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Autore: Asuka Soryu Langley e Lisachan    05/09/2003    6 recensioni
Una raccolta di storie originali di Asuka e mie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una volta

Una volta... io conoscevo due persone.

Cioè, non si può dire che li conoscessi nel vero senso in cui si intende conoscere una persona.

Però li vedevo spesso. Facevano tutta la mia stessa via, ogni giorno. Un uomo ed una donna, apparentemente sui settantacinque anni... però... non so perché, ma insieme avevano un'aria... antica. Sembravano provenire direttamente da quei racconti ottocenteschi in cui gli anziani dei villaggi camminano a braccetto parlando piano. Ed era così che andavano loro.

Dicevo, facevano la mia stessa via. D'estate. D'inverno non li vedevo mai. Ma la loro immagine era sempre nitida nei miei occhi e nella mia memoria, come una fotografia guardata troppo a lungo ed ormai impossibile da dimenticare.

Andò a finire che, malgrado il caldo ed il sole cocente, ogni mattina d'estate io mi vestivo e scendevo. E li trovavo sempre.

Li incontravo davanti al negozio di alimentari. Poi proseguivano verso il panificio e facevano colazione. Prendevano sempre due krapfen mignon alla crema ciascuno. Pur di seguirli mi portavo i soldi da casa e facevo colazione con loro.

A ripensarci adesso... era una cosa proprio strana. Intendo che io li seguissi passo passo tutti i giorni. Probabilmente chi ci guardava pensava fossi una loro nipote, o qualcosa del genere. Comunque non mi sembra che si fossero mai accorti di me.

Dopo il panificio andavano avanti fino all'edicola.

Fu all'edicola che li incontrai per la prima volta. Avevo appena recuperato i soldi per comprare un fumetto che mi interessava urgentemente, ed ero entrata in edicola tutta pimpante, al settimo cielo, come ogni volta che vado in edicola per comprare qualcosa. Quel posto mi ha sempre messo addosso una tranquillità fuori dal comune. Forse perché è pieno di libri.

I libri sono stupendi. Davvero stupendi. E' l'unico modo reale e piacevole per evadere dalla realtà senza perdere il senso della vita. E' fantastico leggere.

Comunque io stavo lì e lei si è avvicinata a me. Con quel suo vestito verde smeraldo. Non lo cambiava mai. Era sempre quello. Però profumava di buono, nonostante tutto.

Anche questa era una cosa strana. Fino ad ora non ci avevo mai fatto caso.

Vestito verde, cintura marrone a fili intrecciati, e gioielli... credo d'oro, ma non sono mai stata in grado di capire di che materiale sono fatti i gioielli.

Credo che sia perché i gioielli sono fatti apposta per ingannare. Ingannano per la loro lucentezza. Anche un fondo di bottiglia può essere lucente. Ed ingannano sulle intenzioni degli uomini. Sulle loro vere intenzioni. Mia madre ha tantissimi gioielli... le sono stati tutti regalati... un diamante è per sempre... non credo sia vero.

- Di cosa parla questo?

Prese un fumetto di Asterix e me lo mise davanti alla faccia.

Io la guardai stupita, come se fosse stata un'extraterrestre. La cosa sembrava divertirla, perché sorrideva in maniera adorabile.

- Parla di un gallo, il popolo francese, ha presente? Parla di questo gallo che si chiama Asterix e del suo amico Obelix e di tutti i personaggi del loro villaggio, che respingono sempre gli attacchi dei romani perché hanno dalla loro un druido, una specie di mago alchimista, molto potente, che ha creato una pozione della forza.

Avevo parlato velocemente ed agitata. Non capita tutti i giorni che una sconosciuta ti avvicini per chiederti la trama di un fumetto.

In quel momento, alle nostre spalle, spuntò un ometto. Suo marito. Camicia a quadretti, pantaloni beige lunghi e giacca dello stesso colore a maniche lunghe poggiata sulla spalle.

- Questo fumetto è una truffa! I romani la conquistarono, la Gallia!

Io sorrisi imbarazzata, e la signora di precipitò al fianco dell'uomo, attaccandosi al suo braccio.

- Ah, ma è solo un fumetto!

- Ma i bambini leggono questa roba?

Io annuii.

- Non solo i bambini...

- Incredibile... non ci dovrebbe essere il permesso di pubblicare cose che testimoniano eventi falsi!

- Caro, stai esagerando...

... Non è una finta! Lo chiamò proprio "caro"! Con un accento affettuoso che quasi mi commosse!

- Ed è bello questo fumetto, almeno?

Chiese ancora lui, accigliato.

- Ah... non è il tipo di fumetti che leggo io...

- E tu che tipo di fumetti leggi?

Indicai con un dito lo scaffale in alto. Loro guardarono stupiti con occhi spalancati tutti gli albi colorati sullo scaffale. Ne presero in mano qualcuno. Precisamente Inuyasha e Karekano.

- Leggi questo? Chi è questo ragazzo qua?

Chiese lei indicando Arima.

- E lei? Lei chi è?

Chiese invece l'uomo guardando Sesshomaru.

Io soffocai una risata.

- E' un ragazzo, non una ragazza. E' un demone.

- Un demone?

La donna mi guardò. Non sembrava spaventata... più... incuriosita.

- Si... un demone mitologico... è un fumetto ambientato nel passato. I fumetti di autori giapponesi come questi si chiamano manga.

- Manga? E che vuol dire?

Lui me lo chiese aggiustandosi la giacca sulle spalle. Giacca che gli cadde. Io la raccolsi, presi Karekano e Kodocha che aspettavano di essere comprati, e li accompagnai all'uscita. Ci sedemmo tutti e tre su una panchina fuori dall'edicola, ed io... bè, mi pare di aver detto loro tutto quello che so sui manga e sugli anime.

E loro mi ascoltavano con attenzione, sempre con quell'adorabile sorriso, e sempre a braccetto.

Ci salutammo solo verso sera. Credo fossero più o meno le sette.

Tornai a casa con una gioia nel cuore che non credo di riuscire ad esprimere.

***

Ieri ho rincontrato lei. Era sola. La cosa mi ha fatto paura. Pensavo "E dov'è lui? Dove? Dove?". Spaventata come una bambina sperduta in un aeroporto. Era davanti al supermercato, siamo entrate insieme.

- Buongiorno!

Le ho detto. Lei mi ha sorriso e basta.

Abbiamo camminato assieme per tutto il negozio. Lei ha comprato molti pacchi di pasta ed una scatola di condimento ai funghi. Poi siamo arrivati alla cassa. Ha fatto passare avanti me, che avevo solo una scatola di gelato. Al momento di pagare ha cercato nelle due tasche del vestito e poi ha guardato imbarazzata la cassiera.

- Ah... era sempre Tommaso che portava il borsellino...

In quel momento ne ho avuto la certezza. Lui doveva essere morto. Per forza. Lo sguardo di lei, il modo in cui aveva detto quella frase, il sorriso quando ci eravamo incontrate... era morto.

E lei si era dimenticata a casa i soldi perché li portava sempre lui nelle tasche. Non ci ha pensato.

Perché quando hai una persona accanto per così tanto tempo... viene quasi scontato pensare che ci sarà sempre. Ed allora non pensi più a dove sono i tuoi soldi, perché sei sicuro che li abbia lei.

Secondo me è una cosa triste. Davvero.

Le ho pagato la spesa. E poi se n'è andata via ringraziando, da persona educata qual'era. L'ho vista un altro paio di volte, ma non ho più avuto il coraggio di salutarla.

  
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