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Autore: Ksyl    27/07/2020    3 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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5

Era vero che aveva un impegno più tardi, esattamente quello che aveva menzionato a Castle e a cui non sarebbe mancata per nessun motivo – la festicciola alla scuola di Tommy. Era la prima a stupirsi della facilità e del genuino piacere con cui si trovava a parlare con lui di cose tanto personali.
Aveva inoltre parecchie pratiche da sbrigare in ufficio prima di potersi liberare, ma, seguendo un impulso del momento, decise di prolungare ulteriormente una pausa che a quel punto rischiava di dilatarsi fino a occupare gran parte del pomeriggio. Poteva dire addio al lavoro per quel giorno.
Non era una cosa che si concedesse di fare di solito – mai, a dirla tutta-, ma doveva essere onesta con se stessa. Le sarebbe stato impossibile riuscire a recuperare una parvenza di lucidità che le avrebbe consentito di svolgere le solite mansioni con la consueta professionalità. Ammetterlo le costò una buona dose di frustrazione e sensi di colpa, tanto per cominciare.

Sarebbe passata in obitorio da Lanie, la migliore alleata degli ultimi anni e sua consigliera di fiducia, se pure dai modi stravaganti e spesso poco diplomatici. Aveva più che mai bisogno di vederla dopo quello che era successo, rifletté stringendo il volante tra le dita, proprio come aveva istintivamente fatto con la tazza di caffè che si era trovata tra le mani quando Castle l'aveva invitata a pranzo, così sorpresa da non essere riuscita a fare quello che avrebbe dovuto. E cioè dire di no. Con garbo, adducendo scuse legittime, ma opponendo un netto rifiuto. Che, alla luce dei successivi eventi, doveva essere rimasto bloccato da qualche parte, tra il senso del dovere e la naturale diffidenza che non erano intervenuti a fermarla.
Sorrise nel ricordare quello che nemmeno nelle fantasie di un audace scrittore sarebbe mai potuto essere definito come pranzo. Smise di sorridere, imbarazzata. Chissà che cosa avrebbero pensato gli occupanti delle altre auto se l'avessero vista persa nelle sue fantasticherie.

Aveva un motivo ufficiale per capitare in laboratorio da Lanie senza generare alcun sospetto – ritirare dei referti – , anche se si sarebbe potuto facilmente obiettare che non rientrava tra i suoi compiti di capitano. E infatti non lo faceva quasi mai. Questo aveva purtroppo ridotto di molto le opportunità di incontro con l'amica durante le ore lavorative, una delle cose che rimpiangeva di più. Oltre all'azione sul campo, come aveva spontaneamente confessato a Castle. Sempre perché non le riusciva di tenere chiusa la bocca, quando c'era lui nei dintorni.

Chiamò Esposito dall'auto e gli comunicò che si sarebbe occupata personalmente della questione, evitandogli un viaggio nel traffico. Se lui trovò strana la sua scelta lo tenne per sé; non ci fu nessun commento, né le venne chiesto quando sarebbe rientrata. Forse erano felici di non averla tra i piedi per qualche ora e lei, dal canto suo, era sollevata all'idea di avere del tempo per sé per mettere in ordine i propri pensieri e riportarli alla ragione. Se solo fosse stato possibile.

"Che cosa ci fai qui?", l'apostrofò Lanie senza alzare gli occhi dal cadavere disteso sul lettino che stava esaminando, quando la sentì entrare. "Sei rimasta a corto di detective?"
Il suo sarcasmo affettuoso l'avvolgeva sempre come un indumento caldo e confortevole. Quando non la irritava da morire.
"No, avevo solo voglia di prendermi cinque minuti d'aria". Senza aspettare indicazioni, si accomodò dietro a una delle scrivanie, tenendosi rispettosamente lontana dall'area di lavoro su cui l'amica stava operando.
"Da quando?". Lanie le si rivolse con fare accusatorio, voltando la testa nella sua direzione.
Kate la guardò senza capire, troppo distratta dalle proprie turbolenze mentali per riuscire a seguire una conversazione appena meno che lineare. "Da quando ti concedi delle pause a metà giornata?", chiarì l'amica con impazienza.

Kate scrollò le spalle senza rispondere. In silenzio, Lanie si tolse i guanti, si lavò le mani e venne a posizionarsi accanto a lei. Si sentì attentamente scrutata.
"È successo qualcosa? Hai un'aria... diversa", commentò diffidente.
"Non posso allontanarmi dal distretto senza scatenare una reazione di allarme?"
Lanie fece un gesto con la mano per mostrare tutta la sua insofferenza di fronte a quelle che doveva considerare solo manovre diversive da parte sua. "Sputa il rospo". Le puntò un dito contro. "E ti avverto, non intendo accettare qualche vaga scusa delle tue. Voglio la verità. Ci deve essere un motivo per piombare qui con quell'aria arruffata".
"Non ho nessuna...", cominciò indispettita, ma si interruppe subito. Era inutile tergiversare, del resto non era di certo andata fin lì per parlare di frivolezze. O sì, in un certo senso.

Emise un gemito. "Credo di aver fatto una follia", confessò avvilita dopo qualche istante che le era servito per racimolare la giusta dose di coraggio.
Era così che era arrivata a considerare quello che era successo con Castle – niente e tutto, per quanto la riguardava - e, con il passare del tempo, se ne convinceva sempre di più. Che cosa le era preso?
"Hai ucciso qualcuno? Devo aiutarti a occultare il cadavere? Ho una certa esperienza in proposito", si offrì Lanie. "Di cadaveri, non di omicidi e relativi occultamenti", specificò esasperata, dopo aver ricevuto la sua occhiata perplessa.
"Ho... potrei avere un appuntamento", ammise a occhi bassi passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Dirlo a qualcuno lo rendeva ancora più agghiacciante di quanto già non fosse nei severi meandri della sua mente ipergiudicante.

Lanie batté le mani, felice come se le avesse annunciato una sostanziosa vittoria alla lotteria.
"Finalmente ti sei risvegliata dal letargo! Ero sicura che c'entrasse un uomo, si nota da quell'alone di euforia che ti segue da quando sei entrata e che tenti di reprimere senza molto successo".
"Non sono euforica!", si indignò. "Anzi, direi proprio il contrario". Si accasciò sullo schienale della sedia.
"Perché? Hai accettato un incontro al buio con qualcuno e ti sei accorta solo dopo che è un serial killer o semplicemente che non è il tuo tipo?"
"No, niente del genere".
"Non è un serial killer oppure è decisamente il tuo tipo? Ottima notizia in entrambi i casi. Perché hai quella faccia?".
Non era più convinta che avesse fatto bene ad attraversare la città per ascoltare tutte quelle sciocchezze.

"Puoi essere seria per una volta?"
"Sono serissima. Sei tu che sembri convinta di aver accettato di calarti con una fune in un girone infernale. È un appuntamento, non una punizione divina".
Si massaggiò le tempie. "Ho ben altro a cui pensare che non a uscire con un uomo". Non era forse evidente?
"E a che cosa dovresti pensare? Al voto di castità che hai fatto quando è nato Tommy e che da allora rispetti senza cedimenti?"
"Non ho fatto nessun voto di castità! E non è questo il punto. Ci sono degli ostacoli oggettivi e tu li conosci bene quanto me", rispose con un tono troppo aggressivo di cui si pentì subito, ma Lanie era riuscita a innervosirla, mostrandosi poco empatica verso i suoi turbamenti interiori.

Con una mossa risoluta sfilò il cellulare dalla tasca della giacca con l'intento di disdire senza attendere oltre quella specie di accordo che aveva con Castle. Era stata una pessima idea. La peggiore in assoluto. Bisogna porre fine a quella sua tendenza a comportarsi in maniera scellerata.
Lanie si sporse verso di lei, distraendola dal porre in atto il suo piano di sterminio di appuntamenti fuori luogo.
"Hai ragione", disse ammorbidendosi e dandole finalmente retta. "So che per te è stato difficile crescere un bambino contando solo sulle tue forze e che per questo non c'è stato spazio per altro nella tua vita. Ma devi iniziare a renderti conto che Tommy non è più un neonato e tu hai ogni diritto di uscire e divertirti un po'. Sei rimasta da sola troppo a lungo".
Si ribellò a quella descrizione della sua vita che non corrispondeva al vero. "Non sono sola, ho Tommy e il mio lavoro, e cioè tutto quello che mi serve". Era davvero così? Preferiva non chiederselo. "Che cosa c'entra il divertimento?"
"Capisco che tu sia un po' arrugginita sull'argomento, la tua vita mondana era misera anche prima che nascesse Tommy".

Evitò di rispondere alla provocazione – sapeva benissimo a cosa aveva rinunciato da quattro anni a questa parte. Non se ne era mai pentita, né le era parso che le mancasse qualcosa. Aveva una carriera che l'assorbiva molto e un bambino che stava crescendo in fretta, come aveva appena sottolineato. Non le rimaneva molto tempo per il resto, nemmeno se avesse voluto. Se ne era rimasta con suo figlio in un bozzolo fatto di amore, cure, attenzioni. Ne aveva amato ogni istante.
Continuò a fissare lo schermo del cellulare senza risolversi a scrivere il messaggio da inviare a Castle, quello che avrebbe cancellato qualsiasi possibilità di rischiosi incontri futuri.

Lanie cambiò discorso.
"Sentiamo, da dove salterebbe fuori questo appuntamento, visto che a quanto pare esiste ed è il motivo per cui ti sei rifugiata qui come se fossi inseguita da uno sciame di spasimanti? Dubito che ti abbiano drogata – nessuno oserebbe farlo, sfortunatamente. Hanno troppa paura di te. Devo dedurre che qualcuno abbia avuto l'ardire di chiederti di uscire e tu abbia accettato, prima di farti prendere dall'isteria e correre a seppellirti nelle tue abitudini ascetiche?"
"È inutile discuterne, non ci sarà nessun appuntamento", replicò puntigliosa. Doveva solo comunicarlo al diretto interessato. Niente di più facile.
"Di chi si tratta? Dove lo hai conosciuto?", insistette Lanie, ignorando le sue obiezioni. Qualche volta le pareva di parlare al vento.
Fece un profondo respiro. " Non è proprio un estraneo..." Non lo era, giusto? Questo doveva renderla più tranquilla, ma purtroppo non era così. "È Castle", confessò infine sotto lo sguardo implacabile dell'amica.
"Richard Castle?!", proruppe Lanie quasi gridando. "Quel Richard Castle?! Gesù, devi essere impazzita sul serio". Si sventolò con una mano.
"Lo vedi che avevo ragione? Anche tu lo trovi sconvolgente. L'ho detto subito che era una follia, ma non mi hai dato retta", la rimbeccò offesa.
"Alt. Non sono affatto sconvolta, sono solo stupita ed entusiasta all'idea di poter finalmente riscuotere la mia scommessa. Ce ne hai messo di tempo!"
La fissò interdetta. "Quale scommessa?"
"Ero convinta che sareste usciti insieme dopo aver risolto magnificamente quell'unico caso insieme. Lui era decisamente propenso ad approfondire la tua conoscenza e tu fingevi solo di respingerlo per chissà quale assurdo motivo".
Lei non era per nulla d'accordo con questa approssimativa e niente affatto realistica ricostruzione degli eventi.
"Ti rendi conto che non ha nessuno senso? Sono passati anni", rimarcò piccata.
"La scommessa non è andata in prescrizione. Sì, a quei tempi ho dovuto pagare la mia quota, ma adesso mi farò ridare i soldi con gli interessi. Sapevo che il mio intuito non si sbagliava".
"Forse è meglio che me ne vada, credo tu sia impazzita più di me". Si alzò con decisione, infilandosi la borsa a tracolla.

"Non prima che tu mi abbia raccontato tutto", la fermò Lanie tirandola per una manica. "Dove vi siete incontrati tu e il bel scrittore? È sempre affascinante?"
"Qualche sera fa, alla festa in onore del sindaco", spiegò con riluttanza.
"Quella in cui gli hai salvato la vita, anche se tieni la bocca cucita per evitare i riflettori? Guarda che lo sappiamo tutti come è andata".
"È una questione riservata, non posso svelare niente".
Lanie sbuffò di fronte al suo tono definitivo. "D'accordo. Tanto non è quello che mi preme di sapere. Vai avanti. In quale punto il nostro eroe è saltato fuori dalle pagine di uno dei suoi romanzi per ammaliarti, convincendoti finalmente a dire di sì?"
"Non farti strane idee, abbiamo solo chiacchierato".
"Prima o dopo lo spiacevole intermezzo con lo squilibrato?"
"Prima. E dopo", ammise a malincuore.
"Credi di riuscire a esprimerti in modo più articolato o devo strapparti le parole con una pinza? Ne ho di tutte le dimensioni". Incrociò le braccia davanti al petto.

"Noi...". Si rese conto che non poteva svelarle niente del ruolo di Castle nella vicenda. O del suo. Del motivo per cui l'avesse legittimamente seguita al distretto in piena notte. Era stata invitata a non esprimersi sull'intera vicenda, a meno che non si trattasse di un comunicato ufficiale.
Ma non era solo questo. Non poteva raccontarle soprattutto di tutto il resto. Di come si fosse sentita nervosa seduta alla propria scrivania circondata dal silenzio e l'oscurità e con i suoi occhi puntati addosso, fingendo una calma che era stata ben lungi da provare. E di come fosse stata lei, in extremis, a non lasciare che scomparisse, come invece aveva fatto in passato.
"Non è finita lì. Ci siamo rivisti anche oggi a pranzo, un paio di ore fa", svelò con la voce ridotta a un sussurro.
"Quindi avete già avuto un appuntamento! E me lo dici così? Ecco perché ti sei presentata volteggiando e con la testa tra le nuvole. Castle ti ha sempre fatto questo effetto, ammettilo".
"Non ammetterò niente del genere. E non è come pensi tu. Quello di oggi non era un l'appuntamento di cui ti ho parlato. Ci siamo incontrati per caso sotto il mio ufficio e abbiamo mangiato qualcosa insieme. È stato molto rapido e per niente...". Fece un gesto vago con la mano. "Romantico o altri aggettivi che useresti tu. E non mi fa nessun effetto". Proprio nessuno. L'avrebbe ripetuto anche sotto giuramento.
Forse non era stata romantico in senso tradizionale, ma dovette reprimere un effluvio di emozioni scomposte, pronte a debordare oltre i confini di se stessa, quando le tornò in mente il loro frizzante incontro più recente, quello che si erano detti, le promesse future e quell'inebriante esplosione primaverile che aveva contribuito a travolgerla.

"Quando ci siete di mezzo tu e Castle il caso non esiste, lo sappiamo entrambe. Vedo che non ha perso il vizio di tentare di intrufolarsi nella tua vita con i mezzi più fantasiosi", replicò compiaciuta.
Si rifiutò di rispondere a quelle basse insinuazioni. "Se il pranzo di oggi non conta, significa che avete in programma un altro appuntamento? Ufficiale, romantico e tutti gli altri aggettivi che userei io?"
Annuì contrita. "Una cena, presto". Non confessò di essere stata lei a proporla sfacciatamente.
Lanie fece una smorfia. "Per essere un uomo che non trovi interessante state passando parecchio tempo insieme o sbaglio?"
"Non ho mai detto che non lo trovo interessante". Si morse la lingua.
"Se non fossi davanti a me in carne e ossa stenterei a riconoscerti", commentò Lanie stupefatta. "Non credo di averti mai sentito esprimere parole di apprezzamento su Castle in quanto essere maschile. O su chiunque altro, a pensarci meglio".
"Non voglio negare che sia una persona all'apparenza...". Lanie la fissò incuriosita. Doveva scegliere con attenzione le parole da usare. "Gradevole". Gradevole andava bene, ma si beccò in cambio un'occhiata sprezzante. "Ma è anche un uomo che ama apparire stabilmente sulla pagina dei pettegolezzi cittadini, che cambia compagna a seconda del capriccio del momento, è superficiale e completamente incentrato su se stesso. Proprio come allora".
Lanie rifletté per qualche secondo. "Come fai a sapere tutte quelle cose su di lui, per esempio che non sia cambiato nel tempo? È merito del tuo grande acume o l'hai seguito un po' troppo da vicino negli ultimi anni?"
Sì, si era tenuta vagamente informata sulla sua vita, non era un crimine. Era pur sempre il suo scrittore preferito – le cose non erano cambiate nemmeno dopo averlo conosciuto e aver deciso di tenersene il più lontana possibile per concentrarsi unicamente sulla sua produzione creativa - era normale venire a sapere dettagli personali che lo riguardassero, solitamente esposti al pubblico con grande generosità proprio da lui in persona.

Finse di non averla sentita. "Tutto questo lo rende inadatto a me e alla mia situazione e so che sarebbe meglio rifiutare i suoi approcci, come ho già fatto in passato". Si lasciò andare allo sconforto. "Il problema è che quando sono con lui vengo presa da questi raptus incontrollabili in cui tutto il mio buonsenso scompare. Gli dico di sì. Alludo nemmeno troppo velatamente a nostri possibili incontri futuri. Ho proposto io la cena. Mi sono perfino premurata di fargli sapere che, quando Tommy va a dormire da mio padre, io ho la casa libera. Ti rendi conto? Mi comporto come una ragazzina, non sono più io. Che cosa mi sta succedendo?", gemette prendendosi la testa tra le mani.
"Non è così difficile comprenderlo. Sei una donna adulta e sana e hai dei normalissimi bisogni, che a furia di essere repressi si stanno ribellando e ti fanno compiere azioni all'apparenza incoerenti, esprimendo invece i tuoi desideri più profondi. Per fortuna, direi. O forse..." le lanciò un'occhiata allusiva, troncando la frase sul più bello. Le fece cenno di continuare, spazientita. Non aveva proprio voglia di pause a effetto. "Forse hai sempre voluto uscire con Castle ed è per questo che non riesci a resistergli e non intendi perderti quel treno che sta finalmente ripassando".

Alzò gli occhi al soffitto, insoddisfatta della spiegazione. "Io devo pensare a Tommy e al suo bene. Non ai miei presunti desideri o alle occasioni perdute".
"Non vedo che cosa c'entri Tommy in tutto questo. Devi solo uscire con lui, divertirti e possibilmente renderci noto se quella chimica innegabile che avete sempre innescato produca fuochi d'artificio e, nella peggiore delle ipotesi, salutarlo. Nel frattempo ti sarai goduta un po' la vita. Non mi pare una prospettiva tanto terribile".
"Non sono quel tipo di donna", ribatté con forza.
"Quella che si prende una pausa dai suoi infiniti doveri e si concede una serata piacevole?"
"Tommy ha solo me, Lanie. Devo fare attenzione a chi faccio entrare nella sua vita, soprattutto se si tratta di uomini a cui potrebbe affezionarsi per poi vederli scomparire dalla sua vita, ci pensa già suo padre a comportarsi così", spiegò amara. Non era un discorso che le piacesse rivangare.
"Non nominare suo padre quando io sono presente o non garantisco di rimanere calma. In ogni caso, non devi sposarlo o farlo diventare il suo patrigno seduta stante. Pensa a te stessa per una volta e concediti qualche sano batticuore. Te lo meriti".

Non rispose, non ancora convinta di poterselo permettere. Il telefono che aveva in mano vibrò, facendola sobbalzare. Lo scorse in automatico e sorrise quando trovò un messaggio di Castle. Era quella la felicità? Quel guizzo che provò leggendolo, un'emozione che da molto tempo non le faceva visita? Qualcosa che scaldava il cuore e la faceva traboccare di energia.
"Se vuoi un consiglio, che è il motivo per cui sei arrivata fin qui, non disdire quell'appuntamento", commentò Lanie. "Altrimenti verrò personalmente a drogarti e ti costringerò a uscire contro la tua volontà. Ricorda che conosco perfettamente ogni sostanza stupefacente e tu non hai alternative, anche se hai una pistola con cui ti piacerebbe minacciarmi".

Colse l'occasione al balzo per andarsene, fingendo di essere esasperata. Ma continuò a posticipare il momento in cui avrebbe premuto invio per cancellare quella cena che, dopotutto era stata lei a proporre. Voleva solo tenersi aperta una via di fuga, sapendo perfettamente che non l'avrebbe mai imboccata. Non aveva ancora smesso di sorridere.

   
 
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