.
(Prequel per la lunghissima fanserie "JJBA parte 7.1: Dangerous Heritage", pubblicata su questo profilo!)
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Giorno Giovanna, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Koichi Hirose
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Aeroporto Internazionale di Orlando, Stati Uniti
 

Koichi aveva avuto un sonno agitato in aereo, se quello era anche solo vagamente definibile "sonno". Era più un riposare gli occhi farcito di brutti presentimenti e disagio dallo stare seduto in uno scomodissimo sedile di seconda classe, prenotato in tutta fretta.

Fuori dall'aeroporto di Orlando c'era una limousine, e l'uomo che la guidava, vestito in tutto punto come nei film, aveva tra le mani un cartello con scritto proprio "Koichi Hirose".

Non era un'idea di Jotaro. Ne era sicuro.

Ad aspettarlo assieme all'autista fuori dalla limo, vi erano due uomini che quasi si stavano dando la schiena. Entrambi appariscenti in maniere quasi opposte ed entrambi erano conoscenti di Koichi.

Uno in maniera più piacevole dell'altro.

Un uomo alto e magro aveva i lunghi capelli dorati pettinati in perfetti boccoli che ricadevano sul suo completo bianco e candido, a risaltare come rifiniture d'oro come su una perfetta e bellissima statua di marmo.

L'altro era ben più alto e massiccio, ben più di quanto Koichi ricordasse. Koichi riuscì a fatica a riconoscerlo, mentre gli si avvicinava. Si stava pettinando i corti capelli bruni, quando i suoi occhi svogliati si posarono su Koichi. Allora il suo viso, da quella fredda maschera di disinteresse che aveva sempre indossato, anche nel lontano 1999, si trasformò in un ampio sorriso.

-Koichi!- gridò Josuke, quasi correndo verso di lui.

L'istinto di Koichi gridava di non muoversi, che non erano più sedicenni e avrebbero dovuto tenere le distanze, ma non ce la fece e si fiondò tra le braccia del suo migliore amico che non vedeva da dieci anni, e il suo abbraccio fu ricambiato con altrettanta forza. Una stretta calda e familiare e che, sinceramente, a Koichi era mancata. Josuke gli era mancato, davvero tanto.

Se da ragazzino puzzava di dopobarba scadente, ora l'odore era persino peggio, anche se palesemente di marca.

-Koichi, non sai che casino!- borbottò Josuke, staccandosi da lui. -E non sai che strazio.-

-È un piacere anche per me incontrarti di nuovo, Koichi.- disse Giorno, in tono sarcastico e con un orribile accento né italiano né giapponese. Koichi gli rivolse un mezzo sorriso, e non riuscì a fare altro.

Anche solo guardando Giorno Giovanna, il peso sul suo stomaco si faceva più pesante. Se incontrare di nuovo Josuke l'aveva fatto stare meglio, l'aura dorata che quell'uomo sembrava emettere non faceva altro che disturbarlo. Anche Josuke sembrava disturbato, ma era difficile da dire.

Con gli anni aveva dovuto fare decisamente pratica a mascherare ancora di più le sue emozioni, perchè il suo viso era tornato rigido e imperscrutabile. Koichi poteva evincere che no, Giorno non stesse simpatico nemmeno a lui. Ma d'altronde a Josuke erano sempre state simpatiche ben poche persone, e da quel punto di vista non sembrava cambiato affatto. Il cuore di Koichi era un po' più leggero ora, seppur di poco, nel sapere che non era completamente da solo in quella missione.

-Il Signor Jotaro ha convocato noi tre per una missione che lui ritiene di vitale importanza. Ma sarà lui a spiegare tutto di persona.- continuò Giorno, mentre l'autista gli teneva aperta la portiera della vettura e lui, con grazia, vi ci entrava e prendeva posto.

-Jotaro è in macchina che aspetta.- tradusse Josuke, e Koichi notò nel suo accento una vaga inflessione anglosassone.

Gli anni erano davvero passati per tutti.

Koichi constatò di persona che sì, ad aspettarlo nella limo c'era proprio Jotaro, invecchiato e stanco. Vaghi capelli bianchi sparivano sotto il cappello che portava, e lo sguardo duro era contornato da occhiaie scure e rughe di pura stanchezza.

-Finalmente ci siete tutti. So che entrambi avete fatto una lunga strada per arrivare qui. Vi ringrazio.-

L'aereo di Josuke, partito dall'Inghilterra, era atterrato non più di qualche ora prima di quello di Koichi e così aveva avuto modo di conoscere Giorno.

A giudicare dal tono con cui ne aveva parlato, non era stata un'esperienza emozionante.

-La fondazione Speedwagon si sta occupando da qualche mese di questo padre Pucci, il cappellano di una prigione qui in Florida. Sembra avere dei collegamenti con Dio, e sta progettando qualcosa a Cape Canaveral. Jolyne è già sul posto, e noi siamo in ritardo.-

Jotaro stava parlando con una strana durezza nella sua voce, una tensione che Koichi non aveva mai sentito, nemmeno mentre stavano dando la caccia ad un serial killer.

-Un italiano che c'entra coi vampiri? Già non mi piace.- farfugliò Josuke, guardando con una nota di astio Giorno, che gli scoccò uno sguardo d'odio che sembravano frecce dorate di rabbia, seduto di fronte a lui sulla limousine.

Koichi schiaffeggiò una coscia di Josuke, tentando di zittirlo. I poteri di quel Giorno erano straordinari undici anni prima, non osava immaginare ora... e Josuke era uno dei portatori di stand più forti del mondo, chissà quei due cosa avrebbero combinato in uno scontro diretto.

Non volle immaginarlo. I suoi intestini continuavano ad attorcigliarsi nel suo ventre, e si chiese se fosse il jet-lag, o forse il fatto che non aveva mangiato, o l'idea di uno scontro.

-Cape Canaveral, eh? Cosa vuole fare, lanciarsi nello spazio?-

La frase ironica di Josuke non fu accolta come si aspettava. -Forse. Probabile.- rispose invece Jotaro.

Il silenzio scese sulla limousine.

-What a nutcase...- Fu l'unica risposta di Josuke.

Jotaro tossì un paio di volte nel silenzio. I suoi polmoni sembravano stanchi, il rumore raspante del suo respiro affaticato che faceva sentire Koichi come se a lui stesso mancasse il respiro.

Il raspare del respiro di Jotaro venne amplificato dal raspare del motore della limousine.

-Salvatore, tutto bene?- chiese spontaneamente Giorno, voltandosi verso il vetro che separava le due parti della limo. L'autista, Salvatore, si voltò verso Giorno con un'espressione indecifrabile sul viso che sembrava... paura. Folle, pura, che gli attraversava le pupille con forza bruta.

-L'auto... è come se stessi guidando su per un pendio. L'auto non va avanti, sta venendo tirata indietro!-

Salvatore aprì la portiera dell'auto, ma con forza si richiuse e l'uomo ci rimase quasi incastrato in mezzo se il grosso braccio brillante di Crazy Diamond non l'avesse fermata in tempo.

Salvatore cadde giù dall'auto, come se davvero qualche vento strano lo stesse portando via con sé. Cadde perpendicolare al terreno pochi metri indietro, dove la limousine finiva.

-C'è davvero una forza. Qui davanti si sente benissimo.- disse Josuke, dando un esempio. L'Arbre-Magique stava pendendo verso la loro direzione e non verso il basso, e Crazy Diamond lo sfilò dallo specchietto retrovisore.

Venne come attratto verso il vetro, ma appena prima di finire nella zona dove i Joestar e Koichi erano seduti, cadde finalmente in senso verticale, verso il terreno.

-Una forza gravitazionale.- aggiunse Giorno.

-Pucci.- fu la risposta finale di Jotaro a una domanda che nessuno aveva avuto il coraggio di domandare fino a quel punto. Indicò davanti a loro, verso la strada che stavano percorrendo. Sullo sfondo si stagliava Cape Canaveral.

-Deve essere il suo stand. Deve essere lui, dobbiamo sbrigarci. Io sento Jolyne, è ancora viva...-

Ma ancora per quanto? furono le parole che Jotaro omise. Koichi le sentì, forte e chiare nella sua testa. nemmeno lui sarebbe stato capace di pronunciare quella frase, se avesse parlato di uno dei suoi figli. Sentì Josuke indurirsi al suo fianco, a sua volta. Il terrore era palpabile, la paura che fosse troppo tardi non solo per lei ma per l'intero mondo era ormai una tangibile opzione.

Uno stand capace di modificare le forze universali nel giro di così tanti chilometri, e chissà cos'altro.

-Ok, ma come facciamo a raggiungerlo? La macchina non si muove.-

Josuke aveva ragione, ma Koichi sapeva come fare. -Echoes act 4!-

E l'ultima evoluzione di Echoes apparse, verde scintillante e con più occhi di quanti Josuke ne ricordasse.

Echoes alzò le braccia e un campo magnetico si sprigionò attorno a loro, cambiando la gravità di nuovo e riapplicandola al terreno. -Con Echoes act 4 ho la capacità di cambiare a mio piacimento la direzione della gravità, e persino di annullarla- spiegò Koichi. -Ma il raggio massimo del campo gravitazionale è di cinque metri. La limousine è troppo lunga, quasi la metà ne rimarrebbe fuori e sarebbe colpita dalla gravità modificata da Pucci.-

La risata di Josuke gelò il sangue nelle vene di Koichi. -Di questo me ne occupo io.-

Crazy Diamond era molto più grosso di quanto Koichi ricordasse, e la corazza sul suo corpo si era trasformata in veri e propri diamanti, scintillanti su quella imponente figura.

Con un grido che strideva come unghie su una lavagna, o diamanti su un vetro, lo stand colpì la limousine.

Nulla di particolarmente strano. Fu strano vedere le sue dita di diamante perforare la lamiera dell'auto come burro, aprirla a metà con ancora tutti passeggeri a bordo e strapparne via un pezzo, e poi un'altro, e quando il risultato lo soddisfò la colpì con tanta forza da farla tremare.

Le onde d'urto sul tettuccio dell'auto deturpata sembravano gocce d'acqua in un mare calmo, un mini terremoto che si concentrava su di loro.

Koichi quasi cadde in avanti, sul terreno che si era aperto sotto i loro sedili per colpa delle modificazioni che Josuke stava portando all'auto.

Si aggrappò al corpo di Jotaro, ma lo scostò con una manata. Allora si aggrappò al braccio esile ma forte di Giorno, che non solo accettò di buon grado Koichi, ma lo aiutò con Golden Experience a non cadere di sotto.

Forse Koichi si era sbagliato su Giorno. Forse non era quell'orrorifica macchina di conquista e potere che aveva creduto per tutti quegli anni.

I pugni di Crazy Diamond erano diventati così veloci da essere invisibili nel loro movimento. Si abbattevano sulla lamiera, che sembrava fondersi sotto le nocche scintillanti dello stand di Josuke, formando una limousine ben più corta senza quel pezzo che aveva strappato via.

-Come hai fatto a fondere la lamiera?- chiese Koichi, fuori di sé dalla sorpresa, dalla paura e dal non aver dormito in aereo per più di diciassette ore consecutive.

-Sta muovendo le molecole della lamiera, generando un calore istantaneo che fonde i due pezzi di ferro assieme.- rispose Jotaro, con il suo viso ancora tirato e senza nessuna emozione se non l'apprensione.

L'auto fu presto conclusa, una limousine mozzata e malmessa ma che funzionava ancora, e ora ci stava tutta nei tre metri di raggio di Echoes act 4.

Giorno si alzò solo per tentare di scivolare tra i sedili posteriori, mettendosi al posto di guida e accendendo la limousine. Andava.

-Ho collegato nel frattempo tutti i cavi elettrici e di serbatoio trasformandoli in rami, ma mi devi una limousine nuova, Higashikata.-

Josuke si risedette sui pochi rimasti sedili posteriori, con un sorriso tirato. Stava scherzando o era serio? Prima che potesse chiedere, però, Giorno pigiò con forza sull'accelleratore e partì con violenza. 

   
 
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