Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: suni    14/08/2009    4 recensioni
I tre premi per il contest omonimo. Drabble, flashfic e shot rispettivamente, Suigetsu e Sasuke rigorosamente.
Enjoy.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sasuke Uchiha, Suigetsu
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Ecco, vedi, ci sono tante cose che ho pensato e che non ti avrei mai detto nemmeno con una spada puntata alla gola, seriamente

PRIMO PREMIO per Ainsel con “Pozzanghere”. Meritata vittoria e ancora: ganza, donna.

 

 

 

________________________________________

 

 

 

 

“Ecco, vedi, ci sono tante cose che ho pensato e che non ti avrei mai detto nemmeno con una spada puntata alla gola, seriamente. E non è che te le voglia dire ora perché pensi di doverti qualcosa, non diciamo stronzate. Non ti devo assolutamente nulla. Te l’ho detto, se non fossi stato tu a far fuori il pazzo sarebbe stato un altro. Magari io stesso, per esempio. Quindi no, non è questione di riconoscenza, perché tanto sarebbe una finta. E non c’entra nemmeno il fatto che grazie a te la mia collezione di spade si è allargata, avvicinandomi di un paio di passi all’obiettivo. Anche questo l’avrei potuto far da solo. E no, non è perché Hebi, o Taka che dir si voglia, è stato come ritrovare un senso alla vita, perché ancora una volta ci sarebbe stato un altro modo. Forse è proprio tutto lì il punto, decerebrato: io non avevo bisogno di te né tu di me. Non sei stato una presenza epifanica e, comodità a parte, avrei potuto lasciarti perdere e andarmene per i fatti miei continuando la mia vita nello stesso modo in cui l’ho continuata comunque con te e gli altri, improvvisando. E anche tu avresti potuto trovarti un’altra spalla qualunque, che non fossi io: non ci sarebbe stata differenza. Ecco, non siamo mai stati indispensabili l’uno all’altro, eppure se ci penso adesso nessuna persona prima di te, e probabilmente nessuna in futuro, mi è mai diventata tanto naturale. Come se in qualche modo tu fossi sempre stato lì nei paraggi e non ci fosse stato nulla di strano nel vedere la tua faccia da psicolabile tutte le mattine svegliandomi. E sì, lo so che oggi sono troppo serio e che tutta questa profondità non è da me. Ma è che alla fine ti ho imparato a stimare, e molto altro, e penso che sarà persino difficile tornare al vecchio me. Per giunta le lapidi sono schifosamente deprimenti, sai, e questa che ho davanti, così bianca e insignificante, non ti rende giustizia. Avrebbero dovuto costruirti un altare circondato da pire infuocate, come per i grandi re del passato. O spingerti a mare steso su una gigantesca piroga come fanno con i Kage della mia terra. Perché non eri uno shinobi qualunque, Sas’ke, non lo sei mai stato, e so che era importante per te e che spiccare dalla massa costituiva una priorità assoluta di cui tu stesso forse non eri del tutto consapevole, anche se la modestia non era proprio la tua qualità più marcata. Quindi è questo quel che ti volevo dire, sacco di boria, tutto lì: non eri uno tra i tanti, e non sei morto come uno tra i tanti. Contento? Ah… E l’altra cosa che ti volevo dire e che nonostante tu sia uno stronzetto tirannico e completamente fuori di testa mi mancherai. Bene, adesso è meglio che vada, prima che mi si consumino le corde vocali a forza di dire più idiozie del solito.”

Si gira senza più guardare la lastra di pietra e prende stancamente a camminare, gettando invece un occhiata vaga al cielo sempre più nuvoloso con una smorfia sarcastica. Su Konoha si sta preparando un temporale di quelli che restano negli annali e le nubi gonfie e nere continuano ad ammassarsi davanti a un sole sconfitto, gravide d’acqua e fulmini.

Le prime gocce leggere picchiettano sulla pelle del suo viso quando già ha oltrepassato la soglia d’accesso al villaggio, senza salutare nessuno né ringraziare i ninja medici che l’hanno salvato. La spada gli rimbalza sulla schiena ed è l’unica cosa che riesca a sentire mentre si lascia, definitivamente, il villaggio della Foglia alle spalle insieme a tutti i suoi abitanti.

Tutti, tranne uno.

 

 

 

Incrinature

 

 

 

Bastano pochi istanti, qualche decina di metri nella foresta, prima che il cielo prenda a buttar giù acqua a secchiate, con un vibrante sottofondo di tuoni che si susseguono quasi ininterrotti. A Suigetsu piace la pioggia, lo rigenera fisicamente e gli ha sempre dato l’impressione di diventare un tutt’uno non solo con l’acqua, com’è ovvio, ma con la natura stessa. Ma oggi non trae nessun gusto nel sentirsela scorrere addosso inzuppandosi i vestiti, che gli pesano sul corpo accrescendo il senso di oppressione che gli grava sulle spalle. I capelli gli s’incollano al viso e alle tempie oscurandogli la visuale intanto che avanza rapido, di ramo in ramo, trascinandosi avanti controvoglia.

Karin e Juugo lo aspettano in direzione del confine, là dove giorni fa tutti e quattro sono rimasti appostati aspettando il momento opportuno per muoversi e colpire. Non ha nessuna, nessunissima voglia di sopportare il tragico dolore di Karin e l’espressione smarrita e ansiosa di Juugo che continua, con sguardo fremente, a cercare occhi che non lo calmeranno più.

Succede all’improvviso, mentre atterra dopo un balzo: il cielo per un secondo diventa luce accecante e un suono d’esplosione crepita secco, assordante, quindi Suigetsu rotola a terra perdendo l’equilibrio nell’istante in cui il suolo trema e l’albero a pochi metri da lui prende fuoco, attraversato dal fulmine.

È decisamente un segno, decide rialzandosi in piedi con le orecchie che fischiano e le ginocchia tremanti, e i suoi occhi si posano sul tronco fumante e carbonizzato che la forte pioggia sta già liberando dalle ultime fiamme. Si guarda rapidamente intorno e s’arrampica sui rami d’una quercia cercando di guadagnare visibilità; a qualche centinaio di metri, il declivio aspro e roccioso della montagna promette un riparo occasionale: vi si dirige di fretta, inerpicandosi sul fianco del monte fino a scovare un’apertura tra i massi e le radici selvagge, una sommaria caverna grande appena abbastanza da accoccolarsi lì dentro e restare all’asciutto, riparato da folgori e tempesta.

Suigetsu si passa la mano sul viso per spostare i capelli, senza smettere di osservare distrattamente la foresta che sussurra un mormorio piovano, le fogli lucide che sgocciolano, il terreno che si fa scuro e fangoso. Li scruta immobile fino a sentire il dolore che sale da dentro lo stomaco, percorre i nervi e tutti muscoli, scivola nelle vene e su per la gola ed esplode nella testa spezzandogli quasi il fiato.

Pioveva anche quella sera.

 

 

~~~~~~~~~~~~~~

 

 

“Non ho capito una cosa, un piccolo dettagli tattico che forse dall’alto della tua intelligenza superiore puoi svelarmi,” inizia, issandosi su per la scaletta silenziosamente.

“E’ estremamente probabile,” commenta Sasuke atono, con indifferenza. E’ accovacciato davanti alla vallata addormentata, sullo strapiombo nato di un dirupo verticale. Sì è sistemato poco al di là del tetto naturale fatto dalla sporgenza di una lastra di pietra e i capelli neri bagnati, confusi col buio notturno, per una volta sono appiattiti e cascanti sulla nuca, scendono verso il basso accarezzando il suo collo.

Suigetsu lo osserva per un istante, studiando la sagoma della sua schiena con un sorrisetto velenoso, ma pensa che a volte Sasuke sia proprio stupido, di quella stupidità disarmante dei bambini piccoli. Forse perché, dentro se stesso, sotterrato dal peso dell’odio e della durezza della vita, il bambino che Sasuke ha rinunciato ad essere troppo presto sta ancora piangendo il suo lutto. Dopotutto è davvero un ragazzino, lo si vede ancora meglio adesso a guardarlo inghiottito dalla cappa dell’Akatsuki.

“Sei sempre di un’umiltà esemplare, non c’è che dire,” lo schernisce con insolenza, abbassandosi per sedersi a sua volta sotto la pioggia, di appena qualche centimetro arretrato rispetto a Sasuke. Poggia le mani a terra per reggere il proprio peso, piegando il collo indietro per esporre il viso all’acqua. Sasuke rimane immobile senza voltarsi a guardarlo, da quel che s’intravede del suo volto sta semplicemente fissando il vuoto.

“Juugo russa,” annuncia lui, distrattamente ma con vago fastidio.

“Anche tu mi stai dando noia, pozzanghera, ma non per questo io mi lamento,” risponde Sasuke freddamente, con disinteresse.

“Giusto,” ribatte Suigetsu con vago scherno. “Tu non ti abbassi a condividere, tu te ne resti nel tuo angolo a tormentarti,” aggiunge irriverente, sfoggiando il suo tipico sorriso appuntito.

Sasuke volta leggermente la testa verso di lui, finalmente, e il suo sguardo glaciale sembra un preludio di violenza. Naturalmente, però, il genio si limita a fissarlo per qualche istante e tornare ad omaggiarlo della sua superiore indifferenza.

“Ti consiglio di trovarti un altro passatempo, se non vuoi farti infilzare,” suggerisce, altero.

Suigetsu, implacabile, si lascia sfuggire un risolino esilarato, masticando ostilità. Provocare Sasuke, il ragazzo di marmo che qualche volta d’improvviso prende fuoco, è sempre fonte di grande soddisfazione e infinito spasso. Ma stasera si sente più maldisposto, quasi desideroso di toccarlo davvero e fargli del male. Sarà perché sono le tre di notte e il miope come al solito non dorme, sarà perché in qualche modo assurdo sembra più piccolo e schifosamente indifeso del solito – Sasuke, che può quasi uccidere anche solo con quella lingua spietata che si ritrova - sarà perché fa un freddo porco e piove forte e Sasuke ormai dev’essere assiderato, sarà che non sopporta di essere rimasto sveglio ed essere uscito lì anche lui a causa di questo, sarà perché si sente stupido e non gli piace.

“Non starai davvero pensando che potresti mai battermi come spadaccino?” gorgoglia strafottente. “Avrai anche quei tuoi portentosi occhi da freak, ma con quella tua piccola spada ridicola…”

“La mia katana è più che sufficiente per un niente come te, Suigetsu,” lo interrompe Sasuke tagliente. Un tuono segue quasi immediatamente la sua frase, cupo e lontano.

“Io sarò anche un niente,” risponde lui sordo, scrollando la testa senza far trapelare il violento fastidio, “ma almeno non mi comporto da eroina e non sto qua a piangere nel mio cantuccio.”

Percepisce distintamente il corpo di Sasuke irrigidirsi, la schiena tendersi e le spalle raddrizzarsi, mentre le mani si stringono a pugno.

“Cosa cavolo stai dicendo?” ringhia  Sasuke ostile, con sprezzo. “Non sto piangendo,” aggiunge fiero, vibrando sdegno e tracotanza.

Suigetsu ha un’esitazione che dura appena un secondo tra misura ed eccesso, e come sempre propende d’istinto per il secondo. Scrolla le spalle con noncuranza, sorridendo di sbieco.

“Fa davvero differenza che a bagnarti la faccia siano lacrime tue o di pioggia?” chiede beffardo, immediatamente compiacendosi tra sé di quella bella sparata.

Sasuke ha un fremito di tensione, la sua mano si punta al suolo e le dita distendendosi si aggrappano ad esso. Per qualche secondo di sente soltanto il suono spezzato del suo respiro irregolare.

“Sai ch…”

“Stai zitto.

E’ un sibilo minaccioso, glaciale.

“Colpito?” s’informa innocentemente Suigetsu.

“Ho detto sta’ zitto, specie di…”

“Io faccio quello che mi pare,” replica Suigetsu risoluto

E’ un secondo, poi la mano di Sasuke non è più al suolo ma avvolta intorno al suo collo, il peso del suo corpo lo inchioda a terra mentre il nero devastato e quasi folle dei suoi occhi lo sfida in silenzio. Suigetsu però vede soltanto la linea sottile e dritta delle sue labbra strette tra i denti. Fin troppo facile, ormai l’ha capito, Sasuke. Ci sono quelli come lui, capaci di massacrare un’intera leva di studenti shinobi per mettersi alla prova, di guardare la vita dall’alto di uno spontaneo disprezzo verso l’umanità intera, impermeabili al sentimentalismo, e ci sono quelli come Sasuke. Quelli che si snaturano e si strappano da dentro tutta la bellezza di un essere spontaneamente generoso e fondamentalmente buono, o sciocco secondo i punti di vista. Ma è una durezza di facciata, sempre sul punto d’incrinarsi.

“Ti avevo avvertito, Suigetsu,” mormora Sasuke astioso.

Sciocco, conclude lui trattenendo un sorriso senza respiro. Ma bello, no?

Forse tutto si può incrinare. Anche la genuina fortezza del suo egoismo e della sua assenza di rispetto verso l’umano. Dev’essere Sasuke, dev’essere qualcosa di lui che lo destabilizza. La voragine su cui cammina troppo incoscientemente, o forse i suoi occhi o ancora il profilo sottile del suo viso. O altro, vai a sapere.

Ma è sciocco anche questo.

Lasc…” esala, divincolandosi.

Sasuke lo molla di scatto, spintonandolo via e tornando a dargli le spalle.

“E tu piantala di dire stronzate,” intima, atono.

“Oh, no. Io dico quel che si vede, e a differenza di te non sono cieco come una talpa. Io sono scomodo, ma in fondo ti sta bene,” sorride di nuovo sbilenco, ironicamente. “Che ti piaccia o meno sono l’unico che ti dice le cose come stanno, e che non ti adula per approfittarne. Sono il tuo unico alleato, Sas’ke, e lo sai.”

“Alleato?” ripete Sasuke scettico, con aperto sprezzo. “Credi davvero che mi fidi di te, Suigetsu?”

Lui ride un’altra volta, scrollando i capelli fradici.

“Non puoi farne a meno. Nessuno può contare soltanto su se stesso,” ribatte sfrontato. “Sai, Sas’ke, ieri Madara mi ha chiesto di ucciderti dopo lo scontro col jinchuuriki di Kyuubi, quando sarai troppo indebolito per difenderti.”

L’altro si volta di scatto, la fronte aggrottata. Lo squadra diffidente per qualche secondo, grave, poi arriccia appena il naso.

“Perché me lo sta dicendo?” chiede a voce bassa, senza intonazione.

“Te l’ho appena spiegato, bimbo.”

Sasuke lo guarda ancora per qualche secondo senza cambiare espressione, poi china lo sguardo e storce il viso,corrucciato.

“Bene,” borbotta controvoglia, così piano che sentirlo è un vera impresa. “Ma non ci riusciresti, comunque,” precisa altezzoso.

Suigetsu si limita ad annuire, mentre cala il silenzio. un silenzio denso, spigoloso, non quello ilare per lui e indifferente per Sasuke che condividono di solito. Un silenzio scomodo, colorato di fastidio e riconoscenza, di tutte le cose che non ci si può dire, perché in fondo loro sono due estranei e va bene così. Nemmeno lo sa, Suigetsu, perché mai gli abbia detto della proposta di Madara. Forse perché con Taka si è sviluppato in lui un inaspettato spirito di squadra.

Forse perché non vuole che Sasuke perda. Dopotutto è uno che non si risparmia, il ragazzino, e forse a lui piacerebbe vedere per una volta che cosa diventano i suoi occhi neri quando sono illuminati di gioia e soddisfazione. Dev’essere uno spettacolo non da poco. Chi lo sa: per il momento, resta il silenzio.

“Oggi è il ventitre luglio,” mormora Sasuke poi, assorto.

Suigetsu ci ragiona un attimo su senza interesse, prima di annuire scrollando le spalle.

“Vado a dormire,” aggiunge Sasuke piatto, alzandosi d’improvviso. Gronda acqua e trema di freddo, alla luce della lampade che lui ha lasciato accanto alla finestra si vede il blu delle sue labbra cianotiche.

Suigetsu lo segue all’interno, si leva in silenzio almeno gli strati esterni degli abiti bagnati. Juugo continua a russare piano e Karin dorme della grossa, con la bocca aperta e la faccia appoggiata alla mano. Dietro di lui Sasuke si toglie i sandali, la cappa, il kimono, la cintura. Si sfila via i pantaloni marci d’acqua con movimenti bruschi, inginocchiandosi accanto al suo giaciglio provvisorio. Suigetsu lo imita, dopo aver spento la candela con un soffio rumoroso.

S’infila nel calore della sua coperta, ma prima di allungarsi la sua naturale curiosità ha il sopravvento. Si poggia sui gomiti, buttando l’occhio su quel che si intuisce della sagoma allungata di Sasuke.

“Cosa succede il ventitre di luglio?” sussurra.

“Fatti i cazzi tuoi.”

“Cosa succede?”

Sasuke sospira profondamente. Un fruscio segnala il suo rotolarsi, prima che si decida a parlare.

“E’ il mio compleanno,” annuncia, indifferente.

Suigetsu sussulta di sorpresa, stupito. Ovviamente non ne era a conoscenza e rimane in silenzio, per una volta privo di parole. Sasuke non è il tipo a cui si facciano gli auguri, né la sua situazione è quella di chi abbia qualcosa da festeggiare. Auguri, e di cosa? Una morte rapida e indolore?

Rimane lì fermo, pensoso, mentre il fiato leggero dell’altro diventa un po’ più profondo. Poi, per nessuna valida ragione se non il fatto che, da sempre, Suigetsu Hozuki è uno che fa quel che gli passa per la testa, scivola delicatamente fuori dalla coperta, torna alla finestra, accende la candela senza fare rumore. Guarda il cielo buio senza muoversi, poi il corpo di Sasuke nella coperta. Di nuovo gli dà la nuca, di nuovo Suigetsu ha quello strano senso di struggimento.

E infine scrolla la testa con nuova risoluzione, cammina lieve e gira intorno a Sasuke. Ha le palpebre calate sugli occhi, le labbra dischiuse, un paio di ciocche scivolano sul suo viso e ne contornano la linea morbida. Quando Suigetsu si inginocchia accanto a lui socchiude gli occhi e poi li spalanca sconcertato.

“Cosa…?”

“Stai zitto tu, adesso.”

Non è che abbia veramente senso – nemmeno lo si può dire insensato, d’altra parte, è da quando lo conosce che lo guarda e ne studia la perfezione, con quel miscuglio strano d’irritazione e interesse – ma Suigetsu si limita soltanto a piegarsi in avanti e baciarlo d’impulso. Sasuke non si muove per qualche istante, di marmo, e nemmeno dopo fa granché: non reagisce a pugni né s’accende, si limita soltanto ad abbandonare la testa indietro e lasciarlo fare, stringendosi appena per fargli spazio quando Suigetsu s’infila sotto la coperta con lui. Ha ancora la pelle fredda per la pioggia, i capelli bagnati. Profuma d’umido e di fresco, nemmeno sembra vero. Ha i fianchi snelli, il segno asciutto dei muscoli, un ombelico piccolo che sussulta al suo tocco.

“Buon compleanno,” sussurra Suigetsu contro le sue labbra, esattamente mentre la sua mano si avvolge sull’erezione nascente dell’atro. Sasuke spalanca la bocca e geme sottovoce, assecondando il suo movimento con uno conseguente del bacino mentre il suo respiro si affretta insieme al tamburellio del cuore. E Suigetsu pensa che è strano ma va bene lo stesso, domani se lo dimenticheranno tutti e due.

Quello che non pensa, invece, che non può sapere, è che tra una settimana Sasuke non ce l’avrà più, un cuore che batte.

 

 

~~~~~~~~~~~~~~

 

 

Bisogna essere stupidi per morire a sedici anni, quando si ha la fortuna di essere il tipo di persona che potrebbe fare qualunque cosa e arrivare ovunque. Bisogna essere completamente idioti, ma questo Sasuke lo è sempre stato e Suigetsu lo sa.

Accenna un sorriso finto continuando ad osservare la pioggia.

Non è grave. Passerà, come tutte le cose, perché Suigetsu lo sa che la vita è acqua, e scorre via; e un giorno sentendo qualcuno parlare di Sasuke Uchiha impiegherà qualche secondo a ricordare che fosse, e l’immagine del suo viso resterà sfocata e confusa, ormai dimenticata. Non come adesso, che gli sembra gliel’abbiano incisa sulle coree, con quella faccia incazzata, quelle sopracciglia corrugate, quella rabbia e quella solitudine. Quel bisogno disperato di appoggio, forse sarebbe stato diverso andandogli incontro un po’ prima. Forse, se Sasuke si fosse addormentato più spesso con la testa appoggiata alla spalla di qualcuno – ancora la sua, magari – sarebbe cambiato qualcosa.

Comunque non è mai stato niente d’importante, e si sarebbero divisi ugualmente dopo questa battaglia. Nessuno di loro due è un sentimentale, del resto, anzi ciascuno a modo suo rappresentano l’opposto di quel concetto.

Gli era anche antipatico, il moccioso.

Passerà, un giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: suni