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Autore: Restart    08/07/2020    0 recensioni
Mia è in procinto di sposarsi con Gabriele, quando una bufera di neve improvvisa la costringe a passare il pomeriggio col suo vicino di casa Massimo. La convivenza porterà a galla questioni irrisolte.
Primo capitolo della serie "Per le vie di Firenze".
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sabato 19 Dicembre
Lui è qui.
È arrivato alla fine.  
Ci siamo.
Il grande giorno, il mio grande giorno. Quello che, a detta di mia madre, mi ricorderò per tutta la vita. Il giorno migliore della suddetta vita.
Bah.
Io spero solo finisca il prima possibile. Devo togliermi questo cerotto, passare al dopo. Voglio già togliermi questo vestito che d’un botto è diventato pesante, soffocante.
Mia madre, Viola, Caterina non sembrano pensarla così. Mi saltellano attorno da qualche ora ormai, tutte sprizzanti gioia, allegria, un’allegria apparentemente incontrollabile. Ci sono già passate prima, sanno cosa hanno alle mani. Ed io mi sento come totalmente abbandonata a loro, alle loro mani veloci che mi aiutano a pettinarmi, ad infilarmi il vestito, a truccarmi. E nel frattempo parlano tra di loro, bevono champagne e se la ridono, se la ridono tantissimo. Io non riesco a fare un mezzo sorriso spontaneo.
Dentro di me sento che sto per fare un passo sbagliato. Forse il più grande errore della mia vita. Eppure non riesco a prendere quel briciolo di coraggio per annunciare che io non amo Gabriele come amo quel cretino che abita a venti metri da me, quello che nonostante tutto quello che è successo tra di noi è pronto a ritornare insieme a me, a baciarmi, a scrivermi delle splendide lettere d’amore. O almeno era questa l’impressione che mi aveva dato prima di lasciarmi in lacrime sul pianerottolo, proprio un attimo dopo avermi dato il bacio più intenso della mia vita. Un bacio d’addio come non ne avevo mai dati. Come non ne avevo mai ricevuti.
«Mì, inclina un pochino la testa che devo verificare di averti dato per bene il fondotinta anche sulla mandibola» la voce profonda di Viola mi distrae appena dal mio flusso di pensieri che Joyce scansate. Inspiro a fondo, decidendomi di affrontare tutta questa situazione con una delle mie caratteristiche preferite, ma che ultimamente sto lasciando un po’ andare: il sarcasmo e l’ironia.
Se lo vogliamo fare, almeno abbandoniamo l’atmosfera da telenovela brutta e facciamola diventare una commedia romantica. Una cosa alla Notting Hill. Oppure alla Quattro matrimoni e un funerale. (Qualunque cosa che abbia Hugh Grant dentro che sprizzi il suo essere british da ogni poro va bene).
«Via giù Lola, mi sembra già di essermi coperta di quella schifezza abbastanza da sembrare una Kardashian» mi scanso dal suo ennesimo sforzo d’incipriarmi il naso e quindi lei si arrende, abbandonando la cipria sul cassettone.
«Quanto manca mamma?» chiedo, mentre osservo dubbiosa l’estetista mentre si impegna a farmi le unghie quantomeno presentabili.
«Un’oretta» risponde dopo una veloce occhiata all’orologio. Però poi sembra ripensarci. «Facciamo mezz’ora, togliendo però il tempo di arrivare in centro da qui con tutto questo casino di gente».
Un’ora al mio addio definitivo alla vita da single e felice. Cioè da persona non sposata perché ormai single non lo sono da sette anni. Tra un’ora mi devo per sempre legare ad una persona di cui non sono nemmeno sicura. E allora perché lo sto facendo? Perché sacrificare la mia intera vita per stare con qualcuno che non amo completamente? Un dilemma del genere manco i personaggi di Jane Austen. Eppure io vivo nel 2015, potrei tranquillamente farmi avanti e dire “Gabri, scusa ma non sei te quello che voglio sposare”. Troppo facile, non vi pare? Infatti è impossibile. Soprattutto per un cuor di leone come me. E poi ci vogliamo mettere anche mia madre che continuerà a rompermi i coglioni finché campo? Ma non ci penso nemmeno. A maggior ragione perché Max, la mia unica scelta, l’unico uomo con cui sono sicura di passare la mia vecchiaia si è tirato indietro. Preso da un attacco di strizza, ha deciso che non se la sentiva di buttare tutto all’aria per una cosa inutile come l’amore. Le sue parole mi sono rimaste impresse: “non saremo mai felici insieme”. Forse ha ragione. Forse noi abbiamo avuto il nostro momento, il nostro attimo, ma non siamo riusciti a coglierlo come si deve, non siamo riusciti a far sviluppare la relazione, forse perché troppo egoisti, forse perché troppo fifoni. Ma immagino che non conosceremo mai la risposta.
«Vì aiutami col vestito dai, che non voglio essere in ritardo come al mio solito» chiedo, cercando di far smettere il flusso di pensieri.
«Mì, ma ce la facciamo, dai, vai tranquilla… e poi la sposa si deve far attendere» penso di averla involontariamente fulminata con lo sguardo perché non appena finisce la frase fa un piccolo sussulto.
«Voglio che questo giorno passi il più velocemente possibile» mi lascio fuggire questo mormorio che fa storcere il naso a Viola, ma che silenziosamente continua ad aiutarmi a mettere il vestito. Si avvicina poi al mio orecchio.
«Tienile per te queste frasi. Fai almeno finta di essere contenta di sposarti, di essere felicemente al centro dell’attenzione. Passerà più veloce di quanto tu non creda» sussurra con lo sguardo oscurato, il viso segnato da una smorfia di disapprovazione, disappunto. Non ha mai nascosto di preferire Gabriele a Massimo, anzi in più di un’occasione mi ha fatto notare quanto il primo mi adori, mentre con l’altro era una lotta continua per tutto. “Finirete a ottant’anni che non riuscirete neanche più a parlarvi, a guardarvi negli occhi”.
Non le rispondo niente, ma lei sa che il messaggio è arrivato.
«Bene tesoro, siamo pronti, no? Mancano solo le scarpe, giusto?» mia madre sembra quasi tremare da quanto è elettrizzata. Il sorriso le illumina il viso e quindi mi sforzo anche io di sembrare anche vagamente vicino a lei come stato d’animo. La vedo salterellare verso l’uscita e mi appresto a seguirla ma una mano mi blocca.
«Mì se vuoi fare la cazzata, falla ora. Ora o mai più» il tono è serio, da fare ballare le ginocchia. «Pensaci bene però. Devi scegliere qualcuno che ti terrà al sicuro per sempre, o chi ti farà stare sempre un po’ in pensiero. E credimi Mì se ti dico che la seconda scelta è bella solo in apparenza. Con Tommaso è stato così».
Non so cosa rispondere. Ma, razionalmente, non posso che essere d’accordo con lei. Razionalmente. L’ho vista stare parecchio male, l’ho vista quasi toccare il fondo e per questo il dubbio mi nasce: sarei in grado di sopportare quello che ha dovuto sopportare lei? No.
Eppure c’è quella piccola vocina che mi ricorda di quanto Max sia sempre stato pronto a stare con me. Sempre. Che non abbia mai tremato davanti alle difficoltà.
Quindi che dovrei fare? Dovrei abbandonare? Lasciare Gabri sull’altare come uno stupido e scapparmene?
Sarei pronta a passare quello che ha passato la mia migliore amica? No, assolutamente.
Ed è questa la ragione per cui decido che attraverserò la navata con un meraviglioso sorriso sul volto e dirò sì. Sì, cento volte sì. Ho bisogno di regalarmi una vita tranquilla e felice. Me lo merito.
*
La chiesa è immersa in un debole chiacchiericcio, ma tutti si quietano quando mi vedono arrivare al portone. Gabriele si gira e sorride dolcemente. Sembra la persona più felice del mondo. Quando faccio i primi passi, il silenzio inizia a calare per lasciare posto al rimbombare dei miei tacchi sul pavimento. Sembra di camminare in una nuvola di autocompiacimento con tutte quelle persone che mi guardano, che mi sorridono a mo’ di approvazione. Sono tutti estremamente felici di vedere quella povera sciagurata finalmente sistemarsi con un “ragazzino ammodo” e forse rimediare agli errori del passato. Ma forse sono ancora più deliziati solo al pensiero della cena dopo, dell’alcol, soprattutto mia zia Maria che ha già gli occhi che le brillano al solo immaginarsi il bicchiere di vino riempito non-stop. O forse le brillano perché ha già buttato giù un paio di sorsi di prosecchino?
Okay  Mia, concentrati. Fissa il tuo obiettivo, l’altare. Fissa l’uomo che ti aspetta lì, trepidante, pronto a starti al fianco per il resto della vita. Per il resto della vita. Che ansia.
No Mì, fissati. Mira i suoi occhi verdi, grandi, dolci, e il suo sorriso un po’ sbilenco ma così adorabile. È l’uomo di cui sei innamorata, è il tuo migliore amico, è la persona che ti sarà vicino non importa cosa. Non importa chi, non importa come, dove. Per un attimo però gli occhi si assottigliano, gli zigomi si alzano e il sorriso diventa sfacciato, sensuale. Per un attimo ho davanti a me la figura longilinea di Max. Ma è solo un attimo di sballo, niente che un veloce battito di ciglia non possa spazzare via.
Mi sforzo anche io a mostrare un timido e imbarazzato sorriso mentre mi avvicino al mio futuro marito. Lui mi prende la mano e io cerco in questo contatto la stessa scintilla che ho sentito quando Max mi ha toccata per la prima volta dopo tanto tempo. Ma non c’è niente. Lui mi guarda con gli occhi che brillano, i denti bianchissimi incorniciati dalle labbra carnose. Ma non sento niente. Ci giriamo e il parroco inizia a blaterare, e io non ne sento neanche una parola. Mi siedo e mi alzo come se fossi un automa. Poi, con la coda dell’occhio cerco di scrutare Gabriele e lui sembra aver perso tutta la luce che illuminava prima. Lo sguardo si è vagamente scurito e sembra tormentato da qualcosa. Cerco di stringere ancora di più la sua mano, ma sembra non sentire nemmeno il mio tocco.
«Posso dire una cosa?» la sua voce interrompe il prete che lo guarda scioccato. Mentirei se non dicessi che mi sta per scappare una mezza risata. (Ho la risata nervosa, non mi posso fare niente. Quando sono in difficoltà mi scappa da ridere). Gabriele si gira verso di me e mi costringe a guardarlo.
«Non possiamo sposarci Mì. Non posso farlo sapendo di portarmi un grosso peso sulle spalle»
«Come un “ovo sodo che non va né su né giù?” » ironizzo e lui ridacchia. Ma dura poco, ritorna praticamente subito serio. Oddio, sta succedendo davvero?
«Mì, sei la mia migliore amica e sono sicuro che convivremmo benissimo, proprio come abbiamo fatto negli ultimi anni. Ma io non posso continuare a starti vicino sapendo di averti tradito. Ti voglio bene, ti amo forse, ma in quelle settimane a Berlino ho capito che per me è ancora troppo presto per sposarci» mi sorride dolcemente, un po’ nervosamente. E io che vi posso dire? Mi sento stranamente più leggera.
Mi avvicino al suo orecchio: «Grazie per averlo detto. Mi hai tolto un peso in realtà. Se devo essere completamente sincera non ero proprio sicura di sposarti » sorride di nuovo e mi dà un bacio sulla guancia.
«Ho trovato la lettera. So che neanche te volevi fare questo passo e sarei solamente un egoista e uno stupido a voler continuare questo rapporto sapendo che non ci sei, proprio come non ci sono io. Ti auguro una buona vita Mia, sarai sempre la mia migliore amica» mi lascia una debole carezza sulla guancia. «Salutami quello stupido» e ridacchiamo insieme. Poi si gira verso tutti i nostri parenti e amici che già hanno la mandibola a terra. E inizia a parlare.
«Mi dispiace tanto, ma oggi non ci sarà nessun matrimonio. Io e Mia abbiamo deciso di comune accordo di lasciarci in maniera amichevole…»
Non sento neanche le sue parole. L’eccitazione mi ha sta caricando a molla e per questo sto sfoggiando un sorriso da demente a tutti gli invitati che scioccati mi osservano uscire a grandi falcate dalla chiesa.
Quando varco il portone mi sento una persona nuova. Inspiro profondamente l’aria vagamente inquinata e gelida di Firenze, carica per quello che ho deciso di fare.
Per fortuna la macchina era già pronta per andare via e il mio tassista di fiducia mi stava aspettando.
«Renato mi porteresti alla “Fiore” per favore?» lui sembra non capire, ma subito mi fa un occhiolino complice. Ma prima che riesca a partire, lo sportello posteriore si apre e mio fratello si siede accanto a me.
«Voi siete dei deficienti» dice col tono di voce di uno psicopatico. «Potevate deciderlo un po’ prima che volevate rimanere solo amici? Eh? Mia ma dove vuoi andare??»
Nel vederlo così fuori di testa non riesco a trattenere una risata nervosa (io ve l’avevo detto).
«Ho scazzato così tanto eh? Ma che ti posso dire Tommaso, me lo sentivo che non avremmo dovuto sposarci, e lui si è trovato nella stessa situazione. Almeno non è rimasto nessuno sull’altare ad aspettare come un torsolo e ci siamo lasciati come quelli che siamo. Due ottimi amici. Ora se non ti dispiace, devo andare a parlare con una persona».
«Tu e Max vi siete lasciati tempo fa, l’hai lasciato tu, l’hai lasciato Mia, fattene una ragione» mi attacca, ma non mi scalfisce.
«Mi dispiace Tom, è l’amore della mia vita, non me lo posso lasciar scappare»
«Ma è anche il mio migliore amico! E io so quello che ha passato per colpa tua, vi sto proteggendo entrambi nel caso tu non l’avessi capito.»
«No Tommaso, tu non vuoi proteggere nessuno di noi due, tu tieni solamente a te stesso. Tu vuoi che io rimanga con Gabriele perché è la strada più semplice. Perché io e lui non litighiamo mai, perché andiamo d’accordo su tutto, proprio come te e Giulia. Ma io adesso mi sento in grado di fare la scelta coraggiosa che non ho fatto dodici anni fa, scelgo di stare con la persona che forse non è la più semplice con cui stare, ma anche io non sono facile e noi due ci troviamo, ci critichiamo e ci aiutiamo a vicenda. Io mi sento perfetta e imperfetta allo stesso tempo con lui accanto. Mi sento completa. Proprio come tu ti sentivi con Viola. E non lo negare che ancora ti tremano le ginocchia quando la vedi. Quindi per favore Tommaso, sposati che ora ho qualcosa di più importante da fare piuttosto che rimanere qui a discorrere con te» mio fratello si ammutolisce e continuiamo il tragitto in silenzio.
Prima di quanto immaginassi siamo davanti alla libreria di Max. C’è una piccola folla al suo interno e non posso negare che questo mi trattenga un poco. Siamo onesti via, una sposa che si fionda a fare una dichiarazione d’amore in una libreria s’è vista solo dentro i film. Sono una Julia Roberts in Notting Hill ma con l’ingombrante vestitone bianco.
Sono pronta a farlo? Sì!
Porto la mano sulla maniglia, ma mi fermo. In realtà il motivo non lo so neanche io. Che mi voglia godere il momento? Ma a chi la vado a raccontare. Me la sto facendo sotto dall’ansia.
Ora io vado lì, davanti a lui, in mezzo a tutti i clienti, a dirgli che lo amo, che è l’amore della mia vita e tutte quelle stronzate, ce l’ho il fegato sufficiente? Ma neanche per sogno.
«Mia stiamo bloccando il traffico» mi ricorda duramente Tommaso. E dopo qualche momento in cui la situazione non cambia neanche di un pelo, lui si sporge e mi apre la portiera.
«Fatti coraggio, ne hai tanto. E in culo alla balena» mi sorride dolcemente e io ricambio. È arrivato il momento Mia, non tirarti indietro.
Apro la portiera e non appena metto un piede fuori dalla macchina, un gruppo di signore gira gli occhi su di me. Forza e coraggio.
Quando entro in libreria cala il silenzio e si sente solo I’ll stand by you dei Pretenders alla radio.
Cammino piano alla ricerca di Max con la nostra canzone come colonna sonora. Il sorriso mi aumenta ogni passo che faccio, ogni poco che mi avvicino alla sua voce che sta diventando sempre più chiara, sempre più forte. Mi fermo a pochi metri da lui. È davanti alla sezione dei classici e sta litigando con un ragazzino che non appena mi vede s’ammutolisce. Max invece continua imperterrito a sostenere la sua tesi, approfittando del silenzio del giovane. Solo quando questo gli fa cenno di girarsi, si zittisce.
«Mì, ma che ci fai qui…» la voce gli esce debole, spezzata.
«Eh, sono qui per comprare Il cucchiaio d’argento. Mi voglio dare alla cucina, ampliare i miei orizzonti» commento sarcasticamente, cercando di apparire più sciolta possibile. In realtà me la sto facendo sotto dalla strizza.
Max cerca di reprimere un mezzo sorriso che avrebbe dovuto essere la risposta alla mia battuta per niente simpatica.
«Io e Gabriele ci siamo lasciati. Non potevamo scegliere momento peggiore, ma comunque l’importante è averlo fatto» i suoi occhi sembrano farsi improvvisamente più grandi.
«Max in questi giorni non ho fatto altro che pensare a quello che mi hai scritto, a quello che abbiamo passato insieme, sia quel pomeriggio, sia quando eravamo poco più che adolescenti. E io voglio continuare a sentire a provare quelle emozioni per il resto della mia vita. Voglio spendere ogni secondo della mia vita al tuo fianco, voglio ridere con te, voglio piangere, voglio amarti, voglio odiarti, voglio baciarti, voglio criticarti. Voglio sbuffare quando inizi una filippica sull’ennesimo classico della letteratura che non ho letto, voglio rimproverarti perché non mi stai mai a sentire quando parlo di arte contemporanea. Voglio addormentarmi abbracciata a te sul divano, voglio girare il mondo con te. Max sei l’unica persona che voglio, che ho sempre voluto e spero che tu possa perdonarmi se sono passati così tanti anni prima che lo capissi. Che capissi quanto sei vitale per me e che per quanto possa sforzarmi non posso starti lontana. Ma soprattutto non voglio starti lontana».
Attorno a noi c’è un silenzio quasi inquietante; sono tutti in attesa di una risposta di Max. Ma lui sembra troppo intento a trattenere le lacrime.
«Mì… che dire» si passa una mano sugli occhi per poi guardarmi diritto in viso. «In effetti sei sempre stata un po’ lenta a capire». Mi scappa una risata ed è allora che lui si avvicina per baciarmi. E tutto attorno a noi si sente applaudire e fischiare a mo’ di approvazione.
«Ma quindi vuoi anche te tutte quelle cose?» domando, staccandomi. Diventa improvvisamente serio, ma non riesce a trattenere quella faccia a lungo: che pessimo attore. «Sì, le voglio» conferma con un sorriso.
 
 
   
 
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