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Autore: DanielaE    06/07/2020    1 recensioni
Storia liberamente tratta dal mobile game omonimo Hogwarts Mystery, segue la storia principale, comprese alcune missioni secondarie, quindi attenzione agli spoiler, ovviamente il tutto modificato e ampliato a mio gusto e piacere.
Nel 1984 la nostra protagonista varca per la prima volta le porte della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, smistata a Serpeverde, con nuovi amici e nemici si ritrova l'eredità di suo fratello Jacob a gravarle sulle spalle: egli infatti era stato espulso dalla scuola per aver cercato le misteriose Sale Maledette.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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~~Un timido raggio di sole stava debolmente illuminando il paesaggio che circondava il castello, era tenue ma riusciva comunque ad estendersi sulle acque del Lago Nero fino ai primi alberi della Foresta e soprattutto a scaldare gli animi dei giovani adolescenti che quel pomeriggio di inizio Marzo avevano lasciato di buon grado i freddi corridoi e i libri scolastici per godere dei primi raggi di un sole ormai quasi primaverile. Tutti tranne Elanor Blair. Era sbucata fuori dai sotterranei come un serpente dalla propria buca e con l'umore nero si era avviata verso il campo di Quidditch pronta per l'allenamento, trascinandosi dietro il borsone e maledicendosi per avere inesorabilmente sempre un peso eccessivo da trasportare in giro per la scuola. Il pessimo umore di quel pomeriggio era dovuto al poco riposo di cui riusciva a godere nelle ore notturne a causa di quella maledetta foglia di Mandragola con la quale era costretta a dormire e che con il passare del tempo diventava sempre più noiosa, non permettendole di dormire bene e procurandole, di conseguenza, un possente mal di testa, oltretutto man mano che la scadenza dei trenta giorni si avvicinava Elanor aveva sempre più paura che la foglia scappasse in qualche modo al controllo della sua bocca, costringendola a ricominciare tutto d'accapo.  Sbuffò sonoramente sperando di liberarsi al più presto di quella preoccupazione e potersi finalmente trasformare in animagus; si ritrovò distrattamente a pensare a come sarebbe stato trasformarsi in un uccello e volare libera nel cielo, magari in compagnia di Talbott, a quel pensiero le guancie si imporporarono, ma si costrinse ad assopire l'emozione che le attanagliava lo stomaco ogni volta che pensava al corvonero: se era vero che piaceva a Penny e che lui ricambiava, doveva toglierselo dalla testa. Il suo cattivo umore peggiorò ulteriormente quando in lontananza intravide un'esile figura ad attenderla sotto le arcate dell'ingresso del campo. Corpo esile, pelle bianca come la porcellana, lunghissime trecce nero corvino, un falso sorriso ad aleggiarle sul viso, la divisa perfettamente in ordine e soprattutto... cravatta rosso e oro e lo stemma dei Grifondoro bellamente in mostra sul mantello. Non ricordava mai il nome di quella ragazza, ma aveva perfettamente memoria della sua vocina acuta e fastidiosa.
«Ciao Blair!»
Appunto.
«Ciao... »
«Medison!»
«Medison, certo!»
«Ti aiuto a portare la borsa? Ti vedo affaticata» disse indicando l'enorme borsone che pendeva dalla spalla di Elanor.
«No, grazie! Ce la faccio da sola!» era certa che il mal di testa le sarebbe aumentato a dismisura.
«Bella giornata oggi, vero?»
Appunto.
«Perfetto per vedere un'allenamento di Quidditch!» la grifondoro aumentò l'estensione del suo falso sorriso, ma Elanor sapeva perfettamente quali erano le reali intenzioni della ragazza.
«Oggi si allena Serpeverde, tu sei una grifondoro»
«Appunto!» altro sorriso falso, forse anche con un pizzico di malizia.
«Devo andare, farò tardi all'allenamento! Buona visione... »
«Medison!»
«Medison, si!»
La ragazza stava per aggiungere altro, ma Elanor si fiondò all'interno del campo con la testa bassa e a passo di marcia.
La maggior parte dei suoi compagni erano già nel centro del campo, qualcuno chiacchierava, altri si passavano svogliatamente la pluffa; diede una veloce occhiata agli spalti, sapendo già cosa avrebbe visto: decine di ragazze di case diverse confabulavano tra sussulti e risatine giulive, erano lì per lo steso motivo della grifondoro Medison, e poco c'entravano le sorti nel campionato della casata verde/argento, tutte volevano la stessa esatta cosa; e quel qualcosa, o qualcuno, era mollemente adagiato con la schiena sulle travi di legno accanto all'entrata degli spogliatoi, le braccia incrociate sul petto e l'attenzione rivolta alla cercatrice davanti a lui tutta presa in una discussione su qualche tattica di Quidditch, visto il modo in cui lui annuiva pensieroso, le gambe, anch'esse incrociate, poggiavano sulla scopa che fluttuava ad un metro dal suolo, la solita espressione serena e rassicurante, le labbra corpose sollevate in un leggero sorriso e circondate da una leggera peluria, i capelli lunghi e scuri si muovevano delicati con la leggera brezza. Elanor sorrise osservando l'amico, anche al buio, anche in una tempesta, la sua aura avrebbe comunque brillato, era provvisto di una luce propria che andava ben oltre l'aspetto fisico, la sua personalità avrebbe potuto offuscare chiunque, le ragazze facevano follie per il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, Orion Amari.
Lui intercettò lo sguardo di Elanor e sorrise maggiormente, lei ricambiò ma mentre si avvicinava si ricordò della ragazza incontrata all'esterno: «Orion, quella ragazza con le trecce di grinfondoro, mi ha fermata ancora!»
«Medison?»
«Si!» non sapeva se la infastidiva il fatto che lui ricordasse il nome di tutte le sue spasimanti, il che significava ricordarsi di quasi tutte le ragazze di Hogwarts, o che lui fosse sempre perennemente tranquillo, in qualunque situazione, mentre lei non lo era affatto: non le importava della vita privata e sentimentale di Orion, ma lui aveva la "cattiva" abitudine di cedere di tanto in tanto alle avance delle fanciulle e che queste diventassero particolarmente appiccicose e tentassero continuamente di approcciare qualunque membro della squadra che potesse in qualche modo farle nuovamente avvicinare al Capitano, di tanto in tanto qualcuna si lasciava anche andare a scenate isteriche; il peggio si era raggiunto un mese prima, quando una ragazza di Tassorosso del quinto anno aveva minacciato di gettarsi dagli spalti del campo da Quidditch al termine di una partita, perché Orion era l'amore della sua vita ma proprio non lo capiva. Elanor decisamente non voleva ripetere l'esperienza, anche perché se tutte le ragazze che lui circuiva con il suo fascino e poi mollava, volevano uccidersi per lui, la popolazione femminile di Hogwarts si sarebbe decisamente dimezzata.
«Le parlerò, non preoccuparti!» esordì Orion con la sua voce melliflua. Elanor sbuffò, indecisa se la cosa fosse positiva o potesse solo peggiorare la situazione. Si avviò all'interno degli spogliatoi sperando che la giornata passasse alla svelta, il mal di testa stava peggiorando sempre più, ovviamente non aveva ancora incontrato Skye Parkin. Sembrava la stesse aspettando, seduta su una panchina con indosso la divisa da Quidditch, si alzò di scatto quando la vide entrare e senza neanche salutarla andò dritta al punto: «Devo parlarti!» e quando Skye esordiva così c'era decisamente da preoccuparsi, voleva dire che il danno era ormai fatto ed era irrimediabile.
«Sarò diretta, senza fare troppo giri inutili di parole!»
Elanor sbuffò ancora una volta e iniziò a massaggiarsi le tempie.
«La Rath ha scoperto delle voci che giravano su di lei e sul fatto che sospettavamo che avesse rubato la Comet»
«Tu, sospettavi di lei!» precisò Elanor.
«Si, ma lei questo non lo sa. Crede... crede che sia stata tu!» Sky parve perdere un po' della sua freddezza e per qualche secondo abbassò lo sguardo, poi lo riportò velocemente sulla compagna: «Ha detto, parole sue, che vuole staccarti la testa con un bolide. Oggi pare l'abbiamo vista allenarsi a fare a pezzi i manichini di allenamento!»
A furia di sbuffare le sarebbe andata via tutta l'aria dai polmoni, possibile che in quella scuola non si potesse avere un attimo di pace?!

La doccia calda dopo la sessione di allenamento aveva spazzato via molta della tensione accumulata e alleviato leggermente il mal di testa, ma decise di correre in dormitorio al più presto e cercare di dormire un'oretta prima di cena. Sulla strada del ritorno si imbatté nuovamente in due lunghe trecce e un sorriso, ma quella volta i capelli erano biondi e il sorriso sincero: Penny Haywood la stava aspettando all'entrata della scuola.
«Stanotte ci sarà una tempesta e potrò ultimare la pozione!» una semplice frase che però ebbe il potere di cacciare via qualunque malanno e malumore avesse avvertito Elanor quel pomeriggio.
Sbuffò ancora, ma quella volta di sollievo, le pareva un sogno liberarsi della foglia di Mandragola e ritornare alla normalità.
«Domattina, all'alba, potrai trasformarti!» sorrise Penny ed Elanor sentì le labbra incresparsi per unirsi all'amica, poi l'espressione della tassorosso mutò improvvisamente, sembrò rigida e improvvisamente impacciata, lei che non lo era mai, ma quando Elanor si voltò notò che Orion e Skye le stavano raggiungendo in quel momento per rientrare al castello, quando la cercatrice di serpeverde discendente dell'omonima famiglia di famosissimi giocatori di Quidditch era nelle vicinanze, Penny, appassionata, ma non praticante, dello sport magico per eccellenza, perdeva lucidità.
«Skye mi ha riferito cosa è successo, ma sta tranquilla, uniti supereremo anche questo, non creare dispute che peggiorerebbero la situazione, batterai la Rath sul campo.» esordì Orion una volta avvicinatosi, la sua voce rassicurante e quasi soave aveva sempre il potere di rilassare chi l'ascoltava. Tranne Skye Parkin.
Con un grugnito soffocato la famosa giocatrice di serpeverde portò l'attenzione su di se, odiava gli sproloqui mielosi di Orion, come li definiva lei. Restò qualche secondo ad osservare il viso perfetto di Penny, per un attimo a Elanor le parve di cogliere un leggero disgusto nella compagna di squadra e questo le provocò non poco fastidio. La tassorosso era troppo gentile, troppo riflessiva e troppo dolce per essere compresa da una personalità come Skye. Quest'ultima si allontanò improvvisamente senza dire nulla, seguita da Orion che invece si prodigò di elargire un'altro sorriso gentile, come a compensare l'altra: «Ci vediamo più tardi in sala comune Elanor»
«Buona serata, Penny Haywood» concluse per poi avviarsi all'interno del castello.
«Penny? Penny?» Elanor richiamò più volte senza successo l'attenzione della sua amica, che sembrava essere vittima di una fattura stordente, poi questa si voltò di scatto ad osservarla, il viso improvvisamente pallido e le guance stranamente rosse.
«Stai bene Penny?»
«S... si, si, certo! Devo... devo andare a completare la pozione, ci vediamo più tardi!» Penny quasi scappò via, lasciando Elanor a chiedersi cosa accidenti le fosse preso.

Quella notte ci fu veramente una possente tempesta, anche nei sotterranei potevano essere uditi i tuoni che si riversavano nei dintorni del castello, dalle vetrate del suo dormitorio Elanor poté vedere le acque del lago agitarsi probabilmente per il troppo vento; la serpeverde, visto la giornata soleggiata, non ci sperava più di tanto e invece il tempo era stato clemente con lei e l'aveva accontentata scatenando una tempesta con i fiocchi, sperò vivamente che bastasse. Non aveva praticamente chiuso occhio tutta la notte, ma non per il fastidio della foglia, ma per l'adrenalina che sentiva scorrere nel suo corpo; alle prime luci dell'alba sgattaiolò fuori dal dormitorio che era ancora completamente al buio e raggiunse Penny nel campo di allenamento. Era rischioso, potevano essere beccate e non avrebbero avuto una scusa plausibile ma decisero di farsi forza della benevolenza che in teoria avrebbe dovuto avere la professoressa McGranitt nei loro confronti, visto che era l'unica a conoscenza delle loro intenzioni.
«Dammi la foglia!» Penny neanche la salutò, troppo concentrata a dividere lo sguardo tra l'ampolla con la pozione fra le sue mani e all'area circostante preoccupata che qualcuno le beccasse.
Elanor si sfilò la foglia di Mandragola dalla bocca con molto piacere e la infilò nella boccetta, mentre Penny senza troppe cerimonie le strappò qualche capello e lo aggiunse alla pozione.
«Ahi!»
«Mi occorreva anche un tuo capello, non te lo avevo detto?» si scusò la tassorosso per poi mescolare l'intruglio e porlo velocemente ad Elanor. Quest'ultima restò qualche minuto a contemplare la boccetta, poi lentamente la portò alla bocca e ne bevve il contenuto: il sapore era abbastanza acre, ma fortunatamente non particolarmente disgustoso, aveva sentito dire che la Pozione Pollisucco era terribile da ingerire; un leggero formicolio si diramò in tutto il corpo, seguito subito dopo da una leggera calura che andò man mano aumentando. Con la bacchetta recitò la formula che le aveva insegnato Talbott per poi puntarla su se stessa, la punta del legnetto si illuminò e lei sentì il calore aumentare, per un attimo le parve di prendere fuoco. La testa iniziò a girarle vorticosamente, vide le labbra di Penny muoversi, segno che le stava dicendo qualcosa, ma non riuscì a udire nulla, tutto intorno a lei sembrò perdere forma e consistenza, si sentì come accartocciare, non aveva più il controllo del suo corpo, che si piegava su se stesso senza che lei riuscisse ad impedirlo. Annaspò per riprendere aria, ma si sentiva in una bolla, una bolla in cui non poteva respirare, poi di getto sentì nuovamente i polmoni aprirsi e incamerare aria, l'ambiente circostante stava tornando reale e non girava più come una trottola impazzita, si sentiva meglio, si sentiva leggera, molto leggera, le pareva quasi... di volare. Ci volle un po' per rendersi conto che stava veramente volando, era una sensazione strana, come saltare restando sospesi nell'aria, il corpo le sembrava più leggero, quasi inconsistente, si domandò se fosse effettivamente un uccello e di che tipo; oscillò con quelle che pensava fossero ali per qualche minuto, prima che le forze le mancassero improvvisamente e cadde al suolo. Si sentiva spossata, ma stava bene. Riaprì gli occhi e incontrò quelli grandi e azzurri di Penny che sorrideva senza sosta.
«Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta!» ripeteva quasi in lacrime.
«Insieme, ci siamo riusciti insieme!» senza l'aiuto di Penny non ci sarebbe mai riuscita, subito il pensiero corse a Talbott, quanto avrebbe voluto che lui fosse li, ad assistere.
«Ero un uccello?» chiese titubante, l'amica subito assentì: «Si! Un falco!» Elanor sorrise e cercò di alzarsi da terra, ma le gambe parevano non collaborare, non si aspettava che fosse così faticoso trasformarsi in animagus.
«Piano, il tuo corpo deve abituarsi, non sarà sempre così, ci farai l'abitudine, ma ci vuole del tempo!» la rassicurò Penny, che poi si sfilò il mantello e lo adagiò sulle spalle della serpeverde. Elanor sentì il tessuto a contatto con la pelle e trasalì, si accorse solo allora di essere completamente nuda. L'amica esplose in una risata divertita: «Ci vorrà del tempo anche per questo!».
Elanor si guardò in giro imbarazzata, poi quando si rese conto che erano da sole, si unì a Penny in una risata allegra e liberatoria. Era finalmente un animagus.

   
 
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