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Autore: NyxTNeko    26/07/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Ollioules, 15 settembre

Quando Napoleone si era messo rapidamente in cammino, a bordo del suo destriero, per raggiungere il quartier generale di Carteaux, il suo occhio era inavvertitamente caduto su alcuni piccoli accampamenti di varie migliaia di soldati, sparsi qua e là, lungo le colline che si estendevano tra Tolone e Ollioules.

Ciò che notò non fu affatto piacevole, in quanto non corrispondeva esattamente al tipo di esercito che si aspettava: privo di organizzazione, soldati e ufficiali sonnecchiavano, bevendo in gran quantità, come se volessero dimenticare di essere lì. Le latrine a cielo aperto non aiutavano a rendere migliore l'umore del giovane capitano.

Buonaparte era certo dell'incapacità del generale pittore, persino i due commissari glielo avevano fatto intendere attraverso gli sguardi allarmati e timorosi che si erano scambiati. C'era in gioco la salvezza della Nazione e della Rivoluzione. Tuttavia non immaginava che la situazione fosse tanto disastrosa. Come potevano anche solo sperare di indebolire gli inglesi e i suoi alleati in quelle condizioni?

Inoltre aveva avvistato pochissime batterie di cannoni, gli animali da trasporto, cavalli, asini e muli, quasi inesistenti, oltre ai convogli che mancavano del tutto. Non aveva osato inoltrarsi tra le fila per evitare qualsiasi tipo di contatto, prima di presentarsi al cospetto del suo superiore, che sopportava sempre meno. Lo aveva fatto perché difficilmente sarebbe riuscito a controllarsi. L'ordine, la disciplina, il duro lavoro erano i suoi pilastri di vita e assistere a quel desolante spettacolo, lo aveva reso più teso di quanto non fosse già. "Qui ci vuole un miracolo, altro che organizzazione" aveva pensato tra un sospiro e l'altro, stringendo nervosamente le redini.

Senza accorgersene sopraggiunse al bivacco e riconobbe, poco più lontano, la tenda del generale dall'ampiezza e soprattutto dal suo spiccato cattivo gusto - Chi siete? - domandò una delle guardie a difesa dell'accampamento. Napoleone gli porse il documento redatto da Saliceti, questa eccessiva precisione, secondo il suo parere, era sprecata - Ah - emise la guardia mentre occhieggiava quell'ufficiale magrolino, che gli sembrava troppo giovane e poco resistente per possedere le qualità necessarie a sostenere efficacemente quel logorante assedio - Così siete il nuovo comandante dell'artiglieria, vi farò annunciare...

Al corso non sfuggì quello sguardo beffardo,  lo frenò imperioso e scese abilmente dal cavallo - Non c'è bisogno, posso farlo da me - gli riferì non appena gli passò accanto - Anche se voi credete che non ne sia in grado, a causa del mio aspetto - precisò freddamente, lasciando nella guardia un sentore di paura, che nemmeno lui sapeva spiegarsi. Dopodiché il capitano compì alcuni passi, avanzò, scostò la tenda ed entrò fulmineo. 

Carteaux, trovando improvvisamente un intruso nella sua tenda, proprio nel momento in cui stava vincendo a carte appassionatamente, con altri suoi ufficiali, strillò alle guardie - Razza di stupidi, non sapete neanche annunciare un ospite, che spreco di soldi!

- Non prendetevela con quelli - fece Napoleone con tono conciliante, dando, apparentemente, l'impressione di scusarsi - Sono stato io ad insistere nel voler fare tutto da solo, hanno molto di cui occuparsi - gli dedicò un breve inchino, poi lo scrutò più attentamente e sorrise sornione - Se ho interrotto la vostra partita, posso anche tornare più tardi e farmi annunciare affinché possiate essere pronto

Nel tono di quello sconosciuto c'era una nota sarcastica, pungente, che infastidì visibilmente Carteaux. Stava forse insinuando che non fosse sufficientemente adeguato e preparato? In parte era vero, ma non era colpa sua se non disponeva di mezzi e uomini per riconquistare Tolone. Al contrario, era sempre più convinto che l'unico modo per non far cadere la città fosse di raderla al suolo. Nonostante ciò riuscì a calmarsi, si alzò bruscamente e a grandi passi raggiunse quel piccolo uomo dalla lingua biforcuta, che la penombra celava, gli si fermò davanti, stagliandosi in tutta la sua imponenza.

Napoleone, a braccia conserte e il foglio di nomina piegato tra le dita, sollevò un sopracciglio. Il generale gli si era avvicinato arrogante, gonfiando il petto, tutto indorato dalla testa ai piedi, al pari di un qualsiasi galletto nel pollaio, esibendosi in pose ridicole pur di stupire la femmina. Ne aveva incontrati tipi del genere, talmente prevedibili da risultare noiosi. "Crede davvero di scuotermi? È solamente imbarazzante" rifletté incrociando il suo sguardo. Non era cambiato di una virgola da Avignone, dimostrava di essere il solito ignorante ed altezzoso, persino la tenda gli pareva uguale all'altra.

Carteaux ebbe un lampo, la sensazione di aver già avuto il piacere di incontrarlo, però, con tutte le persone con cui era venuto in contatto nelle ultime settimane, al momento gli sfuggiva la sua identità. Come se non bastasse quel ragazzo non era minimamente intimidito o impressionato dalla sua figura, cosa assai insolita, poiché chiunque restava colpito e non esitava nel fargli complimenti di ogni tipo - In che posso servirvi cittadino? - gli chiese constatando la sua fermezza.

Buonaparte gli consegnò il foglio, non proferì una sola parola. "Possibile che non mi abbia riconosciuto?" s'interrogò restando in attesa.  Ringraziò il destino per avergli fatto dono di una testa brillante come la sua in un corpo comune, anziché di un fisico importante, ma dal cervello inutile. 

"Buonaparte... quando e in che luogo l'ho sentito?!" si chiedeva Carteaux, dopo aver letto il foglio, nel quale Saliceti elogiava ampiamente le capacità del giovane capitano, che si era presentato similmente ad una scheggia, al suo cospetto - Sbaglio o noi due ci siamo già visti da qualche parte?

- Precedentemente all'assedio di Avignone, cittadino generale - fu la pronta risposta di Napoleone, la mano destra dietro la schiena, quella sinistra che accompagnava alle parole - Eravate nella stessa situazione con l'artiglieria e vi avevo aiutato consigliandovi la strategia da usare per prendere nel sacco la città - aggiunse esaustivo il ragazzo. I sottoposti, che avevano smesso di giocare in quell'istante, si guardarono, per avere conferma di ciò che avevano appena udito.

- Ecco dove avevo incrociato il vostro volto statuario e il vostro profilo macilento! - esclamò Carteaux dandosi uno schiaffo sulla guancia.

- Ora che sapete della mia nomina, se non avete altro da riferirmi, preferirei dedicarmi al dovere per cui sono stato chiamato - espresse Napoleone, sforzandosi di non far trapelare l'agitazione, l'insofferenza aveva in corpo e il desiderio di uscire e di mettersi subito a lavoro.

Carteaux prese ad accarezzarsi i suoi adorati baffi, scuotendo la testa e pronunciò ridacchiando - Arrivate un ritardo, non abbiamo più bisogno di nessuno per riprendere Tolone - ammiccò complice agli ufficiali dietro di lui che sogghignavano a loro volta. Buonaparte non capì che cosa intendesse dire, lo rimirò interrogativo, sbatté le palpebre.

Tanto bastò al generale per recuperare il discorso, gli allungò la grossa mano sulla spalla e soggiunse, voltandosi verso quel poco che si scorgeva dell'orizzonte - Ad ogni modo siate il benvenuto: potete partecipare alla gloria di bruciare la città senza aver faticato per questo - disse infine ghignando.  Scoppiò a ridere, accompagnato dai colleghi.

Napoleone, invece, sbiancò, rimase imbambolato, spaesato, a fissare con occhi spenti l'ambiente circostante. In un primo momento quelle parole risuonarono nella sua testa senza suscitare nulla, poco alla volta, la rabbia si fece strada e lo invase, seppur non lo avesse dominato. Strinse violentemente i pugni e lanciò un'occhiataccia a tutti i presenti, quelli smisero improvvisamente, però non diedero peso al capitano, ai loro occhi era soltanto un ragazzino che giocava a fare la guerra. Riattaccarono a ridere.

A quel punto, il giovane capitano uscì dalla tenda colmo di rabbia, di risentimento nei confronti di quei luridi vigliacchi, scosso dalla testa ai piedi - Bruciate voi piuttosto! - sbiascicò fra i denti imprecando. Riafferrò le redini del cavallo e lo portò in un piccolo recinto, all'aria aperta, in cui ve ne erano altri e lo chiuse. Aveva la necessità di sbollire l'ira, di scaricarla su qualcosa. "Bruciare Tolone? Ma sono pazzi! Non si rendono conto della gravità di quello che dicono! Delle loro intenzioni! Lo impedirò a tutti i costi, fosse anche l'ultima azione che compio!"

Si era incamminato seguendo un piccolo sentiero che lo condusse su di una collinetta non particolarmente elevata, quanto sufficiente per contemplare l'intera baia di Tolone: poco distante da Ollioules, a circa tre miglia, vi era il monte Faron e una piccola catena montuosa che dominavano il mare, sulla rada interna sorgeva la città portuale. Nel porto era ancorata una flotta incredibile, da così lontano era impossibile stabilire il numero preciso e la nazionalità. La città era circondata da parecchi forti, i più evidenti erano il Malbousquet, il LaMalgue sull'altro versante e quello sulla sommità del Faron, accanto alle naturali difese.

Quel paesaggio sereno gli attenuò la collera e pensò che fosse meglio concentrare le proprie energie sull'elaborazione di un piano che si potesse attuare immediatamente. Doveva salvare la città e la rivoluzione. Solamente in quel frangente comprese il perché della stima di Saliceti, non era dettata dal semplice opportunismo, veramente egli aveva compreso le sue reali potenzialità. Sospettò che la sua formazione fosse stata determinante per adempiere a quel compito.

Se l'esercito era carente di ufficiali idonei,  l'artiglieria versava in uno stato a dir poco pietoso, allora la situazione era sicuramente drastica, c'erano pochissimi uomini di scienza al servizio della Repubblica. La maggior parte di essi o era emigrata dalla Francia o ferita gravemente. Il restante, autoescludendosi, era composto da sergenti e caporali.

Sorrise ripensando alle parole di Giuseppe, dovette dargli ragione, suo fratello era riuscito a comprendere le sue vere capacità prima di chiunque altro. Napoleone non era ancora del tutto consapevole del proprio talento, delle proprie qualità militari, non gli era mai stata data una possibilità vera e propria, di conseguenza non poteva sapere fin dove si potesse spingere, eppure il maggiore non aveva esitato un secondo nel dargli fiducia.

Come se lo conoscesse da sempre, il che era vero, lui e Giuseppe erano cresciuti insieme molto più che con gli altri fratelli.  Attraverso la sua mansuetudine, la sua calma il maggiore aveva sviscerato, inconsapevolmente, lo spirito indomabile e al contempo riflessivo del minore.

Discernere i suoi limiti era una cosa che Napoleone doveva fare per approfondire la sua persona e Tolone divenne una sfida da superare. La tensione gli diede la giusta carica per affrontarla, spaventato lo era, perché era consapevole della responsabilità enorme che aveva sulle sue spalle. Se nessuno lo sosteneva moralmente, era certo del fatto che la sua famiglia sarebbe stata con lui, anche da lontano, era un sostegno tacito e reciproco. La madre e i fratelli avevano bisogno di lui, al pari di Napoleone, senza di essi non avrebbe potuto realizzare nulla. Per questo, dunque, avrebbero condiviso il medesimo destino.

Prima di tornare allo stato maggiore decise di prendersi del tempo per osservare lungamente il paesaggio in silenzio. Il vento leggero gli muoveva i capelli, alcuni gli coprirono le guance scavate e il collo esile. Riprovò nuovamente quella sensazione di stupore, meraviglia, che aveva ravvisato durante il suo primo viaggio in Francia, alla volta di Brienne. A quell'epoca aveva adoperato ogni tipo di tattica al solo scopo di reprimere e negare quel sentimento di amore profondo verso quei luoghi bellissimi che aveva scoperto, per una questione di patriottismo o di stupido orgoglio personale.

Ora non serviva più mentire a sé stessi, ingannarsi, non avere sensi di colpa o  sentirsi con la coscienza a posto, non aveva più una patria, un posto del cuore. La Corsica presto l'avrebbe dimenticata, ne era sicuro, la Francia non sarebbe riuscita a sostituirla, quel dolore che aveva vissuto sulla sua pelle che lo aveva reso l'uomo che era, si era fossilizzato, evidente come una cicatrice. Era un apolide ormai, che combatteva per la famiglia, per la propria ambizione e per la gloria e per puro egoismo, finalmente libero di agire come gli aggradava, mostrando comunque l'ardore per la rivoluzione, che aveva in parte.

La Rivoluzione sarebbe stato semplicemente il trampolino di lancio per una carriera militare che lo rendesse immortale agli occhi del mondo e della storia; al pari dei grandi uomini del passato che, prima di lui, avevano calpestato quella terra e compiuto grandi gesta riecheggianti tra le onde del mare. Non era ancora cosciente del futuro che gli attendeva, eppure avrebbe dato l'anima per riprendere la città e restituire i torti agli inglesi, che sarebbero stati i suoi nemici giurati - Sì fratello mio, mostrerò a questi francesi e inglesi di che pasta sono fatto... - sussurrò lievemente chiudendo gli occhi.





 

 

   
 
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