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Autore: Lacus Clyne    16/07/2020    4 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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◊ III ◊

 

 

 

 

 


 

L’indomani, nel Dipartimento non si parlava d’altro. L’agente Jones, addetto a mediare i rapporti con la stampa, aveva ricevuto da Graham il compito di parlare del caso. Era un altro lato del nostro lavoro. Avere a che fare con giornalisti più o meno muniti di morale per cui spesso l’eclatante superava l’esigenza del vero. Seduta nell’ufficio che condividevo col capo, osservavo la sala dalle maglie della veneziana che adombrava la porta di vetro. Jones aveva esperienza dalla sua. Dal modo in cui teneva testa alle domande del gruppetto ipotizzai che dovesse avere quel genere di incombenze da diverso tempo. Diversamente, Alexis, seduta sulla scrivania di Jace, era impegnata a chiacchierare con lui. Dovevo ammettere che nonostante sembrasse provare antipatia per gli approcci poco professionali del nostro collega, vederli insieme era un quadretto. Sarebbero stati una bella coppia. Un po’ come Selina e Graham. Sospirai pensando che mi stavo facendo contagiare dalla mania accoppia tutti della mia migliore amica e mi voltai verso la scrivania del capo, che quella mattina si stava facendo attendere. Mi chiesi se fosse per via della ferita che il Mago gli aveva inferto. L’adrenalina dovuta all’azione aveva messo in ombra il dolore del colpo, ma nonostante le medicazioni a cui era stato sottoposto, pensai che avrebbe avuto qualche problema di movimento. Per di più, Trevor mi aveva detto, dopo esser stato costretto da una spaventata quanto incredula Lucy, di ritorno a casa con tre croissant fumanti e super caffè, a fare la telecronaca a posteriori della nottata trascorsa, che il capitano gli aveva chiesto di accompagnarlo a recuperare la sua auto, motivo per cui, quella stessa mattina, era tornato sul posto dove ci eravamo fermati. Sospirai nuovamente, guardando il fascicolo che Jace mi aveva fatto avere, in via confidenziale, che riportava le informazioni sul caso catalogato come I360617. Non me l’ero ancora sentita di aprirlo. In tutta onestà, non ero pronta a conoscere i dettagli riguardanti le morti di due bambine innocenti. Daisy la ricordavo fin troppo bene, avendola vissuta in prima persona. Ma leggere i risultati dell’autopsia, le mie dichiarazioni, le valutazioni, era qualcosa in cui non ero pronta a immergermi di nuovo. E poi c’era Lily. La sua prima vittima, a sei anni di distanza nel passato. La figlia di Graham. Avevo avuto la sensazione che potesse avere famiglia, quell’uomo. Ma non pensavo che potesse aver vissuto una tragedia come perdere una figlia, così piccola lei e così giovane lui. E la madre? Non sapevo nulla e non avevo il coraggio di andare oltre, per il momento. Quando Alexis si affacciò alla porta, nascosi il fascicolo tra i fogli che avrei dovuto utilizzare per la valutazione di Julie Dawson. Un paio d’ore prima avevo sentito per telefono sua madre e ci saremmo incontrate presto. Non vedevo l’ora di poter salutare in maniera appropriata la piccina.

– Hai tempo per fare una cosa? – mi domandò Alexis.

– Di che si tratta? – domandai, tirando indietro una ciocca ribelle. Prima o poi mi sarei fatta spiegare come faceva a portare i capelli così ordinati.

– Dovresti scendere da Doc. Ha richiesto dei documenti, ma al momento sei l’unica che non ha da fare. –

Doc. La seconda volta che sentivo quel nome. – Nome in codice per… ? –

Alexis batté le lunghe ciglia, poi mi passò una chiavetta USB. – Dottor Clair. –

Almeno sapevo di chi chiedere. Mi alzai e la raggiunsi, prendendo la chiavetta. – Non state progettando niente tu e Jace, vero? –

La mia collega era perplessa. Fece per dire qualcosa, poi si scostò. Jace, più in là, mi fece ciao con la mano e tornò a lavorare al pc. – Hastings, se volessi progettare qualcosa con Jace, avrei già smesso di lavorare qui da un po’. E poi… c’è il gran capo nei paraggi. –

– Il gran capo? –

Sorrise del mio stupore. – Vai. Piano seminterrato. Ci vediamo dopo. –

Sbuffai, senza nascondere la noia al pensiero di essere l’ultima ruota del carro e in quanto tale, a dover scoprire da sola le cose. Lasciai la sala e presi le scale, notando il via vai di agenti che circolavano tra i piani. Sistemai il badge per evitare problemi e scesi fino al seminterrato. A giudicare dal corridoio essenziale, non doveva essere un posto particolarmente piacevole dove lavorare. Mi chiesi se il dottor Clair fosse uno di quei geni/topo da biblioteca da occhiali inforcati e misantropia. Quando vidi un uomo con un elegante soprabito classico color cammello uscire dall’unica porta interna, mi affrettai a raggiungerlo. Di spalle, i capelli castano scuro mossi tirati leggermente all’indietro, un inebriante profumo di colonia, si voltò non appena chiesi di lui. A occhio e croce, poteva avere poco meno di quarant’anni.

– Dottor Clair? Doc? –

Aggrottò le sopracciglia brune e incrociò le braccia. – Chi lo cerca? – chiese, la voce lievemente roca. Perfetto, avevo trovato il destinatario. Gli mostrai il badge.

– Katherine Hastings, sono stata ass--

– Dottoressa Hastings, sono perfettamente in grado di leggere da me i suoi dati. –

– Ehm… le chiedo scusa. So che ha richiesto dei documenti. Glieli ho portati. – spiegai, passandogli la chiavetta che raccolse immediatamente. Aveva mani curate e un anello importante d’oro all’anulare destro. Mi venne un dubbio esistenziale non appena riconobbi il sigillo impresso. Una doppia H. L’effigie della Howell Holding, una multinazionale particolarmente attiva in campo finanziario. Il capofamiglia, Anthony M. Howell, era stato persino eletto sindaco circa trent’anni prima. E mi ricordai, mentre al tempo stesso prendevo coscienza di aver scambiato lucciole per lanterne, che il procuratore distrettuale, nonché direttore del corpo di polizia, la cui firma era ben impressa sul mio contratto di lavoro era nientemeno che Marcus Howell. Spostai lo sguardo dall’anello al volto improvvisamente incuriosito del mio interlocutore. Mi chiesi che faccia avessi in quel momento. Avrei voluto avere uno specchietto. Nel contempo, la porta si aprì. Con camice bianco recante nome e cognome, stavolta, i lunghi capelli neri e lucidi tirati su in una coda mossa perfetta, Selina, il dottor Clair, quello vero, si affacciò.

– Marcus, per stasera, pensavo che l’Harborside sia… – si interruppe nel vedermi. – Ah, Kate! Mi hai portato quello che volevo, grazie. E vedo anche che hai fatto la conoscenza di Marcus. – continuò, sorridendo.

Annuii di rimando, ma in realtà volevo scappare alla prima occasione utile. E pensare che Alexis mi aveva anche avvisata del gran capo in giro. Lasciai la chiavetta USB al procuratore Howell, che sorrise.

– C’è stato un piccolo malinteso. E ho giocato un po’ con la dottoressa Hastings. Spero che mi perdonerà. – disse, addolcendo il tono. Selina si mise a ridere, poi prese la chiavetta.

– Il solito. Non farci caso, Kate. Si diverte a prendere in giro la gente, ogni tanto. –

– S-Si figuri, dottoressa Clair… sono stata avventata, ne aveva motivo. E mi scusi, dottor Howell. Sono davvero mortificata. –

I due si scambiarono uno sguardo d’intesa. E considerando tono e affinità, o erano amici di vecchia data o c’era dell’altro. Marcus Howell fece spallucce, poi mi tese la mano.

– Mi permetta di fare le presentazioni come si deve. Dottoressa Hastings, è un piacere fare la sua conoscenza. Sono Marcus Howell. –

Stupita dapprima, poi rincuorata dalla classe e dalla cortesia del mio superiore, strinsi la sua mano. – Katherine Hastings. E il piacere è mio. – sorrisi.

– Dato che avete fatto le presentazioni… Kate, avevi scambiato Marcus per me? – domandò il dottor Clair.

La guardai imbarazzata, annuendo. – Ero convinta che fosse un uomo. Mi scusi, davvero. –

– Se permette un consiglio, dottoressa, non si scusi sempre. Capita a tutti di sbagliare. – mi riprese il Procuratore, sciogliendo la presa. Effettivamente aveva ragione, ma considerando che dovevo scoprire a mie spese gli altarini, mi sentivo alquanto in dovere di scusarmi.

– A proposito. Cosa dicevi dell’Harborside? – domandò poi, riprendendo la conversazione con Selina.

– Dato che il mio compito è terminato, tolgo il disturbo. Vi auguro una buo--

– Tu, con me. – sentenziò la donna, afferrandomi per il braccio. – Quanto a te, tesoro, intendevo che è perfetto e non vedo l’ora sia stasera. Ti aspetto per le 20:30, ok? – concluse poi, con un sorriso più minaccioso che altro.

Marcus Howell portò la mano al fianco. – Le donne. Signore, scusatemi, gli impegni mi aspettano. Ah, dottoressa Hastings, prima che me ne dimentichi… –

Sbattei le palpebre.

– Cosa diavolo è successo ieri notte? –

Rimasi a bocca aperta. – Ehm… credo che dovrebbe parlarne col capitano Graham… e col detective Wheeler… –

Alle mie parole, seguirono rispettivamente una risatina da parte di Selina e un sospiro esasperato da parte di Howell.

– Dannazione. Quei due prima o poi li manderò in Alaska. Entrambi. Con permesso. – ci salutò con un cenno della testa e ci lasciò sole. Quando fu scomparso dalla nostra vista, Selina mollò la presa e tornò all’interno del suo studio. La seguii riluttante, quando mi resi conto che si trattava del laboratorio di anatomopatologia. In altre parole, era lì che avvenivano le autopsie. Eppure, considerando il modo in cui aveva personalizzato la parte d’ufficio, con raffinati oggetti di cristalleria, cornici virtuali e un modellino in scala 1:10 di un Akita Inu, l’atmosfera non sembrava così pesante come avrebbe dovuto essere. Selina si sedette al pc, invitandomi ad accomodarmi sul divanetto.

– Allora, raccontami tutto. – ordinò.

Mi sedetti, evitando volontariamente di guardare in direzione della porta che dava sulla stanza delle autopsie.

– Parla di ieri notte? Non c’è molto da raccontare… almeno, a parte l’aver salvato una bambina… –

– Oh, lo so. Se c’è una cosa che Jace sa fare bene è condire coi dettagli. Mi riferisco alle tue impressioni sul Dipartimento. – mi fece l’occhiolino. – Che ne pensi dei ragazzi? Ti trovi bene? –

Rigirai i pollici, poi annuii. – Magari è troppo presto, però sembrano tutti molto compatti… in realtà non ho avuto ancora tempo per conoscerli… a parte un po’ Jace. E ho scambiato qualche parola con Alexis. Sembra riservata, ma secondo me è apparenza. Ah, ma non che lo faccia per fingere! –

Selina poggiò la guancia sulla mano curatissima e sorrise gentilmente. Cavoli, somigliava davvero ad Anne Hathaway. – E di Alexander che ne pensi? –

Sobbalzai nel riconoscere il tono alla Lucy. – … che è uno schiavista mascherato da bel tenebroso? –

Sgranò gli occhi per un istante e si mise a ridere. – Quello lo pensano tutti. E in fin dei conti lo è. –

Feci spallucce, poi pensai alle recenti rivelazioni sui trascorsi col Mago. E mi ritrovai a dover scacciare il pensiero della vicinanza tra di noi quando mi aveva aiutata a uscire dalla nuvola di fumo. – È molto irruente… non sembra il tipo di persona che ascolta volentieri ciò che gli si dice. Mette in pericolo se stesso e chi gli sta intorno, ma nonostante questo, credo che il suo senso del dovere sia radicato… –

– Jace ti ha passato il fascicolo che riguarda il Mago, non è così? –

La guardai. – Non ho ancora avuto il coraggio di aprirlo. –

– Lo immaginavo. È per questo motivo che ho chiesto ad Alexis di mandare te qui. –

Mi sentii improvvisamente a disagio. Selina si scostò dal pc e mi raggiunse usando la poltroncina girevole.

– Secondo Jace io sarei capace di aiutare il detective Graham… ma non ho questo potere. Insomma, lui è un veterano, a suo modo. E nonostante sia un irresponsabile e arrogante menefreghista che dà retta solo a se stesso, ha ancora capacità di giudizio. Io sono appena arrivata e sinceramente, non me la sento di caricarmi di una responsabilità tale. C’è qualcosa di sbagliato in questo? Davvero, dottoressa Cla--

– Chiamami Selina. E fermati un istante. – mi disse, agitando l’indice davanti al mio viso. Senza rendermene conto, avevo cominciato a straparlare. Mi ammutolii.

– Jace parte spesso per la tangente. Diciamo che è un piccolo difetto che ha. Uno dei tanti. – disse, alzando gli occhi al cielo. – È con noi da sette anni, sai? Quand’è arrivato, come punizione per aver abbandonato il MIT, era terribile. Cercava il suo posto nel mondo, ma non aveva idea di come trovarlo se non distinguendosi come hacker. Alexander e Maximilian ci hanno messo un bel po’ per raddrizzarlo. E poi beh, è successo quel che è successo tra quei due e lui si è schierato con Alexander. Credo sia per questo che vuole a tutti i costi aiutarlo a trovare un equilibrio… ma è una mia supposizione. –

– Si riferisce al fatto che il detective Wheeler ha rubato la fidanzata al detective Graham? Almeno, questo è quello che ho capito dalle parole di Jace… accidenti però, non sapevo che fosse un hacker… –

Selina ridacchiò. – Ti ha detto questo? In realtà le cose sono un po’ più complicate di così. Ad ogni modo, sappi che nessuno può costringerti a fare ciò che non vuoi. Dunque, se pensi che sia necessario, prendi pure di petto Jace. Ogni tanto gli ci vuole una strigliata. –

Sorrisi, sentendo la tensione sciogliersi, finalmente. Aveva ragione. – Grazie, penso che la prenderò in parola. –

– Vedi? Con le buone maniere si ottiene tutto. E comunque, detto tra noi, penso che tu sia una ventata d’aria fresca qua dentro. Oddio, visto il luogo specifico in cui ci troviamo, magari non è proprio felice come battuta, ma… –

Mi misi a ridere. Era davvero un tipo divertente. – E lei invece? Da quanto tempo è qui? –

Gli occhi ambrati le brillarono. – Oh, beh… circa otto anni. Non appena laureata ho appositamente cercato questa carriera. Mi piaceva l’idea di ascoltare le storie che i corpi raccontavano. Certo, la scienza forense non ha riguardi quando si tratta di vittime che non vorresti mai dover analizzare. –

Trattenni il respiro. – Sta parlando di bambini, vero? –

Selina annuì, improvvisamente seria. – Purtroppo è la parte più drammatica. Ogni volta che un bambino finisce sul mio tavolo, come donna, non posso non pensare a quanto sia ingiusto. Ed ecco che il dottore deve prendere il sopravvento. Per aiutarmi, Alexander mi ha affibbiato il nomignolo Doc, mentre lavoravo alle prime autopsie. E così… –

– E così è riuscita a distaccarsi… –

– Già. Anche se certe volte, è davvero difficile. –

La capivo. Lo era stato con Daisy. La voglia di fare qualcosa contro la paura. – Lei e il detective Graham vi conoscete da tanto? –

Il suo sguardo tornò ad accendersi. – Abbastanza. Dai tempi dell’università. Frequentavamo Facoltà diverse, ma a quel tempo, eravamo piuttosto intimi. Oh, se penso che sono già passati così tanti anni... eravamo davvero giovani. –

Dal modo in cui ne parlava e considerando che lavoravano insieme, nonché tenendo conto dell’indole vendicativa di Graham, dovevano essersi lasciati in buoni rapporti. – Com’era il capitano Graham allora? Insomma, prima che… –

Il suo sguardo si fece fine e divertito. – Hai mai sentito parlare del Dark Circus? –

Ci pensai. – Mh… la confraternita di Harvard? –

Intrecciò le dita e posò il mento sulle punte. – Alexander era il capo del DC all’epoca. –

Mi sporsi in avanti, del tutto incredula. – Alexander Graham? Il detective Graham era… no, non ci credo. Assolutamente no. Quella confraternita era leggendaria tra le varie università. Persino a Cambridge se ne parlava e se ne parla tutt’ora con riverenza. I membri erano una sorta di élite aristocratica che si diceva manovrasse nell’ombra i fili delle altre confraternite… e da quel che so, erano responsabili di diversi atti sovversivi, che però non sono mai stati dimostrati! –

– E di chi credi fosse il merito? Oh, Kate, l’Alexander di allora sapeva davvero divertirsi. Anzi, ci siamo divertiti… anche con Maximilian, sai? Eh già. Peccato che il tempo passa… – commentò, sovrappensiero.

Misi la mano in faccia, pensando che il mio capo, il suo collega-rivale e la nostra anatomopatologa erano tre squinternati ex criminali di lusso e che mi si profilava un gran mal di testa.


 *


Quando tornai al mio posto, circa venti minuti più tardi, trovai Jace, Alexis e Jones ad attendermi. Mostrai loro il broncio.

– Voi non siete una squadra. Siete un’associazione a delinquere. –

Alexis si mise a ridere. – Jace, Daniel. I miei 50 dollari. – commentò, porgendo loro il palmo aperto. – Avevamo scommesso che avresti scambiato Howell per Doc. In tutta onestà, loro hanno voluto credere nella tua capacità d’osservazione. – mi spiegò, mentre i due aprivano riluttanti i portafogli. Ero basita.

– Katie, però… insomma, Marcus puzza di Eau de Vert da un miglio e quella non è roba da dottorini. – protestò Jace, rastrellando centesimi.

Arrossii. – Jace Norton, scusa tanto se non me ne intendo di profumi costosi. Al massimo arrivo al dopobarba di Trevor… – mormorai, rivolgendomi a Jones, che pagò il dazio.

– Anche lei era d’accordo con Jace, eh? –

Nel sorridere, si formarono due fossette sulle sue guance. – Mano sfortunata a poker, mia cara. –

– Grazie davvero… – risposi, mentre Alexis riscuoteva e afferrava senza farsi problemi il portafoglio di Jace.

– Ah, Hastings. Hai da fare sabato sera? Ti va di venire con noi da Clay’s? – mi domandò poi. Era la prima volta che ricevevo un invito nel contesto lavorativo e mi piaceva l’idea. Se ricordavo bene, inoltre, Clay’s era uno dei lounge più frequentati del quartiere in cui abitava Trevor, Avrei preso due piccioni con una fava.

– Niente scommesse, ok? Almeno, non alle mie spalle. –

I tre si guardarono, poi mi rivolsero un pollice recto. – E sia. A proposito… il capitano Graham? – chiesi poi.

Fu Jones a rispondermi. – È arrivato pochi minuti dopo il tuo allontanamento. Sarà ancora su col procuratore Howell e con Wheeler. –

– Ahi… –

Alexis sollevò la mano a mezz’aria. – Sei preoccupata per lui? –

Mi affrettai a scuotere la testa. – Immagino non avrà problemi a difendersi da solo. Ha una laurea in Legge, no? –

Un fischiettio dalle parti di Jace mi fece affilare lo sguardo. – Qualcuno si è documentato, a quanto pare. –

– Sta’ zitto tu, cacciato dal MIT. –

– Ohi, colpo basso. –

Una pacca sulla spalla da Alexis mi dette una strana sensazione. – Hastings, ti sei appena guadagnata la mia stima. –

Decisamente, quella strana sensazione era ufficialmente diventata “girl power”.

 

I giorni seguenti furono relativamente tranquilli per me. Alla fine, a causa della delicatezza del caso e del fatto che le autorità brancolavano ancora nel buio, il procuratore Howell aveva deciso di mantenere un basso profilo. Quanto all’insubordinazione del capitano Graham, essendoci abituati e avendo quantomeno ottenuto un risultato positivo salvando Julie, decise di ricorrere a un cartellino giallo, ovvero: mansioni prevalentemente d’ufficio per due settimane. Dovevo riconoscere che al di là del caso del Mago, in cui ero stata coinvolta personalmente e di cui, almeno per allora, non avevamo più parlato, i miei compiti si limitavano allo studio di casi di semplice risoluzione e spesso all’aiuto nella catalogazione dei fascicoli accumulati nel tempo. Certo, spesso finivo con l’annoiarmi, tanto che spesso le conversazioni con Trevor e con mio padre vertevano su eventuali pensieri che riguardavano la sezione di Analisi Comportamentale. In realtà, sapevo di dover fare della gavetta prima di accedere a quel servizio, ma non escludevo, in futuro, di spiccare il volo. Nei miei progetti, l’idea di lavorare come analista era particolarmente quotata. Per mio padre, avrei persino potuto collaborare con l’FBI. Per Trevor, che preferiva tenere i piedi per terra, l’importante era non correre rischi. Dopotutto, non potevo non dargli ragione, considerando che c’era uno psicopatico assassino ancora libero e che purtroppo, aveva un conto in sospeso col mio capo. Spesso, in quella settimana, mi ritrovai a osservare Graham con la consapevolezza del tormento che conviveva oramai da sei anni nel suo animo. Anche se ai tempi dell’università doveva essere stato un bad boy, ciò che vedevo in quel momento era un uomo che era stato ingiustamente privato della sua parte migliore, il suo cuore.


 *


Venne il sabato sera dell’appuntamento. Avevo invitato sia Lucy che Trevor e dato che ci trovavamo nel quartiere del mio ragazzo, avevamo approfittato della sua ospitalità per prepararci per la serata. Lucy era sempre la solita. Adorava abbondare di mascara ed eyeliner, che a dirla tutta, le stavano meravigliosamente. Probabilmente, il merito era del suo taglio degli occhi, leggermente orientale, che insieme ai capelli d’ebano, le donava particolarmente. Aveva optato per un casual look, con una maglia a righe bianche e nere, gilet e pantaloni di pelle neri a loro volta che le fasciavano le gambe lunghe. Gli stivaletti col tacco erano perfetti per l’occasione, e a completare il tutto, aggiunse una collana turchese. Del canto mio, dopo che si dette da fare per acconciarmi i capelli in una coda alta con una leggera cresta, optai per una maglia nera con fiori colorati, jeans color fumo, un giacchetto giallo e delle décolleté dello stesso colore. Ad attenderci, un ormai rassegnato Trevor davanti alla playstation, impegnato a sbloccare un livello di Batman: Arkham Knight.

Quando raggiungemmo Clay’s, erano le 21:30. Alexis ci aspettava fuori, fumando una sigaretta. A vederla senza uniforme, i capelli ramati sciolti e liscissimi, un abitino a pois e francesine dai tacchi alti, sembrava più giovane.

– Ben arrivati. – ci salutò. E nel fare le presentazioni, scoprii che qualcuno già si conosceva. Una dapprima stupita, poi incuriosita Lucy, ci spiegò che Neve Williams, la sorella minore di Alexis, era stata sua compagna del corso di specializzazione in Ristrutturazione. Considerando la parlantina di Lucy, come minimo quelle due avrebbero fatto comunella per tutta la serata. Mentre attendevamo il ritardatario Jace, che aveva avuto un contrattempo, le mie congetture andarono a farsi benedire.

– Chi diavolo è quel fusto che viene verso di noi, Kate? – domandò, prendendomi sottobraccio e indicando con un cenno del mento la persona che stava uscendo dal locale. Mi misi a ridere, nel vedere un quantomai seccato Graham mentre terminava una chiamata, raggiungerci. Almeno aveva cambiato look. Dovevo ammettere che giacca nera, camicia bianca e jeans, oltreché renderlo più informale, ne rispecchiavano la sua mezza trentina.

– Oh, buonasera. Non so voi, ma io sono stanco di aspettare. – ci informò. Alla faccia della simpatia. Per smorzare e soprattutto, per evitare che Lucy mi stritolasse il braccio, gliela presentai.

– Lucy, lui è il detective Alexander Graham, il nostro capo. Capitano Graham, la mia amica Lucy. –

– P-Piacere di conoscerla, detective Graham! Finalmente ci incontriamo! – esclamò senza troppe cerimonie.

Graham sorrise di cortesia. – Addirittura “finalmente”? Devo ritenermi fortunato. –

Un sorriso enorme, al contrario, si aprì sul volto della mia migliore amica, che mi bisbigliò all’orecchio. – Dio, Kate, credo di aver appena trovato l’uomo della mia vita! –

Se c’era una cosa che sapevo di Lucy, era che aveva la cotta facile. Non appena vedeva un ragazzo appetibile, partiva in quarta. Insicura nelle relazioni e sostenitrice per questo del “colpisci o verrai colpito” finiva sempre con l’avere la peggio e non riusciva a trovare la persona giusta. Ma se c’era una cosa che invece potevo dire su quel colpo di fulmine era che, sebbene il detective Graham fosse oggettivamente un bell’uomo, una X grande quanto il logo di X Factor campeggiava su quell’improbabile coppia. Ridacchiai, poi sussurrai. – È un alieno. Non dorme mai e non fa altro che dare ordini a chiunque. –

Lucy aggrottò le sopracciglia. – Un alfa dominante… oh Katie, davvero. Tu non sai che ti perdi. – mi rispose a dispetto, mollando la presa e rivolgendosi a Graham.

– Lei ed io faremo grandi cose. – annunciò, avvinghiandosi al suo braccio, lato in convalescenza e incamminandosi verso l’entrata del locale senza concedere repliche a nessuno, né tantomeno al mio capo. Alexis e io ci scambiammo uno sguardo dubbioso, mentre il solo che sembrava entusiasta all’idea era Trevor, tanto che lo sentii borbottare un “è la volta buona che ce ne liberiamo”.

In realtà, ci divertimmo, quella sera. Nonostante l’inizio pericoloso, trascorremmo un paio d’ore a mangiare e a chiacchierare di argomenti che non fossero strettamente lavorativi. Alexis, come avevo pensato, era molto meno formale di quanto sembrasse in centrale. Ci raccontò della sua decisione di entrare in Polizia a seguito della scomparsa del padre negli attentati dell’11 settembre. Desiderava far parte dell’anti-terrorismo, ma a causa della preoccupazione della madre, che non voleva correre il rischio di perdere un altro importante membro della sua famiglia, era scesa a compromessi, almeno per il momento. Poi, aveva conosciuto un uomo, sulla cui identità tuttavia volle mantenere il riserbo, ed era rimasta in pianta stabile nel nostro Dipartimento. Ci raccontò qualcosa anche su Jones, che solitamente non prendeva parte a uscite serali in quanto padre di due bambini di otto e cinque anni, più un altro in arrivo, e pertanto abbastanza impegnato. Lucy invece cercò di fare il terzo grado a Graham, che si limitò, tra una birra e degli stuzzichini, a dire che era impegnato in una relazione complicata con la vita. E mentre Trevor e io raccontavamo di come ci fossimo conosciuti e messi insieme, fummo raggiunti da uno scarmigliato Jace.

– Birra! – esclamò, le mani al cielo, puntando una bottiglia ancora intera sul tavolo.

– Ecco che arriva l’imbecille. – le voci all’unisono di Trevor e Graham. Misi la mano in faccia mentre quei due si scambiavano uno sguardo d’intesa. Jace ringhiò, il tempo di tirare un sorso e posare gli occhi su Lucy. Guardai lui, poi lei, l’immagine del candore.

– C-Che succede, ragazzi? – domandai, suscitando l’attenzione di tutti.

Jace posò la bottiglietta, tirò fuori dalla tasca dei jeans grigi un fazzoletto di stoffa e si pulì. Lo rimise a posto in pochi istanti e senza degnarci di uno sguardo, passando tra noi seduti sul divanetto di pelle bordeaux, totalmente incurante dei piedi pestati, si avvicinò alla mia amica e si mise in ginocchio, porgendole la mano.

– J-Jace, che stai… ? – non continuai perché un leggero pizzicotto sul fianco ad opera di uno speranzoso Trevor fu sufficiente a spostare l’asse dei miei pensieri su dei piani di omicidio.

– Posso conoscere il tuo nome, meravigliosa creatura? –

– Ecco Casanova in azione… – ci bisbigliò Alexis, provocando un sospiro rassegnato di Graham. Mi aspettavo, a quel punto, che Lucy tornasse a stringere il braccio del capo. Invece…

– Lucinda Garner… puoi chiamarmi Lucy, se vuoi… o meravigliosa creatura va benissimo… è la prima volta che qualcuno mi chiama così… –

– L-Lucy?! – esclamai. Un altro pizzicotto e mi voltai sbottando verso Trevor. – Vuoi smetterla?! –

– Ti chiamerò anche principessa dei sogni, se ti aggrada… Jackson Norton, ma puoi chiamarmi Jace… o come ti pare… –

– Oh mio Dio. – la voce perplessa di Alexis.

– Oh mio Dio… – quella sospirante di Lucy, che prese la mano di Jace e si voltò verso di me. Quantomeno, l’espressione che aveva in viso era diversa da quella convinta e agguerrita di quando aveva dichiarato che Graham fosse l’uomo della sua vita. – Credo di essermi appena innamorata. –

– Cameriera, una bottiglia di champagne! – alzò la voce Trevor, richiamando la ragazza di passaggio con un vassoio. Del canto mio, non potei far altro che sorridere a Lucy, pensando che se la conoscevo bene, tempo fine della serata e il flirt si sarebbe esaurito per incompatibilità.

Mi sbagliavo. Dopo quel momento, quei due si impelagarono in una conversazione a senso unico, tanto che dovemmo lasciarli lì per disperazione. Non che ne fossero disturbati, a dire il vero.

Quando uscimmo, eravamo concordi sul fatto che quei due erano fatti l’uno per l’altra.

– Dovremmo uscire più spesso. Magari la prossima volta senza i due piccioncini. – propose Alexis, chiudendo l’ultimo bottone del trench nero, trovandoci d’accordo.

– La prossima volta ci presenti il tuo misterioso fidanzato, eh? – le feci l’occhiolino, ottenendo in risposta un rossore pronunciato sulle sue guance.

– Vedremo. Lui… è spesso impegnato. Quando sarà possibile. – rispose, tagliando corto.

– Avete bisogno di un passaggio? – domandò invece Graham, chiavi alla mano.

Trevor mi strinse in un abbraccio, rispondendo per entrambi. – Abito qua vicino e penso che quattro passi non ci facciano male, vero, Kate? –

Scossi la testa, sorridendogli. Nonostante il brutto incontro notturno dell'anno prima, adoravo passeggiare con lui. – Già. Per di più, considerando che Lucy e Jace la tirano alle lunghe, penso proprio che mi fermerò a dormire da te. –

Al sorrisetto di Trevor fece seguito la voce di Graham. – Come preferite. Ci vediamo lunedì in Dipartimento allora. E fate attenzione, per strada. –

Sapevamo fin troppo bene a cosa si riferiva con quell’ultimo appello. Trevor sollevò il pugno, con fare sicuro. – Non si preoccupi, boss. Quel bastardo dovrà passare sul mio cadavere se cercherà di fare del male alla mia Kate. –

Lo guardai, arrossendo. Sebbene fossi lusingata all’idea di quelle parole, una parte di me preferiva, e lo urlava a gran voce, che non si verificasse mai qualcosa del genere. Mi strinsi più forte a lui, appoggiando la guancia sul suo petto. – Torniamo a casa, mh? –

Graham e Alexis compresero a volo il mio stato d’animo, ma neanche pochi istanti dopo esserci congedati, fummo richiamati da alcune voci provenienti dal parcheggio verso cui puntavano i miei colleghi. Trevor e io fummo concordi nel tornare indietro, trovando ad attenderci un manipolo di sette ragazzi armati di spranghe e catene che avevano già spaccato i finestrini dell’auto di uno sconcertato Graham.

– Ehi, stronzo. Ti sei portato dietro delle mezzeseghe stavolta, eh? – disse uno di loro, testa rasata da fare invidia a un naziskin e piercing sul labbro superiore.

Nello stesso istante in cui Trevor parò il braccio di fronte a me, un altro si mise a ridere, puntando una mazza chiodata verso di noi. Trasalii, nel rendermi conto che quella banda doveva essere la stessa dei tafferugli studenteschi. Avevamo catturato Michael Chambers, era vero, ma evidentemente, alcuni dovevano essere riusciti a dileguarsi.

– Ehi, signorinelle. Non volete fare un giro come si deve? – ci chiese un altro, associando al tono volgare una toccata. Alexis affilò lo sguardo.

– Vai a fare un giro con una puttana, moccioso. – rispose Graham, seccato.

I ragazzi si incupirono, tanto che pensai che prima o poi, con quel modo di fare, il mio capo ci avrebbe rimesso la pelle. Per giunta, considerando che erano armati, cominciai a pensare che avremmo rischiato la fine delle vittime di Arancia Meccanica.

– Che cazzo hai detto? – domandò lo stesso di poco prima, subito fermato dal capobanda rasato, che sorrise, camminando spavaldo verso di noi. Mentre gli altri attendevano, si fermò esattamente davanti a Graham, che rimase ritto. Mi chiesi come faceva a mantenere l’autocontrollo, mentre sia Trevor che io, che Alexis persino, eravamo tesi come una corda di violino. Certo, aveva combattuto a mani nude contro un killer armato e aveva precedenti di tutto rispetto in quanto capo del Dark Circus ai tempi dell’università, ma eravamo in netto svantaggio, su tutti i fronti.

– Detective Graham! – strillai di colpo, mancando un battito, quando vidi che il ragazzo aveva tirato fuori una pistola, puntandola alla fronte del mio capo.

– Vediamo se fai ancora lo sbruffone, detective Graham. – disse, imitando il mio tono.

– Per favore, no! – urlai, ottenendo in risposta un fischiettio dalle parti del gruppo e un richiamo al silenzio da parte di Trevor. Alexis si avvicinò a noi. Ero letteralmente terrorizzata per la scena che avevo di fronte. Sarebbe stata sufficiente una parola sbagliata e quel bastardo avrebbe sparato senza mezzi termini. Non volevo che accadesse. Graham aveva perso sua figlia e sebbene questo fosse illuminante circa la sua spiccata capacità provocatoria, non volevo che morisse. Non senza aver prima catturato l’assassino di Lily e di Daisy. Mi morsi le labbra, cercando le parole più adatte per cercare di sedare gli animi, tralasciando volutamente che se la miccia fosse stata accesa, nemmeno noi saremmo stati risparmiati. Non volevo perdere nessuno di loro.

Graham rivolse un ghigno che indispose il ragazzo. – Rompere i cristalli di un’auto, minacciare con un’arma… sul serio, non sapete fare di meglio? –

– Ma che ca--

L’imprecazione sottovoce di Trevor fu subito interrotta dal continuo. – Una volta, se volevi fottere la Polizia, dovevi impegnarti di più. Impronte. Quattro testimoni. Volete ucciderci? No, non avete le palle per farlo. – ringhiò con un tono di voce talmente basso che sembrava persino non appartenergli. Osservavo in tralice il resto della banda, sconvolta tanto quanto lo eravamo noi. Graham sollevò appena l’avambraccio, puntando le dita in posa di pistola contro il petto del giovane che lo teneva sotto tiro. Quest’ultimo piegò gli angoli della bocca in basso. Temevo che potesse premere il grilletto da un momento all’altro. Perché diamine non l’aveva disarmato?!

– Scommettiamo?! – urlò a voce grossa, nel tentativo di spaventarlo. Invece, considerando la freddezza di Graham nel sostenere il suo sguardo, doveva essere proprio lui quello spaventato.

– Dai, premi. Avanti. In realtà non hai mai sparato un colpo in vita tua, vero? –

– N-Non dire str--

Graham sollevò le dita, indicando la pistola vera ancora puntata alla fronte. – La sicura, pivello. –

Approfittando dei secondi di distrazione che seguirono, balzò in attacco sotto i nostri occhi shockati e disarmò il ragazzo senza troppa difficoltà. Pistola alla mano, stavolta e nemico sotto scacco, mentre questi sbraitava invocando l’aiuto degli altri, la puntò contro il gruppo.

– Oh, ma guarda. In realtà era sbloccata. Allora, chi colpisco per primo? Tu, che hai frantumato i cristalli della mia auto nuova? Oppure tu, che non vedevi l’ora di scopare? Coraggio, ragazzi… chi vuole giocare alla roulette russa con me? – domandò, con un tono divertito al sapore di minaccia e di sfida. Ero senza parole. Mi tornavano alla mente i racconti di Selina e pensavo soltanto che quell’uomo poteva essere pericoloso, se voleva.

– Non lo farai! Non rischierai il distintivo! – gli intimò il ragazzo a terra. Graham, il calcio piantato sulla sua schiena, sparò un colpo in direzione del gruppo, che finalmente, dette segni di cedimento. Dopotutto, le pecore che seguivano il cane, rimanevano sempre pecore.

– Merda, fa sul serio! – esclamò Trevor, incredulo. E lo stesso era per me.

– Certo. La pistola non è mia. –

– Rimarranno le tue impronte, idio--

Una pressione più forte sulla schiena impedì al capobanda di continuare.

Nel frattempo, me ne ero accorta soltanto allora, Alexis aveva dovuto chiamare i rinforzi. Le sirene della polizia si facevano sempre più vicine, tanto che, mollate le armi, a suon di urla, i nostri mancati aggressori finirono col disperdersi, mentre il capo urlava a gran voce e compresi di imprecazioni, i nomi di ognuno di loro.

– Scappano! Che facciamo?! – urlai.

– Niente. – rispose Alexis, mentre Graham tirava su il ragazzo.

– Come niente? – chiesi interdetta.

Graham, tirando fuori dalla giacca un paio di manette, arrestò il tizio. – David Valance, sei in arresto per disturbo dell’ordine pubblico, oltraggio, istigazione alla violenza, tentato omicidio e spaccio di stupefacenti. A proposito, Michael Chambers ti manda i saluti. –

Sgranai gli occhi, soprattutto quando un Jace rilassato come non mai ci raggiunse assieme a un’eccitatissima Lucy. Quest’ultima aveva tra le mani lo smartphone di Jace e aveva trionfalmente spento, proprio in quel momento, una suoneria che riproduceva il suono della sirena.

– Non mi dire… – sospirai incerta, guardando un altrettanto incredulo Trevor.

– Kate!! Non posso crederci!! Ho partecipato anch’io a quest’operazione segreta!! – strillò Lucy, correndo da noi. – Jace mi ha raccontato tutto e davvero… è eccitante! –

Gli rivolsi un’occhiataccia bieca, così come Graham. – Passi stavolta. Ma evitate il coinvolgimento costante di civili. –

– Proprio lei parla, eh? – mugugnai, mentre Alexis, con una risatina, ci spiegò che Chambers aveva patteggiato, vendendo i suoi compagni di scorribande. L’ultimo mancante all’appello era il presente Valance, che avrebbe sicuramente cercato vendetta sul detective Graham. Peccato che non aveva fatto i conti con Mr. Ne so una più del diavolo. Afferrai il braccio di Trevor, poi guardai la mia squadra compresa Lucy.

– Sapete che vi dico? Andate all’inferno. E grazie per non avermi detto nulla. La prossima settimana vado a farmi vedere da un cardiologo. Buonanotte. –

Ignorai i commenti di Jace e di Trevor e gli insulti di Valance, ma non mi sfuggì il sorriso accennato e compiaciuto sul volto di Alexander Graham.

 


 

 

 

 

 

NDA: Terzo capitolo up! Stavolta ho scelto di non dividerlo e spero che la lettura sia risultata agevole. Qualcosa comincia a muoversi e c'è qualche accenno alla storia passata di Alexander, di cui sono follemente innamorata XD molto orgogliosa. Spero sempre di leggere qualche impressione (sebbene  mi renda conto che, a differenza delle straordinarie storie di questa sezione che hanno uno stile veramente thriller, la mia alterna momenti comedy... in effetti, prendetela come fosse una serie tv o una serie anime crime, ecco!) e intanto, ringrazio ancora Elgul1 per la recensione del prologo! Ho deciso di aggiornare non più quotidianamente, ma almeno una volta a settimana, per evitare un'eccessiva esposizione e dare il tempo della lettura, dal momento che i capitoli sono piuttosto lunghi. Alla prossima!

  
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