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Autore: piccolo_uragano_    20/07/2020    4 recensioni
(UMILE SEQUEL DI "PIU' DI IERI...")
«Non farei mai niente per infastidirti» spiegò subito. «Quantomeno, non intenzionalmente» aggiunse, sottovoce.
Lei allargò il sorriso. «Grazie»
«Grazie?»
«Sì: grazie»
«E per che cosa?»
«Per quello che hai detto: non è affatto scontato»
Lui fece spallucce, e lei riconobbe il Draco Malfoy di cui le avevano raccontato i suoi fratelli. «Mi pareva il minimo, sai, non ferire le persone a cui tieni e stare sempre dalla loro parte, cose così. Ci ho messo un po’, ma l’ho imparato»
«Quindi starai sempre dalla mia parte?»
«Cascasse il mondo, Anastasia Black, sarò dalla tua parte»
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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12. 
qualcosa di bello

«Non sono d’accordo»
«Lo so»
«Credo che dovremmo intervenire»
«E invece devi rimanere qui»
Lo sguardo che Martha rivolse a Sirius, lo fece tornare a sedersi a tavola con l’aspetto di un bambino in punizione.
«Ragiona, Sirius Black» gli disse calma la moglie. «Le hai chiesto per ben tre volte cosa fosse successo, e per ben tre volte lei non ti ha risposto. A cosa ti servirebbe seguirla in camera? Per farti dire di no per la quarta volta e farla arrabbiare ancora di più?»
Sirius roteò gli occhi. «Fammi riprovare!» implorò.
Martha scosse la testa.
«Provo a chiedere a Robert» decretò Sirius, alzandosi di nuovo dalla sedia.
«Lo sai che non ti direbbe niente»
Sirius si sedette di nuovo indossando la migliore delle sue espressioni imbronciate, mentre la moglie sparecchiava con un colpo di bacchetta. Dopo una manciata di secondi, Sirius si alzò di nuovo da tavola.
«Sirius» lo richiamò la moglie.
«Rilassati, donna» sorrise lui. «Sto andando ad aprire la porta»
Lei non fece a tempo a dire che non avevano suonato, perché in quel momento, il suono del campanello invase la casa. Martha scosse la testa e sbuffò. Maledetti sensi da Padfoot. Sirius uscì dalla cucina per attraversare l’atrio con passo stanco, e spiare attraverso lo spioncino chi fosse che a quell’ora poteva presentarsi alla loro porta. Scuotendo la testa, aprì la porta.
Edward Scott, nascondendo l’imbarazzo dietro una posa da duro, stava in piedi davanti a lui con una scatola di cartone in mano.
«Edward» lo salutò Sirius, non riuscendo a nascondere un sorrisetto. «Questa che è una sorpresa»
«Buonasera, signor Black» salutò lui cordialmente. «Chiedo scusa per il disturbo, sono passato solo per lasciare questo»  e porse lo scatolone ad un incredulo Sirius.
«Immaginavo fossi qui per vedere Anastasia» rispose Sirius perplesso afferrando lo scatolone.
«Oh, no, signore, ci siamo già visti qualche ora fa ed è stata abbastanza chiara, non credo abbia voglia di vedermi»
Sirius alzò le sopracciglia e si trattenne dall’urlare e saltellare verso la moglie. Ecco, ecco cosa è successo.
«Capisco» si limitò a dire, sforzandosi di continuare a recitare la parte del padre calmo e risoluto come aveva fatto per anni davanti a quel ragazzo.
«Ma quelli … sono dei libri che mi aveva prestato, e altre cose a cui so che teneva ma non ho mai avuto modo di restituirli»
Sirius annuì di nuovo. «Sei un caro ragazzo, Edward. Voglio dire, sei uno stronzo, ma … sei anche un caro ragazzo»
Edward incassò il colpo e annuì. «Grazie per la schiettezza, signor Black»
«Capisci però che non posso trattenermi dal chiederti se sei tornato per restare»
«No, no, riparto tra qualche giorno» rispose lui subito. «Mio fratello, Peter …»
«Oh, ho saputo!» sorrise Sirius d’improvviso. «Incrocio spesso vostro padre al Ministero» spiegò. «Porta a Peter e Laetitia di nuovo le mie congratulazioni!»
Edward mostrò un sorriso sincero. «Non mancherò, signor Black. Lei porga i miei omaggi alla sua signora»
Sirius annuì, e prima che potesse ringraziarlo, lui gli aveva voltato le spalle e stava attraversando il giardino per raggiungere il cancello. Chiuse la porta e scosse la testa.
Uno stronzo, ma anche un caro ragazzo.
«Chi era, tesoro?» domandò Martha uscendo dalla cucina.
«Non te lo dico» sorrise il marito, salendo le scale di marmo.
«Sirius!» s’inasprì la moglie, richiamandolo con il tono con cui richiamava gli apprendisti Auror.
«Così impari!» strillò, ormai alla fine delle scale.



Anastasia era in piedi davanti alla finestra. In pochi minuti, sarebbe arrivato un temporale. I tuoni e i lampi notturni, pensò, riflettevano in pieno il suo umore. Era così arrabbiata, che non sapeva per cosa essere arrabbiata di più. Per la faccia tosta di Edward o per l’omertà di Ted?
Da Ted si sentiva tradita, da Edward si sentiva umiliata.
Quale sentimento la feriva di più?
Toc toc.
«Vattene, mamma» sbuffò lei.
«Ho una cosa per te» rispose suo padre, al di là della porta di legno bianco.
«Una bottiglia di Whiskey Incendiario?»
«No, ma se vuoi possiamo andare a prenderla»
Anya scosse la testa e aprì la porta con un colpo di bacchetta. Rimase a fissare suo padre, con in mano quella scatola sigillata, e alzò le sopracciglia. «Traslochiamo?»
«Posso entrare?» domandò Sirius con garbo.
Lei annuì. Lui mosse qualche passo all’interno della stanza e posò la scatola ai piedi del letto. «Dunque, ehm, io non … non sono troppo bravo in queste cose, senza contare che non lo ammetterò mai davanti a lei, ma mi scoccia molto agire senza il consenso di tua madre»
Anya piegò gli angoli della bocca, sforzandosi di sorridere.
«Ma poco fa, il signor Edward Joseph Scott ha bussato alla nostra porta»
Anastasia inclinò la testa e sospirò, sentendosi anche peggio di qualche secondo prima.
«Mi dispiace, papà»
«Oh, non hai di che scusarti: come suo solito, è stato incredibilmente gentile»
La ragazza corrucciò la fronte.
«Ha lasciato questo, per te» disse, indicando lo scatolone. «Ha detto che sono libri che gli avevi prestato e altre cose a cui tenevi e che non aveva avuto modo di restituirti» spiegò. «Dunque, non dico di essere d’accordo con tua madre, ma credo che certe cose vadano affrontate da soli, quindi … adesso me ne vado. Però sappi che ho un po’ di lavoro arretrato da portare a termine, quindi mi troverai nello studiolo, per qualsiasi cosa. Anche solo se ti andasse di portare una tisana al tuo vecchio e condividere il silenzio»
Anastasia gli rivolse un convincente sorriso di gratitudine. «Grazie, papà»
Lui le strizzò l’occhio e se ne andò. E lei rimase a fissare quella scatola, convinta che si sarebbe aperta da sola e ne sarebbero uscite tutte le emozioni negative che sentiva nel petto in quel momento.
 
Anya scosse la testa, dopo aver spalancato la porta. «Ti manda la mamma?»
Robert scosse la testa. «Sono un soldato volontario» sorrise.
«Non ho voglia di vedere nessuno» sentenziò la piccola.
«Si, ho saputo» rispose il fratello. «Ma si da il caso che io abbia delle cose da dirti»
Anastasia lo fissò per qualche secondo. Sostare sulla porta di Grimmauld Place non era una cosa saggia, ma lei era andata lì proprio per evitare cose come “ti devo parlare”. Senza nascondere di farlo controvoglia, fece cenno al fratello di entrare, portandosi un dito sulla bocca in segno di silenzio quando passarono davanti al quadro di Walburga.
Robert, asciugandosi i capelli zuppi di pioggia con un rapido incantesimo, raggiunse la cucina e incantò il bollitore perché gli preparasse un tè. Non importava quanti anni potessero passare: tornare in quella casa gli faceva sempre un certo effetto. Il fatto che Anastasia la usasse come rifugio, dopo che per loro era stata una prigione, non era altro che l’ennesima riprova di quanto la vita sappia sorprendere.
Anastasia se ne stava in piedi sulla porta, con le braccia incrociate e i capelli raccolti in due treccine.
Robert la guardò e sorrise. «Sai che i primi mesi della tua vita li hai trascorsi qui?»
«Robert …» sbuffò lei.
«Le prime volte che ti tenevo in braccio e ti raccontavo tutto quello che mi passava per la testa, sono state qui» continuò lui. «Però era facile, sai, o almeno più facile di adesso: le sole reazioni che potessi aspettarmi da te fossero che ti mettessi a piangere o ti addormentassi» prese posto a tavola – il suo solito posto. «Con il tempo, hai iniziato a rispondermi con dei versetti tutti tuoi e … e così via»
Anche Anastasia si sedette, mentre due tazze di tè fluttuavano verso di loro.
«A volte, vorrei che fosse ancora così semplice»
«Se vuoi mentre parli mi metto a fare dei versetti» sorrise acida lei.
Lui scosse la testa e girò il cucchiaio nella tazza. «Papà e mamma non sanno perché sei rinchiusa qui»
«Perché non ho voglia di vedere nessuno per un giorno o due» rispose lei scocciata. «Non mi sembra una cosa difficile da capire»
«Ma io lo so»
«E allora perché sei qui?»
«Perché non è colpa di Ted»
«Prego
«Qualche giorno fa, mentre tornavo a casa da lavoro, sono stato fermato da Edward Scott: sembrava felice di vedermi, e per qualche minuto siamo rimasti a parlare del più e del meno. Credimi, tutto quello che avrei voluto fare, sarebbe stato prenderlo a pugni, ma mi sono sforzato di essere gentile e rispondere alle sue domande sul mio matrimonio o sui miei figli»
Anastasia spalancò gli occhi. «Merlino, Robert!» gli ringhiò.
«Lasciami finire, per favore. Da una parte te ne avrei voluto parlare, anche solo per metterti in guardia, dall’altra … la sola idea di vederti di nuovo stare così male mi ha paralizzato. Totalmente. Però ero tormentato dai sensi di colpa, perché … perché ci siamo sempre detti tutto, perché sei la bambina a cui raccontavo tutto ciò che mi passava per la testa per di farla addormentare, e perché sei mia sorella, e tanto basta»
Anastasia si coprì il viso con una mano. Lui si aspettò che fosse furiosa, ma i suoi occhi sembravano dire altro. Sembravano dirgli: ti capisco. Poi, con un cenno, gli chiese di andare avanti a raccontare.
«Il giorno dopo sono andato da Harry»
«Anche Harry?!»
«Sì, anche Harry. E anche i gemelli e Ron, se proprio vuoi allungare la lista delle persone a cui tenere il broncio. Harry mi ha ascoltato e insieme abbiamo convenuto che fosse meglio non dirti niente»
«Che stronzi»
«Sì, esattamente. Ho pranzato con lui e i bambini e poi …»
«Sei andato da Ted» concluse lei a denti stretti.
«Sono andato da Ted, sì» ammise. «Volevo metterlo in guardia, lui … conosce i tuoi spostamenti meglio di chiunque altro, soprattutto ultimamente. E poi volevo sapere se lui lo sapesse, perché sai, Ted sa sempre tutto»
«E gli hai chiesto di non dirmi niente?»
«Abbiamo parlato un po’, e … beh, ci siamo detti che ciò che non sai, non ti può ferire. Se nessuno te lo aveva detto, allora forse era meglio così. Quindi, non devi prendertela con Ted, non è colpa sua. È colpa mia, sono stato io a coinvolgerlo. E non te la devi prendere neanche con Harry» scosse la testa. «Ti devo delle scuse, Anastasia. Ogni tanto mi dimentico che sei grande e che puoi decidere da sola certe cose, soprattutto se riguardano la tua vita sentimentale»
Anastasia chiuse gli occhi. Nonostante stesse facendo la voce grossa, a lui continuava non sembrare arrabbiata, ma scossa. Si sarebbe aspettato di trovarla arrabbiata: Ted lo aveva messo in guardia, e suo padre aveva confermato.
Anastasia aprì la bocca per parlare un paio di volte, per poi chiuderla subito. Mentre lui si aspettava di venire strigliato a dovere, lei piegò gli angoli della bocca in un dolce sorriso.
«Grazie per avermelo detto» disse, poi.
Lui la guardò senza capire. «Non … non sei arrabbiata? Non mi urli addosso come hai fatto con Ted? Devo ammettere che speravo di sentirti urlare, perché è una cosa davvero rara»
«Non avevo considerato l’idea che lo stesse facendo per proteggermi» ammise, guardando la sua tazza di tè. «E lo so che ci siamo sempre detti tutto … ma capisco che a volte sia difficile, ultimamente»
Robert annuì, stupito dalla sua maturità. «C’è qualcosa che non mi stai dicendo?»
In quel momento, in quel preciso momento, il telefono di Anastasia, emise un tintinnio dalla tasca dei suoi pantaloni, rompendo il silenzio. Lei, senza aprire bocca, annuì quasi impercettibilmente. «Un giorno te lo racconterò» aggiunse, con un filo di voce. «Te lo prometto, Robbie»
Anche il fratello annuì, accarezzandosi la barba con aria pensierosa, esattamente come faceva Sirius. «Spero … cioè, è qualcosa di bello?»
«È qualcosa di bello» confermò lei.
Lui le sorrise e prese a raccontare del negozio, di Hermione, dei bambini, dell’ultima idea di George, e di tutta una serie di cose che Anastasia ascoltò in silenzio, riuscendo solo a pensare che un giorno, anche lei si sarebbe dovuta scusare con suo fratello per averle nascosto un legame inaspettato e bellissimo con l’ex-Mangiamorte Draco Malfoy, potendo solo sperare che la reazione di Robert fosse pacata e razionale quanto lo era stata la sua quel giorno.
Mentre Robert si accendeva una sigaretta, Anastasia spiò il messaggio che le era arrivato.
Era Draco.
Stai meglio?
Rimise il telefono in tasca sperando di poter nascondere il sorriso ebete che sicuramente le era spuntato sul viso.
È qualcosa di bello, si ripeté.

Anastasia era rimasta seduta nella cucina di Grimmauld Place, quando Robert se ne era andato. Era rimasta su quella dannata sedia davanti a quella tazza vuota e a quel messaggio da aprire. Aveva allacciato le ginocchia al petto ed era rimasta a fissare il vuoto.
Era già da qualche ora che aveva deciso di perdonare Ted. Più che altro, era già da qualche ora che aveva capito di non essere tanto arrabbiata con lui quanto lo era con Edward. E alla fine, la sola cosa che di Edward la faceva arrabbiare, era essere così sé stesso. Dunque, non sarebbe arrivata da nessuna parte. Era arrabbiata con Edward perché sentiva di essere profondamente cambiata, dopo la fine della loro relazione. Era cambiata durante, e anche dopo. E non intendeva solo “il periodo buio”, come lo definiva Ted. Ma la persona che era diventata dopo. Non era più quella di prima.
Lui, invece, era sempre lui.
Perché era così da Edward Scott rincorrerla per chiederle di fare due parole.
E realizzò di essersi arrabbiata perché una volta quel comportamento le avrebbe fatto tenerezza, mentre ora le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Lei era cambiata. Non la facevano più ridere le stesse cose, non portava lo stesso profumo, o lo stesso taglio di capelli. Non leggeva più gli stessi libri e non aveva più gli stessi amici – oltre a Nicole, Ted, e Lyall ovviamente. Ma loro, loro ci sarebbero sempre stati. Erano come fratelli, e niente avrebbe potuto dividerli. Di questo era certa.
Lui era rimasto Edward.
Era rimasto lui, senza cambiare di una virgola. E da un certo punto di vista, lo ammirava per questo. E si odiava, per quello. Aveva dovuto fumare due sigarette per arrivare a quella conclusione: lo ammirava per non essersi lasciato scalfire da lei, mentre lei si era lasciata travolgere da lui, dal suo amore, dal suo passaggio, e poi dalla sua assenza.
Si era portato via alcuni pezzettini di lei, si era tenuto la sua voglia di ridere e di vivere ben stretta in tasca, per un periodo, e ne era uscito immutato.
Era arrabbiata perché ancora a volte stentava a riconoscersi in quella nuova Anastasia, perché a volte non le sembrava ancora vero di essere cambiata e cresciuta così tanto. A volte, guardandosi nello specchio, quel viso così incavato e spaventosamente adulto non le sembrava il suo. Avrebbe voluto urlare che no, non era lei, lei era “solo Anastasia”, quel viso così adulto, altezzoso, così regale, così Black, non era il suo.
Non che avesse qualcosa contro i Black, anzi.
Era arrabbiata perché era cresciuta, e i suoi fratelli avevano cercato di farla giocare il più a lungo possibile, di fare il solletico per levarle il broncio fino a che non era stato più possibile, perché a loro, per un motivo o per un altro, l’infanzia e la voglia di ridere era stata tolta quasi subito, e lei, le dicevano, se la meritava tutta.
Era arrabbiata perché sentiva di non essere più “la piccola Black”, come tutti l’avevano sempre chiamata. Era arrabbiata perché non si riconosceva più in quel nomignolo, eppure, a volte lo sentiva ancora più suo di qualsiasi altra cosa.
Era arrabbiata con sé stessa, insomma: Edward era solo un contorno. Un contorno con cui era comunque arrabbiata e a cui avrebbe comunque volentieri spaccato la faccia, ma comunque un contorno.
Aveva deciso di rimanere seduta su quella sedia perché alzarsi, tornare a casa, o da qualsiasi altra parte, significava ammettere tutto quello che le stava passando per la testa in quel momento – e chissà da quanto durava, quel momento. Chissà da quanto sapeva di essere arrabbiata con Edward per averla cambiata.
Si accese un’altra sigaretta e raccolse il telefono dal tavolo.
Aprì il messaggio di Draco e digitò: “Grazie”. Dopo aver premuto il tasto di inviò, aprì un altro messaggio.
Ceni con me?”
La risposta non tardò ad arrivare.
Kora sta già apparecchiando ;)
Non riuscì a non sorridere. Per la naturalezza, della cosa, e perché chi diamine aveva insegnato a Draco a strizzare l’occhio con la punteggiatura?
 
«Ti devo dire una cosa» le disse Draco, dopo un’ottima portata di pasta allo scoglio e con in mano un sigaro quasi finito.
Anastasia sospirò, sorseggiando il vino rosso dall’elegante calice di cristallo e sforzandosi di non preoccuparsi.
L’aveva ascoltata per quasi mezz’ora, un’altra volta. L’aveva ascoltata sproloquiare sui suoi drammi esistenziali, e non sembrava essergli pesato. Anzi. E lei, lei si sentiva meglio dopo averne parlato con lui. Con lui, e lui soltanto. Sapeva che se ne avesse parlato con chiunque altro, la sensazione sarebbe stata diversa.
«Io sono stato invitato al matrimonio di Peter e Laetitia» annunciò, quasi con disprezzo. «Non è per amicizia, ma per cordialità» spiegò. «Credo … sai, Lewis Scott, nonno di Peter e Edward, era molto amico di mio nonno, Abraxas, hanno condiviso la mania della stirpe e dei Purosangue» proseguì. «Mi hanno mandato l’invito stamattina, ma … non ho ancora risposto»
Anastasia alzò le sopracciglia.
«Voglio dire, non ci tengo particolarmente. Non ci andrò, se la cosa ti infastidisce o se ti crea problemi, o se hai altri programmi che mi coinvolgano per quel giorno»
Lei non poté fare a meno di sorridere.
«E convincerò anche Blaise a non andarci, se serve» si sentì di aggiungere. «Perché sorridi così?»
«Tu … non ci andresti per me
Draco annuì sicuro. «Non farei mai niente per infastidirti» spiegò subito. «Quantomeno, non intenzionalmente» aggiunse, sottovoce.
Lei allargò il sorriso. «Grazie»
«Grazie?»
«Sì: grazie»
«E per che cosa?»
«Per quello che hai detto: non è affatto scontato»
Lui fece spallucce, e lei riconobbe il Draco Malfoy di cui le avevano raccontato i suoi fratelli. «Mi pareva il minimo, sai, non ferire le persone a cui tieni e stare sempre dalla loro parte, cose così. Ci ho messo un po’, ma l’ho imparato»
«Quindi starai sempre dalla mia parte?»
«Cascasse il mondo, Anastasia Black, sarò dalla tua parte»
Lei sollevò il calice di vino per farlo incontrare con il suo. «Grazie»
«Di nuovo?»
«Di nuovo»
«Per cosa, questa volta?»
«Non te lo dico»
Draco mostrò un mezzo sorriso. La fissò per qualche secondo. «Sei un’Occlumante?» chiese, nascondendo lo stupore con un tono di finta accusa.
«E tu sei un Legilimens» constatò lei.
«Non te ne eri mai accorta?»
«Tu non te ne eri mai accorto»
Draco rise e scosse la testa. «Ci vado o non ci vado, al matrimonio?»
«Dipende quanto sei bravo con la Legilimanzia» rise lei.
«Ci vuoi venire con me?»
«Non ci metto piede, a quel matrimonio»
«Benissimo» contestò lui. «Posso provarci con la damigella?»
«Sai almeno chi sia?»
«Assolutamente no, ma di solito sono carine» e dopo qualche secondo, aggiunse «Ah! Basta un pizzico di gelosia per mettere fuori gioco anche la migliore delle Occlumanti»
«Io non sono di certo la migliore delle Occlumanti» precisò lei, sorseggiando altro vino. «E non ho detto di essere gelosa»
Lui si tamburellò la tempia con l’indice. «Non serviva che lo dicessi: l’ho visto»
«Ahhh» sorrise lei.
Lui la guardò e rise. «Sabato è il compleanno di Blaise»
«Lo so, ho ricevuto un bizzarro invito ad una festa di compleanno … credo nel tuo giardino, tra l’altro»
«Se ti ha già invitata, mi ha risparmiato metà del lavoro»
«No»
«No?»
«Un conto è essere invitata da lui, un conto è essere invitata da te»
Lui sorrise e scosse la testa. «L’hai chiusa di nuovo»
«Cosa?»
«La mente»
«Certo» si fece beffa lei. «Non vincerai facilmente, contro di me»
«Questo lo avevo capito» sbuffò lui, facendo girare il vino nel calice. «Allora, ci vieni?»
«Al matrimonio?»
«Alla festa»
«Chiedimelo»
«Te lo sto chiedendo»
«Chiedimelo meglio»
Forse – anzi, sicuramente – fu il vino. Ma lui si alzò, e fece il giro del tavolo per raggiungerla. Lei lo guardò sospettosa, fino a che non le fu accanto, e le tese entrambe le mani.
«No» disse, categorica. «Credi che non sappia che con il contatto fisico, la Legilimanzia risulta molto più semplice?»
«Non era quello il mio intento»
Fu come una forza superiore a costringerla ad alzarsi. Fu il tono dolce, puro e sincero di Draco, che non aveva mai sentito. Mai, mai aveva immaginato che la sua voce potesse sembrare così soffice. Si alzò e lasciò che lui le prendesse le mani, accarezzandole i palmi con i pollici.
Mosse un passo verso di lei, e lei avvertì lo stomaco ridursi alle dimensioni di una nocciolina e il cuore saltarle in gola. Avrebbe davvero voluto non sembrare così scossa da quel gesto, o essere in grado di chiudere la mente anche in quel momento, ma Draco era così vicino, che non riusciva a pensare ad altro che a quelle iridi azzurre e al suo naso che quasi toccava il suo.
Era così vicino che …
«Vieni alla festa di Blaise con me?»
oh, fanculo.
«Sei uno stronzo» rispose, in un sussurro.
Non c’era bisogno di alzare la voce, la poteva sentire benissimo, vicino com’era.
«Lo prendo come un sì» sorrise lui. Si concesse ancora un paio di secondo per rimanerle così vicino. Poi, delicatamente, le lasciò le mani e tornò al suo posto. Quando si fu riseduto, con tutta la naturalezza del mondo, lei rimase in piedi, dove lui l’aveva lasciata, a fissarlo. Poi, scosse la testa e si risedette, mentre Kora raggiungeva la sala da pranzo per portare loro il dolce, una torta sacher che avrebbe fatto invidia a chiunque.
«Una torta intera?!» si stupì Anastasia.
Draco rise e ringraziò l’elfo con un gesto. «Credo sia per te»
«Per me? Tutta?»  Anastasia passò lo sguardo da Draco all’elfa.
«Kora ci tiene a ringraziare la signorina Anastasia per la sua gentilezza!» spiegò lei entusiasta. «Kora è stata ad Hogwarts e ha chiesto agli elfi delle cucine cosa piacesse alla signorina Anastasia, e Francis ha detto a Kora che la signorina Anastasia ama la torta sacher!»
Anastasia rivolse un sorriso più che luminoso a Kora. «Sei uno dei migliori elfi che abbia mai incontrato, Kora»
L’elfa arrossì e si dileguò, imbarazzata.
Due fette di sacher raggiunsero i piatti di Draco e Anastasia con rapidità. Anastasia abbassò gli occhi e raccolse la forchetta da dolce per assaggiare la torta.
«Non mi hai risposto» precisò Draco.
Lei si tagliò una punta della fetta di torta e, strizzando l’occhio a Draco, si posò la forchetta in bocca.
Lui rimase a guardarla, come estasiato. «Posso fare un commento volgare?»
«No» sorrise lei.
«Va bene, allora ti dico solo che dopo questa esibizione allusoria non ho la minima intenzione o voglia di provarci con nessuna damigella»
Anastasia sorrise di cuore, senza riuscire a trattenersi. «Verrò con te alla festa»
«Era questo il prezzo?» si stupì lui.
«Non te lo dico» gli sorrise, e le risuonarono in testa le parole di Robert, che in quel momento le appariva così lontano.
È qualcosa di bello.
 


NdA: è forse il primo capitolo senza dedica e canzone perchè il paragrafo della riflessione di Anya è forse la cosa più autobiografica che io abbia mai scritto, e ammetto che fa un po' strano pubblicarla. 
Detto ciò: mi diverte da matti l'idea dell'Occlumanzia. 
Il prossimo capitolo è forse il mio preferito - e Draco non c'entra, c'entrano i nostri quattro fratelli preferiti.
Buona settimana a tutt* 

fatto il misfatto, 
C
   
 
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