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Autore: DanielaE    13/07/2020    1 recensioni
Storia liberamente tratta dal mobile game omonimo Hogwarts Mystery, segue la storia principale, comprese alcune missioni secondarie, quindi attenzione agli spoiler, ovviamente il tutto modificato e ampliato a mio gusto e piacere.
Nel 1984 la nostra protagonista varca per la prima volta le porte della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, smistata a Serpeverde, con nuovi amici e nemici si ritrova l'eredità di suo fratello Jacob a gravarle sulle spalle: egli infatti era stato espulso dalla scuola per aver cercato le misteriose Sale Maledette.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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~~La tempesta alla fine aveva completamente intimidito il Sole che non si era più fatto vedere, anzi, aveva lasciato completo spazio a una fitta pioggia che sembrava non essere mai stufa di scrosciare, il tepore che aveva invaso dopo mesi le fredde mura del castello era scemato e al suo posto l'umidità aveva avvolto ogni cosa e costretto tutti a restare al chiuso alla ricerca di un po' di calore nei pressi dei camini.
Elanor se ne stava in biblioteca, raggomitolata nel caldo mantello e di tanto in tanto gettava uno sguardo furtivo fuori dalla finestra appurandosi della pioggia che ancora si infrangeva contro i vetri; dinanzi a lei sulla scrivania di legno un grosso tomo di Antiche Rune e una pergamena che era riuscita ad imbrattare con solo due righe di inchiostro, quel pomeriggio il suo cervello proprio non ne voleva sapere di permetterle di studiare, tutta colpa di un uccellaccio, un'aquila travestita da corvo o un corvo che si spacciava per aquila, poco importava, quello che sapeva è che era stata una stupida, si era illusa di poterlo avvicinare, ma lui... lui lo aveva detto dall'inizio che non erano amici e non potevano esserlo, ma a lei per capirlo non erano bastate le parole, doveva sentirsi umiliata per comprendere la realtà dei fatti, come era accaduto quella mattina stessa: Talbott non era al tavolo dei corvonero a colazione, lo aveva trovato poco più tardi seduto sul davanzale del portico che affacciava sul cortile, era da solo come al solito, guardava un punto indefinito davanti a lui, sulle gambe quello che sembrava un quaderno dalla copertina di pelle blu, appena la sentì arrivare lo trasse a sé come a proteggerlo per poi riporlo velocemente nella borsa ai suoi piedi.
«Ciao Talbott!»
«Ciao» rispose debolmente al saluto, sembrava faticare anche solo a guardarla, continuò a tenere lo sguardo basso, mentre si sistemava la cartella sulle spalle e la cravatta.
«Ci sono riuscita!» sorrise lei, riferendosi alla trasformazione in animagus.
«Bene, buon per te!»
«Sono un falco!» lo disse quasi urlando, con una punta di orgoglio ma anche di aspettativa, dopotutto lui era un aquila. Ma Talbott rimase in silenzio, Elanor notò solo un leggero irrigidimento delle spalle e della mascella, ma forse si era solo impressionata, lui continuò a non guardarla, trovando molto più interessante la punta delle sue scarpe.
«Non dici niente?»
«Cosa dovrei dirti? Brava!»
«Perché ti comporti così? Credevo... » ma lui la interruppe di colpo: «Cosa credevi di preciso? Sono stato chiaro Blair, noi non siamo amici e non lo saremo mai!» quella volta si girò a guardarla mentre le rivolgeva quelle parole dure, gli occhi parevano ancora più rossi.
«Ti sei trasformata, bene! Ora non hai più bisogno di me... e io non ho certamente bisogno di te, io non ho bisogno di nessuno!»
«Tutti abbiamo bisogno di qualcuno!» insistette Elanor.
«Non io, e certamente non di te!» fece per andarsene, voltandole le spalle, ma lei gli afferrò il braccio d'istinto. Lui si girò di scatto, per una frazione di secondo osservò con occhi sgranati la mano esile di lei stringergli il braccio, poi con uno strattone si scostò: «Lasciami in pace! Sei peggio di Penny!»
Elanor rimase immobile, mentre lui si allontanava velocemente; quella frase "sei peggio di Penny" le rimbombò nella testa, le aveva palesemente rivolto una sorta di insulto ma oltre questo l'aveva particolarmente colpita il paragone con la tassorosso.
Ripensò ancora una volta a quella frase, mentre osservava nuovamente le gocce che si infrangevano rumorose sui vetri, la pioggia era talmente fitta che non si riusciva a scorgere nulla dell'esterno.
Si girò di scatto verso il corridoio della biblioteca davanti a lei, come attirata da una forza invisibile e pochi istanti dopo intravide la figura alta e slanciata del prefetto dei Grifondoro avanzare con sicurezza, il portamento elegante anche se indossava scarpe da ginnastica ormai usurate e la cravatta della divisa leggermente slacciata riusciva a conferirgli addirittura un'aria sexy. Quando William Arthur Weasley, chiamato da tutti Bill, era nelle vicinanze, una sorta di elettricità statica si ergeva tutta intorno, Elanor riusciva ad accorgersi della sua presenza ancora prima di notarlo, bastava osservare l'ambiente circostante e lo sguardo dei presenti, tutti rivolgevano uno sguardo ammaliato al giovane, apprezzato dalle donne e rispettato dagli uomini, Bill era uno dei maghi più stimati dell'intera Hogwarts.
Una volta individuata Elanor, il giovane grifondoro si sedette di fronte a lei, sistemandosi con una mano una ciocca di capelli lunghi e rossi dietro l'orecchio.
«Cosa fai?» le chiese.
«Studio!» la serpeverde rispose come se la cosa fosse assolutamente ovvia visto che si trovavano in biblioteca, ma gli occhi di Bill gli caddero sulla pergamena appena intinta di inchiostro: «Lo vedo!»
Elanor voleva bene veramente a Bill, aveva una grandissima stima di lui, lo riteneva il mago più potente dell'intera scuola, ma ciò che la legava di più a lui era il grande affetto che avevano l'uno verso l'altra, era come un fratello per lei, la sosteneva a aiutava sempre, sostituendo egregiamente il consanguineo che invece era sparito chissà dove.
«Non è una buona giornata» disse lui, carpendo i pensieri della ragazza.
«È una domanda o un'affermazione?»
«Entrambe!»
«Per me o per te!»
«Entrambi!»
Elanor sorrise malinconica, mentre Bill protendeva un braccio verso di lei, la quale ci si accoccolò sopra.
«Cosa ti è successo?» le chiese con voce dolce.
«Ho litigato con un'aquila»
Bill rise, forse troppo forte e Madama Pince si vide costretta ad ammonirlo, ma blandamente, pareva che la vecchia arpia avesse un debole per la gentilezza e il fascino del bel grifondoro.
«A te invece cosa è successo?» chiese Elanor eludendo la possibilità che lui approfondisse quella che sicuramente aveva inteso come battuta.
«Emily» una sola parola bastò per disgustarla: «Quella ragazza non fa per te! Sei troppo perfetto per una come lei!»
Bill sorrise di nuovo, quella volta cercando di non farsi notare dalla bibliotecaria: «Così mi lusinghi Elanor Blair, finirò per abituarmi!» lei si unì alla sua risata leggera.
«Dico sul serio! Per te ci vorrebbe... una Veela!» esordì suscitando maggiore ilarità nel grifondoro. «Non credo che una Veela guarderebbe un Weasley, ma... non si può mai dire nella vita, magari un giorno ne sposerò addirittura una!» risero entrambi e quella volta nessuno dei due evitò lo sguardo truce della Pince, ma Elanor si sentì decisamente meglio, quel ragazzo riusciva sempre a farla sentire a casa.

Le scarpe di Elanor quasi affondavano nell'erba bagnata, producendo un fastidioso ticchettio attutito dal terreno inzuppato dall'acqua, la pioggia si era placata ma aveva comunque lasciato il suo ricordo nell'aria fredda e nell'odore di terra bagnata che sormontava ogni cosa; Elanor si strinse maggiormente nel mantello, cercando almeno un leggero tempore, osservò distrattamente l'arcobaleno che si infrangeva nel celo pallido mentre varcava la soglia del campo di allenamento. Aveva fatto solo qualche metro, quando lo vide: era tranquillo mentre l'aspettava, non indossava il mantello, nonostante il tempo poco clemente e l'aria quasi gelida, come protezione il solo maglioncino della divisa che gli fasciava le larghe spalle; Elanor restò a dovuta distanza qualora il ragazzo le avesse scagliato qualche fattura, ma lui se ne stette immobile e con lo sguardo curioso ad aspettare che lei parlasse delucidandolo su quell'insolito invito, era dubbiosa su cosa dirgli esattamente, ma doveva provarci, non poteva più attendere.
«Ciao»
«Ciao» rispose gentile Barnaby Lee.
«Credevo non saresti venuto!»
«Mi hai mandato un gufo dicendo di presentarmi al campo di allenamento e io l'ho fatto!» il ragazzo inclinò la testa come a cercare di comprendere meglio quella situazione bizzarra.
«Lo so! Dovevo parlarti!»
«Potevi farlo nella nostra sala comune, siamo entrambi serpeverde, ricordi?» la domanda retorica e un po' buffa fece sorridere lievemente Elanor, a quanto pareva per Barnaby non era poi così strano parlare e interagire con lei.
«Volevo parlarti in privato!»
Lui corrucciò le sopracciglia, segno che era sempre più confuso e forse anche incuriosito.
«Ho bisogno del tuo aiuto!» buttò fuori la frase di getto.
«Devo entrare in una sala maledetta, ma Merlula mi sta con il fiato sul collo, non mi lascerà entrare senza ostacolarmi.»
«Perché mi stai dicendo queste cose? Io e Merula siamo amici!»
«Lo so ma... tu non sei come lei, sei diverso»
Barnaby abbassò lo sguardo: «Non sempre mi piace il modo di agire di Merula, ma ci conosciamo da quando eravamo piccoli e... se io mi allontanassi da lei e Ismelda, resterei solo»
«No!» gridò quasi Elanor, avvicinandosi maggiormente al ragazzo «Non lo saresti!»
Lui la osservò per qualche istante pensieroso, con i suoi grandi occhi verde smeraldo «Dici così perché ti servo come alleato?»
«No, anche se tu non dovessi essere pronto per andare contro Merula, potremmo comunque provare ad essere amici»
Lee increspò le labbra in un sorriso e sembrò riflettere e valutare la situazione. Elanor era in tensione, non sapeva cosa aspettarsi e di certo non era pronta alla risposta che sentirono le sue orecchie: «Duelliamo!»
«Cosa?»
«Duelliamo! Se riuscirai a battermi, mi unirò al tuo gruppo!» non le diede il tempo di rispondere che subito afferrò la bacchetta e si mise in posizione, pronto per un duello.
«Adesso? Qui?» Barnaby si guardò intorno, cercando un motivo valido per cui non dovessero imbattersi in un duello in quel preciso istante e per tanto allargò le braccia in un chiaro segno di ovvietà.
Elanor imitò la sua posizione afferrando la bacchetta dal mantello e chiedendosi come era possibile che riuscisse a ficcarsi sempre in situazioni bizzarre e al limite della legalità; Merlino potevano espellerli! Due serpeverde fuori da Hogwarts in un colpo solo, Piton li avrebbe uccisi.
Neanche il tempo di prepararsi o di aspettarsi minimamente un attacco e subito sentì la voce di Barnaby urlare «Stupeficium!» lei ebbe appena la prontezza di sollevare la bacchetta e proteggersi a sua volta, sentì la forza dell'incantesimo di lui infrangersi contro la sua barriera e per poco non le scivolò la bacchetta dalle mani, tanto era potente. Il serpeverde era veramente il più forte duellante della scuola.
Elanor reagì lanciandogli un "Bombarda" che lui fermò con facilità; andarono avanti per qualche minuto, il ragazzo sembrava divertirsi molto, mentre lei sentiva sempre più le forze mancarle, gli incantesimi che lanciava il suo compagno erano troppo potenti e s'infrangevano contro di lei con una forza micidiale. Ad un certo punto però lui parve vacillare, attese qualche secondo di troppo prima di contrattaccare e lei ne approfitto per gridare: «Expelliarmus!» la bacchetta del ragazzo volò dalle sue mani come un razzo per atterrare a pochi metri da loro.
Lui sorrise compiaciuto, troppo, prima di andare a riprendersi la sua arma. «Hai vinto! Mi hai battuto!»
Elanor rimase in silenzio, non se lo aspettava e non seppe cosa dire.
«Ti aiuterò!» continuò infine Barnaby prima di darle le spalle e incamminarsi verso l'uscita del campo.
«Mi hai lasciato vincere, vero?»
Lui si fermò, restando comunque di spalle, poi lentamente si voltò a guardarla, un sorriso tranquillo aleggiava sul suo volto.
«Nessuno ti ha mai battuto in un duello!»
«E mai succederà!» affermò lui.
«Perché? Perché mi hai permesso di vincere?»
Barnaby si avvicinò lentamente, passo dopo passo, fino a restare a pochi centimetri da Elanor. Profumava di bucato appena lavato, un piacevole profumo che ricordava tutto ciò che è semplice e pulito. Sollevò una mano un po' goffamente e a pochi millimetri dal viso di lei quasi si arrestò e parve stesse per ritrarla, poi con dita delicate sfiorò una ciocca dei capelli della ragazza e leggero come il battito di ali di una farfalla, accompagnò il ciuffo platino dietro l'orecchio di lei.
«Mi piaci, Elanor Blair!»
La ragazza avvampò all'istante sentendo le dita leggermente ruvide di Barnaby a contatto con la sua guancia e a quelle parole trattenne istintivamente il respiro.
«Mi sembrava carino farti vincere, e poi... volevo dimostrarti che ti avrei sostenuto comunque, come tu hai detto che saresti lo stesso mia amica, anche senza il mio aiuto»
Elanor sgranò leggermente gli occhi, non si aspettava un simile ragionamento da Barnaby, lui parve carpire i suoi pensieri: «Lo so cosa pensano tutti di me, credono che sia stupido. Mi piace vedere l'espressione esterrefatta delle persone quando dico qualcosa d'intelligente, anche se non accade spesso. Il vantaggio di essere sottovalutati!»
«Forse nessuno conosce veramente Barnaby Lee!» disse Elanor, con le dita di lui che ancora sfioravano timide la sua guancia, prima di ritrarle.
«Avrai sicuramente freddo, sarà meglio rientrare!» aggiunse per poi incamminarsi con le mani in tasca verso il castello.
Percorsero uno accanto all'altra ma in silenzio la strada fino all'interno, dove finalmente il caldo li avvolse come un abbraccio, s'incamminarono verso i sotterranei per poi fermarsi davanti al muro che li avrebbe condotti alla loro sala comune.
«Quando ho ricevuto il tuo gufo, per un momento ho pensato ch volessi chiedermi un appuntamento!» esordì Barnaby improvvisamente ed Elanor si voltò di scatto verso di lui, imbarazzata per l'ipotesi del ragazzo.
«No! Io... non era decisamente per un appuntamento!» si sforzò di sorridere per nascondere la vergogna e il rossore delle guance. Lui senza neanche guardarla, con le mani ancora in tasca e un lieve sorriso mormorò la parola d'ordine per entrare a Serpeverde; nonostante il cigolio del passaggio che si apriva nella parete lei sentì Barnaby aggiungere altro: «Peccato!». Pronunciò quella parola così a bassa voce che Elanor si chiese se l'avesse solo immaginata.

Bentornati ad un nuovo aggiornamento, come avrete notato questo capitolo un corto dei precedenti, ma conto di rifarmi la settimana prossima con due aggiornamenti, anche perché per fine mese si concluderà il terzo anno; tranquilli... il quarto è già dietro l'angolo. Ringrazio Farkas per le sue recensioni sempre molto simpatiche (eh si! gli inizi sono sempre i più complessi da scrivere anche perché spesso decretano l'attenzione che il lettore avrà nei confronti della lettura, ma devo dire che sono anche quelli che preferisco, sia da leggere che da scrivere, l'aspettativa che sentiamo come elettricità fin nello stomaco, e come intraprendere un'avventura) ringrazio anche chi ha aggiunto la storia fra le preferite e le seguite e anche i lettori silenziosi.
Per chi non riuscisse a fare a meno delle mie storie, vi lascio il link alla pagina Amazon con le mie opere.
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Alla prossima ;)

   
 
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