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Autore: BellaLuna    12/07/2020    1 recensioni
[ Skam Italia ] [ Edoardo POV ] [ Incantava ]
Natale 2019. Edoardo ritorna dall'America portandosi dietro un segreto doloroso e una promessa stretta sotto la pioggia battente quando era solo un bambino. Una promessa che ha a che fare con New York e che non può rivelare a Eleonora. Grazie a un bizzarro gioco del destino (altrimenti conosciuto come Filippo Sava), stavolta a tenerlo a distanza dai fantasmi del suo passato ci penserà il neonato gruppo musicale dei "Contrabbandieri di Porri" o di "Luchini", questo particolare non è ancora stato deciso.
[Questa storia partecipa alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul Forum di EFP e alla "Seasons Die One After Another Challenge Edition!" indetta da Laila_Dahl sul forum di EFP. Inoltre, il Capitolo Quattro si è classificato Sesto al Contest "A Christmas Novel" indetto da Pampa313 sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edoardo Incanti, Eleonora Sava, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Tre

§

Il Seggio Vacante
(50/9 Things you were afraid to say and that you didn’t say at all)

 
 
 



Il pomeriggio successivo, mentre si trova nel seminterrato ad aspettare l’arrivo dei ragazzi, Ele lo trova seduto al posto del batterista a suonare con le bacchette il vecchio motivetto di una vecchia canzone.
<< Non sapevo suonassi anche la batteria! >> gli dice, sorpresa, ed esita ad entrare come se quel posto, o forse lui, le facesse paura.
Ele ha un’anima sensibile, e forse per questo è in grado di avvertire ciò che un tempo avveniva in quella stanza, in quello studio musicale dove sua madre era solita gettare sudore e sangue a esercitarsi sul pianoforte e a comporre musica che ora nessuno sembra ascoltare più.
<< So fare solo questo...>> le risponde, picchiando un’ultima volta la bacchetta sul piatto, prima di abbassare lo sguardo e rigirarsele entrambe fra le dita. Sono più leggere di quanto ricordava ma, dall’altra parte, l’ultima volta che le aveva impugnate non aveva nemmeno undici anni. È passato molto tempo.
<< Chi te lo ha insegnato? >> Ele si fa spazio a piccoli passi nel tortuoso e oscuro sentiero del suo passato. Avanza piano e con cautela perché sa, (certo che lo sa), che è un viaggio pieno di trappole e insidie e spettri che infestano castelli di ghiaccio.
Il passato di Edo è una palude infetta e un labirinto insieme, pieno di segreti e bugie e persone che preferiscono fuggire o ergere muri intorno a sé, anziché affrontare e risolvere i problemi. E tutte le strade, alla fine, conducono dentro un mausoleo di marno e madre perla, che di certo non è la meta che Ele spera di scorgere al traguardo.
<< Un vecchio amico >> le risponde, scrollando le spalle e provando a scacciare dalla mente il ricordo di un pomeriggio lontano in cui si era seduto in un angolo di quella sala insieme a sua madre, ascoltando Yuri che suonava la batteria per loro.
(“E io che pensavo fosse il classico avvocato noioso!”
“E invece ha l’animo di un vero rocker! Pensa, una volta, quando aveva ancora tutti i capelli in testa, portava persino un sacco di piercing alle orecchie e aveva un look da strafigo!”
“Ma dai!”
“Sapete che posso sentirvi, non è vero?” 
“È forte!”
“Chi, Yuri? No, ... lui è super forte!”)
<< Lo conosco? >> la voce di Ele lo riporta al presente, all’odore di chiuso e di vecchio che impregna la stanza, al sedile vuoto del pianoforte dove un tempo era solita sedersi sua madre.
Edo si allontana dalla batteria, (la batteria di Yuri), e ripone le bacchette al suo posto, in una delle mensole delle librerie a muro in cui sono riposti e classificati tutti gli spartiti, prima di avanzare, con un sorriso un po' tirato sulle labbra, verso Eleonora.
<< No. Non lo vedo, né lo sento da un bel po' di tempo, ormai. >>
A Yuri non era piaciuta la storia delle risse, (“Sai a che cosa sono dovuti i tuoi scatti di rabbia, non è vero?”), non era piaciuta l’idea della Cornell, (“New York è solo un’altra Londra, Edo.”), così come non gli era mai piaciuta l’idea che lui potesse allontanarsi da Roma e dalle uniche persone che gli erano rimaste sempre accanto, i suoi amici, (“Se continui a lasciare indietro le persone che ami, allora non sei diverso da Taki Incanti.”).
Ciò che Yuri non ha mai capito, però, riguardo a New York, e forse persino riguardo ad Anna, è che l’America non ha nulla a che vedere con il passato che tutti loro condividono, e che, al massimo, si trattava di un capitolo della loro vita che per troppo tempo era rimasto incompleto e che adesso necessitava di essere concluso una volta per tutte, altrimenti, nessuno di loro sarebbe mai davvero riuscito ad andare avanti, altrimenti, i fantasmi che ancora li perseguitano non se ne andranno mai.
<< Capito...>> gli viene incontro Ele, passandogli un braccio dietro la schiena, abbracciandolo come per evitare di vederlo sprofondare ancora di più nei suoi pensieri.
Nessuno di loro ne parla, ma Edo sa che Ele capisce, che riesce a percepire quanto essere risceso là sotto lo abbia fatto soffrire, abbia riaperto ferite ancora infette che bruciano come veleno nelle vene.
Ed Edo vorrebbe parlargliene, davvero, lui lo vorrebbe. Ma poi la guarda, - così pura, così bella, così delicata la sua Eleonora – e ripete a se stesso “forse un’altra volta, forse in un altro momento”... e così si tira indietro, (“Codardo!”), ed Ele aspetta. Paziente, lei aspetta. Forse chiedendosi perché lui, dopo sei mesi di relazione stabile, ancora non abbia trovato la forza di farle quella confessione, di renderla partecipe di quel racconto.
Una volta, durante uno dei suoi tanti hangover, Ginevra gli aveva detto che quelli come loro finivano sempre per diventare distruttivi sia per gli altri che per loro stessi, e forse è per questo che Edo evita di parlare, forse è per questo che non riesce ancora ad aprirsi, (a fidarsi).
Sa per certo che non vuole distruggere né se stesso né tanto meno Ele, e forse questo è anche uno dei motivi per cui non è ancora riuscito a dirle “ti amo”.
Lo ha detto una volta, quando aveva sedici anni e combatteva una guerra fredda con suo padre e suo fratello, e quell’amore aveva finito per fargli più male che altro.
Anche se non vuole ammetterlo nemmeno a se stesso, Edo sa che c’è ancora un po' di Miki in quel “ti amo”, e non è ancora sicuro di essere pronto a lasciarlo andare.
Quando stavano insieme, era stata Miki a dirglielo per prima (perché lei era coraggiosa e lui no), e sempre Miki gli aveva sorriso e lo aveva stretto forte-forte contro il suo corpo snello e flessuoso quando, mesi dopo, lui era finalmente riuscito a dirlo anche a lei.
“Mi sono innamorato di Miki”, aveva confessato a Yuri prima che a chiunque altro – persino prima di Fede! -, perché Yuri era la persona di cui si fidava di più, Yuri era la persona che Edo sperava, (e forse lo spera tuttora), di diventare da grande, magari testa pelata a parte.   
Se chiude gli occhi, Edo può ancora rivedere il sorriso sornione che Yuri, seduto sul molo di Fiumicino al tramonto, aveva cercato di nascondere portandosi la sigaretta alle labbra.
“Ne sono contento...”, gli aveva risposto qualche secondo dopo, di nuovo serio e indecifrabile come sempre, ed Edo aveva temuto che ci fosse rimasto male, che pensasse che lui non andava affatto bene per Miki, che... ma poi la sua mano gigante era calata a scompigliargli i capelli ed Edo aveva lasciato andare un respiro che nemmeno si era reso conto di star trattenendo.
“Vedi di comportarti bene con lei!” il sorriso sornione era ritornato a danzare sulle labbra di Yuri quando si era alzato in piedi per scrollarsi la sabbia dai pantaloni “Mi piace quella ragazza!”
Miki piaceva a tutti, ma detta da Yuri quella verità aveva un suono diverso (Yuri era forse la persona più gentile e buona che avesse mai messo piede sulla Terra, certo, ma erano pochi quelli che davvero riuscivano a conquistarlo), un suono che aveva fatto sentire il sedicenne Edoardo Incanti come il ragazzo più fortunato sulla faccia del pianeta e al tempo stesso quello che più a rischio.
Infatti, una delle sue più grandi insicurezze riguardava proprio il motivo per cui, fra i tanti, Miki avesse scelto proprio uno scapestrato come lui, uno che se ne stava sempre con il muso e l’aria indolente a mettere un freno alle follie dei suoi amici prima che quest’ultimi scatenassero l’apocalisse sulla Terra.
Quando, per togliersi il dente avvelenato, lo aveva chiesto direttamente a Miki, lei aveva riso, sedendosi a cavalcioni su di lui e afferrandogli il viso fra le mani: “Edoardo Incanti, tu sarai pure una qualche sorta di genio, ma alle volte riesci davvero a perderti in un bicchiere d’acqua! Non c’è bisogno di un motivo per amare qualcuno, sciocchino. Io ti amo perché sei tu, e basta.”
Ele non poteva sapere di Miki, se solo lo avesse saputo lei...
(“Se sei a New York City”, gli aveva detto Anna per telefono, con il suo solito fare enigmatico, “Allora dovresti fare un salto in un locale che si chiama Sweet Poison.”
“Sweet Poison? Ma che nome di merda è?”
“Si trova fra la venticinquesima e la sette. Suonano dal vivo.”
“Come ai vecchi tempi, eh?”
“Come ai vecchi tempi, villa boy.”)
Anna. Anna era riuscita a fargliela sotto il naso come sempre. Persino a New York. Persino adesso.
<< Edo hai sentito una parola di quello che ti ho appena detto?! >>
Con dispiacere, Edo si ritrova a scuotere il capo e a scusarsi con Ele, mentre impone a se stesso di cacciare a forza via dalla sua mente sia la sua conversazione telefonica con Anna, che la sua ultima notte a New York City.
<< Ti ho chiesto quanto sinceramente credi siano bravi i ragazzi.>>
Edo si passa una mano fra i capelli ed evita lo sguardo adesso un po' imbronciato della sua ragazza. Non le piace quando lui si perde fra i suoi pensieri e la ignora. Non dopo che hanno passato così tanto tempo senza vedersi.
<< Giovanni non se la cava male con la chitarra, ed Elia ha una bella voce.>>
<< Questa non è una risposta alla mia domanda.>>
<< Ho sentito di peggio.>>
<< Adesso sei cattivo.>>
<< È una questione di allenamento e preparazione. Loro ne hanno poca.>>
<< Ma possono migliorare, no? Ci tengono così tanto! >>
Edo la stringe più forte contro di sé e le deposita un bacio sul capo, pensando che non esiste al mondo ragazza più empatica di Eleonora Francesca Sava.
<< Sì, certo.>>
<< Novità su un possibile batterista? >>
<< Ho dato a Luca i numeri di quelli che conoscevo.>>
<< Perché non provi a chiamarli anche tu? >>
<< Perché è Colosio il loro manager, mica io.>>
<< Ma tu hai più esperienze in queste cose, no? >>
Edo scrolla le spalle e finge di trovare interessante il finto parquet che riveste il pavimento della sala prove.
<< Non sono mai stato in una band.>> le risponde, incerto se aggiungere un “beh, non proprio”, che alla fine decide di tenere per sé.
<< Ma i tuoi genitori sì, però. Mi hai detto che è così che si sono conosciuti.>>
Oh, Ele. Cara, dolce, ingenua Ele. Se solo le cose fossero state davvero così semplici. Se solo lui potesse davvero raccontarle la storia a lieto fine che lei si aspetta di sentire.
L’estate prima che lui partisse per New York, Ele gli aveva chiesto chi fosse stato a insegnargli a suonare la chitarra e, prendendola totalmente alla sprovvista, (forse Ele era convinta che fosse stata sua madre a insegnarglielo, o che avesse imparato da solo proprio come i protagonisti belli e tenebrosi dei film), le aveva rivelato che era stato suo padre a fargli da maestro.
Era stato suo padre, quando Edo aveva appena otto anni, a fargli conoscere la vecchia Nyx e a promettergli che un giorno sarebbe diventata sua, in quella che adesso gli sembra essere una vita fa, l’infanzia di un altro bambino.
(“Taki Incanti ama solo Taki Incanti” erano le parole che Anna soleva spesso ricordargli quando abitavano insieme a Londra, parole che una volta Yuri, pur non smentendole, aveva corretto aggiungendo: “l’unica eccezione era Livia. Tua madre.”)
Dopo quella rivelazione, Ele si era fatta più audace e gli aveva chiesto se anche suo padre sapesse cantare bene come lui.
Edo aveva scosso la testa e le aveva detto che era sua madre, la cantante.
“È così che è successo...” si era lasciato sfuggire, pensando a un altro Edoardo e ai suoi genitori.
“Vuoi dire... che è così che si sono messi insieme? Perché suonavano insieme?”
A quel punto, Edo si era limitato ad annuire e in fondo non si trattava nemmeno di una bugia.
C’era stato davvero un tempo in cui dei ragazzini appassionati di musica si erano ritrovati a suonare e a cantare insieme. C’era stato davvero un tempo in cui una canzone era stata scritta da un chitarrista e cantata dalla bella voce di Livia... solo che...
Il suono del campanello interrompe il flusso dei ricordi, insieme al suo abbraccio con Eleonora, che gli lancia un ultimo sguardo carico di apprensione prima di iniziare a salire i gradini per andare ad aprire agli ospiti appena arrivati.
Edo lancia un’ultima occhiata alle sue spalle, al sedile del pianoforte e a quello della batteria ora entrambi vacanti e messi in disparte, prima di seguirla.
 
 



FINE#3
   
  



N/A: eccoci arrivati alla fine del terzo capitolo, dove i ricordi di Edoardo ci svelano qualcosina in più sul personaggio di Yuri, uno dei personaggi OC che saranno più presenti all’interno della storia.
I Prompt che ho usato in questo capitolo sono due: 50 (Things you were afraid to say) e 9 (Things you didn’t say at all).
Che ne pensate di questi nuovi personaggi che sto man mano aggiungendo al passato di Edo? Vi stanno piacendo? Li state odiando? Sono curiosa di saperlo! *-*
Come sempre, spero che la mia storia vi stia piacevolmente intrattenendo e che mi farete avere presto una vostra opinione a riguardo :)
Alla prossima,
BellaLuna
  
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