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Autore: Lacus Clyne    13/07/2020    5 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buonasera! Seconda parte del secondo capitolo, piuttosto breve! Un grazie a chi sta seguendo la storia con la lettura, spero in qualche parere! :) 

 

 

 

 

 

 

Elaborai il profilo entro la fine del mio turno. Né Graham né gli altri si erano ancora visti. Lasciai tutto sulla scrivania e approfittando della momentanea assenza di Jace, ne approfittai per studiare l’ambiente. Dovevo ammetterlo: nonostante fossi consapevole della prima regola, ovvero, mai stilare profili sui colleghi, i miei nuovi compagni di squadra mi sembravano perfetti per essere analizzati. Legati alla famiglia, come l’agente Jones. Appassionati di hair styling, come Alexis. Matti probabilmente per scelta, come Jace. Poi c’era la misteriosa Selina, che conosceva bene il detective Graham. E infine lui. L’essenzialità di quell’ufficio rispecchiava a pieno la personalità brusca e incisiva di quell’uomo. E per quanto mi costasse ammetterlo, gli enigmi mi avevano sempre intrigato particolarmente. Detti un’occhiata all’orologio, che segnava le 14:20. Il mio turno era finito da cinque minuti, anche se la voglia di avere notizie sulla storia dei tafferugli era forte, a momenti più della fame. Mi detti ancora un quarto d’ora, riprendendo il report che avevo elaborato per passare il tempo. D’altro canto, non potevo nemmeno contattare Trevor senza sperare di disturbarlo, impegnato com’era nella sua presentazione. Mi rendeva felice e orgogliosa anche il solo pensare a quanto entrambi ci stessimo impegnando a realizzare le nostre aspirazioni. Anche se mi mancava averlo accanto. Probabilmente se ci fosse stato avremmo impegnato il tempo in un appuntamento al chiosco, mangiando il miglior hot dog di tutta Boston e chiacchierando di quanto Jace fosse divertente, mentre lui protestava per la sua capacità di flirtare spudoratamente. Sorrisi a quel pensiero, mentre rileggevo il report.

Il sospettato, probabilmente residente nella zona per via della conoscenza del posto, prendeva di mira le botteghe non sorvegliate nel raggio di tre chilometri per piccoli furti. Era abile nella fuga, dunque doveva essere piuttosto giovane o quantomeno abbastanza agile da non farsi prendere. Tornai ai furti, pensando alle motivazioni. L’entità modesta mi aveva fatto inizialmente pensare alla sua volontà di metter da parte un gruzzoletto. Avevo chiesto a Jace di verificare se ci fossero stati acquisti di un certo spessore da parte di personaggi inattesi. Stando a quello che mi aveva detto, non si erano presi la briga di controllare, ma insieme, avevamo scoperto che di recente, c’erano stati acquisti di materiale, in tempi differenti, utilizzato per creare bombe carta. Dunque non metteva da parte, ma utilizzava il denaro rubato per acquistare i pezzi che gli servivano. Con un po’ di fortuna e le giuste domande, saremmo risaliti in breve al colpevole, dal momento che l’identificazione tramite identikit era stata impossibile, causa passamontagna. Un bombarolo mascherato per inaugurare la mia carriera. Erano soddisfazioni.

Posai nuovamente il report nel sentire squillare il mio cellulare. Il mio primo pensiero fu per Trevor, tanto che corsi a rispondere a colpo sicuro, salvo rendermi conto, non senza un colpo al cuore per via delle esplosioni in sottofondo, che si trattava di ben altro.

« Hastings! » La voce di Graham, più alta di un tono, mi fece raggelare di botto.

– C-Che succede? Detective Graham?! – esclamai, adocchiando in lontananza Jace, di ritorno con una busta di cinese. Evidentemente avevo dovuto alzare la voce di rimando.

« Dimmi che l’hai trovato! »

Mi resi conto immediatamente che si riferiva al nostro bombarolo. Maledetto, mi aveva affidato la risoluzione stessa del caso? Poi feci mente locale. Evidentemente il soggetto in questione era uno degli studenti che avevano preso parte ai tafferugli. Che fosse il capo?

« Dottoressa Hastings! »

– Kate, che succede? – Jace mi raggiunse, mentre cercavo di collegare i pezzi. Afferrai il suo braccio e protestò. – Si può sapere che succede?! –

– Detective Graham, quanti ragazzi ci sono lì? –

Urla concitate. – Detective Graham! – gridai, col cuore in gola.

Mi rispose soltanto dopo un po’. In sottofondo, sirene di auto della polizia, cosa che mi fece tranquillizzare, per quanto possibile. I rinforzi erano sempre buon segno. « Ne son rimasti cinque. »

Ignoravo il senso delle sue parole e chiesi l’aiuto di Jace. – Dimmi che quella zona è sorvegliata da telecamere. –

Jace batté le palpebre. – Tesoro, non siamo il Grande Fratello, eh? –

Gli pizzicai il braccio, sbottando, nello stesso momento in cui sentii Graham imprecare contro qualcuno. – Detective Graham, deve cercare qualcuno che sta controllando la situazione! È un esperto di esplosivi, probabilmente studia Chimica o qualcosa del genere. Abita in quella zona, sa come muoversi. Ho ipotizzato possa essere il capo! –

« Il capo? Hills, Scott! Da me, ora! »

Jace, nel frattempo, si era messo al lavoro. In pochi secondi, lo vidi smanettare nel database dell’università. Reperì la lista degli studenti, poi si voltò verso di me, con l’eccitazione dipinta negli occhi. – Conosci il Rettore Chambers? –

Lo guardai in tralice. – Ti prego, muoviti! –

« Hastings, Jace! »

Misi in viva voce e sentimmo chiaramente schiamazzi, piccole esplosioni e soprattutto, anatemi.

– Michael Chambers, 22 anni. È il figlio del Rettore. Tre settimane fa è stato fermato per una rissa proprio davanti all'ufficio del padre. Sembra che avesse avuto degli scontri con lui e avesse promesso di fargliela pagare. –

– Riesci a vedere dove abita in questo periodo? – Domandai, lui eseguì.

– Wow! Nella nona, proprio vicino al primo negozio che è stato preso di mira. –

Sorrisi, pensando che avevamo la vittoria in pugno. – Capo, c’è ancora? – chiesi, guardando lo schermo dello smartphone.

« Ci vediamo più tardi. Ben fatto. » commentò, poi chiuse.

Jace e io ci rivolgemmo un’occhiata complice, poi il mio collega mi porse la mano aperta.

– Dammi il cinque, ragazza! – esclamò. Soddisfatta, battei la mano contro la sua. – Yeah! –

– E ora mangiamo? – continuò. Sorrisi e accettai di buon grado.

Così, attendemmo insieme il ritorno della squadra. La sensazione che provavo in quel momento era incredibile: ebbrezza, potenza. Avevamo risolto un caso in poche ore e cominciare la mia carriera con un successo era motivante. Ero su di giri al pensiero di raccontare a Trevor e a Lucy quello che avevamo fatto. E quando finalmente i ragazzi tornarono, con Michael Chambers al seguito, faccia scura, cappuccio ben calato sulla testa rasata, mi resi conto di quanto fosse importante riuscire a svolgere un lavoro come quello che facevamo.

– Bentornata, gente! Alexis, avrei voluto vederti mentre lo sbattevi al muro con aria da dominatrice ricordandogli i suoi diritti. –

Alexis affilò lo sguardo nello stesso istante in cui Jace le mandò un bacio al volo.

– Quando la pianterai di fare il cascamorto magari ne riparleremo. –

Ridacchiai, quando Graham mi guardò. – Sei ancora qui? Il tuo turno è finito. –

– Lo dice come se le desse fastidio la mia presenza… – borbottai. – E comunque volevo vedere come andava a finire. –

Tagliò corto con un sospiro. – Me ne occupo io adesso. Torna a casa e riposati. Per il momento, hai fatto abbastanza. A domani, Hastings. – e raggiunse il suo/nostro ufficio con Chambers, mentre Alexis e Jones tornavano alle loro postazioni.

– Che tipo… ma l’hai sentito? – chiesi a Jace. Non che mi aspettassi salamelecchi, ma essere liquidata così era l’ultima cosa che mi sarei aspettata. Con buona pace della mia euforia precedente.

– Il capitano Graham è così. Non farci caso. – mi rispose a sorpresa Jones. Mi sporsi, incontrando lo sguardo decisamente più morbido di quell’uomo.

– S-Sì, però… –

– Ritieniti fortunata, è già tanto che ti abbia detto di riposare. Fossero sempre così i casi. Credimi, Hastings, non abituartici. – continuò Alexis, lisciando con le dita le ciocche ramate. Avevano ragione, quello era indubbio. E in fondo, Graham aveva già detto a me e a Jace che avevamo fatto un buon lavoro. Non avevo bisogno d’altro. Sospirai, ringraziando i miei colleghi, poi mi affacciai in ufficio per riprendere le mie cose. Graham era seduto alla sua scrivania, impegnato a parlare col giovane Chambers. Pensai che non avrei mai voluto essere al suo posto. Quell’uomo sapeva essere manipolatore, se voleva. E non soltanto. Preso tutto, tornai dai ragazzi. Jace mi aspettava in piedi.

– Vieni anche tu? – domandai.

– No, io passo da Doc prima di staccare. Ho una cosa per te, però. – disse, strizzando l’occhio. Perplessa, ma notando la curiosità di Jones e di Alexis, prestai orecchio. Jace si avvicinò e mi scoccò un bacio sulla guancia.

– C-Che? Jace! – protestai, arrossendo. Lui sorrise sornione.

– A domani, dottoressa! – esclamò, dileguandosi prima che potessi agguantarlo. Che razza di dongiovanni da strapazzo, maniaco e fissato. Scambiai uno sguardo d’intesa con Alexis. Decisamente, avremmo avuto un gran bel da fare con quel ragazzo.

Tornai a casa dopo un rapido giro di rifornimento. Lucy mi aveva avvisata che sarebbe mancata tutto il giorno, ma volevo ugualmente festeggiare, al suo ritorno. Non ero particolarmente portata per la cucina, ma ogni tanto, ispirazione permettendo, mi piaceva cimentarmi con qualcosa, soprattutto per Trevor. E Lucy, dovevo ammetterlo, era un soggetto perfetto per le mie sperimentazioni culinarie. Non che si facesse problemi, in realtà. Era sempre stata una buona forchetta.

Chiusi la porta di casa e posai i sacchetti della spesa nella cucina, a vista sul nostro mini-soggiorno, rallegrandomi, per una volta, del trovarlo in ordine. Lucy doveva essersi data da fare prima di andar via. Ne approfittai per rilassarmi per qualche secondo sul divano. Non mi ero resa conto di quanto ne avessi bisogno come quando posai la nuca sullo schienale. Avrei potuto anche addormentarmici, volendo. Ma avevo progetti più impellenti. Tolsi il giubbino e presi lo smartphone. Un messaggio di Trevor mi rimise immediatamente sull’attenti. Lo aprii velocemente, balzando a sedere all’indiana.

Sono fiero di te, Kate. Lo sai, vero?

Sorrisi. Se solo avesse saputo quanto lo ero io di lui. E in tutta onestà, glielo dicevo davvero raramente.

Anche se ti do più pensieri che soddisfazioni?

Pochi secondi e mi rispose.

Non sarebbe da te se così non fosse. Mi manchi.

Mi mordicchiai l’unghia del pollice. Non era la prima volta che eravamo lontani, ma dovevo ammettere che avrei davvero voluto averlo accanto in quel momento. Certo, ero più che sicura che al suo ritorno avremmo festeggiato degnamente, ma avevo tanta voglia di vederlo. Un altro messaggio.

Mordicchiare le unghie è una brutta abitudine.”

Sbattei le palpebre, lasciando la mia insana occupazione. Poi rilessi meglio il messaggio. Mi prendeva in giro?

Come fai a sapere che mi sto mordicchiando le unghie?

Mi balenò in mente un pensiero e mi voltai a cercare qualche microcamera nascosta. Considerando che Trevor stava lavorando a un progetto del genere, non sarebbe stato del tutto incoerente. Mi rispose fugando qualunque dubbio tecnico con una nuova proposta che, fatta da qualcun altro, avrebbe avuto il sapore di un commento da maniaco. Ridacchiai pensando che questo suo lato non sarebbe mai cambiato.

Ti conosco bene. Scommettiamo che indovino cos’hai addosso?

Ghignai.

Vai”.

Attese qualche istante. Io ne approfittai per stiracchiarmi e per pensare a quando mi sarei messa all’opera. Dopo una doccia, quello era sicuro.

Lafayette.”

Era facile.

Doveva puntare su ben altro per stupirmi.

Maglione coi diversi gradi di viola.”

Guardai il maglione che avevo addosso. Aveva azzeccato.

Ok, sai che è il mio preferito. Dimmi qualcosa di più specifico.”

Fece per rispondere, ma si interruppe. Mi compiacqui di averlo preso alla sprovvista. Presi tra le dita la collana con tre anelli dorati, regalo dei miei come segno della nostra unione familiare. Trevor non l’avrebbe indovinata, considerando che l’avevo indossata soltanto in un’occasione e peraltro, in sua assenza.

– La collana che ti ha regalato tua madre. E sembra che abbia vinto. – la voce di Trevor all’orecchio. Sgranai gli occhi e balzai immediatamente in difesa, preda di un tuffo al cuore.

– T-Trevor?! – urlai, a metà tra incredulità e spavento. In realtà, non sapevo nemmeno quale delle due sensazioni stessi provando maggiormente. E nonostante il suo sorriso compiaciuto, la voglia di prenderlo a pugni ebbe il sopravvento. Afferrai un cuscino e glielo scaraventai addosso.

– Cretino! Sei davvero un cretino! Mi hai fatto prendere un colpo! –

Trevor si mise a ridere.

– E non ridere! Che diavolo ci fai tu qui?! –

– Il convegno si è concluso ieri sera. Avrei voluto partire prima, ma Lucy era di diverso avviso. Ha pensato che fosse meglio farti una sorpresa e così, eccomi qui. – spiegò, mentre ricollegavo i pezzi del piano segreto tra quei due. E mi calmai, togliendogli il cuscino dalle mani. Il sorriso sul volto di Trevor non si era spento, anzi, aveva assunto una sfumatura dolce. Era una delle cose che mi piacevano di lui. Trovavo quelle labbra irresistibili quando si allargavano, un po’ tirate su nell’angolino destro. Non aspettammo altro tempo e ci ritrovammo l’uno tra le braccia dell’altra. Un bacio, poi un altro. Mi era mancato quel contatto. Le dita di Trevor tra i miei capelli. I suoi, ricci e biondo scuro, tra le mie. Ci spingemmo sul divanetto, sorridendo della nostra comune intenzione. Avremmo avuto tempo per chiacchierare. Del suo convegno. Del mio primo giorno di lavoro. Per qualche ora, il rumore del mondo sarebbe rimasto fuori dalla nostra porta.

 

  
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