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Autore: Moonyque    24/07/2020    0 recensioni
[Tower of god ]
“Mio Aguero, non era la tua biglia preferita? Perché l’hai lanciata in quel modo?” la voce melodiosa e pacata della madre suscitò nel bambino profondi singhiozzi che scossero tutto il suo corpicino.
Khun provò a rispondere, ma tra le lacrime riuscì a pronunciare solo poche parole sconnesse. La madre lo strinse forte a sé accarezzandogli i capelli.
“Hai perso il controllo e hai distrutto una cosa a te cara.” Discostandolo di poco, gli posò un bacio sulla guancia umida e lo guardò negli occhi. “Non devi mai cedere alle tue emozioni, non otterrai nulla e finirai solo con il fare cose di cui sicuramente ti pentirai.”
Spoiler fino a EP68-S03.
Non essendoci al momento molte informazioni in merito al potenziale del firefish ho deciso di darne una mia personale interpretazione: la storia si basa quindi sull'idea non canonica che si tratti di un'entità instabile che prima o poi Khun non sarà più in grado di gestire.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Al punto in cui siamo ora fermi nel webtoon, non si sa molto riguardo a quali siano le reali potenzialità del firefish, quindi ovviamente quanto segue è solo una mia personale reinterpretazione finalizzata allo sviluppo della trama. Spero di aver reso la cosa abbastanza interessate; in ogni caso ci sarà ancora altro da aggiungere in merito, ma per quello bisogna prima attendere che Bam incontri finalmente Khun e parta anche la parte più sentimentale della storia. Mi spiace se questo momento comincia a farsi un po’ attendere.

Buona lettura!

 

Capitolo 4: Questions and answers

 

Investito da un confortevole calore si ritrovò presto a sbottonarsi il cappotto e a sfilarselo.

Quando Shibisu aveva compreso l’entità del potere di Khun si era già fatto un’idea di come potesse presentarsi l’edificio in cui l‘amico aveva deciso di trascorrere quei lunghi tre anni di solitudine, ma varcando la soglia della tenuta rimase comunque sorpreso.

Di fronte a loro si apriva un ampio salone con scure pareti in mattone a vista. Private le finestre delle tende e degli oscuranti in legno, la luce entrava con prepotenza nella stanza nonostante la cupa giornata nuvolosa. L’austerità dell’arredamento faceva apparire il già spazioso salone ancora più grande e vuoto: il mobilio era ridotto al minimo indispensabile e strideva fortemente con l’ampiezza della sala. Un enorme tavolo bianco in marmo lisciato occupava il centro della stanza affiancato nei lati lunghi da due panche anch’esse in pietra. Nella parete loro opposta si apriva invece un angolo cottura affiancato da un’ampia credenza in uno strano metallo scuro. Infine, una lunga panca in ghisa con un alto schienale occupava buona parte della parete alla loro destra.

“Sono tutti materiali ignifughi o quantomeno resistenti al calore, tutto ciò di indispensabile che non lo è si trova al sicuro nella mia lighthouse.” sorrise Khun rispondendo alle loro domande inespresse e accennando con il capo alla lighthouse blu luminescente che era comparsa al suo fianco. “Le altre stanze, ad eccezione del bagno ovviamente, sono praticamente vuote. Solitamente dormo nell’edificio qui accanto, sarebbe l’ex-fienile... è l’unica stanza a trasgredire le regole e per questo la tengo separata” lanciò un sorrisino verso di loro e poi aggiunse “c’è un bel letto morbido, non dormo sul pavimento, non temete”.

“Dovresti usarlo più spesso…” sentenziò Hatz alludendo alle occhiaie scure che cerchiavano gli occhi del lightbearer. Shibisu, nonostante l’arroganza del moro, non lo riprese giacché, con un pizzico di colpevolezza, sapeva di aver pensato la medesima cosa. Conosceva inoltre Hatz abbastanza bene da sapere che quello era il modo più diretto che lo spadaccino conosceva per manifestare la sua apprensione.

Per la seconda volta in quella giornata, Khun rispose alla provocazione con un’occhiataccia, ma non ribatté. Lo scout si domandò se finalmente l’ex-compagno avesse messo la testa a posto e fosse diventato finalmente più accondiscendente, ma cominciò invece a ritenere che dovesse esserci qualcosa di più complesso dietro quell’atteggiamento.

“Sedetevi.” Il tono era cordiale, ma perentorio. I due scout accettarono comunque l’invito e si accomodarono affiancati su una delle panche del tavolo, dando le spalle all’entrata e fronteggiando la parete del piano cottura. Sfiorando la superficie del marmo Shibisu si aspettava di percepirla fredda, invece sembrava irradiare un piacevole tepore, come se fosse rimasta esposta al sole per ore.

“Solitamente in questa casa posso distendermi ed allentare il controllo sulla mia temperatura, per questo la stanza è così calda e le superfici sono ancora tiepide.” Di nuovo il lightbearer anticipò i loro quesiti. “Tuttavia, oggi abbiamo ospiti e pare non avrò modo di rilassarmi…” e con quest’ultima frecciatina gli occhi di Khun brillarono verso di loro, allusivi ed eloquenti. Ciò tuttavia non riuscì a far provare a Shibisu o ad Hatz un qualsiasi senso di colpa.

Dando loro le spalle, Khun estrasse tre tazzine dalla spartana credenza metallica. Senza guardare, infilò poi il braccio nella lighthouse al suo fianco e ne estrasse prima sei barrette di cioccolato, che poggiò sul grezzo tavolo in marmo, e in seguito una caffettiera in vetro sigillata, piena quasi fino all’orlo. Sospirando si accomodò infine nel posto di fronte a loro.

“Caffè?” Senza attendere risposta cominciò a versare la bevanda scura in una delle tre tazzine. “Non preoccupatevi, non è quello solubile…”

Hatz allungò la mano accettando l’offerta, ma Khun prese per primo la tazza tra le mani. “Aspetta, te lo scaldo.” Con un sorrisino che a Shibisu ricordò quello di un bambino in procinto di ostentare un nuovo giocattolo, Khun tenne per qualche secondo la tazzina di caffè tra le mani per poi porgerla di nuovo al moretto. Quest’ultimo la afferrò, annusò il liquido e, non senza mal celare una certa diffidenza, ne bevve un sorso. Quasi istantaneamente, gli angoli della bocca di Hatz si piegarono all’ingiù in un’indubbia espressione disgustata. “E’ gelido…”

Khun si portò le dita alle labbra soppesando quasi stupito quell’affermazione. In quell’istante si comportò in un modo che Shibisu ritenne decisamente bizzarro: si corrucciò stizzito mormorando sommesso fra sé e, infine, con la mano fece il gesto di allontanare qualcosa dall’orecchio. Poco dopo riprese la tazzina dalle mani dello spadaccino e bofonchiò tra l’imbarazzato e il divertito: “Scusa… a volte mi confondo, credo di non riuscire più a distinguere la differenza fra caldo e freddo ormai…” La porse di nuovo al moretto e questa volta si poté chiaramente distinguere del vapore far capolino dalla tazzina.

“Meglio…” valutò questa volta Hatz dopo un secondo sorso. Shibisu intercettò i suoi occhi scuri ed entrambi si scambiarono un eloquente sguardo circospetto.

Khun aveva già riempito la seconda tazzina e si apprestava a fare altrettanto con la terza, quando Isu gli fece cenno di diniego. Il lightbearer fece spallucce e scolò il suo caffè in un unico sorso, poi afferrò una delle barrette che aveva poco prima estratto dalla lighthouse e la scartò. In tre rapidi morsi la divorò letteralmente.

Intercettando lo sguardo impressionato di Hatz, Khun si affrettò saccentemente a spiegare: “se non la mangio subito, poi si scioglie…” la spiegazione non aiutò di molto il moretto a dissipare l’incredulità che ormai gli alterava i lineamenti. Il lightbearer non aggiunse altro e si limitò ad appoggiare il gomito destro sul tavolo e il mento sul palmo della rispettiva mano. La sinistra restò abbandonata sulla superficie ancora tiepida del marmo. Ora Khun li osservava in silenzio già presagendo la serie di domande che gli ex-compagni gli avrebbero di lì a poco rivolto. Gli occhi cobalto erano in attesa e vigili, ma ancora arrossati e soffocati da quell’evidente spossatezza che a Isu piaceva sempre meno.

“Avevo capito che ormai riuscivi a gestire la tua temperatura corporea…” Intervenne Shibisu, ripensando all’episodio del caffè e allungando una mano per afferrare quella di Khun in un innocente tentativo di verificare la sua teoria. La mano del lightbearer sfuggì agile dalla traiettoria dello scout e andò a ripararsi al sicuro nell’incavo del gomito destro, ancora poggiato sul tavolo. In compenso Isu si guadagnò un gelido sorriso che aveva l’obiettivo di scoraggiare qualsiasi altra iniziativa del genere.

Khun…” Shibisu aveva sempre trovato abbastanza semplice distinguere gli stati d’animo dell’ex-compagno, anche quando questi si ostinava a celarli dietro le sue maschere d’indifferenza o ad innalzare le sue barriere emotive. Ora lo scout non riusciva ancora a comprendere chiaramente quali sentimenti il loro arrivo avesse risvegliato in Khun. Non percepiva ostilità da parte sua, ma nemmeno accettazione. Diffidenza? Si, quella certamente. Sollievo? Rammarico? Timore? Sembrava che lo stesso lighberarer non avesse ancora deciso come definire la loro improvvisa intrusione in quella fredda prigione che si era creato.

La situazione di stallo in cui si trovavano stava tuttavia innervosendo Hatz: lo spadaccino aveva iniziato inconsciamente a muovere nervosamente la gamba e Shibisu gli sfiorò delicatamente il ginocchio per farlo smettere.

“E va bene, se non lo fate voi… inizio io” esordì Khun spazientito. “Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati…”

Stavano ancora discutendo quando il sole era in procinto di tramontare oltre le colline. Avevano iniziato dalla sua partenza, quando Khun li aveva abbandonati dopo l’incidente della warship. Stranamente, forse per il piacere di poter nuovamente discorrere con qualcuno, il loro ex-compagno non si risparmiò e rispose ad ogni loro perplessità con pazienza, a voce bassa, distaccata, interrompendosi solo per versarsi un altro caffè e divorare una dopo l’altra le restanti cinque barrette di cioccolato abbandonate sul tavolo. Questo fece comprendere a Shibisu che non era la mancanza di appetito la causa della sua allarmante magrezza.

Non si soffermarono sull’incidente di cinque anni prima; lui e Hatz avevano ormai sentito più volte la versione di coloro che avevano assistito all’accaduto ed era chiaro che Khun non ne volesse parlare.

Per spiegare le motivazioni che stavano dietro alle azioni da lui compiute dopo quell’evento, il lightbearer dovette prima illuminarli sul suo attuale rapporto con il firefish. “Ho fatto alcune ricerche, visto che il dannato pesce a quanto pare è pure riservato…” aggiunse intrecciando le mani sul tavolo.

Da quanto aveva potuto apprendere, si trattava di un’entità immortale, originaria della Torre e intrinsecamente legata alla famiglia Yeon. Poteva tuttavia manifestarsi solo all’interno di un ospite, in questo caso Khun. Conseguenza dello sfruttamento continuo del suo potere era che il firefish accumulava, senza riuscire a disperderla, una notevole energia che scatenava come effetto secondario i sempre più eccessivi sbalzi di temperatura.

“Come può il tuo corpo resistere a queste temperature? Dovresti essere carbonizzato…” Aveva osservato Hatz.

“Lo sarei se non avessi il sangue di mio padre, il fisico di un membro delle Dieci Famiglie e non fossi in grado di gestire lo shinsu di ghiaccio” fu la secca risposta “una fortunata combinazione direi...”. Il graduale aumentare della temperatura nel corso degli anni aveva poi fatto il resto, lasciando il tempo al fisico di Khun di abituarsi letteralmente per gradi, non senza spiacevoli giornate in preda ai deliri della febbre.

Il vero problema era però costituito dalle fiamme, il vero potere del firefish. All’inizio, nella sua ignoranza, Khun ne aveva approfittato adoperandolo indiscriminatamente e lasciando che la creatura accumulasse continuamente nuova energia che alimentava sempre di più il suo potere distruttivo.

“Dopo avervi lasciati, non volevo più che si ripetesse quanto accaduto… nell’incidente, ma non ero più sicuro di riuscire a controllarmi e a garantire la vostra sicurezza. Ero deciso a non farmi più corrompere da questo potere e volevo trovare un modo per liberarmene. Così non ho fatto altro che salire e salire cercando risposte…”

Si zittì per un istante e, da quella breve esitazione, Isu comprese che Khun stava omettendo alcune informazioni. “…forse stavo solo scappando dalle mie colpe, ma all’epoca ero convinto che fosse la cosa più giusta da fare. Ho creato alleanze con chiunque mi facesse comodo pur di salire sempre più velocemente e distanziarvi il più possibile. Ho lasciato false tracce in ogni livello della Torre che attraversavo per depistare prima voi e poi i nemici che pian piano mi stavo creando. Ho usato incautamente e indiscriminatamente il firefish contro chiunque mi rallentasse cercando allo stesso tempo qualcuno che mi dimostrasse che questo potere potesse essere soppresso o mi desse l’opportunità di scoprire una qualche abilità in grado di annullarlo. So che può sembrare sciocco e poco razionale come atteggiamento, non è di certo da me agire in maniera così impulsiva, ma…” Khun si interruppe senza concludere la frase. Di nuovo, i due scout compresero che il compagno stava volontariamente evitando di fornire loro alcuni dettagli, ma nessuno dei due intervenne.

“Quando mi sono reso conto che così facendo non sarei arrivato da nessuna parte e avrei finito per coinvolgere anche persone che non c’entravano nulla, mi sono fermato. Alla fine, ero arrivato ad un punto in cui stentavo a tenere a freno le fiamme e ne fui terrorizzato.”

“Nei tre anni che ho trascorso in questo luogo questo è il massimo che sono riuscito ad ottenere: sopprimo costantemente le fiamme del firefish convertendole in shinsu di ghiaccio… costantemente, giorno e notte.” Khun alzò lo sguardo e per un istante videro cedere la sua maschera di compostezza e vi lessero un’infinita disperazione. “Ormai è diventata un continua battaglia di logoramento…”

“Soffoco il firefish con il mio shinsu finché quel dannato pesce cede e abbandona per un breve periodo il mio corpo in attesa di riprendersi. In quei momenti riesco finalmente a riposare e a recuperare le energie, ma mentre io continuo a indebolirmi sempre di più lui diventa sempre più tenace. Prima o poi sarò io ad esaurirmi prima di lui.”

Khun…” Shibisu gli lanciò uno sguardo carico di compassione.

“Non guardarmi in quel modo Shibisu, non vi sto chiedendo aiuto e nemmeno voglio la vostra commiserazione. Siete voi ad essere venuti a cercarmi.” Una punta d’orgoglio sembrò riaccendersi nello sguardo del lightbearer che si ricompose e si mise sulla difensiva.

“Poco fa ci hai raccontato di come per mantenerti stai lavorando in anonimato come informatore, raccogliendo dati con la tua lighthouse…” Khun lo osservò di sottecchi in silenzio, la sua mano si contrasse lievemente tradendo il suo nervosismo.

“Io non credo che si tratti di una coincidenza… Proprio ora che sei quasi al limite, rimbalza al nostro orecchio un’informazione vecchia di anni che ci porta qui, venti piani più indietro, dove un anonimo droghiere di un anonimo paesino descrive esattamente una persona con le sembianze che tu avevi quando abbiamo partecipato alla sfida del workshop e che solo noi potevamo riconoscere.Shibisu sospirò e lo fissò serioso.

“Sei tu che ci hai condotti qui, sei tu che volevi essere trovato.” Concluse Hatz realizzando la cosa in quello stesso momento.

Khun li fissò per due lunghi e interminabili secondi, in cui non disse nulla, ma dal suo sguardo fu chiaro che dentro di lui si stessero agitando sentimenti contrastanti.

“Siamo venuti qui con lo scopo di riportarti indietro. Non credi che Bam-”

A Shibisu mancò improvvisamente il respiro quando un’ondata di calore lo investì violentemente facendogli morire le parole in gola. Preso alla sprovvista, fu sul punto di rialzare la barriera di shinsu su di sé, ma in quel momento il lightbearer si alzò di scatto e si diresse verso una porta che dava sul retro della casa dando loro le spalle.

“Per questa notte potete riposarvi nella camera dell’ex-fienile. Domani ve ne andrete.” Così dicendo uscì lasciandoli soli nel salone.

Shibisu si passò con un gesto carico di frustrazione le mani sul volto. Perché doveva sempre essere tutto così complicato?

Hatz sembrò prendere una decisione e annuendo fra si alzò “Isu, avvisa Bam. Domani mattina vado a prendere la float ship che abbiamo lasciato al villaggio.”

Il compagno gli lanciò uno sguardo interrogativo.

“Ci serviranno le nostre cose se vogliamo aspettare il suo arrivo in questa radura sperduta.”

Shibisu gli sorrise. “Lascia la navetta fuori dal raggio congelante di quel testardo, non vorrei che venisse danneggiata.”

Hatz gli rivolse un’occhiataccia. “Stai dicendo che dovrò di nuovo fare su e giù a piedi in mezzo al ghiaccio e la neve!?”

“Sono certo che sopravviverai…” sghignazzò l’altro.

 

   
 
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