Ho
dovuto modificare questo capitolo più volte. Anche se la trama non avanza di molto, dovevo
prestare attenzione a che tipo di informazioni inserire e soprattutto a cercare
di ravvivare i dialoghi. Spero di essere ben riuscita a esprimere le angosce di Bam e Khun, saranno fondamentali quando finalmente si incontreranno.
Abbiamo
ben tre POV: Shibisu, Endorsi
e Bam. Ciascuno a modo suo, cerca di fare la sua
parte. Buona lettura e spero vi piaccia!
Capitolo 5: Call him
Shibisu lo trovò nella veranda sul retro la mattina dopo. Poco prima
di attraversare la soglia gli era parso di sentirlo parlare con qualcuno o qualcosa,
ma non era riuscito a cogliere nulla più di semplici sussurri indistinti.
Sembrava molto più piccolo mentre sedeva a gambe incrociate
su una panca in pietra e sfogliava indaffarato le schermate della sua lighthouse. I capelli erano sciolti e
ricadevano poco al di sotto delle spalle, lisci e ordinati come sempre.
Indossava solo una lunga casacca simil-kimono azzurro pallido, stretta in vita
da una cintura bianca in tessuto. I piedi erano, come sempre, scalzi.
Il retro della tenuta dava su un ampio cortile su cui
torreggiavano non troppo lontane da loro le verdi colline soleggiate,
all'estremità opposta della vallata.
A giudicare da quel paesaggio, sarebbe stata una bella mattinata
assolata, se non fosse stato per la neve leggera che Khun
continuava a mantenere e che rendeva di una tonalità più fredda la luce del giorno.
La temperatura era bassa e lo scout
dovette abbottonarsi il cappotto fin sotto il mento.
"Non sei ancora andato a dormire?" Chiese già
conoscendo la risposta.
Khun alzò lo sguardo dal suo lavoro e voltò il capo nella sua
direzione. "Ho l'aria di uno che ha passato la notte sotto le
coperte?"
Shibisu si soffermò sui suoi occhi arrossati e infossati. No, certo che no.
"Non dovrebbe mancare molto comunque, si stancherà
prima o poi quel dannato pesce." Alzò con noncuranza le spalle e tornò a
lavorare alla sua lighthouse. "Il
samurai è già corso a recuperare le vostre cose?"
Hatz era partito all'alba per recuperare la loro float ship dal
porto del villaggio. Probabilmente non sarebbe tornato prima di cena.
"Sì." si limitò a rispondere lo scout.
"Non avete intenzione di andarvene vero?"
"Esatto."
Khun esitò per un istante. Il suo volto era nascosto dai lunghi
ciuffi argentei. "Lo hai già chiamato?" sussurrò.
Shibisu spostò il peso da un piede all’altro. "Non
ancora…"
"Preferirei non lo facessi… e preferirei che ve ne
andaste." Soggiunse l’altro risoluto abbandonando ancora la sua lighthouse e tornando di nuovo a
squadrare l’amico.
"Suvvia, non fare il finto offeso con me. Le tue azioni
dicono tutto il contrario…"
Khun gli rivolse un sorrisino strafottente. "Le mie azioni
ormai sono spinte solo dalla disperazione…" Shibisu
non riuscì a comprendere quanta verità fosse realmente contenuta nel sarcasmo
di quelle parole. Si strinse nelle spalle trattenendo un brivido di freddo.
Gli si avvicinò e si accomodò a cavalcioni sulla panca, in
modo da poterlo fronteggiare e lasciargli comunque dello spazio personale.
Isu sapeva cosa Khun aveva fatto il giorno dell’incidente, sapeva dell’enorme warship piena di passeggeri, nemici e non, che
aveva fatto esplodere e aveva visto la cicatrice che deturpava il corpo di Bam. Nonostante ciò non riusciva a biasimarlo o a provare
rancore nei suoi confronti: anche lui allora, come gli altri, si era accorto
della piega che stavano prendendo i fatti e comprendeva che il loro team non
avrebbe più potuto stare al passo con Bam. Per lui
non era stato così difficile accettarlo, forte del legame che aveva con il suo
gruppo e consapevole dei suoi limiti.
Convinto che lo slayer candidate
stesse propendendo la decisione più giusta, aveva voluto credere che anche Khun, razionale com’era, avesse già accettato la cosa, ma,
mentre il lightbearer veniva sempre più lasciato indietro,
non si erano resi conto dell’influenza che il firefish stava avendo su di lui.
In un gesto quasi scocciato, l'altro distolse di nuovo lo
sguardo dal suo lavoro e compresse la lighthouse
facendola scomparire.
Shibisu vide il suo profilo farsi pensoso. "Anni fa ricorsi
allo stesso e riconoscibile travestimento del workshop solo per lasciarmi una porta aperta: nessun piano può
ritenersi perfetto senza una via di fuga… ma non ho mai avuto realmente l’intenzione
di utilizzarla."
Lo scout alzò un
sopracciglio. "Dimentichi l’informazione che ci hai fatto pervenire. Senza
di quella difficilmente ci saremmo accorti di questo posto."
Dapprima Khun non rispose. "È
stato un momento di debolezza..." esordì poco dopo passandosi una mano
pallida fra i lunghi capelli sciolti.
Khun abbassò lo sguardo, quando lo riportò su Shibisu, quest’ultimo vi lesse tutta la stanchezza e la
frustrazione accumulate in quegli anni.
"Non pensavo potesse essere così gravosa…" Shibisu corrucciò le sopracciglia perplesso. Il suo viso si
indurì assumendo un’espressione più cupa.
“Ti riferisci al potere del firefish?” il lightbearer scosse il capo in segno di diniego.
"La solitudine era diventata insopportabile… e il fatto
di sapere cosa stavate attraversando, impresa dopo impresa, senza poter far
nulla, peggiorava solo il mio stato d’animo.” Esitò accigliandosi.
“Mi vergogno quasi ad ammetterlo se penso che Bam ha dovuto subire molti più anni di solitudine di quanti
ne sia durato io…" Si interruppe incupendosi a quel pensiero.
“Ho scelto io di andarmene e non sono mai stato una persona
socievole: per questo non pensavo che la cosa mi avrebbe pesato così tanto, ma
è diverso…” esitò un instante cercando le parole “… è diverso quando sai di
aver lasciato dietro di te del rancore che non potrà mai essere chiarito.
Quando non si ha più uno scopo da perseguire…”
Shibisu rimase in silenzio, cogliendo nel silenzio di Khun una sospensione che presagiva dell’altro, qualcosa che
l’amico ancora faticava a formulare.
"Ormai non mi
resta molto… realizzai un giorno" lo vide stringere i pugni contro il
tessuto della veste. "Quando compresi appieno cosa ciò comportava, ne fui
inorridito."
Fece un gesto con la mano per rimarcare le sue parole.
"Non fraintendermi, non avevo paura di morire… o forse anche
sì, ma quello lo avevo già messo in conto." Lanciò lo sguardo alla vallata
sollevando il mento per indicarla a Shibisu. "Mi
conosci, difficilmente faccio qualcosa senza sapere come andrà a finire… Prima
che arrivassi qui a congelare ogni cosa, questo era un luogo bellissimo,
isolato e lontano dalla cruda realtà della Torre." Sorrise. Era un sorriso
triste, rassegnato. "Era un bel posto per morire…"
"Khun…" il lightberarer
riportò stancamente lo sguardo su di lui, i suoi occhi cobalto erano calmi, ma
spenti.
"… ma non ci sono riuscito. A farmi crollare fu la
consapevolezza di morire qui, da solo, senza poterlo rivedere nemmeno un'ultima
volta..." La sua voce si incrinò. "… senza avergli nemmeno fatto
sapere quanto mi senta in colpa per tutto ciò che gli ho causato."
Fu in quel momento che Shibisu
vide la sua maschera dissolversi. Una smorfia di dolore gli alterò i lineamenti
e abbassò il capo lasciando che i lunghi capelli gli nascondessero di nuovo il
volto smunto. Trasse un lungo, tremolante sospiro. “Mi ero ripromesso che non
lo avrei più… ostacolato.”
Che non lo avresti più ferito. Capì Isu.
“Che senso ha tutto quello che ho fatto in questi anni per
stargli lontano se lo trascino qui proprio adesso?”
Senza riflettere, lo scout allungò una mano a
toccargli una spalla e questa volta Khun non gli negò
il contatto. Attraverso la stoffa leggera della veste, si ritrovò a stringere
una spalla calda, ossuta, esile come quella di un ragazzino. Questo gli provocò
ancora più amarezza.
Khun posò i palmi sul bordo della panca dietro di lui,
raddrizzando la schiena e sostenendo il peso del corpo sulle braccia tese.
Portò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. I
capelli gli scivolarono con un fruscio dietro le spalle. Lo scout vide
per un istante la sua fronte aggrottarsi, ma, con un secondo e più lento
respiro, il lightbearer
riuscì a ricomporsi. La sua figura si rilassò e si piegò nuovamente in avanti,
con gentilezza scostò la mano di Shibisu e si mise in
piedi.
“Scusami, sono stanco. Ho bisogno di dormire… credo sia ora
ormai.” Disse stancamente, cambiando discorso e premendosi le dita sulle tempie.
Isu non lo aveva mai visto così combattuto. Ora cominciava a
capire quanto forse profondo il conflitto interiore che l’altro stava vivendo,
rivelandosi incapace di impedire che il suo affetto per Bam
influenzasse tutte le sue decisioni, anche le stesse che si era imposto per difenderlo.
Si sorprese di come proprio lui si stesse comportando in maniera così emotiva.
Sapeva che l’obiettività di Khun veniva meno quando
si trattava del brunetto e che certamente non fosse nelle condizioni fisiche e
mentali per ragionare al pieno delle sue facoltà, ma trovava comunque difficile
credere che l’altro potesse accettare di metterlo in una situazione che lui stesso
riteneva di pericolo.
Non era però quello il momento per indugiare su simili
considerazioni.
Isu gli afferrò saldamente la manica della casacca, temendo
che se ne andasse senza lasciarlo parlare. "Ehi…” gli sussurrò gentilmente.
“Sono sicuro che l'ultima cosa che Bam voglia sentire
da te siano delle scuse. Ha passato gli ultimi cinque anni a inseguirti, non ha
mai rinunciato a ritrovarti. Penso che entrambi meritiate di confrontarvi
almeno un’ultima volta.” Gli sorrise con fare quasi paterno.
“Personalmente, sono contento che tu abbia desistito dal
portare avanti questo tuo assurdo piano. Sono felice che tu ci abbia fatto
arrivare qui. Nessuno di noi…” lo scout ripensò per un istante a Rak, ma
preferì tacere. “Nessuno di noi ti ha mai biasimato per ciò che hai fatto.”
Khun abbassò lo sguardo su di lui, il volto, tornato nuovamente
impassibile, reso quasi spettrale dalla sua carnagione diafana e dal volto
emaciato.
Shibisu avrebbe voluto dirgli molto di più: quanto fossero tutti
preoccupati per lui, come Bam non avrebbe mai potuto considerarlo
un ostacolo, quanto la sua assenza aveva invece pesato su di lui e
di come aveva passato gli ultimi anni ad allenarsi solo per poterlo aiutare, ma
comprese anche che ciò non era compito suo.
Doveva solo limitarsi a predisporre il terreno per il loro
incontro.
"Non lo chiamerò se davvero non vuoi” Shibisu sollevò la gamba destra scavalcando la panca su cui
era a cavalcioni per rialzarsi a fronteggiare l’amico “… ma se pensi che così smetterà
di cercarti ti sbagli.” Vide i suoi occhi rispecchiarsi in quelli di Khun. “Se invece credi di farlo venire qui per confessare le
tue colpe e lasciare che si limiti a guardati morire… " Un sorrisino gli
arricciò le labbra. "… ti sbagli di grosso."
Il lightbearer lo fissò impassibile per quella che
sembrò un’eternità.
"Chiamalo."
...
A pochi centimetri dal suo viso, due occhi fiammeggianti si
voltarono a fissarlo ricolmi di odio. Fiamme dorate e aranciate vorticavano
frenetiche nelle iridi color zaffiro, saettando e baluginando minacciose. Le ombre
nette create dalla distesa di fuoco alle loro spalle alteravano in modo grottesco
i lineamenti di quel volto, accentuando la furia di quello sguardo e avvolgendo
i contorni di quella figura con una sinistra luce aranciata.
In vita sua non aveva mai visto uno sguardo più spaventoso.
Ciò che più lo terrorizzò fu che quegli occhi non sembrarono
riconoscerlo in alcun modo.
Il sangue gli ribollì letteralmente nelle vene.
Vide le labbra dell’altro muoversi per pronunciare qualcosa,
ma non ricordava le parole o forse non era mai veramente riuscito a udirle in
mezzo al fragore delle fiamme.
Capì comunque cosa stava per
accadere.
Una ferina ondata di panico lo investì e istintivamente cercò
di fuggire per evitare il peggio, ma il suo braccio destro venne bloccato da
una presa ferma che lo strinse con forza sovrumana.
Sentì la pelle ustionarsi sotto il suo tocco.
Cercò di liberarsi, ma la mano si serrò con ancora più forza.
Avvertì la forte pressione sul polso farsi sempre più insopportabile e infine
il suono secco dell’osso che si spezzava.
Non fece in tempo ad urlare per il dolore che una vampata di
fuoco lo investì con violenza.
Un’esclamazione di dolore sfuggì dalle labbra del wave controller. “Endorsi,
questo ha fatto male…”
La ragazza gli lanciò un’occhiata di sottecchi, per nulla dispiaciuta
“ah, davvero?” con pazienza, strinse di più la fasciatura sul suo braccio
sinistro.
Alla principessa non erano sfuggiti lo sguardo scosso di Bam e il fremito che aveva percosso il suo corpo.
Ultimamente ci pensa sempre più di frequente.
Con un gesto apparentemente distaccato gli scostò i lunghi ciuffi
castani dal volto, sfiorando la sua guancia nel tentativo di trasmettergli un
qualche conforto. “Smettila di ridurti in questo stato ogni volta che ti alleni
e non ti capiterà più di ricevere una mia medicazione.” La garza appena stretta
si macchiò di scarlatto riproducendo la forma allungata del taglio sottostante.
“Lo scricciolo ha ancora molto da imparare prima di uscirne
illeso.” Le rispose Evankhell seduta con le gambe
accavallate sopra la barella della piccola infermeria. I lunghi capelli argentei
le penzolavano pesantemente dalla spalla. “… ma almeno posso ritenermi
soddisfatta dei suoi progressi.”
“Grazie…” Rispose incerto Bam
squadrandola stancamente.
“Non lo considererei un complimento Bam…”
osservò scocciata Endorsi.
“Ci sono notizie di Shibisu?” Il
ragazzo non si trattenne dal lanciarle un’occhiata speranzosa che le provocò un
leggero senso di irritazione.
“Hai altro su cui devi concentrarti Bam...”
Una smorfia di esasperazione le arricciò le labbra tinte dalla nuova tonalità
di rossetto. “Sono mesi che siamo qui fermi, Hockney
ha già preparato tutto per poter ripartire e affrontare il nuovo test, non
possiamo restare qui ancora per molto”.
Lui le sorrise indulgente. “Dovremo almeno aspettare che Shibisu e Hatz tornino da noi per
poter avanzare assieme.”
Endorsi cominciava a stancarsi di interpretare il ruolo della
maestrina severa. “Sai che non potranno reggere per sempre il nostro passo.” Sbottò,
pentendosi di quell’asserzione ancora prima che le sfuggisse dalle labbra.
In quel momento Bam sembrò
fulminarla con lo sguardo, la sua mascella si indurì e i suoi occhi
rifletterono sinistri la luce fredda del neon. “Non lascerò più nessuno dei
miei compagni indietro, non di nuovo.” Quanto fosse radicato il suo senso di
colpa per ciò che era accaduto con Khun, Endorsi lo sapeva bene e comprese subito di aver toccato un
tasto dolente. Bam rilassò il volto e le strinse delicatamente
l’avambraccio, quasi in un tentativo di scusarsi per l’eccessiva durezza con
cui le si era rivolto.
In realtà, anche se poteva non sembrare, lei e Bam si erano avvicinati molto nel corso di quei cinque
anni. Ormai, passavano molto tempo assieme ed Endorsi,
con i suoi modi sempre un pochino egocentrici ed imperiosi, era comunque
riuscita ad aprirsi un varco in quel distacco forzato in cui Bam si era rifugiato, confidandosi spesso con lei e
concedendole di acquisire maggior confidenza con lui. Tutto ciò la rendeva felice, ma comprendeva
bene che per l’altro non fosse sufficiente a riempire il vuoto che il suo
migliore amico aveva lasciato, figuriamoci a conquistare qualcosa di più come Endorsi avrebbe sperato. In ogni caso, non aveva intenzione
di desistere, nonostante difettasse di pazienza.
“Lo so bene” cercò di mostrarsi dispiaciuta. “L’ho detto
senza pensarci…” La ragazza fissò il bendaggio e allungò le braccia a cingergli
il collo, si fermò davanti a lui a solo una decina di centimetri dal suo volto
osservandolo con premura. Aveva gli occhi stanchi.
Lui non si scansò, ma nemmeno si avvicinò. “Vai a riposare
ora...” Le sue labbra gli sfiorarono rapide la fronte.
Evankhell si alzò in piedi, assicurandosi di far ben risuonare i tacchi
dei suoi stivali sul pavimento. “Se proprio dovete amoreggiare, prendetevi una
stanza…”
Bam arrossì e scostò gentilmente Endorsi,
sorridendole impacciato.
Stava per dirle qualcosa, ma un suono famigliare gli fece
sbarrare i grandi occhi ambrati. Sentì la pelle accapponarsi percossa da un
brivido.
Materializzandosi lì vicino, il pocket di Endorsi mostrava a chiare
lettere il nome di Shibisu.
Qualcosa nello sguardo ora impaziente di Bam
fece esitare Endorsi dall’accettare subito la
chiamata.
E se fossero
cattive notizie? Si accigliò.
E se invece
non lo fossero? Con un groppo in gola, diede il
comando e la voce dello scout risuonò
nella stanza.
“Endorsi? Bam
è lì con te? Devo chiamare anche lui?”
“Siamo entrambi qui” Rispose distaccata Endorsi.
Il suo volto si era fatto serio e gli occhi apparivano ora più spenti.
Shibisu non perse tempo, la ragazza poté sentire il sorriso
trionfante dello scout attraverso la
sua voce: “Lo abbiamo trovato.”
Il cuore di Bam prese a battere
all’impazzata e per un secondo temette di restare senza fiato. Si portò le mani
a nascondere il volto mentre un’ondata di sollievo lo travolse. Espirò
profondamente sentendo dissiparsi in lui un peso che fino a quel momento non si
era reso conto di portare. “Come sta?” Disse flebilmente con il cuore in
tumulto. Non riuscì a pronunciare altro, sentiva la testa leggera… ascoltò
quasi trasognato le parole di Shibisu, rischiando di
indugiare troppo sulle sue emozioni, ma si sforzò di restare concentrato.
Khun era vivo, ma no, non stava bene.
Bam si incupì quando Shibisu
descrisse brevemente le sue condizioni.
Involontariamente la sua mente gli restituì una vivida e
cupa immagine: vide Khun solo in una casa vuota e
silenziosa; le mani affusolate dai polsi sottili intente a scorrere pigramente
gli schermi della sua lighthouse; la
luce fredda del dispositivo che si rifletteva sugli occhi oltremare socchiusi e
adombrati dalle lunghe ciglia argentee; lo sguardo riflessivo e stanco, incorniciato
da profonde occhiaie che risaltavano sul volto diafano.
Qualcosa gli si strinse nel petto.
In seguito, lo scout iniziò
a descrivere tutto ciò che aveva potuto apprendere sul firefish e su come Khun era riuscito finora a gestirlo, con la coda dell’occhio,
Bam notò Evankhell
ascoltare con attenzione e accigliarsi.
“… per
questo è sempre sull’attenti, evita qualsiasi contatto fisico e non si lascia
troppo avvicinare.”
“Stai parlando di Khun o di un
gatto che hai raccolto per strada?” osservò Endorsi alzando
un sopracciglio e alleggerendo di poco la tensione che si andava creando.
Shibisu sbuffò e rivelò loro la cosa che maggiormente lo
preoccupava.
“Penso che il firefish stia
esercitando una certa influenza su di lui, non ho ben chiaro in che modo o con
quale scopo, ma temo che le sue scelte siano in qualche modo condizionate.”
Un brivido percorse la schiena di Bam
che si sentì mancare il fiato. Non di nuovo.
Per un istante nella stanza cadde il silenzio. Evankhell fece un’osservazione, ma Bam
la sentì risuonare nelle orecchie senza coglierne veramente il significato. Continuava
a rivedere l’immagine di Khun solo in quella
casa, ma ora alle sue spalle vorticava la figura del firefish
– o quantomeno la creatura che lui immaginava essere il firefish.
Isu proseguì spiegando loro la rotta per poterli
raggiungere. Con la war ship, sarebbero stati necessari almeno due mesi prima
di poter arrivare.
“Dovrete
lasciare la float ship al porto del paese, è troppo
grande per attraccarla nella vallata e potrebbe attirare attenzioni indesiderate.”
“Due mesi. Senza contare che sono a ritroso verso piani
della Torre che già avete scalato…” Evankhell
incrociò le braccia al petto scuotendo la testa.
“Bam, so che non esiterai a precipitarti qui e
lo sa anche Khun. Per quanto non voglia darlo a
vedere, è lampante che aspetta con ansia il tuo arrivo. Non lo farei aspettare.”
Nonostante l’angoscia che gli stava salendo in gola a causa
del quadro poco promettente descritto da Shibisu,
quelle ultime parole gli procurarono un intenso calore che scoppiò prepotente
con una fitta sorda alla bocca dello stomaco, ma che si irradiò con un
piacevole formicolio in tutto il suo corpo.
Voleva vederlo, sentire la sua voce, incontrare i suoi occhi
blu, scorgere il suo sorriso…
“Ragazzino, sappi che non ti seguirò in questo viaggio.” Il
tono perentorio di Evankhell lo riscosse dai suoi
pensieri.
Devo
concentrarmi. Si rimproverò mentalmente ancora
avvolto in quel torpore che continuava a ripresentarsi ogni qualvolta ripensasse
a Khun.
La donna gli stava ancora parlando: “con gli allenamenti
avuti in questi anni e la tua innata capacità di controllo dello shinsu, sono
sicura che non avrai problemi a controllare il fuoco degli Yeon.”
Bam stava per sorriderle, lieto di quella inaspettata
fiducia, ma le parole che seguirono gli fecero morire il sorriso sul nascere.
“Non posso tuttavia garantire che questo sia sufficiente a salvare la vita del
figlio di Khun. Potresti solo perdere del tempo
inutilmente cercando di riparare l’irreparabile.”
Fosse anche
solo per rivederlo per una manciata di secondi, non sarebbe stato inutile. Pensò, ma invece bisbigliò accigliandosi: “Che intendi
dire?”
Evankhell si adombrò “Non permettergli mai di ricorrere nuovamente a
quelle fiamme.” Bam si ritrovò a deglutire di fronte
allo sguardo gelido della donna “Una volta raggiunto il limite, il potere del firefish non può essere fermato.”
“Potremmo prima… provare a valutare delle strategie
alternative?” Suggerì Endorsi che, a differenza di Bam, aveva conservato la sua obiettività.
“Non avete capito. Qui non si tratta di valutare
alternative.” Lo sguardo di Bam ardeva di
risoluzione. “Scenderò dalla Torre e andrò a riprendermi Khun.”
Si rivolse al pocket di Endorsi.
“Shibisu, fra due mesi sarò lì,
che non si azzardi a morire prima del mio arrivo. Troverò un modo per rimetterlo
in sesto.”
Il dispositivo emise un gracchiare elettrostatico. “Ci
conto.”
Evankhell sorrise enigmatica. “Fai come vuoi piccoletto.”
“Tutto ciò non farà piacere a Karaka…”
Si voltarono in direzione della voce e videro Hwaryun
sullo stipite della porta, evidentemente consapevole di quanto era stato detto.
Non indossava la sua solita benda, ma un lungo ciuffo cremisi le nascondeva
ugualmente il lato destro del volto. “Viole” disse con tono pacato “nel tuo
cammino, non esistono vie che ti conducano a ritroso nella Torre...” Prima che Bam potesse ribattere lei gli rivolse un flebile sorriso e
aggiunse. “… ma ti seguirò ugualmente.”
Bam rispose al suo sorriso. “Ti ringrazio, Hwaryun.”
Endorsi le lanciò un’occhiata diffidente. “Più che Karaka, mi preoccupa la tragedia che tirerà fuori questa
volta il coccodrillone. Dobbiamo portaci dietro anche
lui?” Bam colse il significato implicito dietro
quelle parole.
“Verrai anche tu Endorsi?” Il wave controller la guardò raggiante.
“Avevi qualche dubbio?” Rispose lei senza riuscire a
sciogliersi in un sorriso di fronte alla genuina riconoscenza di Bam.
Hwaryun attraversò la piccola infermeria avvicinandosi al gruppo e
in particolare a Bam. “Viole, per quanto tu voglia
provare a negarlo, entrambi avete subito un trauma quel giorno, non sarà così
semplice riconciliarvi” si avvicinò di un altro passo posando una mano sulla
spalla del ragazzo. “Dubito che Khun abbia voglia di
avvicinarsi troppo a te dopo quello che ti ha fatto, figuriamoci rilasciare il
suo potere perché tu possa provare a sopprimerlo.” La guida spostò la mano
dalla spalla fino a sollevare il mento di Bam. “E
tu?” L’occhio scarlatto della ragazza sembrò trapassarlo da parte a parte.
“Sarai davvero in grado di sopportare la sua vicinanza se dovesse usare il fuoco?”
Bam indietreggiò involontariamente. Di nuovo i furenti occhi
fiammeggianti di Khun tornarono a riempigli la mente.
Il suo fianco destro sembrò avvampare. Strinse inconsciamente i pugni cercando
di scacciare il ricordo. Endorsi, al suo fianco, lo
osservò accigliandosi.
“Traumi?” La voce di Evankhell riportò
la loro attenzione su di lei. “Si possono usare a nostro vantaggio. Posso
suggerirti un modo per assestare i bollori di quel piccoletto.” Si rizzò sulla
schiena portandosi una mano sul fianco. Lanciò un sorriso saccente in direzione
del wave controller. Gli occhi di Bam brillarono riacquistando fiducia. “Sai cos’è una
terapia d’urto, mio caro?”
Il gruppetto la fissò confuso, in
silenzio.
“Ehi, siete
ancora lì?” ma ormai nessuno stava più
ascoltando lo scout.