34.
Fa bei sogni.
E’
finalmente sabato.
Gran
parte della classe sarebbe tornata a casa propria, forse tutti pur d’evitare
ancora la pesantezza di quello che stava succedendo. Lui l’avrebbe fatto, con tutto
l’affetto e la voglia di aiutare i suoi amici che poteva avere –e non ne aveva
molta neanche da giovane.
Con
un po’ di fortuna e con così pochi studenti nel dormitorio, forse sarebbe stato
tutto tranquillo per un po’.
Forse
avrebbe potuto rilassarsi anche lui, per bene.
Ne
ha fortemente bisogno.
Forse
più tardi avrebbe potuto passare nel dormitorio degli studenti, giusto per
controllare chi è andato via. Ha ricevuto le richieste, ovviamente, come ogni
fine settimana. Ma è stato un mese così infinitamente lungo, e quell’ultima
settimana così infinita e carica, che non se lo ricorda.
Di
solito, anche Ojiro torna a casa tutti i weekend, per altro, e anche Yaoyorozu.
Doveva essere duro per loro che non vedevano né sentivano i propri cari ormai
da troppo tempo.
E’
suo compito andare a controllare come stavano, anche se lui non è certo bravo
in quelle cose.
Fa
l’insegnante, non lo psicologo.
Fra
l’altro, un insegnante con una pessima reputazione alle spalle.
Quindi,
non crede che qualcuno si sarebbe stupito se non fosse stato poi granché in
grado di tenere a bada gli stati d’animo depressivi e scoraggianti, dei suoi
studenti, tanto più che non c’entrava niente neanche il lato tecnico, l’unico
in cui si sentiva in grado di mettere le mani.
Per
quelle cose c’erano Midnight. Massimo Present Mic.
Se
erano disperati potevano sempre chiedere a All Might.
A
lui no di certo.
Esce
dalla stanza tutt’altro che allegro, anche se quella mattina è stata una delle
poche volte in cui non ha avuto lezioni con la 2-A, e quindi non ha dovuto
vedere il marasma degli studenti, comunque non può dimenticarlo.
Cerca
Hizashi con gli occhi, giù nella sala comune degli insegnanti, ma non c’è.
Non
vuole nemmeno sapere che fine ha fatto.
Le
lezioni ormai dovrebbero essere finite, questo è certo, forse è ancora in sala
insegnanti.
L’unica
che vede, lì, è la piccola Eri, seduta a terra e curva sul tavolino.
Si
mette lì a fare i compiti, di solito aiutata da qualcuno di loro –Tredici o
Toshinori, il più delle volte- e si alza solo quando è sicura di aver finito
tutto, chiedendo il permesso di andare a giocare un po’.
E’
una bambina molto diligente, non si può negare.
Inizialmente,
non era molto concorde con il parere di Toshinori e del preside nel mandarla a
scuola, ma alla fine ha ceduto.
Eri
ha già sette anni, è già in ritardo rispetto agli altri bambini della prima
elementare e se non vuole che venga presa in giro e che per lei sia ancora più
difficile ambientarsi, era una buona idea mandarla subito a scuola.
L’unica
cosa di cui aveva paura, e che teme ancora un po’, è che possa perdere il
controllo del suo potere. Sarebbe un disastro e, anche se è migliorata
nell’autocontrollo personale, lui stesso non ha ancora trovato un modo per
insegnarle a gestirlo.
Dopotutto,
il suo potere ha effetto solo sugli esseri viventi. E chi mai poteva voler
essere una cavia, seppur con tutte le migliori intenzioni del mondo, di un
potere che poteva farti sparire completamente?
Ma
ci ha rimuginato troppo, su quella storia, perché a due mesi e mezzo
dall’inizio dell’anno Eri è serena, non è mai tornata in dormitorio di cattivo
umore o in lacrime, l’accompagna lui tutte le mattine a scuola e la va a
riprendere e anche quando la lascia, gli sembra contenta.
A
volte gli racconta di quello che fanno a scuola e dei suoi nuovi amici, e il
fatto che se ne stia facendo lo rasserena.
I
bambini sanno essere cattivi, e aveva paura che le cose potessero andare male.
Ma per ora non è così.
E
ne è contento, per lei.
Se
lo merita.
Eri,
nei suoi appena sette anni, ha già visto troppo il brutto del mondo.
E’
giusto che si goda un po’ di quello che c’è di bello.
“Ahm…Aizawa-san?”
Aizawa
alza gli occhi su di lei, che adesso lo sta guardando. “Dimmi, Eri.”
Eri
si alza dal pavimento, prende il quadernino rosa con i gattini in copertina che
le ha comprato lui e glielo passa, “Oggi non c’era nessuno, quindi ho fatto da
sola. Però non so se è giusto.”
“Perché
non mi hai chiamato? A differenza degli altri, ero nella mia stanza.”
“Mic-san
ha detto che dovevi riposarti un po’. E poi, ieri non stavi tanto bene.”
Aizawa
abbozza un sorriso sghembo, posando una mano sul capo di Eri per carezzarle
brevemente i capelli.
E’
una brava bambina. Pensa agli altri prima che a se stessa nonostante tutto
quello che le è successo.
“Vediamo
insieme,” le dice, sedendosi accanto a lei sul divano. Eri pare per un attimo
indecisa se rimanere lì o sedersi sulle sue ginocchia come fa sempre con
Toshinori, ma alla fine non lo fa.
Però
Aizawa le circonda le spalle con un braccio, mettendo in mezzo il quaderno in
modo che lo possano vedere entrambi.
In
verità è stata bravissima, gli errori sono pochi e non ha niente da ridirle, ma
le corregge comunque quelle poche cose errate, correggendole la scrittura.
“Sbaglio
ancora…”
“Sei
migliorata molto, invece,” la incoraggia Aizawa, “Partivi da zero, e sei a
livello degli altri bambini della tua classe.”
“Ma
sono più grande di loro…”
“Sì,
sei più matura di tutti loro. Ma non devi preoccuparti del resto. Anche la tua
calligrafia adesso è pressapoco perfetta. Non ti crucciare per questo,
Erichan,”
Eri
annuisce piano, non sembra molto convinta ma alla fine gli sorride. “Mi
impegnerò tantissimo!” esclama poi, chiudendo le manine a pugni davanti al
volto, “Sia con il mio potere che a scuola!”
“Anche
la scuola ti aiuterà con il tuo potere.”
“Davvero?”
“Certo.
Allora, hai finite tutti i compiti?”
“Sì!
Posso andare a giocare?!”
Aizawa
si limita ad annuire, ed Eri corre verso uno degli angoli della sala comune del
dormitorio dei docenti dove le hanno detto di posare i suoi giochi quando non
li usa.
In
verità non sono molti. I colori e i peluche, infatti, li ha in camera, e anche
se a volte li porta giù alla mattina poi ricorda sempre di riporli in camera
alla sera, per andare a letto.
Le
si avvicina quando vede che è tornata a sedersi al tavolino, stavolta con un
mucchio di colori davanti a sé e un foglio bianco, oltre al peluche del gatto
che le ha comprato lui sulle gambe.
“Non
dovevi andare a giocare?”
“Sto
facendo un disegno! Per Lemillion e Deku!”
“Ah.”
“Dopo
glielo possiamo portare?”
“Mh.
Togata è tornato a casa, questo weekend, ma Midoriya è in dormitorio. Quindi
sì.”
“Okay!”
Eri
sta ancora disegnando quando la voce di Mic rompe quel meraviglioso silenzio.
Avrebbe
voluto non sentirla per il resto della giornata. Ma alla fine non ha scampo.
Sapeva
che sarebbe tornato.
E
che avrebbe fatto confusione.
“SHOTA!”
Aizawa
sbuffa. Che vuole adesso? Almeno lui perché non lo lascia in pace?
“ERICHAN!”
Eri
si alza subito, contenta afferra Sushi –il gatto- che le stava camminando
affianco e corre da Mic, che le scompiglia teneramente i capelli.
Fa
un sacco di casino, è un confusionario all’ennesima potenza. Ma è inutile
negare che con i bambini ci sa fare.
Insomma, proprio perchè è allegro sa come attirare l’attenzione.
Sushi
si fa sentire, invece. A lui non piace il chiasso di Mic, gli si avvicina solo
quando c’è da mangiare o sta zitto. E poi ormai è un gatto vecchio, l’unica
cosa che vuol fare è dormire.
Eri
è costretta a metterlo a terra, e Sushi viene subito a rintanarsi sul divano
comune accanto a lui, che gli accarezza il pelo rossiccio e striato.
A
distanza, sente Mic ancora confabulare allegramente con Eri, e questa cosa gli
mette ansia.
Non
sa perché, ma ha la sensazione che non gli piacerà.
No.
“SHOTA!
Vestiti, mettiti qualcosa di decente! Stasera usciamo!”
“No.”
“Non
ha chiesto il tuo parere,” trilla la voce allegra di Midnight, “usciamo e
basta!”
“No.”
“Shota.
Ne hai bisogno.”
“Devo
ripetermi?”
“Non
hai molte alternative, Shota!”
Aizawa
sbuffa. Ecco, lo sapeva che non gli sarebbe piaciuto.
Perché
adesso volevano uscire, quei due? Va bene che è sabato, e a volte è successo
che si fermassero a bere qualcosa in qualche bar in cui lo trascinavano senza
stare troppo a chiedere il suo permesso, ma quella sera proprio no.
Dopo
tutto quello che è successo, l’unica cosa che vuole è dormire.
Per
tutto il giorno.
E’
sceso solo per Eri, o sarebbe rimasto nel suo sacco a pelo fino alla mattina
dopo.
Ha
mal di testa solo a pensare a quei due che lo portano in giro per i karaoke e poi a bere.
Perché
tanto sarebbe finito così, come sempre.
“Andate
a fare una passeggiata?”
“Oh,
sì, tesoro!” trilla Midnight, “Per te è quasi ora della nanna, ma la prossima
volta porteremo anche te!”
“Sì.
Va bene! Però, prima, Aizawa-san aveva detto che potevo dare questo a
Deku-san.”
“Certo,
Aizawa ti accompagna. Ma poi, mi raccomando, fa in modo che torni qui! Conto su
di te!”
Eri
la guarda stupita, come se non avesse ben inteso quello che stava dicendo. Di
sicuro, non ha capito che non è davvero seria, perché stringe le mani a pugno e
annuisce con enfasi due volte. “Sì!”
“Brava
piccola!”
Aizawa
sbuffa.
Adesso
aveva anche Eri contro. Ottimo.
Con
ben poca voglia, comunque, si alza e va dalla bambina, che gli da la mano e con
l’altra stringe il disegno e la letterina che ha fatto per Midoriya.
Non
ci mettono niente ad arrivare al dormitorio, e si aspetta la quiete più
assoluta e totale.
Gran
parte della classe non è presente, ma si sente che c’è Mina in giro.
Sente
confabulare e urlare, e la voce di Kirishima che deve essere rimasto per
tenerla d’occhio che le va dietro. Non vuole neanche sapere che cosa sta
dicendo. Si rifiuta di ascoltare.
Invece,
guarda i presenti, ovvero Kaminari e Shoji. Cioè, no. Sono Ojiro e Shoji,
giusto.
Shinsou
non c’è, è tornato a casa, da quello che sa.
La
faccia di Kaminari –in cui dentro c’è Ojiro- è tremenda. Fa invidia alla sua
che va in giro con la testa spaccata da giorni e non dorme da altrettanti. Le
occhiaie sono le stesse. Lo sguardo pure.
L’unica
cosa in più è il rossore soffuso, come se non stesse bene.
Non
ha mai visto la faccia di Kaminari in quello stato.
“Ojiro.”
Ojiro
alza la testa di scatto, passandosi una mano sulla faccia come se questo
potesse cancellare quello che ha già visto.
Cosa
si è perso? Si è perso qualcosa.
Non
è sicuro di volerlo sapere.
“P-professor
Aizawa…ciao, Erichan!”
Eri
li saluta con la manina ora libera dalla sua, mentre Aizawa assottiglia gli
occhi, “Stai bene?”
“Sì.
Sì, certamente.”
Ha
risposto subito, quindi Aizawa annuisce. Ma non è per nulla convinto.
Nemmeno
Ojiro lo sembra, infatti per un attimo guarda Shoji, che però non dice niente.
Si
sente osservato. Ha la sensanzione che devono dirgli qualcosa ma non lo
faranno. Dopotutto, sanno bene che non è tipo da dare consigli di genere
diverso da quello eroistico, anche se si rende conto che a volte per un ragazzo
sia ovvio cercare di chiedere un parere adulto anche per altro. Tipo l’amore o
quelle cose lì.
Ma non è lui l’adulto giusto.
“Che
cosa ci fa qui, professor Aizawa? Ha…novità?!”
“No,
mi spiace. Se ne avessi avuto, vi avrei già radunato.”
Ojiro
sospira, non se ne lamenta ma è evidentemente deluso.
Gli
dispiace, e parecchio, ma non può farci nulla. Non è in suo potere, anche se
può sembrare strano.
“Midoriya
è nella sua stanza?”
“Sì,
credo. Non lo vediamo da un po’, in verità. Da quando c’è stato…l’altro
disastro non esce spesso.”
“Non
esce spesso?”
“No,”
conferma Shoji, “Non sappiamo perché, non ci siamo premuniti di chiederglielo.”
“Ho
capito. Erichan, puoi salire nella sua stanza, va da sola.”
“Sì,”
trilla la bambina, “Torno subito,”
“Tranquilla.”
Aizawa
la guarda correre verso le scale per poi sparire. Sa che la Shield dovrebbe
essere ancora al dormitorio, non l’ha vista uscire e non sa se è con Midoriya,
ma spera abbiano una certa decenza, in caso siano insieme.
Ma
non si aspetta altro da Midoriya, in fondo. Non è sfacciato come Kaminari o
Sero, è un bravo ragazzo.
Lui
rimane lì fermo ad aspettarla, vorrebbe scappare in verità e magari andarsi a
nascondere da qualche parte, infilarsi nel sacco a pelo e rimanere lì a dormire
fino all’indomani mattina. Se non ci fosse la bambina, farebbe esattamente
questo.
Ma
ha lei di cui occuparsi e ormai viene prima di tutto il resto.
In
fondo può farcela. Ignorerà il karaoke e poi tutto il resto. Si berrà il suo
sake in santa pace e in silenzio assoluto e poi andrà a seppellirsi nella sua
stanza.
Semplice.
Niente
di più semplice.
“Ehm…Aizawa-sensei?”
“Mh…?”
si riscuote, tornando a fissare i suoi studenti.
Va
malissimo. Cosa sono quegli occhi disperati?
“Ecco…lei
pensa…che ci voglia ancora molto?”
Aizawa
stira le labbra. Bella domanda. “Non lo so, Ojiro. Non ho una risposta a
nessuna domanda relative a tutto quello che sta succedendo.”
Non
sa nemmeno perché sta succedendo. E’…un pessimo esempio per quei ragazzi, da
questo punto di vista.
Dovrebbe
prendersi cura di loro, i loro genitori glieli hanno affidati, e lui non sa
fare altro che tergiversare senza sapere come risolvere. Non solo. Non sa
neanche com’è iniziata.
E
va avanti da giorni ormai.
Si
massaggia la punta del naso, sospirando.
E’
esasperante, davvero. Gli fa di nuovo male la testa, lo sente benissimo.
Non
resisterà mai ad un karaoke.
“Ragazzi,
mi rendo conto che è complicato. Speravo in tutta sincerità che le cose si
sarebbero risolte ieri, ma…Abbiate fede. Troveremo una soluzione.”
“Sì.”
Il sorriso di Ojiro è così finto che ha quasi voglia di battergli anche lui una
pacca sulla spalla, come sta facendo Shoji.
O
forse è solo perché è strana, più che strana, quell’espressione così cupa e
amara sul volto di solito solare di Kaminari. E’ abituato a vedergli addosso
un’espressione più che altro stupida, e invece…
“Ragazzo…”
“Aizawa-san!”
La
vocina di Erichan lo interrompe, ma meglio così. Non avrebbe detto niente di
utile.
“Hai
fatto?”
“Sì.
Possiamo andare.”
Aizawa
annuisce, riprende la bambina per mano e si avvia verso l’uscita. Lei si gira
solo a salutare i presenti, che ricambiano il gesto, poi lo segue saltellando
fino al dormitorio degli insegnanti.
Hizashi
e Midnight sono ancora nel salotto comune, ma li ignora volutamente e sale fino
al primo piano, dov’è la sua stanza e accanto quello di Eri. La aiuta a mettere
il pigiama, le prepara lo sgabellino che usa sempre per arrivare al lavandino e
poi la mette a letto, rimboccandole le coperte. Sushi si sdraia accanto a lei e
Eri subito lo abbraccia.
Gatto
profittatore.
“Anche
Sushi ha sonno,” ride Eri.
Aizawa
abbozza un sorriso, “Sushi ha sempre sonno. Ormai è vecchio.”
“Quanti
anni ha?”
“Quindici,”
non ha bisogno di pensarci, per saperlo.
In
fondo, l’anno in cui hanno trovato Sushi è lo stesso in cui ha perso Shirakumo.
“Aizawa-san?”
“Mh?
Dimmi.”
“Stai
ancora male come ieri? Anche Deku-san era un po’ triste oggi.”
“Ah
sì? Eppure dovrebbe essere quello più contento,” sbiascica Aizawa, “No,
comunque. Sto bene. Non ti crucciare per queste cose.”
“Stasera
devi divertirti, così poi starai bene per forza!”
Oh
beh, e a questo come doveva rispondere? Non è decisamente abituato a tutto
quello.
In
generale, non è abituato a quella situazione. Ancora meno lo è delle dolci
attenzioni di quella bambina.
Rischia di ammorbidirsi troppo, ma con Eri è
inevitabile.
Infatti,
d’istinto le da un bacio sulla fronte, sistemandole meglio le coperte. Non lo
fa quasi mai, non è proprio sua abitudine.
“Farò
del mio meglio anche io.”
“Sì!”
Come
da programma, Aizawa si impegnò, come ha promesso ad Eri. Ma a differenza di
quello che aveva detto a lei, l’unica cosa su cui si concentrò fu di ignorare i
deliri di onnipotenza canora di Present Mic.
Hizashi
e Midnight si stanno decisamente divertendo più di lui. E di sicuro stanno
cantando più di lui.
A
due ore lì al karaoke Aizawa ha passato almeno venti minuti con il microfono in
mano, in silenzio assoluto, mentre le parole andavano avanti sullo schermo e
Hizashi cantava al posto suo.
Non
ha intenzione di spiccicare parola, e non lo fa.
Però,
accetta i bicchieri di sake che Midnight gli mette davanti di tanto in tanto,
ascolta quello che dicono e, se si tratta di parlare, a volte interviene anche.
Ma
cantare no. Quello, proprio, non può farlo.
Ormai
è anche bravo a rimanere fermo col microfono in una mano e il sake in un’altra,
così tanto che Yamada ha smesso di chiedergli di sciogliersi un po’. Anche se
teme ancora che Hizashi stia aspettando sia l’alcool a scioglierlo.
Illuso.
Anche
se non sembra, e non lo fa spesso, Aizawa regge l’alcool sicuramente meglio
dell’amico. E’ sempre stato così.
Non
lo dimostra, e Hizashi per questo i primi anni ci perdeva sempre.
Ordinava
a dismisura credendo che, tanto, sarebbe crollato prima di lui. Invece, era sempre
il contrario e, in più, era Aizawa poi che doveva trascinarselo fino a casa di
peso.
Ormai
avrebbe dovuto saperlo, ma forse perché è un anno che non lo fanno più, non
insieme –è sicuro che Hizashi sia uscito a bere spesso insieme a questa o
quella ragazza-, deve esserselo scordato.
In
verità, se c’è un motivo per il quale, in situazioni normali e in passato,
accettava sempre di uscire con loro, oltre al bere gratis perché finiva sempre
per offrire tutto un ubriachissimo Yamada, era proprio lo spasso del suo amico.
Hizashi,
infatti, regge l’alcool come lo reggerebbe un astemio alla prima volta:
assolutamente zero.
E
di solito, per questo, fa di tutto per evitare di bere.
Midnight,
però, non lascia scampo.
Ricorda
ancora la prima volta che sono andati a bere tutti e tre insieme, con anche All
Might e alcuni colleghi, all’inizio dell’anno scorso.
Per
poco Midnight non lo aveva fatto bere con la forza, ingozzandolo, mentre Yamada
cercava in tutti i modi di fuggire.
Non
c’era riuscito.
A
fine serata lui e Midnight erano completamente cotti, e lui e All Might avevano
dovuto portarli via in braccio.
Sembrava
assolutamente meschino ridere –internamente- delle disgrazie di un collega.
Ma
tant’è.
“Tutto
quello che sta succedendo alla 2-A,” trilla all’improvviso Hizashi, ormai
praticamente andato, “Sono sicuro che sia opera della 2-A.”
“Deliri
già, Yamada?”
“Ma
no, ma no!”
“Ma
sì,” ride anche Midnight, ma anche lei ormai parecchio brilla.
“Ascoltate!”
sbotta Present Mic, “E’ ovvio che sia un problema interno! Uh, singhiozzo.”
Aizawa
sghignazza, “Singhiozzo certo. Ora si dice così.”
“Zitto,
Sho! Non sai cosa dici!”
“E
tu sì!”
“Sempre!”
afferma, “Sempre. Insomma, quei ragazzi sono strani. Secondo me, nascondono
qualcosa.”
“E
cosa, un altro quirk?”
“E
chi lo sa!”
“Non
ha senso,” scuote il capo Aizawa. Certo, è l’unica spiegazione fattibile, un
quirk. Ma nessuno di loro ne possiede uno simile e anche se non è stupido e si
è reso ormai conto che il potere di Midoriya è diverso dagli altri, una cosa
del genere è infattibile.
E’
troppo diverso dalla linea su cui si è tenuto fino a quel momento.
E
a parte lui, nessuno è sospetto.
“Sei
solo ubriaco, Yamada.”
“Sono
ubriaco,” annuisce Mic, “Ma non da delirare.”
“Se
lo dici tu…”
“Tirati
su, Shota!” esclama di nuovo Midnight, mettendogli davanti un altro bicchiere,
“L’istinto mi dice che presto tornerà tutto normale!”
“Vedremo.
Ma intanto non abbiamo ancora capito che cosa sia successo.”
“Oh,
sono solo dettagli! E’ il dolce profumo dell’adolescenza che porta a guai di
ogni natura, ma alla fine tutto torna come prima e li lascierà più forti e
innamorati!”
“Non
è un film.”
“E’
meglio ancora di un film! E’ la vita!”
Aizawa
storce le labbra, “Mah.”
Se
lo dice Midnight, ci crede ancora meno. Ma non ha molto altro in mano.
Quindi,
gli starebbe bene anche che tornasse tutto normale senza dargli una
spiegazione.
Basta
che tutto torni normale. Solo questo, pensa, mentre scola l’ennesimo bicchiere.
Solo
questo.
--
“Hai fatto un bel casino, eh
ragazzino?”
E’
di nuovo bloccato nel nero. Ha liberi solo gli occhi, ormai conosce bene quella
tremenda sensazione, ci si è abituato.
Sa
che cosa vuol dire: i predecessori del One for All stanno cercando di mettersi
in contatto con lui.
Di
solito non presagisce niente di buono.
Di
solito porta solo guai.
Non
può muoversi, comunque. E’ totalemente bloccato. Quindi li osserva e ascolta.
Davanti
a lui ha, se non sbaglia, il secondo possessore del One for All in ordine cronologico.
Colui che ha ricevuto il potere, quasi cent’anni prima, direttamente dal
fratello di All for One.
Non
gli ha mai parlato, neanche quando per la prima volta si è manifestato quel
nuovo –inutile, direbbe Bakugou- potere. Forse stavolta non avrebbe tutti i
torti.
Ad
ogni modo, la prima volta ha avuto solo un flash. Un gioco di luci, ha
intravisto quegli occhi scuri che lo guardavano accusatori in mezzo a tutti gli
altri predecessori, ma nulla più.
Non
ha parlato.
Quella
voce Midoriya è certo di non averla mai sentita. Quel tono canzonatorio e allo
stesso tempo divertito, un po’ strascicato, gli è nuovo.
Però
a quella frase vorrebbe rispondere, urlargli che non l’ha fatto di proposito,
non era certo sua intenzione e come poteva, poi, sapere che era un quirk dalla
durata così lunga? Perché aveva un limite, vero? Sarebbe tornato tutto normale?
Ti prego, dimmi di sì!
Vorrebbe
urlargli anche quello.
Ma
non può dire nulla. Fare nulla. Niente.
“Non è così che andrebbe usato
quel Quirk, per renderlo efficace, lo sai? Adesso come intendi mettere tutto a
posto?”
Quindi
si può? Si può far tornare tutto quanto al suo posto?
Devi dirmi come. Dimmi come!
Lo
pensa così intensamente che ad un certo punto è anche convinto che l’altro
l’abbia sentito, anche se sa che quello non è davvero un sogno quanto più una
visione, e che loro non possono sentirlo. Né lui può parlare.
“Lo Swarp non lo puoi più
controllare tu, ragazzino, se può consolarti. Sei tu a decidere quando
scambiare i due corpi ma torneranno normali solo quando i diretti interessati
–o almeno uno dei due- avranno cessato di avere problemi l’uno con l’altro.”
Midoriya
sgrana gli occhi.
No,
un attimo, in che senso?
Insomma,
lui allora perché è tornato? E Jirou? Perché solo loro?
Insomma,
lui non aveva nulla contro Ashido e Jirou aveva chiarito con Kaminari, quindi
era quello? Ma gli altri, allora?
Vuole
forse dire che Kaminari ha ancora qualcosa contro Ojiro? E Ojiro con lui? E
Ashido con Momo? E Bakugou? Non ha senso.
“Se non avesse tentato di
accellerare le cose, sarebbe tornato tutto al suo posto a tempo debito, appena
tu ti fossi tranquillizzato e avessi ripreso il controllo di te, cosa che ti
avrebbe fatto tornare nel tuo corpo, visto che avevi problemi più con te stesso
che con quella ragazzina.”
Quindi
adesso mettendoci le mani avevano scombinato tutto quanto inavvertitamente?
Se
Hatsume e Melissa non avessero provato a salvarli, facendo chiarezza fra di
loro Ojiro, Kaminari e Jirou sarebbero tornati normali da soli? Idem per lui. E
Yaoyorozu? Forse il problema sarebbe stato Bakugou, che ce l’aveva sempre con
tutti e anche se Momo non gli aveva fatto niente non era detto che sarebbe
stato semplice far tornare tutto a posto.
Ma
gli altri sì, perché a parte la litigate fra Ojiro e Kaminari e l’incomprensione
amorosa fra Kaminari e Jirou, che problema avevano gli altri?
Nessuno.
E
invece, mettendoci le mani avevano fatto un gran caos e anche il quirk, che lui
comunque non controllava affatto, aveva finito per svalvolare.
Questo
non avrebbe mai dovuto dirlo a Melissa. Ci sarebbe rimasta troppo male.
Solo
che adesso c’è comunque ancora il problema di trovare una soluzione.
Adesso
che ci hanno messo le mani loro, sarebbe comuque tornato tutto quanto alla normalità
da solo? O non sarebbe più stato possibile?
“Sta tranquillo, marmocchio. Si
risolverà tutto. Se c’è una cosa che mi è sempre dispiaciuto del mio quirk, è
che non è perenne. Di ai tuoi amici di rilassarsi: avere rancorà allungherà
solo i tempi.”
Midoriya
vorrebbe deglutire, ma gli pare che non può fare neanche quello.
Dire
loro di rilassarsi.
Facile,
con gli altri. Ma a Kacchan una cosa del genere come faceva a fargliela
sapere?!