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Autore: Kaiyoko Hyorin    24/07/2020    3 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Just a taste of the fate
We don't know..
There's a force in our dreams
that ignores the tears
from the face falling straight to the heart”
[ Son Of A Thousand Nights, Wind Rose ]




Fu Gandalf ad aprire la porta d'ingresso, rivelando sullo sfondo della notte scura la figura del nano in attesa. Thorin Scudodiquercia si fece avanti, varcando l'atrio circolare della piccola casa hobbit con passo sicuro e pesante.
– Avevi detto che era facile da trovare – si lamentò verso l'Istar, con una nota di biasimo nella voce profonda che andava colmando l'atrio, mentre Kat tentava di mascherare il sorriso divertito ed emozionato che le era nato spontaneamente sulle labbra – ..ho smarrito la via due volte! Non l'avrei affatto trovata se non fosse stato per il segno sulla porta.
Bilbo, rimasto indietro sino a quel momento, si fece avanti per richiudere la spessa anta di legno dietro al nano.
– Segno? Non c'è alcun segno, la porta è stata dipinta di fresco la settimana scorsa – affermò, non senza una punta acida nella voce.
Gandalf lo contraddisse bonariamente, con quel modo di fare paziente ed accomodante che gli era tipico quando aveva a che fare con lo hobbit, e Katla, rimasta accostata ad una delle travi ricurve che sostenevano come costole le pareti piene della confortevole dimora, si immobilizzò suo malgrado, non appena i suoi occhi si posarono sull'erede al trono di Erebor.
Thorin Scudodiquercia svettava al centro dell'atrio di Casa Baggins con fierezza, il mantello scuro ad avvolgerne la figura dal portamento austero e per nulla intimorito. La giovane smise meccanicamente di respirare nell'osservare la luce delle candele che ne illuminava i lineamenti decisi e regali, messi in risalto dalla folta chioma corvina e dalla barba ben curata e tenuta moderatamente corta per un nano. Distrattamente, Kat si chiese se quella scelta fosse dovuta alla sua età relativamente giovane oppure al suo rango di Principe spodestato e privato del suo regno, poi ogni pensiero coerente andò in frantumi appena ne incrociò gli occhi.
Erano occhi color ghiaccio, fieri e penetranti, quelli che si fissarono nei suoi, minacciando di scavare una voragine all'interno del suo petto e portandola istintivamente a stringersi maggiormente nel proprio mantello.
Il carisma emanato dal nuovo arrivato era palpabile, tanto da renderle improvvisamente difficile respirare. Non era in grado di spiegarlo a parole: c'era qualcosa in Thorin che ispirava un profondo rispetto ed un timore reverenziale che non erano comuni, ma non era soltanto questo ad inchiodarla contro la trave di legno a cui era poggiata. Il sussulto traditore che colse il suo cuore non aveva niente a che vedere con simili considerazioni.
Poi, dopo appena un paio di secondi, un tempo che per lei fu interminabile, gli occhi del nano passarono oltre e Kat fu di nuovo in grado di respirare.
– Bilbo, Katla – esordì Gandalf – permettetemi di presentarvi il capo della nostra Compagnia: Thorin Scudodiquercia.
Sentendosi chiamare in causa, la ragazza riuscì a distogliere lo sguardo dal Principe dei Nani di Erebor per alternarlo fra lui e lo stregone, finendo per avvampare in volto senza apparente motivo mentre il suo cuore accelerava i battiti. Eppure, nonostante le aspettative che già iniziavano a formarsi in lei, Thorin la guardò appena, prima di donare la sua attenzione a Bilbo.
– E così, questo è lo hobbit.. – commentò, posando una mano sulla spalla del mezz'uomo.
La voce con cui pronunciò tali parole risuonò alle orecchie della giovane donna profonda e piacevolmente roca. Se Kat non fosse stata tanto sulle spine, lì a pochi passi da Gandalf e gli altri, ma fosse invece stata sul divano di casa propria, non avrebbe mancato di esternare un sospiro sognante davanti all'immagine del volto del discendente di Durin.
– Ascia o spada? Qual è l'arma che preferite? – lo interpellò direttamente Thorin, prima che spostasse l'attenzione su di lei – E voi, mia signora?
Kat sussultò leggermente, drizzando le spalle, avvertendo la tensione tornare alla carica.
Il nano la stava studiando e soppesando con quello sguardo penetrante e lei ne fu fin troppo consapevole.
– ...spada, – mormorò dopo un attimo, prima di deglutire ed aggiungere con un filo di voce – anche se confesso di non averne mai maneggiata una vera.
Come quelle parole le scivolarono fuori dalle labbra, Kat se ne pentì, mordendosi il labbro e dandosi mentalmente della stupida.
Thorin, dal canto suo, non sembrò affatto sorpreso e scoccò un'occhiata eloquente agli altri suoi compagni lì presenti.
– Lo immaginavo.
Quelle due semplici parole ebbero lo stesso effetto di una pugnalata al petto e la giovane si ritrovò a serrare le mani a pugno lungo i fianchi mentre deviava lo sguardo a lato, verso il pavimento. Premette le labbra le une contro le altre, vergognandosi della figura appena fatta dinanzi a tutti e cercando di trattenere l'improvvisa amarezza che ne stava derivando.
– Anche il signor Baggins sembra più un droghiere, che uno scassinatore – aggiunse Thorin, canzonatorio, e basse risate vennero esternate dagli altri nani.
Quindi si spostarono in cucina, dove il nuovo venuto venne rifocillato e l'oggetto di quella insolita riunione venne esposto a tutti loro. Katla si tenne in disparte, studiandone la figura di spalle dallo stipite in legno contro cui si era appositamente appoggiata. Avrebbe tenuto per sé il vantaggio di poterlo osservare e studiare liberamente, senza il rischio che quei suoi occhi di diamante potessero fare altrettanto con lei.
La pelliccia di lupo che Thorin portava sulle spalle gli conferiva un aspetto quasi selvaggio, del tutto in contrasto con i modi composti con cui stava mangiando e la piega ordinata della sua folta chioma corvina. Fra quelle spesse ciocche scure un paio di anelli in metallo, forse d'oro, catturarono la luce delle candele quali semplici ornamenti, così come erano d'ornamento le due treccioline che gli pendevano sul petto.
Da dietro di lui, la ragazza nella sua contemplazione si ritrovò a realizzare che la chioma del discendente di Durin fosse più morbida e curata di quanto si sarebbe mai aspettata da un nano e provò il desiderio di affondarvi una mano per sincerarsene. Quel pensiero la fece arrossire ancora e si diede della stupida per la seconda volta in pochi minuti.
Cosa diamine le passava per la mente?
Certo, Thorin era sempre stato il nano che più l'affascinava dell'intero racconto, seguito nella sua personale classifica di preferenze solo dai suoi nipoti, ma questo esulava dalla semplice simpatia che sapeva di provare nei riguardi di quel personaggio.
Senza contare l'effetto che le avevano fatto quegli occhi quando si erano posati su di lei.
Se non fosse stata troppo orgogliosa per ammetterlo, avrebbe detto che si era presa una cotta, così, a colpo di fulmine.
Scosse leggermente il capo, scacciando dalla mente tali pensieri, per poi passare in rassegna tutti gli altri nani lì riuniti, esaminandoli brevemente uno ad uno. Iniziò da Balin che, pur atteggiandosi a nano saggio e vissuto, appariva più giovane di quanto ella si sarebbe aspettata a causa della folta barba bianca che gli pendeva sul petto. Ad occhio doveva avere circa la stessa età del capo della Compagnia, ma anche un naso decisamente più grosso.
Oin e Gloin erano quasi identici, non fosse per il colore delle loro barbe; il loro legame di sangue era evidente agli occhi della ragazza, la quale si ritrovò a sorridere nel notare l'intreccio in cui erano agghindati i baffi castani del secondo.
Dori, Nori e Ori erano invece fra loro cugini ed erano del tutto diversi l'uno dall'altro, abbastanza da renderle difficile intuire quale dei tre fosse il più vecchio. Il primo, Ori, con la sua barba relativamente corta e ben curata già sfumata di grigio aveva certamente l'aspetto più raccomandabile del terzetto, ma Dori li batteva in altezza e stazza, riconfermandosi il più forte fra loro. Nori invece era quello dall'aria più sospetta, ma Kat si riservò il diritto di badare bene ai propri pochi averi e nient'altro, giacché non sembrava un così brutto elemento ed era senz'altro un membro leale della Compagnia lì riunita.
Bifur, cugino di Bofur e Bombur, aveva quell'inquietante testa d'ascia che gli spuntava dal lobo frontale, fra le ciocche sparate per aria, e Kat lo aveva sentito parlare soltanto khuzdul da quando era arrivata, ma aveva avuto più volte la prova che egli comprendesse la lingua corrente tanto quanto gli altri.
I suoi cugini invece erano uno diverso dall'altro per stazza e lei dovette sopprimere un sorriso nell'osservare una volta di più l'insolito cappello pesante di Bofur, che gli conferiva un po' l'aria di uno spaventapasseri. Ad entrambi donavano molto le grosse trecce con cui avevano acconciato i capelli, seppur Bombur, il rosso, avesse anche due baffoni che facevano invidia al fratello per foltezza e lunghezza.
Fili e Kili erano Fili e Kili, non c'erano molti altri modi per descriverli, giacché i due principi dei Nani non erano quasi per nulla dissimili all'aspetto che essi avevano nel suo mondo: uno biondo, l'altro castano, uno con una barba ben curata e le treccine, l'altro coi capelli lunghi mossi e la rosea linea del mento ancora visibile sotto i peli del volto. Entrambi avevano la stessa luce negli occhi ed il loro legame fraterno era palesemente forte, più di quanto le loro caratteristiche fisiche suggerissero, ed avevano caratteri somatici che li accomunavano al loro nobile zio.
L'ultimo della sua silenziosa opera di osservazione fu Dwalin, pari per stazza solo a Dori e la cui capa rasata e tatuata la impressionò per l'intricato disegno geometrico formato dall'inchiostro. La sua barba, talmente nera da apparire bluastra sotto la luce giusta, era folta e lunga sino al petto ed il suo naso aquilino faceva il paio con quello di suo fratello maggiore Balin, seppur avesse in volto un'aria perennemente più cupa di quella del familiare. Per quanto apparisse burbero e ruvido nei modi però, Katla trovava la sua presenza quasi rassicurante, giacché sapeva che se avesse avuto bisogno di sapere la verità egli gliel'avrebbe senz'altro detta, così com'era, nuda e cruda, e questo bastava per fargli guadagnare la sua simpatia incondizionata.
Con una certa soddisfazione la giovane donna, ancora a braccia conserte, terminata l'osservazione dei nani lì riuniti, tornò a prestare attenzione allo svolgersi di eventi che intimamente già conosceva. La mappa per la Montagna Solitaria era stata spianata sulla tavola, alla luce di una candela portata dallo stesso Bilbo, ed i nani e lo stregone stavano già colloquiando riguardo all'impresa da compiersi.
– ..e il regno della bestia avrà fine.
Quelle ultime parole parvero riscuotere Bilbo, il quale, indietreggiato fino ad affiancarla, tornò a mettersi sull'attenti.
– Quale bestia? – chiese, scambiando un'occhiata incerta con la ragazza.
Kat non fece una piega, le braccia incrociate sotto il seno e l'aria di pacifica attesa. Non dovette aspettare un istante di più che, come da programma, fu Bofur a rispondergli e senza alcun tentennamento.
– Smaug, il Terribile, – chiarì, con la naturalezza che poteva possedere solo un nano mentre parlava di tali questioni – la maggiorissima e più grande calamità della nostra Era.
Nessun altro fiatò o lo interruppe, e lui continuò.
– Uno sputafiamme volante... denti come rasoi, artigli come ganci da macellaio... appassionato di metalli preziosi...
– Sì, so cos'è un drago – intervenne a quel punto, un po' infastidito, Bilbo.
Eppure Kat si accorse che sotto quell'aria corrucciata da lui assunta vi era un'inquietudine che poteva esser dovuta soltanto al timore che probabilmente gli causava il pensiero di un vero drago sputafuoco.
Balin prese la parola con voce ben più greve e pacata di quella pregna di leggerezza di Bofur, attirando l'attenzione di tutti loro.
– Il compito sarebbe già arduo con un esercito alle spalle, – affermò, palesemente preoccupato – ma siamo solamente tredici. E nemmeno i tredici migliori... né i più svegli.
Un brusio di protesta si levò intorno al tavolo, messo presto a tacere da Fili.
Il nano biondo attirò per la prima volta l'attenzione su di sé con un colpo secco sul tavolo, parlando con orgoglio e decisione.
– Saremo pure pochi di numero – proruppe, facendo vagare lo sguardo azzurro e limpido fra i suoi compagni e amici, guadagnandosi il loro assenso – ma siamo combattenti. Tutti quanti. Fino all'ultimo nano!
– E dimenticate che abbiamo uno stregone con noi! – si accodò Kili, in rinforzo al fratello maggiore, con incoraggiante ottimismo – Gandalf avrà ucciso centinaia di draghi ai suoi tempi!
Kat si ritrovò a dover soffocare una risata sul nascere, sollevando una mano per celare la piega delle labbra. Provò un po' di compassione per lo stregone grigio che, ritrovatosi ora al centro dell'attenzione, stava cercando di uscirne senza perdere la faccia. Per lei era palese che l'Istar non avesse mai compiuto simili imprese, al contrario di quanto i nani erano propensi a credere.
Le esortazioni a parlare si tramutarono ben presto in schiamazzi e lo stesso Bilbo parve in difficoltà, ma non fu la sua vocetta a riportare l'ordine, bensì una più tonante e perentoria.
SHAZARA![1]
Era stato Thorin a esclamare quell'unica parola in khuzdul, sollevandosi in piedi e riportando immediatamente la sala al silenzio.
Kat ne ammirò una volta di più la figura ergersi fieramente a capotavola, affrontando i compagni e le loro paure con stoica inflessibilità. Sorrise, ammirando la stoicità tipica dei Nani in tutto il suo splendore, notando con una parte di sé come il resto dell'ambiente fosse apparso più piccolo di quanto in realtà non fosse intorno all'erede di Durin, la cui personalità ne aveva colmato ogni angolo.
– Se noi abbiamo interpretato quei segnali, non pensate che anche altri lo abbiano fatto? – domandò questi, provocatorio – Le voci hanno iniziato a diffondersi: il drago Smaug non viene avvistato da sessant'anni.
Proprio come ricordava, pensò Kat, annuendo fra sé e sé.
Lasciò che il nano a capo della spedizione continuasse il suo discorso, ispirando nuovamente gli animi dei suoi compagni e persino il suo, che eppure era un'estranea alle vicende ed alle aspirazioni di quel popolo. Nonostante ciò, un sentimento di affinità sbocciò in lei, pervadendola come un brivido sotto pelle al pensiero del viaggio che li attendeva... ed a cui lei era intenzionata a prender parte, ovviamente.
D'altronde l'aveva detto lo stesso Gandalf che lei era lì per una ragione.
La chiave della porta nascosta venne mostrata e poi passata dalle mani dello stregone a quelle di Thorin, e la conversazione prese sempre di più una piega favorevole di fronte ai suoi occhi, finché non si ritornò sull'argomento della presenza di Bilbo.
– Ecco perché uno scassinatore! – proruppe meravigliato Ori, calamitando l'attenzione di tutti sul povero hobbit lì vicino.
Gli altri dodici nani si voltarono a guardarli e pure Kat inizialmente scoccò un'occhiata disinteressata al padrone di Casa Baggins, sentendosi ormai del tutto a proprio agio nelle vesti di spettatrice. Ma aveva fatto male i conti.
– Ed un'esperta di mappe – si accodò con soddisfazione Kili, puntando lo sguardo scuro su di lei.
Improvvisamente oggetto dell'attenzione altrui, Kat si irrigidì in ogni muscolo, facendo saettare lo sguardo fra l'uno e l'altro.
– Sei in grado di leggere questa mappa, ragazza? – la interpellò Balin.
– Come?
– La mappa, Piccola Furia – l'apostrofò Dwalin, con quel suo tono burbero e spazientito, prendendola ancor più in contropiede.
Kat, che non si aspettava certo di essersi guadagnata un soprannome così in fretta, boccheggiò e alla fine cercò con lo sguardo l'unico fra i presenti che avrebbe potuto aiutarla. Gandalf, per contro, non le fornì alcun sostegno, limitandosi a sollevare ambo le sopracciglia cespugliose ed a deviare lo sguardo altrove.
Per contro, a ricambiare il suo sguardo ci pensò Thorin, il quale la inchiodò con quei suoi occhi chiari sul posto e lei, dopo un istante, avvertendo la tensione salire alle stelle e le gote imporporarsi, finì per deglutire.
– Ecco... più... più o meno – balbettò, riuscendo infine a distogliere lo sguardo dal Principe ed abbassandolo sulla mappa in bella mostra sul tavolo – Non so leggere le vostre rune – confessò – ma ci so fare ad orientarmi, ecco.
– E tu, signor Bilbo? – proruppe Nori, apparentemente soddisfatto, interpellando lo scassinatore del gruppo.
– Io cosa? – chiese quello, senza capire, voltando il capo da una parte all'altra.
– Come te la cavi come scassinatore?
Sorpreso, il mezz'uomo ci mise un paio di secondi a realizzare e negò subito dopo.
– Io non sono uno scassinatore, – affermò senza peli sulla lingua – non ho mai rubato niente in vita mia.
– Temo di dover concordare con il signor Baggins – commento Balin, tutto meno che soddisfatto – non ha la stoffa da scassinatore... e, con tutto il rispetto, dubito che la ragazza sarebbe di un'utilità maggiore in quest'impresa.
I muscoli di spalle e braccia le si tesero a quelle ultime parole, non aspettandosi un giudizio simile proprio da Balin. Eppure lei non riuscì a ribattere né a rivalersi, concordando intimamente con quanto affermato: non era una guerriera e non era una gran esperta di mappe di Arda, neanche sapeva leggere le rune naniche! Il suo unico pregio in quella storia era il suo senso dell'orientamento, ma anche i nani lì presenti dovevano averne quanto e più di lei, o almeno così era logico supporre.
– Le Terre Selvagge non sono per la gente a modo che non sa lottare, né badare a sé stessa – rincarò la dose Dwalin, suscitando commenti più o meno concordi fra gli altri nani.
Incrociando gli sguardi di Fili e Kili, Kat li vide abbassare i loro con aria corrucciata ed affranta e lei comprese che la pensavano allo stesso modo, anche su di lei. Cercando di trattenere la delusione, la giovane allora affondò le dita nella stoffa candida delle maniche della camicia, sotto i lembi del mantello, con una veemenza tale da rendere il busto e la posa incrociata delle sue stesse braccia rigidi e tesi come funi.
Fu a quel punto che, contrariato e spazientito, Gandalf proruppe in loro difesa.
– Basta! – esclamò sollevandosi in piedi, mentre la sua ombra si allargava intorno a lui, facendo guizzare la fiamma delle candele e facendo sussultare tutti loro – Se io dico che Bilbo Baggins è uno scassinatore, allora uno scassinatore è!
Il diretto interessato aprì la bocca, palesemente stupito ed impressionato. Persino Kat si ritrovò a spalancare lo sguardo sullo stregone, pur aspettandosi un'uscita così, giacché vivere quell'esperienza sulla propria pelle ed avvertire l'intimidazione esercitata su di loro da parte dello stregone era ancor più impressionante ai suoi occhi. Nessuno osò interromperlo mentre illustrava le qualità del passo leggero degli hobbit, ma fu quando alluse al compito di trovare il quattordicesimo membro della compagnia che Kat si rese conto di una cosa.
Quattordici.
Non quindici.
Erano sempre stati quattordici i destinati a viaggiare con Gandalf verso la Montagna Solitaria.
E allora lei cosa ci faceva lì?
– E la ragazza? – proruppe la voce profonda di Thorin, facendola sussultare silenziosamente, esponendo quello che era il suo stesso interrogativo senza nemmeno saperlo.
– Katla è qui su mia iniziativa personale, – confessò Gandalf, imperturbabile – in quanto è mia convinzione che le sue conoscenze saranno di vitale importanza per il buon esito della missione.
Finalmente lo stregone la degnò di uno sguardo e lei, seppur ancora tesa e sulla difensiva, in quegli occhi affettuosi e saggi ritrovò parte della propria sicurezza. Certo, non aveva ancora ben chiaro ciò che lo stregone si aspettava da lei, ma avrebbe fatto del proprio meglio per non essere un peso per nessuno. Ma non ci sarebbe riuscita se non avesse iniziato subito a combattere le proprie battaglie da sola.
Inspirando profondamente dal naso sciolse la posa delle braccia, lasciandole ricadere lungo i fianchi mentre abbandonava l'appoggio dello stipite della porta e faceva un passo avanti. Entrando maggiormente nel fascio di luce della candela, sostenne quindi lo sguardo di ognuno dei nani presenti, passando da Dwalin alla sua sinistra e continuando in circolo, finché non concluse con Balin e Thorin alla sua destra. Su quest'ultimo la sua attenzione si soffermò più a lungo, sollevando il mento con fierezza e testardaggine.
– Come ha detto Gandalf, sono in possesso di conoscenze a voi inaccessibili e vi servirà il mio aiuto, – affermò con decisione, fronteggiando il Principe ma rivolgendosi al contempo a tutti i nani – che lo vogliate o meno.
– Perché vuoi aiutarci? – la interrogò Thorin, impassibile.
– Perché... – Kat indugiò un solo istante, ma poi scelse di non mentire – ...non ho mai visto un vero drago. Come non ho mai visitato le terre ad oriente dei Monti Nebbiosi, né ho mai parlato con un Elfo o un Nano prima d'ora, esclusi i presenti. Ciò che sto cercando di dire è che ci sono esperienze che voglio fare e questa è la mia occasione... forse l'unica che avrò mai. E non ho intenzione di farmela scappare, non dopo che mi è stata offerta così generosamente dal nostro stregone.
E nel dirlo scoccò un'occhiata in tralice all'Istar, decidendo di riversare su di lui la responsabilità della sua presenza lì. D'altra parte, era esattamente quello che le doveva, giacché non era finita in quella situazione per sua mera volontà... anche se, certamente, non se ne sarebbe lamentata né in quel momento, né in quelli a venire! Era nella Terra di Mezzo e stava per prendere parte ad una delle avventure più emozionanti con la Compagnia che più adorava! Francamente, in quel momento non riuscì affatto a pensare ad un posto migliore in cui trovarsi.
– Molto bene.. – esordì infine Thorin, distogliendo l'attenzione da lei per riporla sull'Istar – faremo a modo tuo.
E Kat esultò intimamente: era fatta!
Per contro, Bilbo parve perdere colore.


La dimora dei Baggins era piombata nella quiete. I nani si erano già riuniti davanti al camino e ben presto, dalla porta socchiusa, Kat udì provenire le profonde voci del loro canto in onore della patria ormai perduta[*].
Si ritrovò a canticchiare fra sé e sé mentre riempiva la sacca da viaggio che lo stesso Bilbo le aveva procurato con coperte, abiti pesanti e stivali di ricambio. Vi infilò dentro anche il proprio contratto, avendo deciso di riconsegnarlo a Balin il mattino dopo. Lo aveva già firmato, mentre Bilbo, come da copione, ne stava ancora parlando con Gandalf. Amava quei versi che conosceva a memoria e li canticchiò con loro fra sé e sé, forte della riservatezza che le dava la piccola stanza.
Fra tutte, la voce di Thorin spiccava al suo orecchio, rendendole quella melodia ancor più piacevole.
Una volta richiusa la sacca, la ragazza si guardò brevemente intorno.
La piccola camera era arredata di tonalità calde e la giudicò decisamente accogliente, con tutto quel legno a delimitare le pareti ricurve. La finestra circolare oltre il letto era piccola e rinforzata in ferro battuto, ma attraverso i vetri ella si ritrovò a scrutare l'oscurità della notte chiedendosi se davvero ciò che stava vivendo era solo un sogno.
Le sembrava tutto così reale... lei stessa si sentiva incredibilmente lucida e viva, come mai prima!
Inspirò a pieni polmoni, cogliendo distintamente fra gli odori dell'ambiente un aroma di cannella misto a legno stagionato, sorprendendosi una volta di più di come tutto risultasse nitido ai suoi sensi. No, quello non poteva proprio essere soltanto un sogno.
La ballata nata dal coro di voci dei tredici nani si concluse, lasciando che la dimora dello hobbit sprofondasse nuovamente nella quiete, e Kat avvertì l'improvviso bisogno di uscire a respirare l'aria della notte, preda di un'agitazione nuova e soffusa, persistente.
Così attraversò con passo cauto i corridoi pavimentati in legno, sgattaiolando verso l'atrio come un'ombra sulle pareti, desiderosa di non farsi notare. Caso volle che, se anche qualcuno la scorse passare, nessuno la fermò o le diede importanza, giacché erano tornati a discutere del da farsi ed a dare le ultime delucidazioni al loro aspirante scassinatore, cosicché in pochi secondi la ragazza fu fuori, sul vialetto che portava alla staccionata.
Sollevando lo sguardo sulla volta celeste, Kat rimase senza fiato: le nuvole erano scivolate lontano, lasciando il posto ad una distesa inimmaginabile di stelle come non ne aveva mai viste in vita sua. Col capo castano reclinato all'indietro, la giovane faticò a muoversi e quando lo fece raggiunse a malapena lo steccato che delimitava l'accesso alla proprietà di Bilbo Baggins, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quella vista.
Così rimase lì, immersa fra i propri pensieri con il naso all'insù, appollaiata sulle assi della staccionata e persa in quello spettacolo mozzafiato e nella sensazione di immensità che le suggeriva. Si sentì piccola, ancor più di quanto era diventata, ed insignificante sotto quel cielo scintillante, e la cosa la indusse a chiedersi cosa avrebbe realmente potuto fare per Thorin e gli altri. In fin dei conti non era nemmeno un'abitante della Terra di Mezzo, che diritto aveva lei di trovarsi lì e dare il proprio contributo?
Che diritto aveva di cambiare la storia, fosse anche con la propria sola presenza?
Sospirò, finendo per ripensare alle parole di Gandalf nei suoi riguardi, a quando le aveva confidato che era lì per un motivo ben preciso e per dare il proprio contributo alla vicenda che stava andando a svolgersi. Si chiese in che modo avrebbe potuto farlo, se non sapeva cosa di preciso lo stregone voleva che facesse.
Inspirò a pieni polmoni l'aria della notte, cogliendo in essa i profumi della Contea, e bastò quell'aroma ad indurla a sorridere, scacciando tali crucci dalla propria mente turbata. Come aveva detto Gandalf, a tempo debito le sarebbe divenuto tutto chiaro, doveva solo attendere ed avere fiducia nelle parole dello stregone.


Thorin notò la porta d'ingresso socchiusa e, dopo un istante di perplessità, deviò il proprio passo in quella direzione. La riunione era finalmente conclusa e lui s'era già congedato dai suoi, i quali, accompagnati da Mastro Baggins, stavano andando a coricarsi nelle stanze della spaziosa dimora del mezz'uomo.
Uscendo all'esterno per verificare la presenza di qualcuno dei suoi, si sorprese tuttavia nel ritrovare la figura della giovane donna ad un paio di metri da lui, voltata di schiena, intenta ad osservare il cielo notturno mentre se ne stava seduta in bilico sulla staccionata.
L'aveva creduta già a letto, o intenta alle sue faccende da donna, pertanto non si era aspettato di trovare proprio lei immersa nella quiete della notte stellata. Il confronto che avevano avuto quella sera, il modo in cui ella aveva sostenuto il suo sguardo e ribadito la propria posizione in sua presenza, per nulla intimorita dal giudizio di nessuno di loro, lo aveva favorevolmente colpito pur non avendogli fatto cambiare idea sul suo conto.
Che fosse una donna non avvezza all'uso delle armi era evidente ai suoi occhi e, non fosse stato per la parola di Gandalf, non avrebbe mai permesso ad una come lei di unirsi alla sua Compagnia. Certo, poteva imparare, ma non era ancora convinto che non si sarebbe rivelata un peso e la cosa lo poneva di fronte ad un conflitto interiore non da poco, tale da renderlo inquieto.
Per questo impiegò un intero minuto per decidersi ad avvicinarla e quando lo fece i suoi occhi azzurri non si staccarono mai dalla schiena coperta dal mantello verde di lei. Gli era parsa di corporatura morbida sotto le stoffe dei suoi abiti da viaggio ed aveva capelli di un castano vivo, tendente ad un particolare rosso mogano, lucidi ed inclini a dar forma a morbide onde boccolose che le ricadevano sulle spalle.
Quando la affiancò, restando dietro lo steccato sul quale ella era appollaiata, si corrucciò un poco nel rendersi conto di non essere ancora stato notato. Se quello era il grado d'attenzione che aveva per ciò che la circondava, non sarebbe sopravvissuta a lungo nelle Terre Selvagge.
– Dovresti rientrare, mia signora – affermò senza alcun tatto, schietto e privo di preamboli.
La reazione di lei fu repentina e più espressiva di quanto tuttavia egli stesso si sarebbe aspettato, giacché sussultò e si volse a guardarlo con una rapidità tale da sbilanciarsi da sola. Scivolò all'indietro e lui per riflesso fece un passo di lato, allargando il braccio destro per afferrarla al volo.
Si ritrovò così a sprofondare in due occhi spalancati e fissi, di un grigio-verde che gli ricordava la tipica tonalità della roccia muschiata d'alta montagna, ad una vicinanza tale che il respiro da lei esalato gli solleticò la barba scura. Stringendola fra le braccia, con la minuta spalla d'ella a premergli sul petto e la sua schiena ben sorretta dalla sua presa, Thorin trattenne il fiato e bloccò ogni muscolo, protraendo con quell'immobilità attonita la situazione che s'era venuta a creare.
Era piccola fra le sue braccia, si rese conto con una parte di sé mentre ne osservava i lineamenti dolci del volto; troppo piccola per un'umana e troppo esile per una nana. Eppure, quell'aria spaesata e sorpresa da lei sfoggiata non fece altro che indurlo a rinsaldare la presa per evitare che gli scivolasse dalle mani.
– T-Thorin... – balbettò Katla, in un soffio.
– Fa' attenzione – le disse lui soltanto, senza dar peso alla reazione di lei ma mantenendo il proprio atteggiamento severo ed al contempo pacato. Tuttavia, si accorse soltanto marginalmente di una nota più premurosa nel proprio tono di voce.
– Sì.. – mormorò quella, tradendo una rinnovata tensione mentre distoglieva lo sguardo e cercava di rimettersi in equilibrio sull'asse di legno – ..scusa.
Thorin l'aiutò a tornare dritta, quindi si appoggiò a propria volta alla staccionata, puntando lo sgaurdo verso l'alto.
– Cosa stavi guardando di così affascinante, tanto da estraniarti da questa terra? – le domandò, di punto in bianco.
– Le stelle – gli rispose lei, di nuovo con il naso puntato all'insù.
Approfittando di quella posa il Principe di Erebor fu libero di studiarne il profilo, non riuscendo ad impedirselo. C'era qualcosa in quella giovane donna che attirava continuamente il suo sguardo e non era soltanto per i suoi lineamenti, graziosi pur restando umani.. erano i suoi occhi, si rese conto con un ritardo che non era da lui. Essi brillavano alla luce della volta celeste, carichi di meraviglia e mistero, celando al loro interno risposte a domande che lui stesso non sapeva di custodire dentro di sé. Quegli occhi, così forti e decisi all'interno della cucina dello hobbit, ora trasudavano ammirazione e struggimento di fronte ad uno spettacolo che per il nano non aveva mai avuto la stessa attrattiva.
– Quelle stelle, così luminose e fredde, racchiudono un'infinità di mondi a noi preclusi... ci hai mai pensato?
Riavendosi dalla propria contemplazione, sorpreso, Thorin sollevò a propria volta lo sgaurdo al cielo notturno, inarcando un sopracciglio.
– No, – ammise, scrutando quei puntini luminosi tanto lontani – temo di no.
– Oh, lo immagino – ribatté lei, tornando a guardarlo.
Thorin fece altrettanto ed il sorriso che le vide rivolgergli lo colpì intimamente per la purezza e la spontaneità in esso racchiuse. Irrigidendosi, il nano della Stirpe di Durin tentò di mantenersi saldo e consapevole di sé, cercando di contrastare l'effetto che incomprensibile ella gli stava facendo. Si accigliò, ma la lasciò continuare, non desiderando interromperla nonostante tutto.
– Voi Nani solitamente siete più interessati alle gemme del sottosuolo che a quelle del firmamento, o sbaglio? – lo interrogò lei infatti, ironica ma non provocatoria.
Vi era pace lì fuori, di fronte a quel paesaggio avvolto dal prezioso mantello della notte, e nessuno dei due era intenzionato a turbarla in qualche modo. Era come se quell'incontro fra loro avesse creato una dimensione distaccata dalla realtà in cui erano immersi, lontana dai problemi e dalle ansie delle rispettive vite terrene e del futuro pronto ad attenderli una volta tornati coi piedi per terra.
E Thorin, forse contagiato da tanta quiete, stette al gioco abbozzando un mezzo sorrisetto a fior di labbra.
– Non sbagli. È più roba da Elfi...
La risata che lieve scivolò fuori dalle labbra della ragazza lo incantò, musicale al suo orecchio.
– È vero – ammise Katla, distogliendo lo sguardo da lui e facendo ondeggiare le gambe nel vuoto mentre tornava ad osservare l'orizzonte. Quando parlò di nuovo, la sua voce era nuovamente più seria, ma non meno serena: – Sai, credo di sapere cosa pensi di me...
Quell'esordio lo fece riscuotere, facendogli inarcare un sopracciglio mentre ne fissava apertamente il profilo nell'ombra.
– Tu pensi che io sia di troppo, che il mio posto non sia al vostro fianco in quest'impresa – continuò, impassibile – ed una parte di me potrebbe anche darti ragione, se non fosse per una cosa.. – e fece una pausa, tornando a perforarlo con quei suoi occhi pieni della luce delle stelle – ovvero, che non ho mai avvertito un senso d'appartenenza più forte di quello che mi lega alla tua Compagnia, Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror. Erede di Durin.
In un primo momento il Principe non le rispose, intimamente sorpreso di essere appellato a quel modo formale e altrettanto di aver pensato, per un unico singolo istante, che ella si riferisse alla sua compagnia e non alla Compagnia da lui radunata e formata. Quando si decise ad infrangere il silenzio era tornato padrone della propria voce e si corrucciò, sospettoso.
– Non si direbbe che tu non abbia mai avuto a che fare con un nano – commentò, alludendo al modo formale con cui lei lo aveva infine appellato.
Quella sorrise maggiormente, sorniona.
– Questo non vuol dire che non sappia come rivolgermi adeguatamente ad uno di loro, all'occorrenza – ribatté la ragazza con malcelato compiacimento, prima di saltar giù dalla staccionata e voltarsi a fronteggiarlo come si deve – Lascia che mi presenti a dovere: sono Katla, figlia di Hekla; ma puoi chiamarmi Kat, se preferisci – ed ammiccò, l'espressione furbetta che le tingeva di riflessi lo sguardo, prima di inchinarsi – ..al vostro servizio, Re sotto la Montagna.
Preso alla sprovvista, Thorin inarcò un sopracciglio, ma se non altro perse il cipiglio che gli aveva corrucciato l'espressione sino ad un attimo prima. Accolse quella presentazione con un cenno d'assenso del capo, tenendo lo sguardo piantato sul volto della giovane di fronte a lui che, tornata a sollevarsi con il busto, stava ancora sorridendogli.
– E sia.. Katla – esordì, accontentandola soltanto in parte, senza tuttavia ricambiarne il sorriso, forte dell'orgoglio nanico della sua stirpe – Anche se, per ora, non sono ancora un Re sotto la Montagna. Ma grazie – le concesse in ultimo, esprimendo una nota di gratitudine per quel riconoscimento da quella che, a conti fatti, altro non era che una straniera.
Avrebbe verificato egli stesso, nel corso di quel viaggio, il valore della donna che aveva davanti, decise.
– Dovremmo andare tutti a riposare: questa notte sarà l'ultima che passeremo in una comoda casa a misura di hobbit per un po' di tempo – osservò, alludendo alla porta alle proprie spalle ancora socchiusa.
Kat annuì concorde e dopo avergli augurato buon riposo si congedò, tornando dentro.
Thorin la osservò scomparire oltre l'anta rotonda, la runa nanica incisa sul battente che brillava di una fioca luminosità azzurrognola nella notte scura. Le ombre tornarono a lambirgli i recessi della mente risvegliando in lui, ora che era solo, le preoccupazioni che aveva per il futuro della Compagnia, ma le scacciò con decisione.
Era come avevano detto i suoi nipoti: poteva fare affidamento sui suoi compagni nani.
Sperò di poter fare altrettanto anche nei confronti di coloro che Nani non erano.


Kat premette con forza la mano ad altezza del cuore, avvertendone il battito accelerato sotto lo sterno.
Si fermò soltanto raggiunta la camera che Bilbo le aveva così gentilmente concesso e, a quel punto, si ritrovò a fissare con espressione stralunata il proprio riflesso nello specchio, mentre riviveva il confronto avuto con il Principe di Erebor.
Cos'era appena successo fra lei e Thorin?
– ..ommioddio, ommioddio, ommioddio.. – prese a mormorare, andando a sollevare ambo le mani per tenersi e nascondersi in parte le gote arrossate.
Gli occhi del suo riflesso rilucevano di quell'emozione che violenta ed implacabile le si agitava in petto.
Non poteva crederci... si stava certamente sbagliando... se solo pensava a quante altre ragazze del suo mondo avrebbero venduto la propria anima per ritrovarsi nella stessa situazione appena vissuta le veniva da ridere.
Le braccia di Thorin.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le sue mani che, salde come il granito, l'avevano sorretta con facilità. Ritrovatasi fra le braccia del nano, la giovane si era sentita avvolgere dal calore da lui trasmesso e non aveva avuto alcun timore per sé, forte dell'irrazionale sicurezza che egli le aveva suscitato con la sua sola presenza.
Per non parlare del lieve sorriso che le aveva rivolto durante il loro scambio di battute.
Si lanciò sul letto, affondando il volto nel cuscino ed emettendo un gridolino che ben presto si tramutò in una risatina ovattata. Si sentiva una ragazzina alla prima cotta.
Un momento...
Trattenne il respiro, prima di rotolare sulla schiena, gli occhi spalancati e fissi sul soffitto.
Si era davvero presa una cotta per Thorin Scudodiquercia? Seriamente?!
Fu il suo cuore a rispondere per lei e ciò che le disse le fece seppellire di nuovo il volto nel cuscino.
Quella sarebbe stata una lunga notte.


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).


» Note:
1. "SHAZARA!" = "Silenzio!" in lingua khuzdul.

   
 
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