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Autore: ladypink88    15/07/2020    6 recensioni
Laura non è e una ragazza famosa, tanto meno un personaggio importante. Ma quello che si ritrova a vivere è l'incubo di una dipendenza da una droga legalizzata : per risolvere un problema, si ritrova poi a doverne affrontare un altro più grande. Ma questa è anche la storia di un cammino che la porterà verso una silenziosa, ma avvincente vittoria. Intrecci, storie, sentimenti. Un amicizia, un amore, un amante. Due vite che si uniscono in una promessa che sa di eterno.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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“Maledetta sveglia” fu il primo pensiero di Manuel non appena aprii gli occhi. Si affrettò a spegnere quel fastidioso rumore e dato che aveva messo di proposito lontano il cellulare in modo da non poterlo raggiungere con il braccio fu costretto ad alzarsi per prendere in mano il rumoroso aggeggio.
Non appena lo spense però gli si dipinse un messaggio sul volto: aveva appena letto il messaggio di Laura. Guardò l’ora : erano le 7 del mattino. Se si fosse dato una mossa sarebbe riuscito a farle una sorpresa.
Si preparò in un lampo. Si aggiustò alla meno peggio la folta chioma di ricci e afferrando lo zaino disse ad Anna :” Mami devo scappare via un po’ prima stamattina, ci vediamo stasera!” “ Va bene tesoro, la colazione? “ “ Non ti preoccupar…” non riuscì a finire la frase che la porta si era già chiusa dietro di lui.

In pochi minuti il biondino aveva già preparato tutto il suo piano : la prima tappa sarebbe stata il panificio, dove avrebbe preso due croissant al pistacchio. La seconda tappa sarebbe stato il bar sotto casa di Laura da cui sarebbe uscito con due cappuccini d’asporto. E la terza, se la fortuna l’avesse assistito, sarebbe stato il cancello che varcava l’abitazione della puffa. L’avrebbe aspettata lì.
In meno di 20 minuti aveva fatto tutto. Quando voleva in effetti sapeva essere un lampo. Erano le 7.35. Di solito da casa della ragazza alla stazione ci voleva circa un quarto d’ora a piedi. Sarebbe uscita di lì a poco. Ce l’avrebbe fatta. Era ottimista.
                                                                                                                                                                 *************
 
Quella mattina Laura si alzò come sempre alle 6.45. Stranamente si svegliò prima del suono della sveglia. Anche se la sera prima si sentiva molto stanca, ora si sentiva piuttosto riposata. Afferrò il cellulare, sperando di vedere una risposta di Manuel , ma così non fu.
Le sue aspettative vennero deluse. “Ok è proprio un’idiota! Non si merita neanche che io ci perda il mio prezioso tempo!”.Andò in bagno a farsi una doccia veloce cercando di essere silenziosa e di non svegliare sua madre, la quale l’aveva avvisata che la mattina successiva ne avrebbe approfittato per dormire un po’ di più visto che aveva diversi arretrati dovuti alle intense giornate lavorative di quella settimana piuttosto impegnativa.
Si vestì e decise di indossare qualcosa di diverso dal solito : un paio di leggins neri un po’ attillati ed un maglioncino rosa. Si guardò allo specchio. Non era del tutto convinta, ma si era messa in mente che se voleva cambiare era il caso di sperimentare in ogni settore, anche nel look.

Si asciugò la chioma castana con il diffusore e decise di lasciare i capelli sciolti sulle spalle. Ed ora l’unica cosa che le mancava da sistemare era il viso: un po’ di crema idratante, un leggero ombretto color carne ed un po’ di mascara. Non era abituata a truccarsi, ma si piaceva. Avrebbe dovuto farlo più spesso.
Diede un’occhiata all’orologio: erano le 7.40. Doveva muoversi ad uscire o avrebbe fatto tardi. Afferrò il suo zaino ed uscì di casa.
Andava davvero di fretta e non si accorse che proprio al lato del cancello c’era la sagoma di qualcuno a lei familiare che non appena la scorse la salutò con un “Buongiorno Puffa! Hai dormito bene?”
                                                   
                                                                                                                           **********************

Doveva ammetterlo. Non se lo aspettava proprio. “ Manuel cosa ci fai qui?” esclamò in tono forzatamente serio, ma che sotto i baffi celava un gran sorriso.
“ Bella domanda! Ti ho portato la colazione! Croissant al pistacchio e cappuccio a domicilio!” rispose frizzante strizzando l’occhiolino.
Lei sorrise. “Oh Manu…. Sei …sei… bè …grazie!”.
Lui le indicò una panchina nel parchetto affianco. “Senti puffa, ti va se ci sediamo un attimo lì a fare colazione insieme? Anche se perdiamo l’8.03 possiamo prendere il diretto delle 8.11! So che è meno comodo e probabilmente dovremmo fare il viaggio in piedi, ma vorrei dirti alcune cose… adesso.”

Lei annuì.

Si sedettero sulla panchina e lui esclamò :” Wow fantastico i cappuccini sono ancora cald!”.

Lei voleva dirgli quella frase, non era solita  chiedere spiegazioni,bensì  era molto più abituata a chiudersi a riccio, ma così facendo non era felice, ed intuiva che era il caso di fare qualcosa di diverso.
Così decise di togliersi il peso tutto di getto e parlò come una macchinetta “ Senti Manuel io non ho capito perché ieri hai reagito in quel modo non penso di aver fatto niente di male e mi spiace se ti ho risposto male se c’è qualcosa che non so ti prego di dirmelo “ dopo di che fece un sospiro di sollievo perché nonostante la fatica, ci era riuscita di cuore e sperava che il ragazzo avesse compreso ciò che lei volesse dirgli.
Lo guardò. Lui la stava osservando e sorrideva “Bè?” disse lei quasi stizzita. “Sei molto carina oggi puffa. Non so cos’hai di diverso ma sei molto carina!” .
“Ecco ora pensa di non rispondere alla mia domanda cambiando discorso”iniziò a pensare Laura. Ma iniziò a sentire la voce di Manuel che a tentoni stava cercando di formulare un discorso.
“Il punto è che.. la mattina che tu non sei venuta in università io e Serena abbiamo avuto un battibecco piuttosto acceso, e sapere che tu voglia fare amicizia con lei non mi rende entusiasta. Tuttavia tu non lo potevi sapere e me la sono presa con te ingiustamente. Mi dispiace.”

Silenzio. Laura apprezzò la spiegazione del biondino. Avrebbe voluto chiedergli il motivo, ma in fondo non erano fatti suoi, e se avesse voluto glielo avrebbe detto lui.

Lei si alzò e prese le tazze ormai vuote del cappuccino e le gettò nel cestino. Guardò e disse con voce allegra “Che ne dici se ci affrettiamo per andare a prendere il diretto? Andrà a finire che scambieranno anche me per una ritardataria cronica per colpa tua!” ricominciò con il suo tono irriverente.
Manuel annuì soltanto. L’unica cosa che fece fu afferrare la sua mano con estrema dolcezza e dire in un soffio “Andiamo puffa!”. E così, mano nella mano, si incamminarono verso la stazione.
 
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Dal suo attico di  Corso Como, Lorenzo stava sorseggiando il suo primo caffè mattutino. Con i suoi occhi color ghiaccio scrutava con soddisfazione tutto ciò che lo circondava : la cucina color crema modello americano che con un grande open space si affacciava sulla sua terrazza finemente cesellata da marmi toscani. Un mix di modernità ed arte, che erano un piacere per la vista e dall’alto il panorama che poteva osservare gli dava un’estrema sensazione di sicurezza e controllo.
 
 Osservava la città che già di primo mattino si svegliava e si metteva in moto. Adorava Milano e tutto ciò che essa rappresentava : la bellezza, la moda, i soldi, le marche, il lusso, la parvenza.
 E soprattutto amava ostentare ciò da cui essere derivavano : il potere. Ovviamente non poteva dire apertamente questi suoi pensieri, poiché il perbenismo della capitale economica d’Italia non gliel’avrebbe certo permesso.
La reputazione e la posizione innanzitutto. Questo era un must della borghesia milanese.

 Era già pronto per iniziare la sua giornata : la sua 24 ore in pelle nera era appoggiata alla sedia in legno finemente lavorata al lato della porta d’ingresso.
Diede un’occhiata rapida all’applicazione del suo cellulare dove erano segnati tutti gli appuntamenti della giornata.
Entro un’ora avrebbe dovuto essere in ufficio seduto nella sua splendida poltrona in pelle dell’università. Era talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorse della presenza di sua figlia che lo stava osservando da un po’ cercando di attirare, con scarso successo, la sua attenzione.

Quella mattina Serena era di ottimo umore. Era riuscita ad incrociare suo padre per colazione, che stava già bevendo il suo caffè e gli sorrise, e ne approfittò per discorrere un po’ con lui con l’obiettivo di ricordare una cosa per lei estremamente importante .
“ Buongiorno Papà! Volevo dirti che per domani, in occasione del mio compleanno, per il pranzo che faremo assieme domani avevo pensato al Gardenia. So che ti piace molto. Ho prenotato per le 13 che ne dici?”.
Lorenzo, il padre della ragazza, nonché il rettore dell’università, la guardò con sguardo perplesso inarcando un ciglio :” Gardenia ? Compleanno? Oh tesoro!Mi devi perdonare, ma domani ho un’importante pranzo di lavoro che non potevo assolutamente rimandare. Sai, l’avvocato Pirotta, quell’importante affare immobiliare di cui mi parla da mesi…”concluse con tono perentorio di chi riteneva conclusa qualsiasi discussione .

Vide lo sguardo della figlia adombrarsi e allora fece ciò che era solito fare in quelle occasioni. Aprii il suo portafoglio e porse una manciata di banconote alla figlia strizzando l’occhio in segno di complicità. Le lasciò sul tavolino a fianco della tazzina del caffè, ormai terminata e se ne andò dicendo “ Ecco con questi potrai andare a pranzo con il tuo ragazzo e fare tutto lo shopping che vuoi!Stasera tornerò tardi. Se non ci vediamo buon compleanno Serena”concluse in modo freddo e sbrigativo.
Se ne andò. La ragazza sentì la porta di casa chiudersi alle sue spalle.  Si lasciò cadere sul divano in pelle nera ,il cui unico pregio era la bellezza estetica, la verità  era che lo trovava estremamente  scomodo e poco accogliente, proprio come suo padre. A quel pensiero si ranicchiò sulle ginocchia, se le strinse al petto e si mise a piangere copiosamente. Le sue lacrime sapevano di tristezza, rassegnazione e solitudine.

   
 
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