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Autore: Evali    09/07/2020    1 recensioni
Un villaggio isolato, un popolo spezzato in due in seguito ad una terribile calamità, due divinità da servire, adorare e rispettare in egual modo: Dio e il Diavolo.
"- Io amo gli uomini.
- E perché mai io sono andato nella foresta e nel deserto? - replica il santo. – Non fu forse perché amavo troppo gli uomini? Adesso io amo Iddio: gli uomini io non li amo. L’uomo è per me una cosa troppo imperfetta.
- È mai possibile! Questo santo vegliardo non ha ancora sentito dire nella sua foresta che Dio è morto!"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Specchio
 
- Non credevo che avrei partecipato ad un matrimonio, prima di giungere qui – commentò padre Craig ripiegando la sua tunica accuratamente e poggiandola sopra il letto.
- I matrimoni qui a Bliaint sono dei grandi eventi, le celebrazioni durano quasi due giorni e coinvolgono una grande fetta di villaggio – spiegò Blake rovistando tra i vestiti che sua madre era andata a ritirare da una delle sarte più richieste del villaggio.
- Una grande fetta?
- Tutti i componenti del credo a cui appartengono gli sposi – disse Blake porgendo una tunica blu notte al giovane prete. – Provate questa.
- Come mai i componenti del credo opposto sono esclusi? Insomma, se gli sposi dovessero avere amici tra i servitori dell’altro culto, non potrebbero invitarli? – domandò padre Craig afferrando la splendida tunica dalle mani di Blake e osservandola.
- Potrebbero. Ma le celebrazioni dei servi del Diavolo e del Creatore sono differenti. Gli appartenenti all’altro culto si troverebbero in mezzo a qualcosa al quale non sono avvezzi.
- Diversi tipi di celebrazioni? In cosa consistono tali differenze?
- Non ho mai assistito ad un matrimonio di servi del Creatore, non posso dirlo con precisione, ma so che vi sono delle differenze – lo liquidò il ragazzo, continuando a rovistare tra la montagna di vestiti ben ripiegati.
- Questa forse è un po’ troppo eccentrica per me – commentò padre Craig poggiando accuratamente la tunica blu di ottima fattura e con degli splendidi ricami dorati sul lenzuolo del letto.
- Quella è la meno “eccentrica” che ho trovato, padre – lo informò Blake rivolgendogli un’occhiata lievemente divertita.
- Ah. Beh, forse potrei cercare qualcosa io.
- Non vi fidate del mio giudizio?
- Assolutamente, ma …
- Padre, dovrete abituarvi all’idea di uniformarvi almeno un minimo alle usanze di Bliaint, finché rimarrete qui. Vi aiuterà a non sentirvi costantemente fuori luogo e a carpire meglio alcuni aspetti che soddisferebbero la vostra curiosità.
Fuori luogo ci si  sarebbe sentito in ogni caso, ma padre Craig si trattenne dall’esprimerlo ad alta voce, limitandosi ad annuire, ammettendo a se stesso che il ragazzo avesse ragione.
- Potrete prepararmi anticipatamente a ciò a cui assisterò, Blake? – gli domandò poi, con un pizzico di timore nella voce. – Da dove vengo io, i matrimoni consistono solamente nella celebrazione nella cattedrale del nostro Signore, nella traversata degli sposi per la navata e in una ricca cena a base del vitello più grasso del bestiame dello sposo, scannato la mattina stessa. Dopo di che, ognuno torna nella sua abitazione.
Per non parlare del fatto che, ad Armelle, gli invitati alle nozze non si sognerebbero neanche di indossare abiti tanto belli e ricercati. Forse neanche gli sposi – aggiunse.
- Come? Nessun tipo di celebrazione oltre la cena? Neanche un ballo? – gli domandò Blake sorpreso.
- Beh, sì, a volte gli sposi si dilettano in un ballo durante la cena, ma nulla di più – rispose il giovane prete pensandovi su.
- Non temete, padre, non vi troverete dinnanzi a nulla di troppo strano domani.
All’alba ci recheremo nella nostra cattedrale, assisteremo alla funzione e allo sposalizio, poi raggiungeremo il luogo dei festeggiamenti per dare inizio alle celebrazioni tradizionali – lo rassicurò Blake. – Nulla di estremo, solo balli, giochi preparati per gli sposi e alcuni riti richiesti dall’usanza.
Dopo di che, il tutto terminerà con il ricco banchetto, composto da una gran varietà di pietanze per soddisfare qualsiasi palato e da litri e litri di vino.
Sarete praticamente forzato a bere, padre. Forse dovreste preoccuparvi più di questo.
Il giovane prete ascoltò attentamente il ragazzo, osservandolo continuare a cercare un abito tra il mucchio di eleganti vestiti.
Gli si avvicinò e cominciò a cercare anch’esso, senza pensare. – Parlatemi di almeno uno di questi famosi riti a cui assisterò – insistette.
A ciò, Blake si fermò per un attimo, riflettendovi su. – Il più conosciuto e apprezzato è il rito dello specchio – gli disse.
- Il rito dello specchio?
- Viene tramandato ad ogni matrimonio di generazione in generazione qui a Bliaint da noi servitori del Diavolo. Tuttavia, è divenuto talmente amato da essere ormai diffuso anche ai matrimoni dei servi del Creatore.
- In cosa consiste?
- Proviene da un’antica leggenda. Si dice che, secoli fa, uno stregone si sia sottoposto ad un incantesimo per trasmutare il suo corpo in quello di una donna.
L’impatto con il nuovo corpo tanto diverso dal suo è stato talmente forte e destabilizzante da pietrificarlo totalmente. A ciò, reduce dei suoi errori, lo stregone annullò l’incantesimo tornando nel suo corpo da uomo, ma decise di ritentare, stavolta facendosi trovare preparato.
Per diversi giorni, frequentò una donna e le chiese di insegnargli ad essere lei.
Non ad insegnargli a comportarsi da donna, ma a sentirsi nel corpo di una donna, ad essere capace di controllarlo, di percepirlo suo, nonostante le differenze.
Ella accettò e, per tre giorni, gli ordinò di copiare esattamente ogni movimento che ella compiva, come se egli fosse stato la superficie di uno specchio e non più un uomo in carne ed ossa.
- Qualcosa di a dir poco … estraniante – commentò padre Craig, preso dal racconto.
- Già. Ma, grazie a ciò, lo stregone imparò l’arte dell’empatia e dell’altruismo.
Capì di esser in grado di non pensare solo a se stesso e al suo bene.
Capì di riuscire a non pensare solo con il suo corpo, ma anche con il corpo degli altri.
Soprattutto, imparò l’arte di essere donna.
- Buon Dio. È davvero una bella storia.
- Già. Motivo per cui, tre giorni prima del matrimonio, sia lo sposo che la sposa, devono esercitarsi ad essere uno lo specchio dell’altra, a turno. In modo che, entrambi, imparino a vivere, a pensare, a muoversi, a vedere come l’altro, la sua metà.
Solo se il rito dello specchio viene portato a termine alla perfezione, la coppia di sposi vivrà il loro amore fino alla morte, secondo la tradizione.
- Saranno uno lo specchio dell’altra davanti agli invitati? Cosa c’è di complicato?
- L’esercitazione nei tre giorni precedenti serve a far anticipare ad ognuno i movimenti dell’altro, sentendosi pienamente nel corpo del proprio consorte, come se ella potesse vivere in lui ed egli in lei.
Durante il rito compiuto dinnanzi a tutti i testimoni, nonché gli invitati, lo sposo e la sposa devono dilettarsi in questa pratica, a turno.
Se uno dei due non segue alla perfezione ogni singolo movimento dell’altro, replicandolo al minimo dettaglio e nello stesso momento, esattamente come fosse la superficie di uno specchio, il rito non può considerarsi terminato degnamente.
- Ciò è mai capitato?
- Quasi mai.
Solitamente, se ciò accade, è sempre anticipato da un sogno.
Per tale motivo se uno dei due sposi, la notte prima delle nozze, dovesse avere un incubo, il matrimonio viene rimandato.
- Rimandato??
- Certo. I sogni sono degli indicatori molto importanti, assolutamente da non ignorare per eventi come questi.
Se il sogno è di cattivo auspicio, le nozze devono essere rimandate.
Padre Craig abbassò il viso nuovamente sui vestiti sparpagliati, riflettendo.
- C’è anche una leggenda che narra di una strega, di una donna, che ha provato lo stesso incantesimo dello stregone, trasmutandosi in un uomo? – domandò improvvisamente il giovane prete.
- No, non credo. O, per lo meno, non è stata tramandata. Perché me lo state chiedendo?
- Pura curiosità. Insomma, se un uomo ha sentito il desiderio di provare qualcosa di simile, potrebbe averlo avuto anche una donna.
- Potrebbe.
- Perché sembrate titubante al riguardo?
A ciò, Blake discostò gli occhi dagli abiti e li rivolse al giovane prete. – Non lo so, padre. Forse semplicemente perché mi resta più difficile credere che una donna voglia possedere il corpo di un uomo.
La donna è fisicamente molto più armoniosa.
Le sue forme sono molto meno scomode, dure e discordi al tatto e all’occhio.
Che guadagno vi sarebbe per ella?
- Non deve esservi necessariamente un guadagno.
Potrebbe essere spinta dalla curiosità.
- Potrebbe – ripeté Blake accennandogli un sorriso e ritornando a rovistare tra gli abiti.
- Dunque, non sapete davvero se una donna abbia mai avuto una simile curiosità? – insistette padre Craig.
- Vi sconvolgerà scoprirlo, padre, ma vi informo che ancora non posseggo l’onniscienza, né tanto meno la capacità di leggere nella mente delle donne di questo villaggio – rispose il ragazzo alzando dinnanzi a sé una splendida tunica di un colore tra il magenta e il vermiglio, di tessuto leggero e lucido, con ricami neri sul petto e sul busto e i bordi delle maniche e del collo bianchi.
– Noto che avete scelto anche voi cosa indosserete. È molto bella – disse padre Craig contemplando l’indumento.
- Ad ogni matrimonio al quale siamo invitati, mia madre si reca sempre dalla sua sarta di fiducia, talvolta anche una settimana prima, per sbrigarsi nel prendere gli abiti migliori.
Come vedete, abbonda ed eccede nelle quantità, non ha il senso della misura.
Padre Craig sorrise in risposta. – Vostra madre tiene particolarmente a questi eventi, suppongo.
I due vennero interrotti dall’entrata in camera di Ioan, il quale corse verso suo fratello con un sorriso radioso nel volto stanco. – Even, hai scelto l’abito per me?? – esclamò con la sua vocina acuta.
- Sì, Christofer, il tuo è il primo che ho scelto.
- E per te l’hai scelto?? È quello che hai in mano? È davvero bello!
- Calma, calamita, sali sul letto e provati il tuo, è proprio lì sopra – gli disse addolcendo la voce come solo con lui faceva, sorridendogli.
- Anche padre Craig ha scelto l’abito che indosserà? – continuò il bambino salendo sopra il materasso indicatogli e alzandosi in piedi sopra di esso.
- Sì, il suo è quello sull’altro letto – rispose il ragazzo.
Ioan si sporse per guardare anche la tunica scelta per padre Craig e sgranò gli occhi chiari di stupore. – Sarà strano vedere padre Craig con degli abiti colorati!
- Ehi, piccolo, guarda che io sono qui – si lamentò scherzosamente padre Craig, sorridendogli.
- Aiutatelo a provarsi l’abito mentre io sistemo qui, padre – disse Blake al giovane prete.
A ciò, padre Craig obbedì, aiutando Ioan a spogliarsi del camice da notte.
- Cala la luna, cala la luna …
Cala la luna, il cielo la inghiotte … - cominciò a canticchiare il bambino.
- Cala la luna, cala la notte … - continuò, rivolgendo gli occhi a suo fratello in attesa che egli terminasse la canzone al suo posto.
Blake lo dedusse senza guardarlo e lo accontentò.
- Cala la notte, il sole si ammala, il fuoco non brucia, il palco scompare, nessuno urla più.
Cala la luna, ti sta cercando, chiudi gli occhi, trattieni il respiro e rimani laggiù.
 
La mattina dopo giunse in fretta, tutti gli invitati si recarono all’alba dentro la cattedrale dei servitori del Diavolo e la cerimonia trascorse placidamente e senza intoppi.
Padre Craig non trovò molte differenze rispetto agli sposalizi a cui  aveva preso parte ad Armelle.
Il monaco pronunciò i voti nuziali, unì i due giovani sposi e, infine, pregarono tutti insieme, gesto al quale padre Craig si premurò ovviamente di astenersi, attendendo che tutti i servitori del Diavolo terminassero di ringraziare il loro Signore per la funzione terminata, rimanendo seduto e in silenzio.
Si fermò a guardare i due novelli sposi, vestiti entrambi con degli elegantissimi indumenti di tessuto bianco perlaceo, tanto felici e sorridenti da adombrare i raggi del sole che si affacciavano dalle grandi finestre sulla navata, illuminandoli.
Erano entrambi giovani e belli, con i capelli biondi, lei con l’incarnato ambrato e brillanti occhi scuri e a mandorla, lui con iridi di giada e un accecante sorriso.
Oramai era a Bliaint da una settimana e aveva cominciato a non dare eccessiva importanza a molti aspetti che trovava destabilizzanti o troppo differenti da ciò a cui era avvezzo.
Aveva imparato ad adattarsi. Tuttavia, era ben cosciente che la sua capacità di adattamento sarebbe venuta immediatamente meno in determinate circostanze.
Quando giunsero in una radura nel bosco, leggermente distanziata dal  villaggio, per dare inizio ai festeggiamenti e al lunghissimo banchetto, il giovane prete si guardò intorno meravigliato, trovando quella piccola porzione di paradiso terrestre semplicemente meravigliosa.
Il rumore dell’acqua scrosciante del fiume e delle piccole cascate vicine rendevano l’atmosfera ancor più eterea, immersa in quel verde, in quei colori caldi di un paesaggio idilliaco e rasserenante, con l’aria pulita e fresca che rinvigoriva e rivitalizzava le membra come un elisir.
Trascorsero ore in cui tutti gli invitati, sposi compresi, si dilettarono in balli tipici tradizionali, e padre Craig ebbe l’occasione di ballare con moltissime fanciulle, tra cui anche la sposa.
Solo alla fine dei balli, quando capitò con l’ultima compagna, si rese conto fosse presente anche Judith al matrimonio.
Quando si ritrovò a ballare con lei, sgranò gli occhi, non capacitandosi di non l’averla notata fino a quel momento.
Una volta terminate le danze, le si avvicinò nuovamente. – Non mi ero accorto ci foste anche voi, Judith.
- Sono arrivata tardi, padre. Conosco la sposa ma non ho potuto assistere alla funzione, poiché avevo delle faccende urgenti da sbrigare alla biblioteca – gli rispose ella accennandogli un sorriso.
- Siete molto bella – le disse educatamente, osservando il suo lungo vestito lilla di seta e la sua elaborata acconciatura che le teneva i capelli rossi appuntati in alto, alla quale sfuggivano solo sottili ciocche ondulate.
Ella sorrise in risposta. – Non più di altri, padre. Quando noi servitori del Diavolo siamo riuniti tutti in un luogo non vi è nessuno che spicca sugli altri, ve ne siete accorto? È la maledizione del bell’aspetto.
Se diviene troppo comune, non viene più notato.
- Avete ragione – le rispose riconoscendo la correttezza di quel ragionamento. – Dunque, in genere qual è il complimento che un uomo rivolge ad una donna, tra i servitori del Diavolo? – domandò ingenuamente curioso.
- Non ditemi che l’unico complimento che viene fatto ad una donna ad Armelle riguarda il suo aspetto fisico. Sarebbe a dir poco offensivo.
- Oh no, Judith, non intendevo dire questo … - rispose quasi mortificato il giovane prete.
- Rilassatevi, padre, stavo scherzando. Dovreste far sciogliere la tensione che vi fa scattare e allarmare per qualsiasi cosa, ogni tanto. Non cederete alla perdizione se vi lasciate andare un po’, ve l’assicuro – gli consigliò la ragazza.
- Già, avete ragione. Ad ogni modo, è sempre la cosa più facile da dire ad una donna, lusingare il suo aspetto – ammise.
- Ne sono consapevole. Ma sono anche certa che, se vi sforzate un po’, sareste in grado di trovare qualcos’altro – gli rispose ella senza cattiveria. – Vi state divertendo? – aggiunse poi.
- Sì, molto – confessò padre Craig. – Questo posto è meraviglioso.
- Sono d’accordo. Siete riuscito a fare amicizia con qualcuno di diverso dai componenti della famiglia che vi ospita?
- In molti mi parlano, sono tutti gentili e cordiali con me, mi trattano come  …
- Un ospite?
- Esatto. Al contrario di ciò che pensavo, sono abbastanza a mio agio.
- Fate attenzione, padre.
A quelle parole,  padre Craig si voltò sorpreso verso la sua interlocutrice. – Non mi avete appena consigliato di rilassarmi?
- Sì, e non mi rimangio quello che ho detto; tuttavia, durante celebrazioni come queste, mi sento comunque di consigliarvi di non abbassare mai la guardia. Non siete ancora preparato a quello che verrà – gli disse, per poi far virare le iridi verso un punto a distanza. – È quello il ragazzo di cui mi parlavate? Il primogenito del proprietario delle gallerie?
Padre Craig si voltò a guardare in quella direzione a sua volta. – Sì, è Blake – le rispose scorgendolo mentre diceva qualcosa a sua madre, per poi allontanarsi, tenendo Ioan per mano.
A ciò, padre Craig gli andò incontro. – Blake, dove state andando?
- Riaccompagno Ioan a casa, non si sente bene.
- Volete che vi accompagni  e che vi  aiuti con lui?
- No, padre, posso farlo da solo, succede sempre. Voi restate qui e divertitevi, dato che avete già fatto amicizia – lo rassicurò, rivolgendo una fugace occhiata a Judith. – Ritornerò presto – concluse.
- D’accordo.
I festeggiamenti proseguirono, gli sposi vennero sottoposti ai giochi tradizionali previsti dall’usanza, tutti si divertirono e risero in un’atmosfera di soffusa leggerezza, padre Craig e Judith compresi.
Dopo di che, arrivò il momento dell’atteso rito dello specchio.
Il sole stava cominciando a calare e il giovane padre si rese conto che Blake non fosse ancora tornato, nonostante fossero già trascorse parecchie ore.
Cosciente che il ragazzo si sarebbe perso il momento più  atteso dei festeggiamenti, padre Craig si rattristò, ma cercò di non pensarvi su, concentrandosi sugli sposi, i quali erano disposti uno di fronte all’altra, al centro di un grande spazio vuoto circolare, intorno al quale erano riuniti tutti gli invitati in attesa.
Tutta l’attenzione era catalizzata su di loro.
Prima, toccò allo sposo fare lo specchio.
A ciò, la sposa cominciò con delle mosse semplici, iniziò a voltare la testa a destra e a sinistra molto lentamente, venendo imitata facilmente da lui. Nel fare ciò, la bionda e lunga chioma appuntata le si sciolse dai nastri, rimanendo libera.
Dopo di che, sorrise, e si sporse verso di lui, come se fosse davvero intenta a specchiarsi.
- Iniziano sempre tutti così – commentò in un sussurro Judith, non staccando mai gli occhi  dai due.
- Così come? – le domandò padre Craig con lo stesso tono di voce basso, per non disturbare il rito, continuando a seguire le loro mosse.
- Con movimenti semplici. Si “specchiano” sulla superficie del corpo del consorte per dargli modo di abituarsi gradualmente.
La fanciulla ora aveva cominciato con qualcosa di diverso, muovendo qualche passo all’indietro, poi in avanti, a diversi ritmi, alzandosi il vestito.
Egli la seguiva senza sbagliare nulla.
Persino quando la fanciulla iniziò a spalmarsi a terra e a dilettarsi in espressioni e movimenti affatto intuitivi e facili da replicare, il suo consorte riuscì ad imitarla senza difficoltà, quasi come se fosse già a conoscenza delle mosse che ella avrebbe compiuto, quasi come se le leggesse la mente.
In quel momento padre Craig comprese a cosa servisse l’“allenamento” dei tre giorni precedenti al rito vero e proprio.
Li trovò ipnotici mentre si muovevano all’unisono, come fossero una cosa sola.
Quando toccò alla sposa fare lo specchio, anch’ella tenne degnamente il passo di suo marito, nonostante alcuni movimenti le risultassero altamente scomodi, causa l’impiccio del  lungo vestito, la differenza di statura e altre implicazioni meramente fisiche.
Ma fu solo quando il rito terminò che padre Craig prese davvero coscienza del pericolo che celava l’apparentemente innocua situazione in cui si era cacciato, partecipando a quel matrimonio.
Il vino cominciò a circolare liberamente durante il banchetto, abbeverando ogni invitato fino al totale eccesso.
Fu impossibile rifiutarlo.
Il giovane padre cercò di limitarsi, come era solito fare sempre, ma, colpa dell’atmosfera di festa e di spensieratezza, abbassò la guardia, lasciandosi coccolare dalle dolci cure di quel liquido in grado di offuscare i sensi e di rendere la vita più leggera, più bella e meno soffocante.
Blake era tornato giusto in tempo per l’inizio del banchetto, prendendo posto in uno dei grandi tavoli che ospitavano gli invitati, fermandosi a parlare e a ridere con alcuni suoi amici, prima di voltarsi verso di lui e rivolgergli un fugace sorriso rassicurante. Sembrava distratto, alleggerito da tutto ciò che lo appesantiva normalmente, avvolto da una spensieratezza che pareva accumunare tutti i presenti.
Anche Judith sembrava ridere e scherzare come una dolce e ingenua fanciulla di alto rango, lieta e quasi un po’ viziosa.
La tentazione era ovunque, ne sentiva il respiro caldo lambirgli la nuca, senza lasciargli tregua.
Che cosa lo tentava, esattamente?
Le curve delle donne che si muovevano? I sorrisi? Quegli atteggiamenti sfrontati, irriverenti e liberi da ogni costrizione? Le voci soffuse che giungevano come belle e melodiose ninna nanne alle sue orecchie? Il focolare acceso che esaltava ogni figura e delineava ombre magnetiche sul terreno? Il cibo e i dolciumi in abbondanza? Il vino che pareva non bastare mai e aumentare, invece di diminuire? I vestiti troppo belli, troppo eleganti e capaci di aderire a quei corpi, di avvolgerli ed esaltarli? Mille profumi diversi che penetravano nelle sue narici impudenti?
Cominciò ad avere paura, ad avere davvero paura di cedere, per la prima volta.
Sentì la necessità di allontanarsi, ma non lo fece.
Rimase lì dov’era, ad ammirare tutto ciò che lo circondava con avidità.
- Vi state divertendo, padre?
La voce di Heloisa giunse alle sue orecchie ovattata, molto gradita.
Si voltò verso di lei, notando le sue guance rosse.
- Sì, Heloisa, molto.
- Ne sono felice – sorrise, con i ricci che si muovevano ribelli ovunque, e il seno prosperoso che, improvvisamente, sembrava esser diventato ancor più morbido e grande agli occhi di padre Craig.
Distolse lo sguardo come scottato.
- Dov’è Blake? – domandò cercandolo con gli occhi.
- Non lo so – rispose ella prendendo il bicchiere per bere qualche altro sorso di vino. – Volete raggiungerlo?
- Mi piacerebbe, sì.
- Sembra abbiate quasi paura di rimanere solo senza di lui – disse Heloisa, non lasciando trapelare alcuna accusa o provocazione.
Padre Craig le accennò un sorriso incerto e si alzò, immergendosi tra la folla di persone in piedi, intente a ballare, a ridere e ad allietarsi con chiacchiere intorno al focolare.
 Non appena individuò il profilo di Blake, intento a parlare allegramente con due ragazze, gli si accostò.
- Oh, padre, eccovi qui – lo salutò il ragazzo quando si accorse della sua vicinanza. – Vi stavate annoiando? Spero di no.
- Tutt’altro.
- Allora come mai siete venuto a cercarmi con quello sguardo spaesato? – gli domandò sorridendogli quasi premuroso.
- Non lo so, credo di aver bevuto troppo e di voler tornare a casa. Ioan sta bene?
- Sì, l’ho fatto addormentare prima di tornare qui. Sì, so che mi sono perso il rito dello specchio.
- Già, un vero peccato, è stato molto bello.
- Mi rifarò tra poco.
- Che cosa intendete? – gli domandò confuso padre Craig.
- Tra poco inizieranno i veri festeggiamenti della nottata.
Ci sottoporremo tutti al “gioco” dello specchio – lo informò.
- Dite davvero?
- Ovviamente non in modo serio e ufficioso come gli sposi, ma per puro divertimento.
Credetemi, riuscirete a lasciarvi andare anche voi, non appena inizieremo.
Non vi è alcun obbligo di non sbagliare le mosse del compagno, per lo specchio, dato che siamo quasi tutti sconosciuti e le coppie saranno totalmente casuali. Inoltre, come potremmo essere accurati nell’imitazione con i sensi annebbiati? – lo rassicurò Blake sorridendo ancora con leggerezza.
- Io non credo di voler partecipare.
- Avanti, padre, è solo un gioco.
- Sì, padre, dovreste partecipare! – si aggregò a Blake anche Rolland poggiando pesantemente una mano sulla spalla del giovane prete, sorridendogli cordiale. – Non vi ricapiterà di divertirvi e svagarvi a questo modo con la vita che siete solito condurre, specialmente ad Armelle.
- Cos’è che vi angustia tanto? – gli domandò una delle ragazze unitasi alla conversazione.
- Nulla, solamente il fatto che i miei voti mi impongono di non posare gli occhi sul corpo di una donna troppo a lungo, neanche se si tratta di un gioco. Non voglio ignorare con tal leggerezza i miei doveri – disse cercando di far risultare la sua voce quanto più decisa possibile, e di ignorare i potenti giramenti di testa.
- Siete incredibilmente ligio, padre – gli disse improvvisamente Judith quasi in tono di rimprovero, avvicinandoglisi a sua volta. – Partecipare ad un gioco non vi renderà un peccatore, credo lo sappiate bene anche voi. Se il problema consiste nel guardare troppo a lungo il corpo femminile, potete sempre fare coppia con un uomo. Sarà meno divertente, certo, ma almeno potrete partecipare e provare l’ebbrezza – lo incoraggiò con semplicità la ragazza.
- Certo, sarebbe una bella idea, padre, che ne dite? Non ne posso più di vedere quel cipiglio affranto e tirato su quel vostro volto ancora giovane! – esclamò Rolland sorridendogli affabile. – Farò io coppia con voi, così non dovrete approcciarvi ad uno sconosciuto, in modo che nulla vi metterà in alcun modo a disagio.
- D’accordo – acconsentì il giovane prete, non vedendo nulla di male in quella proposta.
Nonostante i buoni propositi, non appena iniziarono il primo turno e le varie coppie di partecipanti si alzarono e si disposero distanziate davanti e intorno al focolare, le vertigini causate dal vino divennero talmente insopportabili da far piombare padre Craig a terra come un frutto maturo, con la pancia dolorante e la testa troppo leggera per sentirsela ancora sua.
Non era abituato a bere vino, né tanto meno a berne in tali quantità.
Rolland rise nel vederlo in quello stato, dopo neanche due minuti che avevano iniziato il gioco e in cui padre Craig si trovava ad essere il suo specchio, dopo di che lo aiutò a rialzarsi e lo riaccompagnò a sedersi, sotto lo sguardo divertito di Blake, seduto accanto ad un’altra presenza che il giovane prete non aveva notato prima.
Ella doveva essere una delle sue amiche con il quale aveva già conversato durante i lunghi festeggiamenti, tuttavia, sembrava essere in atteggiamenti molto più intimi e confidenziali con il ragazzo rispetto agli altri.
Quando Rolland lo mise a sedere accanto a Blake, quasi fosse un bambino, i penetranti occhi smeraldini contornati da uno spesso strato di trucco nero della giovane donna lo intercettarono, sorridendo a loro volta per il suo stato malconcio.
- Tienilo d’occhio per un po’, non vorrei ripiombi a terra e ci rimanga per il resto della nottata – si raccomandò Rolland con suo figlio, ridendo ancora, per poi allontanarsi.
- A quanto pare, non siete affatto avvezzo alle gioie e ai dolori degli effetti del vino, padre – commentò la sconosciuta, mentre lasciava scivolare la testa con i capelli neri e sciolti sulla spalla di Blake, seduto e totalmente rilassato, intento ad osservare le varie coppie portare avanti il gioco.
- Stanno reggendo per parecchi minuti – commentò il ragazzo lievemente sorpreso.
- L’anno scorso noi due siamo durati quasi dieci minuti, lo ricordi? – domandò ella alzando il viso per guardarlo, restandogli tanto vicino da far sfiorare il naso con la sua guancia.
- Sì, che lo ricordo – le rispose Blake voltandosi di qualche centimetro verso di lei, sorridendole mentre le loro labbra si sfioravano.
Padre Craig distolse immediatamente lo sguardo.
- Il tuo ospite è turbato – commentò ella, facendo virare fugacemente gli occhi verso la figura quasi tremante di padre Craig.
A ciò, anche Blake distolse l’attenzione, portandola sul giovane prete. – Forse dovrei davvero portarlo a casa. Non pensavo che qualche bicchiere in più lo riducesse totalmente uno straccio. Credevo che almeno oggi si stesse divertendo – commentò, per poi rivolgersi al diretto interessato. – Padre? Vi sentite bene? Se dovete vomitare avvertitemi prima, d’accordo?
Padre Craig annuì, voltandosi verso di lui. – Posso restare, Blake. Non dovete rovinarvi la festa per me. A breve mi riprenderò.
- Ne siete sicuro?
- Sì, sicurissimo. Voi non partecipate al gioco?
- Ho partecipato sin troppe volte al gioco dello specchio, padre – gli rispose, riportando gli occhi blu sulle coppie ancora intente a portare avanti quel primo turno.
La potente e ripetitiva musica emessa dagli archi e dai tamburi risuonava nelle loro orecchie come una litania sacra.
- Questo non vuol certo dire che non parteciperai anche stavolta – lo canzonò ella.
- Perché non giochi tu, piuttosto? – ribatté Blake.
- Vedremo. Prima voglio vedere giocare te - disse la ragazza, per poi portare lo sguardo sulle coppie, intente a sciogliersi e a tornare a sedersi, a ballare o a dilettarsi in altro modo, mentre si alzavano in piedi coloro che avrebbero partecipato al secondo turno.
- Avanti, bado io al tuo prestigioso e malconcio ospite – lo spronò ella spingendolo con le mani per farlo alzare. – Osserverò da qui e non mi perderò una singola mossa – aggiunse sorridendogli, mentre lo vedeva arrendersi e obbedirle.
- Restate seduto, padre – si raccomandò Blake, con la voce macchiata da una nota divertita, per poi dirigersi verso il focolare, dove oramai la maggior parte delle coppie erano formate.
Solo una ragazza era rimasta senza compagno, quasi come fosse in attesa.
I due si guardarono, complici.
- Sono rimasta senza compagno – gli disse lei, sottolineando l’ovvio.
- Dunque, siamo costretti a fare coppia – rispose lui ponendosi dinnanzi ad ella.
- Arley Judith.
- Even Blake.
 - Siete pronto? Ricordate le regole?
- Ovviamente: nessun movimento oltre la superficie dello specchio, i corpi non si toccano se non sulla superficie.
- Accurato e lucido più di quanto lo sia io, bene. L’unica richiesta che mi sento di farvi è di avere pietà di me.
- Non mi è mai interessato vincere a questo gioco, Judith.
- Io, invece, sono molto competitiva.
Blake le sorrise. – A voi l’onore – le disse.
- In realtà, preferirei lasciarlo a voi, se per voi va bene. Mi piace iniziare facendo lo specchio.
- Nessun problema – le rispose, allontanandosi di un passo da lei per decretare l’inizio del gioco.
La ragazza dagli occhi smeraldini affilò lo sguardo mentre osservava i due. – Vedete, padre? Se in gioco non vi è un amore eterno, iniziano tutti muovendosi come preferiscono, senza badare alla difficoltà dell’esecuzione per l’altro.
Ogni volta è una persona diversa, una vita diversa, una luna e un cielo differenti.
Padre Craig la osservò mentre parlava, per poi riportare gli occhi su Blake e Judith.
Quest’ultima si stava facendo valere, imitando quasi alla perfezione il ragazzo dinnanzi a sé con grazia e costanza.
D’altra parte, Blake non stava cercando di metterla in difficoltà. Sembrava piuttosto incurante della difficoltà o della semplicità dei propri gesti, la guardava fissa negli occhi, non distogliendo mai lo sguardo, divertendosi nell’osservarla impegnarsi con tal precisione, seppur senza troppo sforzo.
Quando arrivò il turno di Judith lo spettacolo divenne più intenso.
La ragazza non si risparmiò, azzardando movimenti spasmodici, talvolta estremi, con un ritmo serrato e altalenante, facendo esibire Blake nella stessa turbolenta e ipnotica danza.
Quest’ultimo la imitò senza battere ciglio, fin quando non fu la stessa Judith a cessare di muoversi.
La ragazza si lasciò cadere sdraiata a terra, macchiandosi l’abito di terriccio, graffiandosi la pelle, disfandosi l’acconciatura, strisciò, si rialzò, gattonò, saltò in diverse posizioni, senza mostrare il minimo riguardo all’abito in procinto di strapparsi, del tutto inadatto a quel tipo di attività.
Judith continuò ringhiando, scalpitando, puntando le dita e i piedi nudi a terra come un animale selvaggio, ponendosi in posizione di attacco, mentre Blake la imitava senza risparmiarsi a sua volta.
Padre Craig pensò che fossero entrambi molto competitivi mentre li osservava assuefatto da loro.
Al termine del turno, Judith concluse colpendosi con vigorosi e violenti pugni il ventre, simulando l’atto di pugnalarsi; dopo di che, “pugnalò” la superficie immaginaria dello specchio, nell’esatto momento in cui lo fece anche il suo riflesso del sesso opposto.
Continuarono a guardarsi per alcuni secondi al termine del gioco, oramai in sintonia, come se riuscissero a comunicare tra loro solo tramite gli occhi, pensò padre Craig.
In quel momento, la sua attenzione ritornò sulla ragazza seduta accanto a lui. – Qual è il vostro nome? – trovò la forza di chiederle.
Ella, in risposta, sorrise incurante, senza guardarlo.
Da quel momento in poi, i suoi ricordi della nottata divennero molto soffusi.
Dinnanzi ai suoi occhi continuarono a comparire immagini sovrapposte tra loro, visioni confuse che aveva avuto durante la serata, soffuse e distorte dalla sua mente deviata da mille insidie diverse.
- Si dice che ognuno di noi possieda una persona identica a sé ma del sesso opposto, al mondo.
Si dice anche che, qualcuno, abbia la fortuna di trovarla.
Non vi piacerebbe, padre?
Non vi piacerebbe conoscere una donna uguale a voi?
Quella voce melliflua e incantatrice, troppo somigliante a quella della ragazza dagli occhi di smeraldo, gli invase i timpani con veemenza, mentre tutto intorno a lui assumeva una consistenza liquida, priva di solidità.
Aveva bisogno di ritrovare la terra su cui poggiare i piedi.
Aveva bisogno di aggrapparsi a delle presenze conosciute, rassicuranti.
Nel caos corporeo e mentale in cui galleggiava, cercò con lo sguardo Blake o Judith, sperando di scorgere almeno uno dei due.
Ma non li vide.
Udì delle voci, urla, rumori di varia natura, parole sconosciute pronunciate ad alta voce, rivolte al cielo, al fuoco, alla luna.
Sentì, percepì il proprio corpo imboccare una strada propria, senza prestargli ascolto.
Un corpo che non gli apparteneva.
Un corpo che non riconobbe come il proprio.
Poi, il vuoto.
Solo uno spiraglio di luce prima di piombare nel buio più totalizzante.
 
La mattina seguente si risvegliò nel proprio letto, nella camera che lo ospitava nell’abitazione di Rolland.
L’ultimo ricordo impresso quantomeno nitidamente nella sua memoria era il sorriso vizioso e mellifluo della ragazza dagli occhi verdi e i capelli d’ebano, poco dopo che le avesse chiesto il suo nome.
Padre Craig alzò la testa dolorante, tenendosi la tempia con il palmo della mano, mentre batteva le palpebre più volte per mettere a fuoco la stanza, ben illuminata dalla luce del sole di tarda mattinata.
Si tolse le coperte di lino calde e morbide e scese dal letto, dirigendosi verso il piccolo specchio tondo presente della stanza.
Il suo aspetto era un disastro: i sottili ciuffi di capelli ramati erano spettinati in ogni angolo della testa, puntando in ogni direzione, gli occhi semi addormentati e stremati sembravano ancor più piccoli del solito, la gola arida faceva assumere alle sue labbra schiuse la forma della bocca di un pesce, mentre il colorito solitamente pallido, ora sembrava quello di un cadavere riesumato.
Stranamente, tuttavia, fu grato di vedere la propria immagine riflessa su quello specchio.
Per qualche motivo, sentì di essere tanto grato a Dio per ciò, da desiderare di dirigersi nella cattedrale per pregarlo.
Tirò un sospiro e uscì dalla stanza, dirigendosi verso la cucina, trovandovi inaspettatamente Blake, seduto da solo su una delle sedie intorno al tavolo, con la testa poggiata alla mano.
Da quella prospettiva, padre Craig non riuscì a vedere altro che la folta capigliatura scompigliata ricadergli sulla mano e le sue spalle rilassate, poichè il volto del ragazzo era rivolto verso la finestra dinnanzi a sé.
Si avvicinò a lui senza fare rumore, inspiegabilmente rincuorato alla sola vista di Blake in casa, vivo e vegeto, sorprendendosi di come, quella mattina, si meravigliasse di tutto e si sentisse in dovere di ringraziare Dio anche per le banalità più scontate.
- Blake? – attirò la sua attenzione avvicinandosi al tavolo e osservando il suo sguardo perso, distratto, con gli occhi puntati nel vuoto della finestra.
A tal richiamo, il ragazzo si voltò di poco per guardarlo e gli accennò un lieve sorriso stanco. – Ben svegliato, padre. Volete mangiare qualcosa? – gli domandò alzandosi in piedi, dirigendosi verso la cucina e versando un po’ di infuso dentro una tazza, per poi porgerla al giovane prete, già seduto su una delle sedie.
- Dove sono vostra madre, vostro padre e Ioan?
- Ioan dorme ancora, mio padre è alla galleria, mentre mia madre è andata a raccogliere della frutta.
Avevano bisogno di schiarirsi le idee – gli rispose lapidario, riprendendo posto sulla sedia.
- Blake … - lo richiamò dopo aver bevuto un sorso di infuso caldo. – Cosa è accaduto ieri notte?
- Come vi sentite? – gli domandò Blake, senza rispondergli.
- Un po’ dolorante. Ho male alla schiena, alle gambe, alla testa e al collo. Vorrei comprendere cosa è accaduto, poiché non riesco a ricordare nulla. Voi ricordate qualcosa? – lo spronò fissando lo sguardo spento e apparentemente turbato del ragazzo.
- Chiamerò la massaggiatrice che vive a tre case da qui più tardi, risolverà lei il vostro mal di schiena.
- Blake, voi ricordate cosa ci è accaduto ieri notte? – insistette il giovane prete.
- No, non lo ricordo – gli rispose guardandolo negli occhi. – Fareste meglio a riposare ora. Mangiate qualcosa e rimettetevi a letto. Al pranzo penserà mia madre quando tornerà.
Padre Craig lo scrutò ancora, esaminandolo, scorgendo diversi graffi di varie grandezze non indifferenti cosparsi sulle sue porzioni di pelle scoperta, sui polsi, sulle mani e alla base del collo.
- Come ve li siete procurati quelli? – domandò fissando quelle ferite superficiali.
A ciò, Blake si alzò e si diresse verso il suo mantello appeso, prendendolo e infilandoselo, mentre si adoperava a coprire meglio i polsi con le maniche della maglia. – Devo essere caduto in un cespuglio di spine, suppongo. Forse di rose.
- Dove andate?
- Alla galleria ad aiutare mio padre. A più tardi – disse il ragazzo uscendo di casa e incamminandosi verso le cattedrali, con le mani sepolte nelle tasche dei pantaloni pesanti.
Abbassò il volto assorto e inquieto, rigirandosi tra le dita il biglietto che aveva trovato quella mattina davanti alla porta di casa. Lo tirò fuori dalla tasca e lo aprì, rileggendo il contenuto e il mittente.
“Dobbiamo parlare.
Arley Judith”
Ripensò al conturbante risveglio di quella notte mentre continuava a camminare verso la sua meta.
Era notte fonda quando i suoi occhi si erano riaperti nel proprio corpo.
Un dolore lancinante gli invadeva le membra, dal collo ai piedi.
Ignorando il dolore esterno e quello interno alla testa, poggiò le mani sull’erba umida di condensa, alzando  metà busto da terra, guardandosi intorno, nonostante la vista appannata.
Il suo corpo era un bagno di sangue, così come i suoi vestiti, alcuni semi sfilati.
Il terrore lo invase, con la stessa velocità con la quale si accorse di avere una presenza addosso a lui, anch’ella in stato semicosciente e quasi nuda.
Aguzzò la vista e le spostò le lunghe ciocche corvine che le coprivano il viso, riconoscendola.
- Beitris … Beitris! – la richiamò scuotendola, continuando a guardarsi intorno mentre respirava affannosamente.
A distanze varie, stesi sul prato, vi erano decine e decine di persone svenute a terra, ridotte nel loro stesso stato.
La ragazza si svegliò dopo diversi richiami, aprendo a fatica gli occhi verdi, lamentandosi e strofinandosi il volto con estrema lentezza, i riflessi rallentati come i suoi.
Notò che anch’ella fosse sporca di sangue e sperò che ciò fosse solo dovuto al fatto che avesse dormito poggiata a lui.
- Ricordi qualcosa? – le domandò Blake continuando a guardarsi intorno, in cerca di qualche volto conosciuto.
- Blake, sei cosparso di sangue. Hai bisogno di pulirti – disse lei con la voce tremante per le sue nudità esposte al freddo notturno.
Blake fece lo sforzo titanico di alzarsi in piedi e di muovere qualche passo per cercare i suoi genitori e padre Craig.
Quest’ultimo lo trovò poco distante da loro, con il corpo incosciente richiuso su se stesso, totalmente nudo.
Dopo di che, scorse sua madre a diversi metri di distanza, in procinto di risvegliarsi anch’ella.
Di suo padre nessuna traccia.
Solo dopo diversi minuti intravide un corpo in una grotta parecchio lontana dal punto in cui avevano perso coscienza la maggior parte degli invitati al matrimonio.
Quando si accinse ad entrare insieme a Beitris per controllare chi fosse e in che condizioni si trovasse, sgranò gli occhi nel riconoscere la sagoma di Judith, totalmente bagnata, tremante, ma con ancora gli abiti addosso.
La ragazza, avente appena ripreso conoscenza, lo guardò stralunata.
Dopo ciò, ognuno di loro aveva ripreso la via di casa, trasportando anche coloro ancora svenuti alle loro abitazioni.
 
 
 
 
 
   
 
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