Videogiochi > The Witcher
Segui la storia  |       
Autore: Roberto Turati    07/07/2020    1 recensioni
Una serie di racconti brevi ambientati alla fine di The Witcher 3, dopo il finale in cui Ciri diventa l'imperatrice di Nilfgaard, e in seguito a Blood & Wine.
 
Fulbert di Mag Turga è un giovane strigo della Scuola della Manticora che viaggia e lavora con quattro mostri i quali, per vari motivi, sono finiti per diventare suoi colleghi e amici. In onore del suo eroe Geralt di Rivia, si chiamano "i Guardiani degli Innocenti". Tra un contratto e l'altro e nel suo vagabondare, Fulbert è alla costante ricerca della manticora che attaccò il suo villaggio e uccise i suoi fratelli anni prima, quando lui stava ancora allenandosi per diventare uno scannamostri...
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

SOGNI DA INCUBO

ORDINANZA 685214-B-76-N

In seguito al tredicesimo tentativo fallito della guardia nilfgaardiana di eliminare la misteriosa creatura notturna che si aggira nei dintorni del comune di Gloede, il commissariato dell’Impero decreta che finché il mostro sarà in vita tutti gli abitanti del paese dovranno rispettare un coprifuoco dal tramonto all’alba. I trasgressori saranno puniti con tre giorni di carcere e con una sanzione di 100 fiorini. Per giustificare eventuali infrazioni obbligate del coprifuoco, a rischio e pericolo della vostra incolumità, chiedere l’autorizzazione in caserma.

Commissario Vriwin aep Gwaehd

“Questa la voglio proprio vedere” pensò Fulbert, leggendo l’avviso.

Lo strigo aveva visto l’annuncio ad una bacheca quando era passato da un piccolo paese chiamato Gloede, a Nazair, per farsi aggiustare la spada d’acciaio da un fabbro. Fiutando un’occasione per accettare un contratto, ne aveva subito preso una copia e l’aveva letta nella bottega nel fabbro, mentre l’artigiano sistemava la lama. Fulbert pensava di farsi pagare per la testa del mostro, così da smorzare l’irritazione dei suoi compagni a causa di quell’improvviso viaggio verso Sud…

I Guardiani degli Innocenti erano andati nelle province di Nilfgaard su sua richiesta: infatti, aveva deciso di tornare a Mag Turga per salutare i suoi vecchi genitori, che non vedeva da sette anni. Tuttavia, a loro non aveva detto questo; come scusa per giustificare il trasferimento, aveva detto che da quando sul trono nilfgaardiano c’era l’imperatrice Cirilla le paghe erano diventate molto più alte. Quando erano giunti a Nazair, lo strigo iniziò a faticare sempre più a contenere la sua emozione: almeno una settimana di marcia verso Est e sarebbe stato in patria. Ma una cosa per volta… fu riportato alla realtà dalla voce della moglie del fabbro:

«Mio marito ha finito, mastro strigo! Ecco la spada» gli disse la signora, porgendogli l’arma col fodero.

«Grazie. Quant’è?»

«Quarantacinque fiorini»

Lo strigo pagò con la valuta dell’impero con parte del compenso di un contratto su un basilisco della settimana prima. A quel punto, si congedò e si avviò, uscendo dal paese. Per un attimo, gli parve che la moglie del fabbro stesse guardando l’ordinanza che stava leggendo con una certa preoccupazione, come vederlo con quel foglio in mano la mettesse a disagio. Ma Fulbert decise di non darvi peso: non era importante.

Attraversò un tratto di colline boscose in sella alla sua nuova cavalla, Arabella. Quando tornò all’accampamento che avevano allestito in riva ad un piccolo lago, però, rimase allibito: in sua assenza, i quattro mostri avevano fatto letteralmente un massacro. Tutt’intorno, c’era almeno una dozzina di cadaveri fatti a pezzi e con gli sguardi colmi di terrore ancora impressi sulle loro facce. Da come erano vestiti e armati, lo strigo capì presto che si trattava di briganti e allora non gli ci volle niente a fare due più due. Aleera, trasformata, teneva ancora gli artigli  affondati nella carne di dei malcapitati e gli stava succhiando il sangue con l’avidità di una drogata, facendolo rinsecchire.

«Ehi, che mi sono perso? Sembra che vi siate divertiti…» fischiò, scendendo da Arabella.

«Sì: guardare gli altri che li ammazzavano è stato uno spasso!» rise Willy, che stava pisciando su uno dei corpi.

«Capisco che i briganti sono stupidi, ma attaccare dei mostri? Ci vuole un cervello di gallina!»

«Hanno visto solo Aleera – spiegò Laurent – Io e Willy ci eravamo allontanati, poi devono aver scambiato Gurg per una roccia. Così si sono buttati su di lei»

«Loro ragione: Gurg grigio e duro come roccia! Ma Gurg no roccia, Gurg spacca loro crani!» esclamò il troll.

«Quasi mi fanno pena… d’accordo, seppelliamo i corpi prima che l’odore attiri dei mostri» esortò Fulbert.

«Ecco, era l’ultimo» disse il licantropo, quando sotterrò l’ultimo corpo.

«Quando sei arrivato, avevi un foglio. Cos’è?» chiese Aleera.

Lo strigo recuperò l’ordinanza dalla sacca e la spiegò, facendogliela leggere.

«Sembra che i Nilfgaardiani abbiano problemi con un mostro notturno. Ho intenzione di farmi dare un lavoro dal loro capo di qui»

«Lo farà?»

«Penso di sì: siamo in un paesino isolato e stanno avendo tanti problemi, non credo che farà la solita scenata egocentrica tipica degli Oscuri»

«Secondo te cos’è?» domandò Laurent.

Fulbert scrollò le spalle:

«Non saprei, le possibilità sono varie. Per aver respinto dei soldati in gruppo per tredici volte, non dev’essere uno scherzo… magari è un lupo mannaro come te, magari è una colonia di nekker che approfitta del buio, forse delle endriaghe. Dovrò indagare»

«Non dimenticare di contrattare! Se ti accontenti ancora di una paga da fame come la volta scorsa, giuro che ti faccio fare incubi su quella manticora!» lo minacciò Willy.

Appena lo sentì nominare la bestia che aveva ucciso i suoi fratelli, lo strigo si sentì avvampare e si sforzò di non spaccargli tutti i denti a pugni. Alla fine, decise di farlo spaventare: diede fuoco agli abiti del godling col segno Igni e Willy, strillando e bestemmiando, andò a tuffarsi nel lago per spegnere le fiamme. Quando emerse, per decenza, decise di stare zitto.

«Noi spacca mostro ora?» chiese Gurg.

«No, adesso io torno in paese a chiedere il permesso» rispose Fulbert.

«Per… messo? Gurg confuso»

«E perché non sei andato subito dagli Oscuri? Così devi fare due viaggi» chiese la bruxa.

«Be’, volevo sentire la vostra. Sapete che non facciamo niente se non siamo tutti d’accordo!»

«Noi non siamo mai d’accordo, però facciamo tutto per soldi» ridacchiò Willy, ancora fradicio.

PIÙ TARDI…

Gloede era un paesello di circa duecento abitanti, costruito su un pendio erboso in mezzo alla foresta. Le colline che la circondavano erano pieni di tane di marmotta, di cui ogni tanto si sentivano i fischi. Ora che lo rivedeva più con calma, Fulbert non lo trovò così male: gli piacevano le piccole località di collina o di montagna. Quando le persone lo vedevano passare, si scambiavano rapide opinioni in nilfgaardiano; lui, essendo di una provincia vicina, poteva capirli e sentì che si stavano chiedendo se sarebbe stato lui la soluzione per liberarsi dai mostri.

“Lo vedremo” pensava in risposta.

La caserma dei soldati nilfgaardiani era nella piazzetta al centro del paese, accanto al tempio del Grande Sole. Fulbert legò Arabella ad un palo assieme ad altri cavalli e si avvicinò all’ingresso. I due soldati all’ingresso, con un tono sprezzante, gli chiesero cosa voleva. Lo strigo tirò fuori l’ordinanza e disse che voleva parlare con il commissario Aep Gwaehd. I due si guardarono per alcuni secondi, poi quello a destra gli disse di aspettare ed entrò. Mentre aspettavano, quello rimasto si schiarì la gola e chiese, in modo più amichevole di prima:

«Sei di Mag Turga, vatt’ghern

Fulbert annuì:

«Da cosa l’hai capito? I capelli rossi?»

«Sì, ma anche l’accento si sente tanto»

«Lo so, è da tanto che non parlo nilfgaardiano. Ho passato tanti anni al Nord»

«Se lo si può chiamare ancora così, visto che l’abbiamo conquistato, hehehe!»

Fulbert, irritato, lo zittì subito:

«Di certo non grazie a te»

«Oh…»

In quel momento, il suo collega tornò e disse che il commissario aveva detto di sì. Fulbert ringraziò e lo seguì all’interno. Era un ambiente spartano e semplice per la media degli Oscuri, ma non c’era da sorprendersi: era un commissariato di provincia. Quando lo strigo varcò la soglia, il soldato al bancone gli ordinò di lasciare lì le armi. Con una smorfia contrariata, Fulbert si tolse le due spade e il coltello da caccia e le depositò accanto al bancone. A quel punto, fu accompagnato fino alla porta dell’ufficio del commissario e lasciato solo. Senza bussare, aprì e il commissario Vriwin aep Gwaehd, seduto ad una scrivania piena di pile di fogli, gli fece segno di entrare. Quando Fulbert si sedé davanti a lui, lo squadrò: era un tipo sulla cinquantina, coi capelli brizzolati e corti, la barba rasata e il braccio sinistro fasciato.

«Ma tu guarda, un vatt’ghern… come sei finito in questo piccolo angolo dimenticato di Nazair? L’impero è così vasto…»

Fulbert fece spallucce:

«Vagabondando si capita ovunque»

«Se lo dici tu… mi dicono che hai chiesto di me sventolando il nostro ordine di coprifuoco. Fammi indovinare, vorresti farci sborsare un sacco di fiorini per eliminare il mostro?»

«Proprio così! Allora ci state, commissario?»

«Perché dovrei prendere un’iniziativa così improvvisa? E, soprattuto, così poco ortodossa?»

Fulbert allargò le braccia:

«Forse per senso logico. Ho letto che avete provato per tredici volte di ucciderlo e non ha mai funzionato. Come siete messi dopo tutti questi sforzi?»

Il commissario sospirò:

«Male. Eravamo già in pochi, qui a Gloede, adesso gli ufficiali che non sono ricoverati si contano sulle dita di una mano»

«Tutti ricoverati? Quindi non ci sono morti?»

«Non ancora. Ha importanza?»

«Certo: potrebbe aiutarmi a capire cos’è il mostro… se mi assumete. Allora, che ne pensate?»

Il commissario sembrava ancora indeciso, così lo strigo provò ad incalzarlo:

«Coraggio, commissario! Non trovate che sarebbe meno rischioso lasciare che sia uno allenato apposta per uccidere mostri a rischiare la pelle per voi?»

Ci fu un momento di silenzio, poi il Nilfgaardiano si decise finalmente a rispondere:

«D’accordo, strigo. Puoi occuparti del nostro problema, ad una condizione: avrai il compenso solo e soltanto a lavoro finito e con tutte le prove che hai risolto la faccenda»

Fulbert annuì e sorrise:

«Che problema c’è? Ho sempre fatto così!»

«Tanto meglio. Allora, cosa ti serve sapere?»

«Chi potrebbe dirmi com’è il mostro?»

«Te lo dico io. Secondo te, come mi sono rotto il braccio?»

«Ditemi tutto»

Il commissario iniziò a rimuginare sfregandosi il mento. Sembrava che facesse fatica a ripensare all’accaduto. Nel frattempo, Fulbert diede un’occhiata alla parete alle sue spalle e agli oggetti che vi erano appesi: le varie medaglie e riconoscimenti ottenuti dall’ufficiale durante la sua carriera e un ritratto dell’imperatrice Cirilla. Alla fine, Vriwin si decise a cominciare a raccontare e Fulbert ascoltò con attenzione.

«Dopo il dodicesimo fallimento dei miei soldati, ho deciso di vedere di persona questo maledetto mostro. Li ho radunati, siamo partiti per la foresta dopo il tramonto e… non crederai mai a quello che ci ha attaccati»

«Parecchi mostri sembrano incredibili alla gente comune»

«Sono certo che nemmeno tu hai mai sentito parlare di una cosa simile: siamo stati tutti sconfitti in pochi colpi da un toro-rana»

Fulbert non rispose, non avendo la minima idea di cosa pensare. Passarono un paio di minuti a fissarsi senza dire una parola, dopodiché lo strigo rispose con un certo imbarazzo:

«D’accordo, adesso però ditemi la verità»

«Io non sto inventando niente. L’ho visto chiaramente sia prima, che dopo che mi frantumasse il braccio: era una bestia con la testa e gli zoccoli di un toro davanti e i fianchi e le cosce di una rana dietro! Gracidava invece di ruggire e balzava a testa bassa, come se caricasse! Chiedi a tutti gli altri!»

Fulbert, poco a poco, dovette riconoscere che l’ufficiale era serio:

«Un momento… davvero c’è una cosa simile?»

«Sei tu lo scannamostri. Non lo riconosci?»

«Non esistono i “tori-rana”. Lo so, come so che lo Skellige è un arcipelago»

«Eppure è quello che è successo»

«Pazzesco… potrebbe avere le abitudini notturne di alcuni rospi, il che spiega perché attacca di notte»

«C’è altro – proseguì il commissario – Quando sono intervenuto io, ho visto il toro-rana. Eppure, se chiedi agli altri soldati, ti daranno descrizioni diverse»

«Davvero?»

«Sì. Ti risparmio la perdita di tempo di andarli a trovare in infermeria a chiedere: ho già ascoltato ciascuno dei loro rapporti e so bene che, se ci fossi stato tu al mio posto, non avresti creduto ad una parola. Ogni ronda mi ha parlato di un mostro diverso, non ce n’è mai stato uno uguale. Quindi sospetto che, quando tu gli darai la caccia, incontrerai qualcosa di unico. Se nemmeno uno strigo sa dirmi di cosa si tratta…»

«Adesso sono veramente curioso! Di solito, dove attacca?»

«Attacca sempre il lato settentrionale del paese. Se prosegui in quella direzione prima che arrivi, giungerai a delle rovine elfiche: è lì che è sempre apparso quando provavamo ad ucciderlo»

«Penso di aver sentito abbastanza. Me ne occuperò»

Il commissario lo congedò con un cenno della testa, quindi lo strigo si alzò, uscì dal suo ufficio e riprese le sue armi, prima di lasciare la caserma.

AL TRAMONTO…

Dopo che Fulbert ebbe annunciato che aveva ottenuto il lavoro e che ebbe spiegato cos’aveva scoperto dal commissario nilfgaardiano, i Guardiani degli Innocenti si misero alla ricerca delle rovine elfiche a Nord di Gloede e le avevano trovate senza difficoltà. Adesso, come loro solito, si stavano preparando allo scontro. Tuttavia, per la prima volta, Fulbert non aveva la minima idea di quali unguenti spalmare sulla spada d’argento e quali pozioni bere per avere un vantaggio sul mostro, e la cosa lo frustrava parecchio.

«Secondo me quei soldati si strafanno di fisstech dalla mattina alla sera e non lo vogliono ammettere» scherzò Willy, mentre preparava le bombe.

«Non credo: gli Oscuri sono troppo professionali per drogarsi» replicò Fulbert.

Aleera, che si stava togliendo i vestiti in attesa di trasformarsi, provò a suggerirgli un’ipotesi:

«Pensi che possa essere qualche sorta di illusione, una magia lanciata da qualche mago o maga che vive qui in giro? Tanto tempo fa, ricordo di aver sentito una storia simile a questa. C’entrava uno stregone nomade che faceva esperimenti con le illusioni e stava spaventando la gente. Spiegherebbe perché ti hanno detto che il mostro cambia tutte le notti»

«Uhm… se fosse un’illusione, non potrebbe ferire»

Il godling, arrampicatosi su un tetto in rovina per avere una postazione di tiro, insisté con la sua idea:

«Continuo a pensare che fossero solo pieni di fisstech: gli umani diventano sempre più tossici, con gli anni!»

«Zitto! Non c’entra il fisstech

Laurent interruppe la sua ronda in cerca di odori sospetti per dire la sua:

«E se fosse uno di quei cosi allergici all’argento, i… hrrrrr… hrrrr… i mutaforma?»

«Non credo neanche che sia quello: i mutaforma possono diventare solo esseri di stazza simile a loro, non credo che un “toro-rana” sia a portata»

«Hrrrrr… cominci a farmi preoccupare, hrrrrr, lo sai?»

«Un lupo mannaro che si preoccupa? La vita non ha più segreti!»

«Sono un uomo, Fulbert, hrrrrrrrrr… un uomo con pelo e zanne, hrrrrrrrr»

Intanto, Gurg se ne stava per i fatti suoi in un angolo delle rovine, ad impilare sassi uno sopra l’altro per provare a fare qualcosa di “artistico”, come aveva deciso di fare da quando aveva visto delle statue di marmo trasportate sul carro di un mercante, e intonava la canzone delle tre cameriere da Vicovaro con la sua foce cavernosa e gorgogliante. Ogni volta che il troll cantava, Laurent uggiolava e abbassava le orecchie, come se quel rumore gli trivellasse dentro la testa.

«Hrrrrrrrr! Falla finita, roccia con le gambe! Hrrrrrrr…» ringhiò il licantropo.

«Ma Gurg piace canto! Tre cameriere da Vicovaro suona bene con voce di Gurg…»

«Zitti, tutti quanti! Vogliamo tendere un agguato o no?» li zittì Fulbert.

I due mostri, allora, obbedirono contrariati e Gurg lasciò perdere la sua “arte”. Iniziò una lunga attesa, in cui i Guardiani degli Innocenti rimasero in silenzio e guardinghi per accorgersi del minimo segno della presenza di una creatura quanto prima. Alla fine, quando la Luna era ormai alta nel cielo stellato, sentirono qualcosa: un rumore di passi. Numerosi e frenetici passi nel sottobosco, che si avvicinavano sempre di più.

“Ci siamo” pensò lo strigo.

All’improvviso, qualcosa scagliò un masso da dietro un muro delle rovine di fronte a loro. Tutti lo schivarono in tempo, prima che il macigno li schiacciasse. Laurent scoprì le zanne e, sbavando, scavalcò subito il muro con un agile balzo per fare a pezzi qualunque cosa si nascondesse lì dietro… ma fu rilanciato via subito dopo. Il licantropo fu scagliato sul muro e lo frantumò, rotolando nel fogliame in preda allo stordimento. Gli altri videro una strana sagoma nel polverone e, quando si dissipò…

«Ma cosa…» sobbalzò Willy.

Si trovavano di fronte un groviglio di braccia. Non sapevano in che altro modo chiamarlo: il mostro era un orrendo gomitolo di braccia lunghe ed elastiche come i tentacoli di un polpo, con mani enormi e lunghe dita che si agitavano in continuazione. Per camminare, appoggiava le mani rivolte verso il basso ad un ritmo velocissimo, le braccia libere brandivano spade, mannaie e picche come armi e, dal centro dell’ammasso, sporgevano due bulbi oculari verdi connessi a lunghi nervi ottici che si confondevano con gli arti. Fulbert non avrebbe mai pensato di vedere una cosa simile in vita sua.

«Addosso!» esclamò, appena si ricompose.

Aleera assunse la sua forma vampirica e si scagliò sulla creatura, ferendo uno degli arti con un’artigliata e azzannandone un altro. Con stupore, la bruxa si accorse che non c’era sangue da bere: nemmeno dai tagli che aveva aperto ne usciva. La bestia cercò di afferrarla, ma lei diventò invisibile e sfrecciò fuori dalla sua portata. Intanto, Fulbert si riparò da un colpo d’ascia con lo scudo del segno Quen e approfittò del contraccolpo subìto dalla creatura per mozzarle la mano. Non avendo la bocca, il mostro non emise un lamento, ma prese ad agitare l’arto ferito in modo convulso, in preda al dolore.

«Al volo!» esclamò Willy.

Il godling lanciò una mitraglia con la fionda. Ma il mostro, girando di scatto uno degli occhi, vide la bomba e… la afferrò al volo per davvero. Dopodiché, la rispedì al mittente. Il blocco di pietra in rovina esplose e Willy fu scaraventato via dall’onda d’urto. Rotolò sul terreno coperto di muschio e finì lungo disteso, circondato dalle altre bombe del suo arsenale.

“È intelligente…” pensò lo strigo.

Fulbert parò un colpo di spada di un altro braccio, lo respinse col segno Aard per far incespiscare il groviglio di arti e mozzò anche quello. Laurent, che si era rialzato, ululò incollerito e si gettò sul mostro, dilaniando la carne senza osso di quelle orrende braccia con artigli e zanne, ignorando tutte le altre mani che gli tiravano la pelliccia per farlo desistere. Alla fine, dopo tanto strattonare, riuscì a sua volta a strappare a morsi un braccio e lo masticò per alcuni secondi, preso dall’istinto da lupo e dalla frenesia. Intanto, Gurg schiacciava coi suoi poderosi pugni le mani che cercavano di colpirlo, gridando:

«Mani lunghe e mosce schifo! Io schiaccia!»

Alla fine, però, il mostro lo colse di sorpresa: uno dei bulbi oculari schizzò in avanti e andò a sbattere contro la sua faccia. Il troll, stordito dal colpo e accecato dalla gelatina dell’occhio che gli era schizzata sul volto, finì per inciampare e rovesciarsi sulla sua schiena rocciosa, non riuscendo più ad alzarsi.

«Il primo regalo non ti piaceva? Allora te lo cambio!» esclamò Willy, stizzito.

Questa volta, lanciò una bomba al fungo del diavolo. Il mostro, impegnato a duellare con la lancia contro la spada d’argento di Fulbert, non la vide in tempo e la nube tossica si sparse, disorientandolo. A quel punto, Aleera tornò all’assalto e, con dei potentissimi e precisi attacchi, mozzò uno ad uno quasi tutti gli arti rimanenti della bestia con gli artigli, facendolo stramazzare. Ora, a parte delle convulsioni dei bracci e dei nervi ottici, non si muoveva più. Gurg, di nuovo in piedi, spappolò uno dei due occhi calpestandolo, mentre il lupo mannaro divorò l’altro. A quel punto, il groviglio si sciolse e rivelò il suo nucleo: un grosso cervello pulsante, che prima era protetto dalle braccia intrecciate.

«Alla fine, eri solo un tipo manesco…» scherzò Fulbert.

«Pessima» commentò Willy.

«No, non è vero!» replicò lo strigo.

«Forza, finiscilo: io non lo tocco» lo esortò Aleera, mentre si ritrasformava.

Fulbert non se lo fece ripetere: si avvicinò al cervello, puntò la lama verso il basso e la affondò in quell’ammasso di tessuto nervoso, che si arricciò su se stesso e poi, lentamente, si afflosciò al suolo. Era morto. Si presero dei momenti per osservare la carcassa della loro preda, ancora increduli di quello che stavano vedendo. Il licantropo si fece sfuggire un commento nella lingua di Toussaint:

«Quelle laide bête… hrrrrrrr…»

Fulbert, sfregandosi i capelli, rimuginava a occhi aperti:

«Adesso dovrei aggiungere una nuova pagina al mio bestiario personale… peccato che non abbia la minima idea di cosa sia questa schifezza orrenda. Niente apparato respiratorio, digerente, circolatorio… mi stupisco che fosse vivo!»

«Anche i fantasmi non hanno gli organi, ma vanno in giro» disse Willy.

«Cosa c’entra? Quelli sono morti. Ma io mi chiedo… adesso che l’abbiamo ucciso, tornerà?»

«Morto, quindi no torna» rispose Gurg.

«Lo so, però… è lo stesso mostro assurdo di cui mi hanno parlato, o sono diversi? Uno per ogni notte?»

Aleera, mentre andava a rimettersi i vestiti, rifletté:

«Di certo c’è qualcosa sotto, qui. Credi che questo posto sia maledetto? I sortilegi possono essere molto vari»

Fulbert ridacchiò:

«Be’, se questa è una maledizione, chiunque l’abbia scagliata è un ritardato! O forse l’ha solo pensata e fatta coi piedi…»

Willy, però, si era accorto di qualcosa che escludeva qualunque teoria. Adesso che poteva guardare bene e da vicino il mostro, infatti, il godling si accorse che la sua psiche percepiva la creatura di braccia allo stesso modo in cui sentiva ogni essere dotato di vita quando sognava o quando manipolava i sogni degli altri per gioco o dispetto: gli dava la stessa sensazione. Questo poteva significare solo una cosa…

«Non ci crederete mai, ma questo affare mi sembra un sogno realizzato!»

«Cosa?» chiesero gli altri.

Willy annuì:

«Sì! Lo sento nella testa come quando decido di sognare di giocare con una volpe, o quando entro nei sogni di Gurg e gli faccio vedere cani di roccia che lo mordono!»

«Tu crei sogni di cani? Quello per Gurg incubo! Willy cattivo!» tuonò il troll.

«Questa non me l’aspettavo» commentò Aleera.

E ci voleva parecchio per sorprendere un essere longevo come un vampiro. Fulbert, grazie a ciò, ebbe in parte la conferma che si trattava di un intervento magico dall’esterno, non di un fenomeno naturale. Anche perché di naturale c’era ben poco, in quell’essere schifoso. Gli venne un’idea:

«Se a Gloede c’è un simpaticone che fa magie oniriche, per stanarlo dovremo pizzicarlo. Domani lancerò l’esca e poi si vedrà»

Furono tutti d’accordo.

L’INDOMANI…

Tutto il paese si era radunato di corsa davanti alla caserma dei soldati di Nilfgaard, dove lo strigo dai capelli rossi aveva appena depositato la carcassa mutilata di un essere disgustoso che non avrebbero mai potuto immaginare. Il commissario Aep Gwaehd e i pochi ufficiali ancora in servizio osservavano il trofeo del mutante ad occhi sbarrati. Nemmeno loro, dopo tutte le varie forme che avevano visto la creatura assumere, avrebbero saputo concepire un tale obbrobrio.

«Che io sia dannato… hai avuto fegato, vatt’ghern!» esclamò Vriwin.

«Fa parte del lavoro» rispose Fulbert.

A quel punto, come d’accordo, il commissario ordinò ad un funzionario comunale di Gloede di portare allo strigo la più grande somma che potessero offrirgli come compenso. Fulbert ricevé un cofanetto di legno e lo aprì: vi trovò ottocento fiorini, che una volta cambiati in corone gli avrebbero concesso delle spese discrete una volta tornato nel Nord. Poteva dirsi soddisfatto. Normalmente, quella era la parte dove salutava e se ne andava, sotto gli sguardi intimoriti e sospettosi della gente…Ma non quella volta.

«Ti ringraziamo per averci tolto questo sasso dallo stivale, mutante. Adesso puoi…» cominciò il commissario.

«Non ho finito, commissario» lo interruppe Fulbert.

«Cosa?»

Lo strigo gli voltò le spalle e si rivolse alla folla di curiosi, cercando di assumere l’espressione e il tono di voce più minacciosi che seppe trovare:

«Già, il mio lavoro non è finito. Infatti ho scoperto che questo mostro, che nella realtà non esiste, è stato tirato fuori dal sogno che qualcuno deve aver fatto stanotte. Certo che bisogna essere davvero fantasiosi, per avere una mente così malata… i miei complimenti, sul serio!»

Sentendo quelle parole, si sollevò un forte brusio di preoccupazione e scalpore che occupò tutta la piazza.

«Cos’è questo discorso, vatt’ghern? Come fai ad essere così certo di quello che dici?» indagò Vriwin.

Lo strigo si voltò e gli rispose, imponendosi di mostrare disinvoltura:

«Una fonte affidabile me l’ha confermato. Qui c’è qualcuno che usa la magia per realizzare dei brutti sogni, letteralmente! Se sei in mezzo alla folla, fatti avanti! Oppure lascia perdere questa scemenza prima che altri si facciano male, perché se continuerai a far apparire mostri immaginari verrò a cercarti e la risolverò alla maniera degli strighi! Sei stato avvertito. Starò in zona ancora un po’, aspettando che ti faccia vedere»

Detto questo, Fulbert salutò educatamente e si allontanò, con lo sguardo sgomento degli abitanti puntato su di lui. Vriwin aep Gwaehd era senza parole, ma quando si riscosse si rivolse agli ufficiali:

«Avete sentito? Qui si sta facendo uso di stregoneria senza autorizzazione e di natura pericolosa! Battete a tappeto il comune e scoprite ogni indizio utile! – poi si rivolse ai paesani – E voi tornate alle vostre faccende: non c’è nulla da vedere. Qualcuno si sbarazzi di questa carcassa!»

Dunque, ancora stupefatta, la folla si disperse lentamente e Gloede tornò alla vita di tutti i giorni.

«Sei stato un ingenuo» disse Aleera, a braccia incrociate.

«Perché? Ho posto condizioni chiare, ora sta al simpaticone decidere»

«Infatti. Gli hai dato un motivo per essere cauto. E se prende un’iniziativa e ci attacca?»

«Gli risponderemo a tono, che ti devo dire?»

Lo strigo non era per nulla preoccupato della sua scelta, quindi mentre la bruxa criticava il modo in cui aveva messo in pratica il piano che avevano accordato insieme, lui stava semplicemente inginocchiato davanti al fuoco da campo su cui aveva messo delle pozioni a distillare, meditando per saltare l’attesa. Non apriva gli occhi nemmeno per risponderle. Intanto, Laurent stava squartando con gli artigli alcune marmotte che aveva cacciato e che sarebbero state il loro pranzo, mentre Willy e Gurg provavano di nuovo a disegnare un logo per i Guardiani degli Innocenti. Erano completamente rilassati, si stavano prendendo del meritato riposo dopo un contratto andato a buon fine, almeno per il momento. Ma la loro pace fu interrotta un’ora più tardi, quando i loro uditi od olfatti sviluppatissimi percepirono una persona che si avvicinava al loro accampamento.

«Hrrrrrrrr… odore di case, di strade, hrrrrrrr… viene dal paese…» ringhiò il licantropo, arricciando il naso.

«Passi leggeri… una donna» rimuginò Fulbert.

“Il battito del suo cuore è lento e stanco. Allora è una vecchia… sangue troppo rancido” pensò invece Aleera, digrignando i denti per un attimo.

«Che facciamo? Le facciamo prendere un colpo e ci godiamo il suo attacco di cuore, eh? Eeeeeh?» suggerì Willy, divertito all’idea.

«No! Io butta in stufato viva, no morta, così carne dolce!» lo contraddì Gurg.

Fulbert alzò gli occhi al cielo e si alzò, zittendoli tutti con un gesto:

«Nessuno si muova, ci penso io» annunciò.

Quindi, prima che il visitatore vedesse i mostri, Fulbert si alzò e si diresse verso il rumore di passi. Dopo aver attraversato una macchia cespugliosa, apparve di colpo davanti alla nuova arrivata, che si spaventò. Lui, invece, era solo sorpreso: era la moglie del fabbro.

«Che ci fate qui, signora? Ho pagato troppo per la spada e ho dimenticato il resto?» chiese, sarcastico.

Lei si guardò in giro per un attimo, con uno sguardo afflitto e le mani congiunte. Sembrava che stesse per fare una confessione molto scomoda e non era del tutto sicura di voler andare fino in fondo. Ma, alla fine, parlò:

«Mastro strigo, non ho tanto tempo… c’è una cosa che dovete sapere, sul mostro»

«Ah, sì?»

«Ecco… è colpa nostra, mia e di mio marito»

«Non sembrate per niente capaci di fare magie. Voglio la verità»

«La saprete. Non avete fermato nulla: i mostri continueranno ad apparire ogni notte, finché…»

Fu interrotta bruscamente dal grido di un uomo, alle sue spalle:

«CHARLELIA!!!»

Fulbert guardò alle spalle della donna e vide arrivare il fabbro, trafelato e infuriato. Lo strigo incrociò le braccia, sempre più incuriosito: quella faccenda diventava più interessante ogni minuto che passava. Il fabbro raggiunse la moglie e la afferrò per un braccio, fuori di sé:

«Charlelia, che cazzo fai?! Finiremo dentro! Saremo rovinati!»

«Abbiamo lasciato che delle persone si facessero del male per troppo tempo! Lo stigo deve sapere!»

«Sono soldati di Nilfgaard, non ha importanza! E non è morto nessuno, quindi andiamo! Mutante, questo non ti riguarda. Va’ via dal nostro paese e dimentica tutto!»

Ma Fulbert scosse la testa e lo ipnotizzò col segno Axii:

«Tu non mi dici quello che devo fare, e adesso mi dirai tutta la verità con tua moglie» ordinò.

Il fabbro, manipolato dalla magia, si calmò all’istante e lasciò andare le braccia della consorte, scusandosi sia con lei che con Fulbert. La donna, allora, tirò un sospiro di sollievo e riprese a parlare:

«Vedete, mastro strigo, la nostra bottega è ipotecata. Avevamo un disperato bisogno di soldi, molti più di quelli che guadagnamo di solito… poi, tempo fa, a Gloede è arrivata una donna con poteri magici… non so se è una maga, una strega, una fattucchiera, non ha importanza; fatto sta che ha detto di sapere della nostra situazione»

«Ho capito: cosa ha voluto da due come voi, in cambio di pagarvi?» domandò Fulbert.

«Siamo l’unica coppia in paese con un figlio sotto i dieci anni. Lei ci ha chiesto se potevamo affidarglielo per un paio di mesi, per fare degli esperimenti sui suoi sogni…»

Fulbert spalancò gli occhi: ecco, finalmente, la spiegazione di tutto. Willy aveva proprio ragione: le creature che cambiavano ogni notte venivano dai sogni di un bambino ed era una maga ad estrarli dalla sua mente per renderli veri. Non gli serviva altro, a parte un dettaglio:

«Dov’è?» chiese.

La moglie del fabbro puntò il dito verso Ovest:

«Di fianco al villaggio, se superi le tane delle marmotte, troverai una vecchia casupola abbandonata. Lei e il nostro piccolo sono rifugiati nella cantina: andiamo a trovarlo spesso, per vedere se sta bene»

Fulbert annuì e li ringraziò:

«Mi siete stati molto utili, quindi non dirò niente a nessuno quando avrò finito. Adesso andate a casa, al resto penserò io»

«Vi ringrazio, mastro strigo! Solo, per favore, fa’ che non succeda niente a nostro figlio!»

«Non prometto niente, ma vedrò cosa posso fare»

Detto questo, lo strigo aspettò che se ne fossero andati e tornò all’accampamento, dove i suoi compagni lo stavano aspettando. Fulbert spiegò quello che gli era stato rivelato e gli altri ne furono molto sorpresi: era la prima volta da quando erano un gruppo che avevano a che fare con una maga, nel loro lavoro. Era del tutto diversa dai mostri, anche quelli senzienti. Willy, dal canto suo, fu solo orgoglioso per essere stato utile per far scoprire la verità dietro quel contratto allo strigo.

«Prima mostri usciti da sogni, adesso una maga, hrrrrrrr, hrrr… come faccio a stupirmi ancora, da uomo-lupo?» scherzò Laurent.

«Cosa pensi di fare quando la troveremo?» chiese Aleera.

Fulbert allargò le braccia:

«Non lo so ancora. Proveremo a parlarle, poi vedremo»

«Eccola. Il medaglione vibra: ci siamo» avvertì Fulbert.

Seguendo le indicazioni, i Guardiani degli Innocenti avevano aggirato Gloede e superato le tane di marmotta sul suo lato occidentale, fino a raggiungere una baracca in apparenza disabitata. Ma, come il medaglione a forma di manticora dello strigo dimostrava, lì c’era della magia. Qualunque cose li aspettasse lì dentro, erano pronti.

«Gurg apre» disse il troll.

Si avvicinò alla porta fatiscente, sferrò un pugno e… l’intera baracca cadde a pezzi, talmente era vecchia e marcia. Davanti a loro rimase solo un cumulo di assi e tronchi putrefatti.

«Addio all’effetto sorpresa… così sì che la maga sarà disposta a parlare!» commentò Willy.

Con un sospiro, Fulbert salì su quello che prima era il pavimento e, come immaginava, trovò una botola che conduceva allo scantinato. Il passaggio era largo, tanto che ci poté passare anche Gurg. Quando scesero nello scantinato, trovarono… niente. Non c’era altro che polvere e ragnatele. Ma era scontato che ci fosse un trucco, da qualche parte. Iniziarono a cercarlo e Fulbert, seguendo l’intensificarsi della vibrazione del medaglione, lo trovò in un angolo in fondo. Era buio, ma per i suoi occhi da felino non era un problema. Si accorse che c’era un ciottolo di ossidiana; non c’entrava niente col resto dello scantinato ed era troppo levigato e pulito: era un oggetto nuovo. Il medaglione impazzì, quando si abbassò per guardarlo meglio.

«Beccato» disse.

«Che cos’è?» chiese Aleera.

«Se ho indovinato, è il meccanismo magico per aprire un portale…»

Lo strigo prese il ciottolo, che si illuminò. Sentirono un suono fortissimo e secco, come un tuono, e un portale apparve sul muro di fronte a loro, illuminando la cantina. La maga doveva essere per forza dall’altra parte.

«Che figata!» esclamò Willy.

Fulbert aveva deciso di provare con la diplomazia, per prima cosa, ma in caso la maga avesse reagito in modo aggressivo avrebbero dovuto essere pronti. Quindi, sfoderò la spada d’acciaio e chiese agli altri se erano pronti. Quando tutti dissero di sì, attraversarono il portale uno alla volta, prima che si richiudesse. Si ritrovarono in una stanza illuminata da torce, che ricordava lo studio di un medico. C’erano scaffali con pochi libri, scrivanie con disegni di creature bizzarre tra cui il toro-rana e il groviglio di braccia. In un angolo c’era un megascopio, i cui cristalli erano sistemati accanto ad esso.

«Chi siete? Cosa volete da me?» li apostrofò una voce femminile, allarmata.

I Guardiani degli Innocenti, così, incontrarono la maga che evocava i mostri di Gloede: era in piedi accanto ad un lettino su cui era seduto un bambino di nove anni, il figlio del fabbro, e li stava osservando con uno sguardo cauto. Come tutte le maghe, era una donna bellissima e attraente. Aveva lunghi capelli castani, gli occhi azzurri, il naso piccolo e all’insù e la pelle pallida. Indossava un abito grigio con dei motiv bianchi.

«Noi eravamo a Gloede per i mostri, ma abbiamo scoperto che il problema andava risolto alla radice… e così siamo arrivati da te» le rispose Fulbert.

La maga si sbatté i palmi sul viso:

«Non ci credo, alla fine quei due hanno parlato… e meno male che erano disperati e disposti a tutto!»

«Mamma e papà hanno detto tutto?» chiese il bambino, confuso.

«Sì, purtroppo – sbuffò lei – Comunque… che razza di gruppo siete? Uno strigo, una donna e tre mostri? Non dovresti proteggere la signorina da queste creature?» scherzò, con un sorrisetto.

Fulbert, cercando di apparire degno di fiducia, rinfoderò la spada e rispose con calma:

«Primo, la mia compagna non è una donna, ma una bruxa»

«Scusami»

«Secondo, noi strighi uccidiamo solo i mostri pericolosi, mai quelli senzienti. Come vedi, loro sono tutti fuori dalla mia lista nera»

«Siamo i Guardiani degli Innocenti, bambola!» gongolò Willy, facendosi fulminare con lo sguardo da Fulbert.

La maga fece un sorriso più ampio, divertita, mentre il bambino li osservava in silenzio. Il lupo mannaro chiese chi era e lei si presentò:

«Agata Prendergast, maga appassionata di ricerca e scoperta. Bene, adesso andatevene! Ho da fare»

«Noi appena arriva!» esclamò Gurg, contrariato.

«Non così in fretta – le replicò Fulbert, avvicinandosi – Noi siamo venuti qui per un motivo e abbiamo intenzione di andare fino in fondo. Devi smettere di fare qualunque cosa stessi facendo coi sogni di quel marmocchio, dico sul serio»

«Perché dovrei?»

«Be’, abbiamo visto che i simpaticoni che tiri fuori dalla sua testa non sono molto amichevoli, e dei soldati di Nilfgaard che hanno cercato di abbatterli sono stati feriti. Questa storia deve finire»

«Lo so, ogni esperimento ha i suoi rischi… ma ci sto lavorando! Devo solo capire come renderli innocui e avrò finalmente finito la ricerca sui sognatori attivi. Credimi, strigo, so quello che faccio! Poi mi trasferirò in un’altra regione, inizierò un nuovo studio su un altro campo e Gloede starà in pace. Sei contento?»

«Uhm… non sono del tutto convinto…»

«Peggio per te, perché io non prendo ordini da nessuno» ribatté Agata.

Fulbert iniziò a pensare ad una buona risposta, ma fu preceduto da Aleera, che sembrava molto incuriosita da tutto ciò:

«Scusami per la domanda… tu sei la maga di una corte? Non ho mai sentito parlare di te»

Agata scosse la testa:

«Io odio quella vita. Mentre le altre maghe stanno a fare politica e a manipolare regnanti, io ho deciso di vivere da sola, viaggiare il più possibile e continuare a studiare la magia. C’è qualcosa di male a scegliere cosa si vuole fare?»

«No. Anzi, io invidio chi può scegliere: guarda come sono ridotto! Credi che l’abbia voluto?» le rispose Laurent.

«Non credo»

Fulbert riattaccò bottone:

«Hai ragione… ma è sbagliato scegliere di mettere a rischio delle persone, quindi voglio che tu la faccia finita con questa faccenda. Posso continuare a chiederti gentilmente, oppure…»

«Oppure vi teletrasporterò tutti in mezzo all’oceano e sarà peggio per voi!» esclamò Agata.

«Agata, vuoi fargli del male?» domandò il bambino.

Per un attimo, a Fulbert parve strano che non si spaventasse alla vista dei quattro mostri, ma poi si ricordò che la sua mente era la stessa che aveva partorito l’obbrobrio a mille braccia, quindi capì che si spiegava tutto. La maga gli poggiò una mano sulla spalla e disse:

«Non è detto… dipende se loro vorranno fare i bravi»

Fulbert, a quel punto, era combattuto: a pensarci bene, i mostri onirici fino ad allora avevano solo ferito, non avevano ancora ucciso. Inoltre, quel bambino non sembrava per nulla a disagio o costretto a stare lì, né era stato incantato per rimanere zitto e buono… anche se era contrario a quello che la maga aveva intenzione di fare, pensava di poterla ancora risolvere con le buone. Per lui, in ogni caso, sarebbe stato meglio se la maga si fosse fermata subito.

«Fulbert vuole che Gurg butta donna magica dentro sciuppa?» suggerì Gurg.

«No, fatti bastare le marmotte» gli rispose lo strigo.

Aleera, adesso, era curiosa di sapere come se la sarebbero cavata. In caso le cose fossero degenerate, era sempre pronta a combattere: anche se Agata era una maga, loro erano pur sempre più numerosi. Alla fine, nonostante sapesse che questo li avrebbe portati a grandi seccature in futuro, Fulbert decise di scendere a compromessi con lei:

«Ho un’idea: se tu interrompi questo lavoro e, soprattutto, non ne farai più di così pericolosi per la gente, noi ti faremo un favore quando lo vorrai»

«Cosa?! Sei diventato scemo?!» gridò Willy, attonito.

«Un favore a una maga? Hrrrrr… non è rischioso?» domandò Laurent.

«Spero che sappia quello che stai facendo…» mormorò Aleera.

«Che succede? Gurg confuso» borbottò il troll, estraneo al concetto di scambio di favori.

Agata sembrò intrigata da quella proposta. Non si aspettava che quello strigo apparso all’improvviso con dei mostri al seguito fosse disposto a scomodarsi tanto, pur di risolvere una questione di cui si stava occupando. Rimase in silenzio per alcuni secondi, poi chiese:

«Come ti chiami, strigo?»

«Perché non mi leggi la mente e lo scopri da sola?»

«Cortesia»

«Mh-hmm… mi chiamo Fulbert, vengo da Mag Turga»

«D’accordo, Fulbert… mi hai convinto. Ora sistemerò tutte le mie cose qui, poi riparleremo con calma di questo nostro accordo che hai voluto fare. Ci stai?»

«Sì»

«Ottimo! Ditemi dove siete appostati, così vi teletrasporto lì»

Fulbert, dopo un po’ di esitazione, guardò i suoi compagni e loro gli fecero cenno di parlare pure. Le descrisse il laghetto nel bosco e Agata riconobbe il luogo. Dunque, alzando le braccia e allargandole di scatto, evocò un nuovo portale alle loro spalle e salutò; anche il bambino, anche se aveva capito molto poco di quello che si erano detti, li salutò con la mano. I Guardiani degli Innocenti, dopo aver risposto scetticamente al suo saluto, varcarono il portale.

Bene o male, alla maggior parte del gruppo non dispiacque più di tanto la soluzione a cui Fulbert era giunto per dissuadere Agata Prendergast, il loro nuovo contatto: più che altro, erano solo un po’ preoccupati che lei chiedesse loro qualcosa di molto difficile o di rischioso, se non addirittura losco. Willy, però, passò tutta la giornata a lamentarsi con Fulbert, ma lo strigo si limitò ad ignorarlo come al solito: il godling non serbiva mai tanto rancore, era solo molto fastidioso quando non c’era nessun guadagno per lui. Passarono il pomeriggio cacciando e mandando lo strigo a fare altro rifornimento a Gloede, dopodiché, al tramonto, Agata si rifece viva. La maga spiegò che aveva riportato il piccolo ai genitori e che aveva dato loro la ricompensa perché potessero pagare l’ipoteca, per poi andare dal commissario e cancellargli i ricordi di quel giorno, per fargli credere che la questione era stata risolta con la morte del mostro di braccia.

«Gran bel lavoro» commentò Fulbert, con un fischio.

«Grazie. Ora, passando a noi…»

A quel punto, la maga diede allo strigo un fazzoletto di stoffa. Gli spiegò che era incantato e che le sarebbe servito per contattarli o raggiungerli in qualsiasi momento, appena avesse deciso cosa chiedere al gruppo per farsi restituire il favore. Fulbert prese il fazzoletto e la ringraziò per essere stata così disposta ad accettare la sua offerta. Laurent le chiese se voleva stare a mangiare delle marmotte arrosto con loro e tutti lo guardarono storto. Lui, imbarazzato, disse che era solo un’abitudine contadina di Toussaint per avvicinarsi ai nuovi contatti. Lei, imbarazzata, rifiutò replicando che non era una che prendeva confidenza così in fretta, anche se ammise di essere una tipa piuttosto socievole. Magari dopo che avrebbero pareggiato i conti, ma non quel giorno. Così, senza nemmeno salutare, Agata sparì oltre un altro portale, lasciandoli soli.

«Be’… eccoci qua, soli e indebitati» sospirò Willy.

«Piantala! Una volta che ce la saremo sbrigata, saremo a posto: siamo sempre usciti dai nostri problemi. Quel che conta è che abbiamo risolto il problema di questo paesello dimenticato in fondo a Nazair»

«Non ti do torto» disse Aleera.

«Dove noi va dopo?» chiese Gurg.

Fulbert sorrise:

«A casa mia»

«Ah, Mag Turga? Hrrrrrr…» chiese Laurent.

«Sì, era ora che facessi un salto dai miei, dopo anni. Magari questa volta vi presenterò a loro due!»

«Non reagiranno male? Sono pur sempre due umani impreparati» chiese Aleera.

«Tranquilla, ma’ e pa’ sono forti di stomaco: hanno affrontato con dignità la perdita dei miei fratellini quando quella fottuta manticora è passata da quelle parti, anche se io e Mila li abbiamo aiutati molto in quel periodo»

«Credo che tua sorella l’abbia fatto di più, hrrrrrr: tu sei ripartito subito, a quanto hai detto, lei no» disse Laurent.

«Che ci vuoi fare? Sono uno strigo, la mia vita è sempre sulla Via. Ma ora sto per rivederli. Dovrò prendere delle rose blu di Nazair per loro, prima che partiamo…»

E così passarono il resto del tempo, fino a sera, a conversare tranquillamente su quello e altri argomenti, per rilassarsi. Alla fine, quando la Luna sorse, i Guardiani degli Innocenti decisero di coricarsi e riposare: l’indomani sarebbero ripartiti e il viaggio era lungo. Nuovi contratti, nuove cacce e nuovi incontri li attendevano, prima della loro destinazione successiva…

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > The Witcher / Vai alla pagina dell'autore: Roberto Turati