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Autore: Star_Rover    25/07/2020    8 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XXIII. Sensi di colpa


Il sergente Redmond continuò a vagare tra le macerie, il paese era stato completamente distrutto, le strade erano ostruite dai detriti mentre gli edifici diroccati restavano abbandonati alle fiamme. Il piano del tenente Foley aveva funzionato, attaccando Flesquieres su due fronti gli inglesi erano riusciti a sorprendere il nemico, frammentando la difesa avversaria. I tedeschi erano stati costretti a ritirarsi ai margini del villaggio, ma il sottufficiale era certo che la tregua non sarebbe durata a lungo, presto avrebbero dovuto affrontare un nuovo scontro.
Un gruppo di soldati uscì in strada dopo aver perquisito un palazzo in rovina.
«Avete trovato qualcuno?»
«No signore, né inglesi né tedeschi…questa zona sembra essere del tutto deserta»
Il sergente ordinò a quegli uomini di continuare a cercare, non voleva arrendersi, era certo che i suoi compagni fossero ancora vivi.
Redmond si avventurò con alcuni soldati all’interno di una casa diroccata, salì le scale pericolanti tra il fumo e la polvere. Con apprensione osservò il soffitto crollato, muovendosi con cautela raggiunse il corridoio.
Appena entrò nella stanza notò una figura rannicchiata contro il muro, era ancora esitante quando avvertì la sua voce.
«Sergente Redmond!»
Il sottufficiale si avvicinò, faticò a riconoscere il suo compagno ridotto in quelle condizioni.
«Finn, stai bene?»
Il ragazzo annuì.
Egli notò il sangue sulla sua divisa: «sei ferito?»
«Non è nulla di grave»
Redmond si preoccupò di soccorrere il suo commilitone, emise un sospiro di sollievo nel constatare che quel giovane fosse ancora tutto intero.
«Dov’è il tenente Green?» chiese Finn esternando la propria apprensione.
Il sergente abbassò lo sguardo: «purtroppo non ho più avuto sue notizie»
Il ragazzo fu costretto a rinunciare anche a quell’ultima speranza, ormai non gli restava più alcuna certezza, ma dentro di sé aveva ancora fiducia nel suo amato, e voleva credere che egli fosse ancora vivo.
 
***

Hugh trascorse l’intera nottata insonne, preoccupandosi sia per la sorte di Dawber che per i suoi compagni che erano rimasti a combattere contro il nemico.
Dopo aver atteso per un tempo indefinito il soldato uscì dal rifugio, la tormenta si era quietata, le rovine di Havrincourt erano coperte da uno spesso manto candido e ghiacciato. Quel luogo appariva come una città fantasma, avvolta dalla nebbia e dal silenzio.
Era ancora buio quando raggiunse l’ospedale, notando la sua apprensione il medico di turno non osò rimproverarlo per quella visita fuori orario. Hugh seguì il dottore lungo il percorso ostruito dalle brande su cui giacevano soldati gementi e sofferenti. Nell’oscurità echeggiavano deliri e lamenti inquietanti, gli infermieri correvano ovunque trasportando morti e feriti.
Hugh avvertì un brivido lungo la schiena nel percorrere quei corridoi freddi e bui. A passi incerti si avviò verso la stanza che gli avevano indicato, la porta era aperta. Il giovane si ritrovò in una più ampia sala comune dove decine di brande erano allineate contro le pareti. Proseguì lungo il perimetro della stanza finché nella penombra non riconobbe il profilo del suo compagno.
Immediatamente si avvicinò al suo giaciglio, Dawber era ancora addormentato, il suo volto era madido di sudore a causa della febbre. Hugh avvertì gli occhi lucidi, il suo sguardo si soffermò sulla parte inferiore del suo corpo, la sua gamba destra terminava appena sotto al ginocchio.
Il medico non fornì molte spiegazioni: «siamo stati costretti ad amputare l’arto, le sue condizioni sono ancora instabili e molto gravi»
«Significa che è ancora in pericolo di vita?»
Il dottore annuì tristemente, poi si allontanò lasciandolo solo al capezzale del suo commilitone.
Hugh rimase immobile, ancora intimorito e sconvolto da quella situazione.
In quel momento una giovane infermiera si avvicinò a lui.
«Lei è un suo amico?» chiese con un filo di voce.  
Hugh si limitò ad annuire con un cenno.
«Dovevate essere molto uniti, lei è davvero molto premuroso nei suoi confronti»
Il soldato scosse la testa: «in realtà non era proprio così…»
«Eppure adesso è qui per lui»
Hugh osservò meglio quella donna, anche il suo viso giovane e innocente era stato segnato dalla guerra. In un luogo del genere di certo anche lei doveva aver conosciuto il dolore del conflitto.
«Vorrei solo poter fare qualcosa» ammise con rassegnazione.
«Al momento può soltanto pregare per lui e sperare per il meglio» concluse l’infermiera con tono rassicurante e speranzoso.
Rimasto nuovamente solo Hugh si lasciò cadere su una sedia. In quel momento fu travolto da sentimenti contrastanti, da una parte provò dolore e compassione per il compagno agonizzante, dall’altra invece avvertiva crescere l’odio e il disprezzo che provava per se stesso. Per tutto quel tempo si era limitato a considerare Dawber come un uomo scorbutico ed egoista, in realtà non conosceva nulla di lui.
Ancora non capiva per quale motivo egli avesse deciso di mettere a rischio la sua vita per proteggerlo, si sentiva in colpa per questo, in qualche modo si riteneva responsabile per ciò che era accaduto al suo compagno. Non riusciva a darsi pace, non sapeva per quale ragione Dawber stesse lottando tra la vita e la morte, mentre lui non poteva fare nulla per aiutarlo.
In quell’istante si rese conto di non aver meritato quell’occasione, aveva sempre pensato a proteggere i suoi commilitoni, ma era certo che se avesse dovuto scegliere tra la vita del suo compagno e la sua famiglia allora si sarebbe comportato come un codardo. La differenza tra lui e Dawber era proprio questa, il suo commilitone credeva di non avere più nulla da perdere, mentre lui aveva ancora una solida ragione di vita al di là della guerra.
Hugh si rattristò a quel pensiero, in quel momento promise a se stesso che se fosse sopravvissuto avrebbe fatto di tutto per rintracciare la famiglia di Dawber. In ogni caso avrebbe raccontato a loro la verità, sua moglie doveva sapere che l’uomo che aveva sposato aveva sacrificato ogni cosa per il bene della sua famiglia, e i suoi figli avevano il diritto di conoscere chi fosse realmente loro padre.
Ovviamente Hugh sperava che Dawber potesse sopravvivere per raccontare lui stesso la verità ai suoi cari, ma era consapevole che egli non l’avrebbe mai fatto, soprattutto dopo ciò che era successo.
Il giovane si morse il labbro per il nervosismo, le sue erano buone intenzioni, ma probabilmente non avrebbe dovuto intromettersi nella vita di un uomo che per quasi tre anni era stato solo poco più di uno sconosciuto.
Uno sconosciuto a cui aveva confidato le sue più intime paure e i suoi desideri più profondi. Uno sconosciuto che aveva dimostrato di essere disposto a sacrificarsi per salvargli la vita.
Hugh avvertì una fitta al petto, avrebbe desiderato urlare per la frustrazione, tutta quella faccenda era una tortura. Stava forse cercando un modo per redimere le sue colpe? Di cosa era realmente colpevole?
In fondo era stato Dawber a decidere…se davvero era così, allora perché non riusciva ad accettarlo?
Il soldato si poggiò con la schiena al muro, si sentiva in trappola, tormentato da mille accuse, con quella assurda colpa che continuava a gravare sulla sua coscienza.
Hugh spalancò le iridi scure, sussultò, tutto gli fu chiaro all’improvviso. Come aveva fatto a non rendersene conto prima? Si era sbagliato fin dall’inizio, aveva sempre ignorato una verità che per tutto quel tempo era rimasta davanti ai suoi occhi.
In passato Dawber aveva sempre cercato di proteggerlo, ma lui non aveva mai compreso il reale motivo delle sue azioni. Il suo compagno aveva sempre nascosto i propri sentimenti dietro al muro di finta indifferenza che fin da ragazzo utilizzava come difesa. Spesso il suo altruismo era offuscato dal suo cinismo e della sua freddezza. Eppure Dawber si era sempre preoccupato per lui.
Hugh ripensò a ciò che era accaduto con Friedhelm, anche in quell’occasione il suo commilitone l’aveva messo in guardia sui rischi a cui sarebbe stato esposto aiutando quel tedesco. Non l’aveva fatto per mancanza di fiducia nei suoi confronti e nemmeno perché diffidava del prigioniero. Era semplicemente preoccupato per lui.
Hugh ricordava bene le accuse che aveva rivolto al suo compagno.
«Tu non puoi capire, a te non importa mai niente di nessuno!»
In quel momento si vergognò per essersi comportato in quel modo, allora non era riuscito a comprendere il suo punto di vista, ad essere sincero nemmeno ci aveva provato.
Solamente ora che Dawber si trovava disteso su quella branda, mutilato e in fin di vita, si rendeva conto dei propri errori.
Hugh si rannicchiò a terra, stremato e tremante si abbandonò a un silenzioso pianto.
 
***

Richard riprese conoscenza in una sicura cantina lontano dal campo di battaglia. Era stato adagiato su un comodo giaciglio e qualcuno aveva provveduto a medicare e fasciare la sua ferita al braccio destro. Il tenente provò a rialzarsi, ma riuscì solamente a sedersi sul materasso, la testa pulsava dal dolore, i suoi ricordi erano ancora frammentati e confusi.
Non aveva idea di come si fosse concluso lo scontro, in quelle condizioni non avrebbe potuto fare nulla per aiutare i suoi commilitoni. Avrebbe dovuto affidarsi a coloro che l’avevano soccorso, nella speranza che riuscissero a portare in salvo anche i suoi compagni.
Inevitabilmente le sue preoccupazioni lo riportarono a Finn. Richard aveva fiducia nel suo attendente, egli non era più un ragazzino indifeso, in diverse occasioni aveva dimostrato di essere pronto ad affrontare la guerra come un valido soldato. Era ancora giovane, ma le esperienze che aveva accumulato in quell’anno di guerra di certo avrebbero potuto rivelarsi utili.
Il tenente sospirò, ancora una volta aveva permesso ai suoi sentimenti di prendere il sopravvento. Per certi aspetti il suo assistente era stato più prudente, Richard ripensò a quando egli gli aveva confidato i suoi dubbi e i suoi timori a riguardo della loro relazione.
Quello che stiamo facendo è sbagliato. Se qualcuno dovesse sospettare la vera natura del nostro rapporto ci sarebbero delle conseguenze.
L’ufficiale era consapevole di tutto ciò, fino a quel momento si era illuso di poter gestire la situazione, ma con il tempo era diventato sempre più difficile nascondere quel profondo legame. Anche inconsciamente le sue azioni erano sempre condizionate dai propri sentimenti.
Green rimproverò se stesso per aver ceduto alla propria debolezza, aveva promesso di fare il possibile per salvare Finn, ma era rimasto troppo coinvolto dal loro rapporto. In questo modo aveva solamente complicato le cose.
Fino a quel momento solamente le persone a lui vicine avevano intuito la verità, ma non poteva permettere che certi sospetti iniziassero a diffondersi. Il sergente Redmond lo considerava quasi come un figlio, forse aveva capito, ma di certo non avrebbe mai fatto nulla per metterlo in pericolo. Lo stesso poteva valere per il dottor Jones, l’unico a cui indirettamente aveva confessato la verità. Il medico era un buon amico, l’aveva messo in guardia con estrema riservatezza, preoccupato più per la sua incolumità che per la propria…trasgressione.
Richard rifletté attentamente, nel momento in cui si era arruolato aveva deciso di rinunciare a tante cose, tra cui anche il proprio essere. In quegli anni di guerra però aveva infranto il suo giuramento, per ben due volte.
Il tenente avvertì gli occhi lucidi, ciò che era accaduto tra lui e il soldato Davis era qualcosa di completamente diverso. Entrambi avevano trovato conforto in quel rapporto, ma poi tutto era svanito all’improvviso. Era stato il suo compagno ad allontanarsi, al tempo Richard non aveva capito, si era sentito tradito e abbandonato. Solamente dopo la sua morte aveva compreso il reale motivo del suo comportamento.
Era certo di non aver mai amato Davis, erano state la paura e la solitudine a spingerlo tra le sue braccia, ma non poteva negare di essere stato profondamente legato a lui come amico e commilitone. Continuava a sentirsi colpevole e responsabile per la sua morte.
Era anche per questo che desiderava salvare Finn ad ogni costo, non voleva commettere gli stessi errori, non voleva perdere colui che si era rivelato essere la sua unica salvezza. Quel ragazzo era la sua ultima possibilità di redenzione.
Richard si riprese dai suoi ricordi, nel caso in cui i suoi sbagli avessero messo in pericolo la vita del suo compagno non avrebbe mai potuto perdonarsi. Non sarebbe stato semplice, ma era certo che Finn avrebbe potuto comprendere. Il tenente si sentì in colpa per quei pensieri, proprio mentre il suo amato era in pericolo stava decidendo di allontanarsi da lui.
Richard richiuse gli occhi, era stanco e confuso, le sue preoccupazioni continuarono a tormentarlo finché non cadde in un sonno profondo.
 
Quando il tenente Foley rientrò nel rifugio fu lieto di trovare il suo parigrado in buone condizioni. Green era seduto sul suo giaciglio, l’arto ferito era stato medicato e fasciato con cura.
«Come ti senti?» 
«È solo una ferita superficiale, mi riprenderò presto»
«Bene, è una buona notizia»
Richard rimase diffidente nei suoi confronti: «non capisco, come mai sei qui? È stato il capitano Howard a richiedere l’intervento delle tue truppe?»
William negò: «no, è stata una mia decisione. Quando non ho più ricevuto notizie del tuo plotone ho capito che doveva essere accaduto qualcosa e ho ritenuto che fosse mio dovere intervenire»
Green si sorprese nel sentire quelle parole: «è stato un atto veramente altruista e coraggioso da parte tua»
«Ho pensato che tuo fratello avrebbe fatto lo stesso»
Richard distolse lo sguardo restando in silenzio.
Foley si avvicinò: «so che il nostro ultimo incontro non è stato particolarmente amichevole, ma…sappi che non sono orgoglioso di quello che ho fatto»
«Hai le tue ragioni per odiarmi, per questo non capisco perché ti sei dato tanto da fare per salvarmi»
«Come ufficiale dell’esercito britannico ho imparato a lasciare le questioni personali lontano dal campo di battaglia»
«L’ultima volta mi hai accusato di essere un assassino» ricordò Green.
«E tu hai sostenuto di non avere rimorsi»
Richard non poté ribattere.
«Ho sbagliato a ritenerti l’unico colpevole della morte di Thomas» ammise William.
Egli scosse la testa: «sappiamo entrambi qual è la verità»
«Era mio fratello, avrei dovuto pensare a proteggerlo, invece l’ho abbandonato quando lui aveva bisogno di me»
Green percepì il profondo dolore di quella confessione, poteva ben comprendere quella sensazione, era la stessa che aveva provato con Albert. D’altra parte non poté negare la realtà a se stesso, era stato lui a premere il grilletto, indipendentemente da chi fosse il vero colpevole.
Foley si posizionò al suo fianco: «so che non hai avuto scelta e che hai svolto il tuo dovere. Non potrò mai perdonarti per quello che hai fatto ma…allo stesso tempo non riesco a condannarti»
«Hai pietà di me solo perché sono il fratello di Albert?»
William rispose con una smorfia, da quella conversazione stavano emergendo dolorose verità.
«Suppongo che tu conosca il valore di una promessa»
Green annuì.
Foley infilò una mano nella tasca della giubba, afferrò un piccolo oggetto metallico e lo porse al suo interlocutore.
«Per tutto questo tempo non sono riuscito a separarmene, ma credo che sia giunto il momento di riconsegnarlo al suo proprietario»
Richard sussultò: «è l’orologio di Albert!»
William annuì: «tuo fratello me l’aveva donato come prova della nostra amicizia, ma è giusto che sia tu a tenerlo»
Green strinse tra le mani quel prezioso cimelio di famiglia, era stato suo padre a regalare quell’orologio d’oro al figlio primogenito. Albert aveva sempre conservato quell’oggetto con estrema gelosia fin da quando erano ragazzini. Se aveva deciso di donare a un suo compagno qualcosa di così caro di certo doveva esserci una valida ragione. Il legame di amicizia tra Albert e William doveva essere stato davvero intenso e sincero.
«Avrei voluto riconsegnartelo il giorno del suo funerale, ma non ne ho avuto il coraggio. L’ho tenuto con me per tutto questo tempo perché non ero pronto a separarmene. Era il suo unico ricordo, non volevo restare senza più nulla di lui»
«Che cosa è cambiato adesso?»
«Non ho più bisogno di quell’orologio per sentirmi ancora vicino ad Albert»
William guardò Richard negli occhi, quelle parole erano vere, da quel momento il modo migliore per mantenere vivo il ricordo del suo migliore amico sarebbe stato rispettare la sua promessa.
Green rimase a contemplare le lancette dell’orologio, il tempo scorreva inesorabilmente e ancora non aveva ricevuto notizie di Finn e i suoi compagni.
 
Dopo qualche istante di silenzio il tenente Foley riprese il discorso: «c’era un’altra cosa di cui volevo parlarti»
Richard alzò lo sguardo: «di che si tratta?»
William prese un profondo respiro prima di rispondere: «io…non ti ho mai detto tutta la verità sulla morte di Albert»
Green trasalì: «anche tu credi che il suo non sia stato un suicidio?»
«Al tempo avevo dei dubbi e i tuoi sospetti non hanno fatto altro che alimentare queste orribili ipotesi»
«Il caporale Randall è coinvolto in tutto questo, vero?»
Egli annuì: «è una questione complessa»
«Per favore, ho bisogno di sapere tutta la verità su questa storia»
Il tenente Foley esitò, ma alla fine iniziò a raccontare tutto ciò che sapeva a riguardo.
 
***

Fronte britannico sul fiume Yser, ottobre 1915.
Albert rientrò nel rifugio con aria afflitta e sconvolta, era appena tornato dal processo del caporale Randall. Dalla sua espressione William intuì che l’esito non era stato quello sperato dal suo compagno.
«Suppongo che oggi non sia stata fatta giustizia» commentò tristemente.
Green sbuffò esternando la propria frustrazione.
«A quanto pare le prove non erano sufficienti»
«Nessun testimone?»
«Ovviamente nessuno tra quei soldati ha avuto il coraggio di accusare un superiore di essere un criminale»
«Mi dispiace, so che questo caso ti stava a cuore»
«Non posso permettere che Randall resti impunito dopo quello che ha fatto!»
«Concordo sul fatto che quell’uomo sia un essere spregevole, ma davvero credi che sia un assassino?»
«Non ho alcun dubbio a riguardo»
«Come puoi esserne così certo?» chiese William.
«Randall è uno di quegli uomini a cui la guerra ha dato la possibilità di liberare il proprio lato più oscuro e violento, ha imparato a convivere con l’orrore, e ha scoperto di trarre soddisfazione da tutto questo. È un soldato perfetto, in combattimento uccide senza pietà, ma ora non si limita più a questo. Quando non ci sono tedeschi a cui sparare deve trovare un altro modo per sfogare la sua sete di sangue»
Il tenente Foley inorridì: «che diamine stai dicendo?»
«È la verità, l’ho visto con i miei occhi…»
William si mostrò riluttante, non era certo di voler conoscere ogni particolare di quella storia.
«Non dimenticherò mai quel momento, eravamo ancora in Francia, un’esplosione accidentale causò un crollo in una galleria. Immediatamente corsi ad aiutare i feriti, sul luogo dell’incidente trovai Randall, era chino su un nostro compagno, il quale era steso a terra agonizzante, probabilmente intossicato dal fumo. Inizialmente sembrava che egli stesse cercando di soccorrerlo, ma avvicinandomi mi accorsi che non era così. Randall aveva la mano premuta sulla sua bocca, mentre quel poveretto stava soffocando lui lo guardava negli occhi, sembrava affasciato dalla sua sofferenza. Quando sono intervenuto ovviamente ha negato tutto…ma io sono certo di quel che ho visto»
Foley iniziò a preoccuparsi: «faresti meglio a stare lontano da questa storia»
«Non posso permettere che i suoi crimini restino impuniti!»
«Dannazione Albert! Non puoi mettere in pericolo la tua vita in questo modo!»
«Almeno io ho intenzione di battermi per la giustizia»
«Non ti bastano i tedeschi? Vuoi farti dei nemici anche nelle nostre linee?»
«L’ultima vittima di Randall era un ragazzo di vent’anni, avrebbe potuto essere mio fratello»
Foley guardò il suo compagno negli occhi, ormai lo conosceva bene, sapeva che egli non si sarebbe arreso tanto facilmente.
«Sai che io sono sempre stato disposto a sostenerti in tutto, ma…questa volta devo chiederti di rinunciare. Si tratta di qualcosa di veramente pericoloso»
«Siamo al fronte, qui ogni cosa è pericolosa!»
«Tu non hai idea di quel che stai facendo»
«Dovrei star zitto e voltare la testa dall’altra parte? È così che funziona l’Esercito britannico?»
«Adesso basta, per favore, cerca essere ragionevole. Sei riuscito ad ottenere un processo, che altro vorresti fare?»
Albert non rispose, ma dal suo sguardo Foley intuì che l’amico fosse determinato ad andare fino in fondo a quella storia.
 
***

William riportò ogni parola di quel dialogo, in quegli anni aveva ripensato più volte a quella discussione.
Richard ascoltò tutto con estrema attenzione.
«Tu credi che sia stato Randall a uccidere Albert?»
«Tutto quello che so è che il caporale aveva una ragione per voler morto tuo fratello»
«Per quale motivo quando ti ho rivelato i miei sospetti non hai voluto dirmi la verità?»
«Allora eri ancora sconvolto per la scomparsa di Albert, non volevo che tu facessi qualcosa di stupido e avventato»
Richard fu costretto ad ammettere che egli aveva ragione, probabilmente al tempo si sarebbe lasciato sopraffare dalla disperazione.
«Ho ritenuto che fosse giunto il momento di essere sincero nei tuoi confronti» continuò Foley.
«Apprezzo ciò che stai facendo, so che non deve essere facile per te»
«È assurdo, ma nonostante tutto tu sei l’unico che può comprendere il mio dolore»
«Albert mi parlava spesso di te, eri il suo unico amico, sei stato davvero importante per lui»
William si commosse nel sentire quelle parole: «per questo mi sento in colpa»
«Non avresti potuto salvare mio fratello né da Randall né da se stesso»
Foley fu lieto di trovare un po’ di conforto, per tanto tempo era rimasto solo con i propri demoni. Fu una liberazione condividere quei tormenti.
«Che ne è stato del caporale Randall?» chiese Richard.
«Poco dopo il processo è stato trasferito in un altro reggimento, non ho più avuto sue notizie»
«Sei sicuro di non ricordare nulla di più?»
«Vorrei davvero aiutarti a scoprire la verità sulla morte di Albert, ma temo che ormai sia troppo tardi»
Green stava per aggiungere qualcosa, ma in quel momento qualcuno bussò freneticamente alla porta.
Foley si rialzò e ordinò al suo sottoposto di entrare.
Un soldato ansante si presentò sulla soglia: «signor tenente, abbiamo perlustrato l’intero villaggio, i tedeschi si sono ritirati»
William rimase impassibile: «dobbiamo organizzare le difese e restare in allerta. Questo avamposto è importante per il nemico, dobbiamo essere pronti in caso di contrattacco»
L’uomo annuì.
«C’è dell’altro?»
Il soldato si voltò verso l’ufficiale ferito: «sì signore. Abbiamo trovato degli altri dispersi»
Lo sguardo di Richard si illuminò, tentò di muoversi, ma il suo parigrado lo trattenne.
«Quando starai meglio ti riporterò dai tuoi uomini, adesso però devi riposare»
Il tenente Green avrebbe desiderato opporsi, ma era troppo debole anche solo per reggersi in piedi. Lentamente tornò a sdraiarsi sul suo giaciglio, cedendo alla stanchezza.
   
 
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