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Autore: DanielaE    27/07/2020    1 recensioni
Storia liberamente tratta dal mobile game omonimo Hogwarts Mystery, segue la storia principale, comprese alcune missioni secondarie, quindi attenzione agli spoiler, ovviamente il tutto modificato e ampliato a mio gusto e piacere.
Nel 1984 la nostra protagonista varca per la prima volta le porte della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, smistata a Serpeverde, con nuovi amici e nemici si ritrova l'eredità di suo fratello Jacob a gravarle sulle spalle: egli infatti era stato espulso dalla scuola per aver cercato le misteriose Sale Maledette.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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~~Penny l'aveva trascinata dietro una colonna del corridoio al primo piano, si era guardata furtivamente intorno e dopo un profondo respiro si era finalmente decisa a parlare: «Talbott ha qualcosa che non va!» aveva esordito ed Elanor si era aspettata di tutto fuorché quella frase. «Gli è successo qualcosa?» chiese, cercando di non far trapelare l'ansia ma anche l'inquietudine che le dava parlare di lui.
«No, ma è strano!»
Stava per dire all'amica che non c'era nulla di cui preoccuparsi, visto che il ragazzo in questione era sempre strano, ma inspiegabilmente fu colta da strani e contrastanti sentimenti: le dispiaceva vedere Penny in quello stato, era sicuramente provata dalla preoccupazione che l'aveva in qualche modo invasa, ma Elanor si ritrovò suo malgrado anche a provare una punta di invidia verso quella ragazza che molto probabilmente godeva di un rapporto con il corvonero a cui lei non poteva minimamente ambire.
«Cosa ha fatto di preciso?» chiese la serpeverde titubante.
«Niente! Assolutamente niente, questo è il problema. Da ieri sera non si presenta in Sala Grande per i pasti e oggi non si trova da nessuna parte, neanche in biblioteca o nella guferia.»
«Beh! Talbott spesso si isola e... » Penny sbuffò sonoramente interrompendo l'amica «Non è la stessa cosa! Questi sono giorni difficili per lui e... ti prego Elanor, aiutami a trovarlo»
La ragazza guardò gli occhi azzurri e ansiosi della tassorosso e non riuscì a dirle di no: «D'accordo, Penny! Ti aiuterò!» si sforzò di sorridere, omettendo di confidarle dell'ultima discussione che aveva avuto con Talbott e di quanto lui sarebbe stato poco incline a farsi scovare proprio da lei.
Penny le gettò le braccia al collo stringendola in un abbraccio: «Grazie, grazie! Si può sempre contare su di te, sei una vera amica!»
"Noi non siamo amici", la frase che il ragazzo le aveva spesso rivolto le tornò alla mente, ma cercò di metterla da parte almeno in quel momento.

Aveva promesso a Penny che avrebbe chiesto in giro per scoprire se qualcuno avesse visto Winger; non conosceva molti corvonero e le ci volle una buona mezz'ora prima di scovare Andre. Il ragazzo era intento a insegnare un modo "decisamente alla moda" di indossare un foulard ad un ragazzino del primo anno, quando vide la ragazza le andò in contro sorridente: «Buongiorno spezzaincantesimi! O preferisci che ti chiami campionessa di Quidditch?»
«Andrà bene Elanor» rispose lei «Hai per caso visto Winger?»
«L'ultima volta che l'ho visto è stato un paio d'ore fa, è entrato in dormitorio particolarmente trasandato, e inoltre puzzava di stalla o qualcosa di simile. Ha trascorso tutta la notte fuori, secondo me era con qualche ragazza!» dopo l'ultima affermazione Andre esplose in una grossa risata, ma dopo poco vedendo l'espressione sconvolta di Elanor si fermò di colpo: «Oh! Scusa, forse tu, insomma voi due... »
«No! Assolutamente no!» lo fermò subito lei «Lo cercavo per... ha preso in prestito un libro dalla biblioteca, un libro che mi occorre e volevo sapere se aveva finito di utilizzarlo» improvvisò lei e al ragazzo sembrò bastare «Beh! A quest'ora forse è in Sala Grande, è quasi ora di pranzo!» esclamò guardando l'orologio da taschino.
«Darò un'occhiata lì, grazie!» disse Elanor prima di salutare e allontanarsi dal corvonero.
Ovviamente al tavolo della sua casa non c'era neanche l'ombra di Talbott, così Elanor decise di fare un ultimo tentativo prima di recarsi a pranzo.
Ormai erano tutti in Sala Grande pronti per il banchetto e il cortile era praticamente deserto, ad eccezione di due ragazze che ridendo e spettegolando su qualcosa stavano rientrando. La serpeverde si ritrovò da sola ad assaporare la strana tranquillità che aleggiava in quel luogo, chiuse gli occhi e lasciò che il leggero tepore dei raggi del sole le rigassero il volto regalandole un piacevole tepore in tutto il corpo, fino a quando una voce familiare non la fece sobbalzare.
«So che mi stavi cercando!»
Si voltò di scatto alla sua destra e mollemente adagiato ad un grosso ramo di un albero c'era Talbott Winger che la osservava con il volto rilassato e gli occhi grandi e rossi che la osservavano senza un'apparente emozione.
«Talbott!»
«Mi hai trovato! Avevi bisogno?» disse lui con voce neutra.
«Come facevi a sapere che ti stavo cercando?»
«Me lo ha detto un uccellino!» dichiarò lui lasciando trapelare un certo divertimento. Lei stava per chiedergli se infine lo avesse mangiato quell'uccellino, ma decise di mordersi la lingua e tacere.
«Stai bene?» chiese solo.
«Si, grazie e tu?»
«Questa non è una conversazione di circostanza! Penny è preoccupata per te!» sbottò Elanor, pertanto il ragazzo assottigliò lo sguardo: «Quindi è per questo che sei qui! Te lo ha chiesto Penny!» grignò.
«No! Cioè... si!» ammise lei «Ma sono preoccupata anche io... » Talbott non le permise di terminare la frase: «E perché dovresti, noi non siamo amici!»
«Smettila di dire così!»
«È la verità!» dichiarò lui tranquillo, gli occhi tornati imperscrutabili.
«Comunque puoi dire a Penny che sto bene, di non preoccuparsi e di farsi gli affari suoi, per una buona volta!» sbottò infine, prima di assumere la forma di un'aquila e di volare via con uno stridulo acuto.

Elanor era al tavolo serpeverde, con la forchetta giocherellava con il cibo ancora intatto nel piatto, quando Penny si sedette di fronte a lei come una furia, scostando a malo modo due ragazze del secondo anno che le rivolsero uno sguardo truce a cui lei neanche badò.
«Allora? Lo hai trovato?»
La serpeverde sollevò appena lo sguardo dal piatto: «Sì, l'ho trovato. Sì, sembra stare bene, almeno fisicamente e... no, non ha voluto dirmi cosa lo affligge e non ha nessuna intenzione di farlo, almeno in questa vita!».
«Beh! È già qualcosa, la prossima volta andrà meglio!»
«Non ci sarà una prossima volta, Penny! Talbott mi odia, non sono la persona adatta per questo» disse la ragazza affranta.
«Sciocchezze! Nessuno ti odia!»
«Lui continua a dire che non siamo amici, ed è la verità! Non siamo amici e non lo saremo mai!»
La bionda tassorosso sbuffò: «Talbott fa fatica a legarsi alle persone, credo abbia paura di affezionarsi a qualcuno e perderlo, com'è successo con i suoi genitori»
«Sai molte cose di lui, dovresti parlargli tu. Anche per... »
«Per?» la incitò Penny.
«Ho capito che è lui il ragazzo che ti piace!». L'amica in tutta risposta sgranò gli occhi all'inverosimile: «Cosa?» urlò, suscitando per qualche secondo l'interesse dell'intera tavolata.
«Non è assolutamente Talbott il ragazzo che mi piace. Insomma... ho insistito per diventare sua amica perché era sempre solo e ho scoperto un ragazzo molto sensibile e colto, ma... » Penny sospirò nuovamente, accennando un sorriso divertito: «Io sono logorroica e impicciona e Talbott... è Talbott. Siamo troppo diversi!»
Elanor era a dir poco confusa: «Ma allora... »
L'amica fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo di serpeverde, Elanor ne seguì la traiettoria e per un momento si soffermò su Barnaby che tranquillo sorseggiava il suo succo di zucca, poi una risata spensierata e acuta attirò la sua attenzione un metro più avanti, dove Orion Amari rideva di gusto mentre sbocconcellava un pezzo di torta insieme a Murphy McNully. Si ritrovò ad osservare il sorriso piacevole e la dentatura perfetta del serpeverde e all'effetto che facevano su gran parte della popolazione femminile di Hogwarts, fino a commettere anche sciocchezze dopo un rifiuto. Chiuse gli occhi pentendosi di essere stata messa a conoscenza delle pene d'amore della sua amica: «Oh! Penny!» quasi sussurrò, per poi prendere una mano della ragazza fra le sue.
«Va tutto bene, Elanor! Lui quasi neanche si accorge della mia esistenza. È solo una cotta, mi passerà!» fece Penny accennando un sorriso lieve.
Essere adolescenti iniziava a prospettarsi un'impresa piuttosto ardua. Si ritrovò a pensare a Talbott e per un solo istante avvertì le farfalle svolazzare felici nel suo stomaco, all'idea di non avere come rivale una delle sue migliori amiche, ma subito quella piacevole sensazione fu soffocata da una morsa che parve spezzare all'istante le ali di quelle farfalle sciocche e illuse: il ragazzo non era particolarmente propenso a farsi avvicinare da lei.
Come richiamata da questi pensieri, Penny espresse il suo parere riguardo al corvonero: «Devi avere pazienza con Talbott! Sicuramente riuscirai a conquistare la sua fiducia e forse anche la sua amicizia. Dopotutto, è a te che ha confidato il suo più grande segreto!»
Elanor fece scattare subito lo sguardo in quello della ragazza di fronte a lei.
«Tranquilla, non so quale sia il suo segreto, ma è ovvio che un ragazzo schivo come lui ne abbia uno. Deve essere uno dei motivi principali che lo spingono ad isolarsi!»
«Credo... » continuò Penny «Che sia rimasto turbato dalla confessione spontanea che è riuscito a farti. Uno come lui che riesce ad aprirsi con qualcuno, deve averlo scosso.»
"Mi destabilizzi", la frase che le aveva rivolto molto tempo prima le ritornò alla mente.
«Penso anche che dopo la tua trasformazione in animagus, qualcosa lo abbia turbato, ma non so esattamente cosa, toccherà a te scoprirlo.»
Elanor sorrise all'amica, rinfrancata e carica di nuova energia :«Ci proverò!». Penny si alzò dal tavolo, ma prima di andare via avvicinò il viso a quello dell'altra «In caso ti fosse utile, sappi che nel tardo pomeriggio Talbott è solito sostare nel giardino accanto alla torre della guferia». Beh, sicuramente quell'informazione le sarebbe stata molto utile.
Fu al tramonto che si accinse a raggiungere la torre ovest dove solevano riposare i gufi della scuola e anche quelli degli studenti durante i mesi in cui alloggiavano nel castello. Il cielo si stava annuvolando, ma fra le nubi che offuscavano il celo spingeva l'amaranto del sole che ormai salutava il giorno e le cui sfumature erano così simili agli occhi del ragazzo che in quel momento sedeva tranquillo su di una panchina, lo sguardo rivolto verso il panorama dinanzi a lui e sul grembo il libricino blu che aveva già veduto un'altra volta e che lui richiuse velocemente appena sentì i passi alle sue spalle. Quando si voltò e la vide, mascherò lo stupore di rivederla così presto nonostante la discussione avuta poche ore prima.
«Chi ti ha detto dove trovami?» chiese il ragazzo senza alzare lo sguardo su Elanor, che increspò le labbra in un leggero sorriso: «Me lo ha detto un uccellino!» disse sprezzante. A quelle parole lui si ritrovò ad imitare lo stesso sorriso di lei: «Touché!».
Si alzò dalla panchina in marmo sulla quale sedeva e fece qualche passo verso la ragazza «Cosa vuoi, Elanor?» disse a metà tra il curioso e il rassegnato.
«Perché mi hai raccontato il tuo segreto? Perché hai rivelato proprio a me di essere un animagus?»
«Mi hai già fatto questa domanda!»
«E tu mi rispondesti di non saperlo. Non sai neanche perché mi hai allontanata?»
«Non ci siamo mai avvicinati!» disse lui, cercando di assumere il tono più sprezzante possibile.
«Stai mentendo, e lo sai!» sbottò lei «È perché mi sono trasformata in un uccello?» buttò fuori d'istinto Elanor e per un momento lui sembrò vacillare, forse aveva colto nel segno.
«Tu... io... » iniziò a balbettare lui e la serpeverde ebbe un moto di tenerezza nei confronti di quel ragazzo dall'aria così schiva, ma così terrorizzato dai sentimenti umani da ripudiarli anche quando ne provava involontariamente. Elanor fece qualche passo verso Talbott, ma improvvisamente lui corrucciò lo sguardo per poi afferrare la bacchetta dal mantello e issarla davanti a lui, per un attimo la ragazza si spaventò pensando che lui stesse per attaccarla, poi si accorse che il suo sguardo era rivolto verso l'entrata della guferia.
«Chi c'è lì?» chiese con voce severa. Per un lungo istante non ci fu risposta, poi si udì un applauso provenire dalle arcate della torre, prima che Merula Snyde palesasse la sua presenza con un sorriso beffardo dipinto sul volto.
«Merula!» esclamò Elanor.
«Hai origliato la nostra conversazione?»
«Non è colpa mia se confabulate davanti alla guferia!» rispose Merula con voce tranquilla «È un luogo pubblico questo!»
«Ma non è leale spiare le persone come facevi tu! Cosa hai sentito?» chiese la ragazza preoccupata.
«Abbastanza da capire che tu stai accalappiando l'ennesimo caso umano e lui è un animagus, sicuramente non registrato o lo avrebbero annunciato in pompa magna in Sala Grande come hanno fatto con te!»
Elanor strabuzzò gli occhi, non poteva crederci, voleva aiutare Talbott e invece aveva rovinato tutto. Il ragazzo dal canto suo teneva ancora la bacchetta puntata nella direzione di Merula.
«Il falco e l'aquila, che bella coppia!» affermò quella sprezzante. Elanor ebbe appena il tempo di chiedersi mentalmente come avesse fatto la compagna a sapere che Talbott si trasformava in aquila che Merula proruppe in una risata improvvisa.
«Sei proprio una sciocca, Blair! Credevi davvero che avessi capito tutto questo dalla vostra inutile e noiosa conversazione?»
«L'ho visto!» il tono di Merula cambiò repentinamente, velandosi quasi di rabbia e disprezzo.
«Non te lo ha detto, il tuo amichetto? Qualche giorno fa in questo esatto punto, l'ho visto da aquila riprendere le sue sembianze umane. Sarà divertente riferirlo a Silente, sono certa che per quanto sia un uomo dall'animo benevolo, non potrà disinteressarsi alla questione. Sono anche quasi certa che sia un reato non dichiarare il proprio status di animagus!» la ragazza rise ancora, prima di allontanarsi e lasciarli soli.
Talbott abbassò lentamente la bacchetta, pur restando in silenzio. Elanor invece cercava di calmarsi o la sua mente razionale non avrebbe trovato la soluzione migliore.
«È vero?» disse solo, rivolgendosi al ragazzo, che abbassò lo sguardo sull'erba.
«È per questo che eri più scostante del solito?» chiese ancora lei, riferendosi agli ultimi giorni in cui il ragazzo pareva essersi isolato maggiormente.
«Non solo!»
Elanor voleva chiedergli cos'altro lo turbasse, ma al momento riteneva la questione Merula di primaria importanza. Quella ragazza poteva essere pericolosa.
«Devo parlarle!» disse più a se stessa che a lui.
«Stanne fuori, Elanor!» per un momento le parole di Talbott le parvero più una supplica che un ordine.
«Non permetterò che tu vada ad Azkaban!» urlò Elanor e il ragazzo restò esterrefatto ad osservarla per qualche secondo, prima che lei si allontanasse per raggiungere il castello, blaterando qualcosa sul trovare Merula.

Elanor entrò nella sua stanza nel dormitorio di Serpeverde dopo circa quindici minuti; durante il percorso aveva ipotizzato diversi discorsi da rivolgere alla compagna per farla ragionare, ma appena aveva raggiunto i sotterranei l'unica cosa che aleggiava nella sua mente era "Oblivion". Far dimenticare l'accaduto alla Snyde era sicuramente la soluzione migliore, l'unico intoppo è che l'incantesimo in questione fosse piuttosto complesso e avanzato e lei non lo aveva mai provato, avrebbe potuto friggere del tutto il cervello di Merula.
La ragazza in questione le dava le spalle, intenta a ripiegare tranquillamente alcuni vestiti sul letto. L'aveva sicuramente sentita entrare, anche se fingeva di essere ancora da sola nella stanza.
«Sei prevedibile, Blair!»
Elanor avanzò lentamente, fino a raggiungere il suo letto, a pochi metri da quello della compagna.
«Cosa pensi di ricavare dal denunciare Talbott?»
«Divertimento!» scrollò noncurante quella le spalle. «E poi, pregusto già la tua espressione disperata nel vedere il tuo bel corvonero trascinato dagli Auror fino ad una cella squallida ad Azkaban!»
Ad Elanor si accapponò la pelle al solo pensiero, ma parte della sua mente non riuscì a non soffermarsi anche sulla nota di scherno sul suo interesse nei confronti di Talbott che Merula pareva avesse scorto. Quest'ultima si girò, guardandola per la prima volta da quando era entrata nella stanza «Stai attenta, Elanor! Più una cosa ci sfugge, più la desideriamo e spesso finisce per diventare un'ossessione!». La bionda strabuzzò gli occhi e si chiese se fosse un consiglio riferito solo al corvonero.
«Merula, devi mantenere il segreto» iniziò Elanor e l'altra solo in quel momento abbassò gli occhi rendendosi conto la compagna impugnava la bacchetta.
«Hai intenzione di affatturarmi, Blair? Magari... cancellarmi la memoria?» fece qualche passo verso di lei, pochi centimetri le dividevano.
«Quello che mi fa rabbia è sapere che non hai avuto il minimo dubbio che io andassi a spifferare tutto in giro. Se avessi voluto farlo, lo avrei fatto giorni fa!» sbottò quella, in preda alla rabbia.
«Quindi manterrai il segreto?»
«Il tuo amichetto è al sicuro, ma se hai il timore che possa tradirvi, allora obliviami!» disse Merula ed Elanor sentì le dita fredde della compagna stringersi sul suo polso, che ancora impugnava la bacchetta e sollevarlo fino a far combaciare la punta dell'arma con la sua fronte. La bionda sentiva la mano tremare, l'unico freno erano le dita rigide della compagna che ancora stringevano il suo polso.
«Avanti, cosa aspetti. Fallo! È l'unico modo che hai per essere sicura!» la incitò quella.
Elanor rilassò la mano quel tanto che bastò a far capire all'altra che non avrebbe fatto nulla. Merula solo allora lasciò la presa e lei fu libera di abbassare la bacchetta.
«Perché? Perché manterrai il segreto?» si ritrovò a chiedere.
«Pensi veramente che mi piaccia fare del male alle persone?» chiese l'altra in risposta e quando i loro occhi si incrociarono, Elanor ebbe quasi l'impressione che la compagna si stesse sforzando di trattenere le lacrime, che tempestivamente represse ingoiando rumorosamente.
«La notte in cui i genitori di Talbott morirono, c'erano anche i miei genitori. È non è un mistero da quale parte stessero» le parole di Merula la colpirono più di quanto avesse voluto. Il passato da Mangiamorte dei signori Snyde le fecero per un momento immaginare come dovesse essere vivere e sopravvivere in una società dove il tuo nome rievoca inevitabilmente orrore e morte.
«E tu, perché non mi oblivierai?»
«Perché voglio crederti, per una volta voglio fidarmi di te» si ritrovò a dire spontaneamente.
«E poi, non ho mai usato quell'incantesimo, avrei rischiato di cancellarti completamente la memoria» Elanor cercò con quella frase di smorzare un po' della tensione che si era creata, ma l'altra serpeverde parve come assentarsi improvvisamente, lo sguardo quasi vuoto.
«Che peccato. Sembrava allettante»
La bionda quasi pensò di essersi immaginata quelle parole, tanto Merula le pronunciò sotto voce. Poi come ridestata, le diede le spalle e uscì dalla stanza, lasciando Elanor da sola con una miriade di pensieri confusi che le opprimevano l'animo e una sola consapevolezza: nessuno conosceva veramente Merula Snyde.

   
 
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