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Autore: manpolisc_    17/07/2020    2 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 22

Harry fa il giro della macchina per avvicinarsi con cautela all'albero caduto sul terreno mentre io sospiro prima di seguirlo: è più forte di me, ha la super velocità e riesce a diventare invisibile, ma comunque non voglio lasciarlo da solo. È incredibile come il mio atteggiamento sia cambiato verso queste stranezze, se non pazzie vere e proprie. Qualche settimana fa sarei corsa via per la paura infatti; adesso, invece, sento la necessità di scoprirne la causa e, nel peggiore dei casi, fermarla.
- Sembra che qualcosa abbia mangiucchiato il legno. - Mormora mentre segue attentamente con lo sguardo le parti del tronco dove appaiono delle discontinuità, forse segni di morsi. Rimango in piedi dietro di lui, ancora piegato sulle ginocchia, e incrocio le braccia al petto.
- Fino a farlo cadere? - Chiedo un po' diffidente alla sua osservazione. Lui gira la testa per guardarmi dal basso, poggiando un gomito sulla coscia.
- Dopo tutto quello che hai visto sei ancora scettica? - Domanda con un sorriso beffardo mentre si mette in piedi. Alzo gli occhi al cielo, divertita, sapendo che ha ragione. Ormai, anche se dovesse entrare un drago in casa mia, non mi farebbe né caldo né freddo. Beh, si fa per dire: non voglio che diventi un falò. Diciamo che non mi farei problemi a credere che sia reale per davvero, ecco.
- Che cosa pensi che sia? - Lui si allontana dall'albero e si dirige verso la macchina. Lo seguo a ruota, non volendo rimanere da sola, e lo osservo mentre assume un'espressione pensierosa. Appena arriva all'auto scrolla le spalle in risposta.
- Potrebbe essere un Gandharva, uno spirito della natura, ma non ce la farebbe ad abbattere un albero. Oppure un Troll. Spiegherebbe perché non l'abbiamo visto, poiché ci riescono solo i bambini, ma l'avremmo almeno sentito date le loro dimensioni e il tanfo che emanano, quindi escluderei anche questo. - Lo guardo assottigliando gli occhi, confusa, mentre cerco di non perdermi nel discorso. Naturalmente lui è un esperto di mostri, ma io non li conosco tutti. Non saprei neanche dove informarmi dato che su internet chiunque può cambiare la verità a proprio piacimento, registrando nozioni false che magari potrebbero farmi uccidere.
- Sì, concordo in pieno. - Dico con un cenno d’ironia. Lui mi guarda e sospira irritato. So che non mi spiegherà altro: quando c'è bisogno di agire, diventa molto silenzioso per concentrarsi sull'azione, ed è giusto che sia così. Un passo falso, e potrebbe essere morto prima che se ne accorga. Afferra una pistola, estraendola da sotto il suo sedile, e la carica con dei proiettili d'argento sotto il mio sguardo attento. Solo ora noto le sue mani callose ed un'altra piccola cicatrice sul dorso della sinistra.
- Tieni. - Quando mi porge l'arma, sgrano leggermente gli occhi, stupita, e mi rifiuto di prenderla. Non può davvero mettermene una in mano. Non ho idea di come si usi, prima di tutto, e poi non sono tipa da cose come questa, per nulla.
- Meglio se rimane in mano tua. - Rido nervosamente. Non voglio sembrare impacciata, sebbene lo sia fin troppo. E poi, ciò che mi preoccupa davvero in tutto questo è la mia mira. Fa schifo. Come potrei maneggiare una pistola se non centro neanche il cestino con una pallina di carta? Lui mi osserva qualche secondo, riflettendo, poi ci mette la sicura e se la infila nella tasca posteriore dei pantaloni.
- Giusto, sei una Salamandra. Non hai problemi a difenderti. - Chiude a chiave la macchina, al solito, e mi guarda. - Meglio non muoversi finché la cosa che ha fatto cadere l'albero non fa il primo passo. - Annuisco, concordando. È inutile rincorrere un'ombra.
- Perché pallottole d'argento, comunque? Perfino io so che un lupo mannaro non riesce ad abbattere un albero. - Osservo mentre lo guardo negli occhi. Lui alza un sopracciglio insieme all'angolo della bocca in un sorriso beffardo.
- Dovresti farti una cultura sui mostri. - Scuote ripetutamente la testa con ancora quel piccolo ghigno sul volto. - L'argento ammazza la maggior parte delle creature, oppure le rallenta. -
- Allora quando finiamo qui mi accompagni in libreria a comprare la guida sui mostri, come riconoscerli e ucciderli. - Ribatto, ma lui abbozza una piccola risata e rotea gli occhi al cielo.
- Stai diventando troppo arrogante. - Continua a sorridere con fare divertito mentre parla, ma un ululato alle nostre spalle ci interrompe, facendoci girare. Un grande lupo con il pelo nero, bianco sul muso e sull'addome, ci mostra i denti, assumendo un'aria tutt'altro che pacifica. I suoi occhi sono di colori diversi: uno castano, l'altro azzurro. Avanza piano verso di noi, ringhiando, mentre Harry estrae la pistola e toglie la sicura. - Me lo levo subito davanti, così cerchiamo il mostro. - Mira a lui, pronto a farlo fuori, ma non può ucciderlo. Alla fine è solo un animale. Prima che possa premere il grilletto, sposto il suo braccio affinché la traiettoria del proiettile venga deviata. Il colpo va a vuoto, verso l'alto. Il lupo sussulta e scappa via con la coda fra le zampe, spaventato dallo sparo, mentre Harry si gira a guardarmi con gli occhi sgranati, sbalordito. - Era solo un lupo! - Sbraita prima di rimetterle la sicura e riporla in tasca.
- Appunto! Non c'era bisogno di sparargli. - Lo guardo torva. Non mi piace che degli animali innocenti vengano maltrattati, figuriamoci uccisi. Naturalmente lui pensa subito che la soluzione migliore a qualsiasi problema siano le armi, invece sarebbe bastata una semplice fiamma per farlo scappare senza ferirlo. Lui rilascia un sospiro irritato mentre si mette le mani in tasca e si allontana da me. Va di nuovo verso l'albero, forse per esaminarlo ancora e trovare qualche indizio in più che ci illumini sulla natura del mostro.
- Non permetterti più di toccarmi mentre ho un'arma in mano, altrimenti la uso su di te. - Mi avverte mentre cammina, senza degnarmi neanche di uno sguardo. Sbuffo infastidita e gli faccio il verso, ripetendo le sue parole, prima di dirigermi nella direzione opposta per cercare di scoprire qualcosa, senza tuttavia addentrarmi nella boscaglia. So che ha detto che non dobbiamo far nulla prima di un'azione da parte di questa probabile creatura, ma voglio comunque tentare di capirci qualcosa. Non mi capacito del fatto che non riusciamo neanche a percepirla intorno a noi se, per aver fatto cadere un albero, deve essere abbastanza grande e forte. Eppure, sembra che non ci sia nessuno. Qui non è semplice rintracciare un mostro a causa di tutti questi alberi fitti che permettono di trovare facilmente un nascondiglio. Se ci avesse voluto uccidere, però, perché non è rimasto nei paraggi per attaccare subito, senza neanche darci il tempo di realizzare cosa stesse accadendo?
- Trovato qualcosa? - Mi giro a guardare Harry e alzo quel poco che basta il tono di voce affinché possa sentirmi. Anche lui si volta e scuote la testa in risposta, dopodiché riprende a cercare. Sospiro e decido di incamminarmi all'interno del bosco. Se stessimo attendendo qualcosa che magari non succederà neanche, potremmo star qui anche tutta la notte inutilmente. Dunque meglio darsi da fare per evitare probabili danni futuri, specialmente se a quella creatura venisse voglia di muoversi verso il centro cittadino. Dopo aver superato qualche tronco, però, comincio a udire strani versi, sicuramente di animali. Il mio cuore già martella un po' nel petto per la paura con cui la mia mente mi sta già assoggettando. Per questo motivo decido di tornare indietro da Harry. In questi momenti mi sento una totale fifona, e forse lo sono sul serio, ma non m’importa. Preferisco sentirmi protetta vicino a lui.
Tuttavia, quando mi volto, una grossa figura nera sbuca all'improvviso davanti a me, portandomi a lanciare un urlo terrorizzato: una pantera. Non è possibile che ce ne sia una qui. I boschi sono pericolosi, ma non a causa loro; nessuno ne ha mai avvistata una. Retrocedo piano, cercando di evitare qualsiasi mossa che possa innervosirla. Il mio cammino, però, viene interrotto da un albero. Non potendo fare nient'altro, mi ci appoggio con la schiena e mi ci stringo il più possibile contro. Deglutisco, osservando l'animale. Prima che possa scagliarsi contro di me, uno sparo risuona tutt'intorno, facendomi sobbalzare ancora di più quando il proiettile si conficca nella corteccia dell'albero contro cui sono appoggiata, qualche centimetro sopra la mia testa. La pantera scappa prima che Harry possa sparare di nuovo, ma non sembra sua intenzione. Infatti abbassa l'arma, ma non la ripone nella tasca, tenendosi pronto ad utilizzarla un'altra volta se necessario.
- Stai bene? - Chiede e mi guarda negli occhi, preoccupato. Annuisco piano mentre cerco di calmare i battiti del mio cuore. Credo che tra poco mi uscirà dal petto.
- Ti avevo detto di non sparargli. - Sono le uniche parole che riesco a racimolare dopo qualche secondo di silenzio per riprendermi da ciò che è appena successo.
- Ma non hai mai menzionato il fatto di non spaventarlo. - Ribatte ancora con l'arma in mano. Infatti è strano che Harry abbia mancato il bersaglio. - C'è, tipo, il circo in città e non abbiamo visto i manifesti? - Chiede con il suo solito tono ironico, riferendosi agli animali incrociati, che sono rari da trovare in queste zone. Beh, tranne la pantera: non dovrebbe proprio esserci.
- Appena spunterà un elefante potrai richiedermelo. - Prendo un bel respiro per calmarmi, percependo il mio cuore rallentare, mentre mi tiro su e mi pulisco il fondoschiena. - Pensiamo a quel mostro, piuttosto. - Senza perdere altro tempo, corriamo verso la macchina con lo scopo di avere una maggiore visibilità, non essendoci così tanti alberi tra i quali la creatura potrebbe trovare rifugio per attaccarci all'improvviso.
- Non riesco a capire quale mostro sia, e dove sia. - Ringhia infastidito mentre apre la macchina per rifornirsi di proiettili ma, nel caricare la pistola, qualcuno gli cade sul terreno a causa dei tremolii delle sue mani per la rabbia, facendolo imprecare di più perché costretto ad abbassarsi per raccoglierli. So che è abituato ad avere il controllo della situazione, ma innervosirsi non aiuterà molto. Non so come io faccia a star calma, invece: dovrei essere turbata dal fatto che neanche lui riesca a identificarlo, quindi ci viene di conseguenza più difficile ucciderlo.
Inserisce il caricatore dopo averlo riempito e, prima che possa ribattere, il barrito di un elefante rimbomba in tutto il bosco. Lui si arresta del tutto, rimanendo con la mano ferma sulla sicura della pistola poiché intenzionato a metterla, e presta ascolto mentre guarda oltre la macchina. Mi volto piano, schiudendo del tutto la bocca per l'incredulità quando trovo il mammifero qualche metro dietro di noi. Anche Harry si gira, dando le spalle alla macchina, ma si limita a sbarrare gli occhi per lo stupore.
- Ripropongo. C'è il circo in città e non abbiamo visto i manifesti? - Chiede il dampiro. Sento la sua domanda, ma non gli rispondo poiché ancora leggermente sotto shock nel vedere l'enorme elefante squadrarci dall'alto. Non so dire cosa sia scattato in Harry, ma questo comincia a camminare con determinazione verso l'animale, tenendo il braccio teso per mirare alla sua testa.
- No! - Urlo, sperando che Harry mi dia ascolto e rinuncia a ucciderlo, ma con un solo colpo di proboscide il pachiderma lo ferma, lanciandolo verso un albero. Il riccio, prima di sbattere con violenza contro il tronco, perde la pistola nel volo, che finisce dalla parte opposta. Lo guardo spaventata, sperando che si rialzi, ma sembra esser svenuto.  Quando l'elefante incrocia il mio sguardo, riesco a vedere i suoi occhi: uno castano, l'altro azzurro. Ora capisco perché Harry si sia affrettato a puntargli l'arma contro: è lui il mostro. Vorrei provare a prenderla, ma mi bloccherebbe subito la strada, magari trasformandosi in pochi attimi in un animale più veloce. Ancora non riesco a capire, però, di quale creatura si tratti. Dunque, non avendo nessuna brillante idea in mente, utilizzo il piano di fuga, letteralmente. Usare il fuoco sarebbe inutile data la mia scarsa concentrazione: se mi fosse scappata anche una minuscola fiammella, avrei provocato un incendio. Comincio a correre più veloce che posso verso il bosco. Se si trasforma, potrei cercare di rallentarlo in qualche modo, magari usando l'energia della terra.
Harry mi ha sempre raccomandato di non girarmi se non è necessario, di continuare a correre, ma questa mi sembra un'emergenza: ho bisogno di sapere dove il mostro si trovi. Però, avrei dovuto seguire il suo consiglio: nel vederlo assumere di nuovo le sembianze di un lupo, rischio di inciampare su una radice per la distrazione. M’immergo nel fitto degli alberi. È decisamente meglio giocare ad acchiapparello con Harry. Il silenzio viene interrotto dal mio respiro affannato, dal suono dei rametti che vengono spezzati durante la corsa e dal ringhio del lupo. Prima che questo raggiunga la radice che ho già superato, la faccio allungare con un movimento della mano e, fortunatamente, ci inciampa sopra, riuscendo a farmi guadagnare un po' di tempo. Devo far il giro e tornare indietro a recuperare la pistola di Harry. L'animale, però, è già di nuovo in piedi e per un pelo non mi afferra la gamba con la sua morsa, sbucando tra due alberi sul mio lato sinistro e facendomi urlare per lo spavento. Riesco a recuperare un po' di terreno quando sbatte contro un tronco subito dopo aver cercato di acciuffarmi, ma non vado lontano perché cado. Oltre ai polmoni, ai muscoli delle gambe e dell'addome, ora anche le mani e le ginocchia mi bruciano dal dolore. Cerco di mettermi in piedi, ma ricasco senza forze. Non potendo far nulla, mi accosto all'albero più vicino per appoggiarmici contro, cercando di essere più silenziosa possibile. I jeans, all'altezza della rotula, si sono strappati e mostrano due belle sbucciature coperte di sangue e terra. Sposto lievemente il tessuto per controllarle mentre sibilo tra i denti un verso di dolore anche a causa delle mie mani, che mi affretto a guardare: il palmo è rifinito da alcuni tagli e ciottoli incastrati. Me li levo dalle ferite, stringendo i denti per alleviare quel fastidio. Non ho il tempo di alzarmi che il lupo è di nuovo di fronte a me. Vorrei usare il fuoco, ma ho paura che a causa dei tagli non ci riesca.
Credo che il momento in cui sono sola e con le spalle al muro, senza che nessuno possa aiutarmi sul serio, sia arrivato. Io e il mio problema. Non posso scappare, non ci sono vie d'uscita. Non importa cosa succederà, questa è solo la prima volta. So che mi potrei ritrovare in situazioni del genere altre mille volte, se non dovessi morire stasera, e che prima o poi potrei riuscire ad evitarle, ma essendo un Elementale è meglio prendere in considerazione il mai ed accettare che la mia vita è questa adesso e che sarà impossibile non essere sola contro il mondo.
Mi guardo intorno, in cerca di un modo per salvarmi, prima che la mia attenzione sia catturata da dei rami sopra di noi, ma sospiro esasperata quando mi rendo conto che non riuscirò a farli cadere. Sono a corto di forze. Nel frattempo il lupo, con il pelo rizzato, ringhia e mostra i denti, immaginando già il sapore della mia carne. L'animale ulula, felice di aver catturato la sua preda, ma il suo verso viene interrotto da uno sparo che lo fa collassare a terra e che mi fa urlare per il disgusto di vedere una parte della sua testa saltare. Adesso che è morto davanti ai miei piedi, i suoi occhi sono completamente bianchi e, non lontano da quello sinistro, c'è il buco che il proiettile ha formato. Qualche secondo dopo, l'animale esplode in una nuvola grigia che viene fagocitata dal terreno. Cerco di mettermi in piedi, sebbene non ci riesca, mentre sento i passi di Harry avvicinarsi. Devo trattenermi dal piangere dalla felicità che si sia svegliato. Però, non appena si avvicina, mi rendo conto che non è il dampiro, bensì Albert. A vederlo qui, corrugo la fronte e storco le labbra, del tutto meravigliata.
- Ho notato il tuo amico dormire vicino a un albero, poi mi sono ricordato che ha pulito mezzo bosco con le mie chiappe l'altra volta e non poteva solo fare un sonnellino. Soprattutto con la sua pistola in bella vista. Fortuna che ti ho sentito urlare. - Mi sorride mentre lascia cadere a terra l'arma e mi porge la mano per aiutarmi ad alzare. - Ed ho trovato anche il mio Skinwalker. - Aggiunge prima di sorridermi. Giusto, anche lui caccia, essendo un Elementale.
- Mi ricorderò subito di controllare i suoi occhi la prossima volta. - Dico dopo qualche secondo in cui cercavo di realizzare cosa è successo mentre tento di togliere quei ciottoli dalle mani, nonostante mi procurino un bruciore orribile.
- Non è sempre così facile. - Mi lascia il braccio appena si assicura che riesca a camminare, almeno abbastanza da non cadere.
- Grazie, comunque. - Mormoro mentre usciamo da quegli alberi fitti e ci dirigiamo verso la Range Rover nera. Harry è lì accanto e, quando ci nota, corre verso di noi, allontana Albert da me in maniera sgarbata e mi abbraccia. Mi lascio stringere, sebbene lui non sembri il tipo da queste cose e io sia ancora turbata dall'accaduto.
- Menomale che sei viva. - Sussurra sulla mia spalla senza neanche lasciarmi il tempo di parlare, poi si stacca e poggia le mani sulle mie spalle per squadrarmi con attenzione, controllando che non sia ferita gravemente. - Per fortuna sono solo due taglietti. - Sospira dopo aver notato le mie ginocchia sbucciate e i palmi, poi fa un cenno col mento ad Albert di ringraziamento. Questo sorride prima di guardare me.
- Allora vi lascio. - Chiede dopo attimi di silenzio in cui Harry ancora si sta assicurando che non abbia nulla di rotto e io sono ancora troppo agitata per dire qualcosa di concreto. - Ci vediamo domani alla festa di June, quindi? - Annuisco.
- Grazie di nuovo per l'aiuto. - Dico sinceramente con lo sguardo nei suoi occhi.
- Grazie per avermi fatto uccidere il mostro che cacciavo. - Mi sorride prima di lanciare un'occhiata fugace al dampiro, poi si allontana con le mani in tasca. Credo che il vero motivo per cui Albert non abbia più proposto di allenarci insieme sia Harry. Lo mette troppo in soggezione, ma non ne sono sicura. Appena mi viene in mente il volo che invece quest'ultimo ha fatto mi giro verso il moro.
- Tu stai bene? -
- Solo un leggero dolore alla schiena. - Mi rassicura con un piccolo sorriso. - Dai, andiamo. Ti porto a casa. - Dice prima di circondarmi la schiena con un braccio per aiutarmi a camminare, nonostante non ne abbia bisogno.
- Dobbiamo recuperare la tua pistola. -
- Non m’importa nulla della pistola, ora. -
***
- Ancora non ho capito come facciano le tue ferite a rimarginarsi subito. - Sussurro, ancora seduta sulla tazza del water. Lascio un sospiro di dolore quando Harry estrae l'ennesimo, minuscolo ciottolo dalla lesione con la pinzetta. Comunque rimane inginocchiato a lavorare, noncurante dei miei continui lamenti.
- Fibrinogeno, piastrine e fattori di coagulazione in numero maggiore. - Alzo un sopracciglio, divertita, a sentire quei termini scientifici che ha usato. Non udendo le mie lamentele quando estrae l'ultima pietruzza, alza il volto per guardarmi. - O qualche cazzata del genere. - Continua prima di posare la pinzetta e afferrare un panno pulito, poi mi tampona le ginocchia in modo da pulirle. Lo osservo in silenzio mentre scarta due cerotti abbastanza grandi e li applica sulle ferite, successivamente mi afferra con delicatezza una mano e passa a disinfettarne il palmo con un po' di cotone ed acqua ossigenata. - Non ho ancora capito come tu sia caduta, comunque. -
- Una pietra. - Sbuffo alquanto infastidita al pensiero. Una sola roccia avrebbe potuto farmi uccidere. - Non capisco perché tutti questi mostri stiano uscendo solo ora. In diciassette anni non è mai successo niente mentre adesso cercano di attaccarmi tutti insieme. - Oppure, non me ne sono mai accorta. Forse la sera, quando camminavo per strada per tornare a casa, c'era qualche orribile creatura dietro di me che mi stava col fiato sul collo ma non me ne sono mai resa conto. Rabbrividisco solo al pensiero. Harry scrolla le spalle, indifferente, e passa a disinfettarmi l'altra mano. - C'è una cosa che mi sono sempre chiesta. - Dico per interrompere quel silenzio tra di noi. Non mi piace quando si crea. Gli fa assumere un'aria seria che, dopo settimane che ormai stiamo quasi tutti i giorni insieme, mi mette leggermente in soggezione. Preferisco di gran lunga quando sorride. Alza il mento per osservarmi e incitarmi a parlare. - Come riescono i tuoi vestiti a scomparire quando diventi invisibile? Cioè, non dovresti essere nudo? - Scoppia a ridere alla mia domanda, poi scuote la testa.
- Non ne ho idea, sinceramente. Non ho avuto il tempo per chiederlo a mio padre, sai com'è, ma credo sia lo stesso meccanismo del sudore. -
- Del sudore? - Trattengo una risata mentre lui sorride.
- Sì. Sudo io, si bagna la maglia. - Afferma quasi serio, ma so che sta scherzando. Prende la garza per strapparla, poi la arrotola intorno ai miei palmi.
- Beh, è una teoria interessante. - Ridiamo di nuovo mentre lui afferra con i denti un pezzo del tessuto e lo lacera, poi lo blocca tra le fessure per evitare che scivoli via dalle mani. - Sei un ottimo medico. - Mormoro, osservandolo all'opera.
- È una delle tante cose che ho dovuto imparare. - Mi sorride lievemente, continuando a tenere lo sguardo nei miei occhi. - E poi, per dei taglietti del genere tutti sono bravi medici. - Annuisco, concordando, mentre lui accenna un ghigno divertito, che fa sorridere anche me. Allungo una mano verso il suo volto per spostargli un ciuffo di capelli dagli occhi mentre non distoglie lo sguardo dai miei. Li osserva per qualche secondo, dopodiché si alza in piedi e si schiarisce la voce. - È meglio che vada ora. Domani abbiamo una festa da rovinare. - Sorride entusiasta.
- Allora ci vediamo domani. - Lui fa un cenno per salutarmi, poi se ne va mentre mi tiro su e vado in camera a togliermi la maglia sporca di terra e infilarmene un'altra blu. Recupero i panni sporchi per lavarli. Tutti, tranne i jeans che già avevo rimosso per scambiarli con dei pantaloncini e facilitare il lavoro a Harry con le mie ginocchia. Fortuna che non avevo peli.
Mi affaccio alla finestra quando sento il dampiro mettere in moto la macchina e uscire dal quartiere: la strada è completamente deserta ora, come sempre; l'orologio batte quasi la mezzanotte. Chissà per che ora tornerà mia madre, data la cena di lavoro. Non concludo neanche il mio pensiero che il campanello suona. Scendo giù, prestando attenzione ai gradini. Non vorrei cadere e perdere altro sangue stasera.
- Ma perché ti scordi sempre le chiavi? - Accompagno la mia domanda con uno sbuffo mentre apro la porta. Sulla soglia, però, non c'è mia madre, bensì un ragazzo con i capelli legati in un piccolo codino, una maglia blu acciaio con la scritta Chicago e dei jeans chiari: Luke, quel Cacciatore Oscuro. - Non osare avvicinarti. - Gli ordino con tono duro mentre faccio un piccolo passo indietro, pronta a sbattergli la porta in faccia.
- Voglio solo parlarti. - Dice con tono e sguardo sinceri mentre alza le mani in segno di pace senza fare un passo.
- Ricordo che la scorsa volta mi hai detto qualcosa di simile, e non finì bene. - Sto per chiudere la porta, ma lui la blocca di nuovo con una mano, spingendola di poco. Infila l'altra nella tasca e ne estrae una pistola. Adesso sono determinata più che mai a lasciarlo fuori, prima che abbia la possibilità di fare qualsiasi cosa, ma lui getta l'arma tra i cespugli, dopodiché mi guarda.
- Posso? - Insiste, in maniera fin troppo gentile.
   
 
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