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Autore: BellaLuna    30/07/2020    1 recensioni
[ Skam Italia ] [ Edoardo POV ] [ Incantava ]
Natale 2019. Edoardo ritorna dall'America portandosi dietro un segreto doloroso e una promessa stretta sotto la pioggia battente quando era solo un bambino. Una promessa che ha a che fare con New York e che non può rivelare a Eleonora. Grazie a un bizzarro gioco del destino (altrimenti conosciuto come Filippo Sava), stavolta a tenerlo a distanza dai fantasmi del suo passato ci penserà il neonato gruppo musicale dei "Contrabbandieri di Porri" o di "Luchini", questo particolare non è ancora stato deciso.
[Questa storia partecipa alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul Forum di EFP e alla "Seasons Die One After Another Challenge Edition!" indetta da Laila_Dahl sul forum di EFP. Inoltre, il Capitolo Quattro si è classificato Sesto al Contest "A Christmas Novel" indetto da Pampa313 sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edoardo Incanti, Eleonora Sava, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo Intermezzo

§

Cecily
(27- Things you said the first time we met)


*

“I’m outside...and I’ve been waiting for the sun,
With my wild eyes... I’ve seen worlds that don’t belong,
My mouth is dry...with words I cannot verbalize,
Tell me why...we live like this...”
(Paramore – We Are Broken)
 
 


 
Una volta, Anna mi disse che tutte le cose più strane che le erano successe nella vita, avevano avuto luogo durante un temporale estivo.
All’epoca in cui mi rese partecipe di quella rivelazione, trovai il fatto estremamente romantico, e mi stupii che una frase del genere fosse uscita proprio dalla bocca di Anna, che romantica non lo era mai stata e che non era neanche il tipo di ragazza che credeva nella predestinazione e nelle coincidenze del fato, tutto al contrario di me, che ogni mattina prima di uscire di casa leggevo il mio oroscopo (data di nascita 30 Maggio, segno dei Gemelli, ascendente Leone), e stavo sempre attenta a cose come non attraversare la strada dopo che l’ha fatto un gatto nero, e rimanere chiusa in casa di venerdì 17, e altre superstizioni del genere che Anna diceva sempre di trovare alquanto ridicole.
Eppure, a limitare dell’estate del 2013, pronunciò quelle esatte parole seduta sul davanzale della finestra del soggiorno di casa nostra, la sigaretta accesa che le traballava sulle labbra scarlatte e gli occhi persi ad ammirare lo spettacolo di fulmini, lampi e tuoni che si stava abbattendo quel tardo pomeriggio su tutta la città di Londra.
“I temporali estivi portano guai...” aveva borbottato fra sé e sé, stringendosi le ginocchia al petto come una bambina e usando le ciocche di riccioli scuri che le cadevano sul viso per sfuggire al mio sguardo, impedendomi così di interpretare al meglio le sue parole.
I temporali estivi... quello di quel pomeriggio non fece nemmeno in tempo a placarsi che sentimmo qualcuno scampanellare al citofono del nostro appartamento.
Chi poteva mai essere?
Ricordo che saltai su e urlai come se fossi la protagonista di un film dell’orrore, mentre Anna con due balzi si tirava su dal davanzale per andare a rispondere, quasi correndo, quasi spinta dalla forza di un presentimento che l’aveva ossessionata sin dall’inizio di quella tempesta.
“Chi è?” domandò in tono scorbutico e io mi sorpresi sentendola usare l’italiano anziché l’inglese, come faceva sempre.
“Summerstorm”, fu quello il soprannome che tempo dopo iniziammo ad affibbiare ad Edo (oltre al “villa boy” che Anna usava spesso e che né io né gli altri eravamo mai riusciti a decifrare), proprio come il temporale estivo che quell’anno lo aveva condotto fino a noi, sconvolto, arrabbiato e bagnato fradicio. Un cucciolo dal pelo arruffato che era venuto a chiedere risposte e parlava di angeli della musica e di castelli di ghiaccio e di lettere perdute in cui erano scritti nomi impronunciabili. Un cucciolo che pareva aver smarrito per sempre la strada di casa sua e così, quasi per sbaglio, o forse per miracolo, era riuscito a trovare la nostra.
Ricordo che Anna lo guardava come in trance, come se da un lato avesse sempre atteso che quel giorno arrivasse e che Edo giungesse infine a bussare alla sua porta e, dall’altro, come se ancora faticasse a crederci, a crederlo tangibile e reale lì di fronte ai suoi occhi sbarrati dallo stupore e velati di malinconia.
“Questo moccioso è peggio di un temporale estivo!”, mi disse con il volto livido alla stregua dei nuvoloni carichi di pioggia che portavano burrasca sulla città, dopo che io invitai Edo ad entrare in bagno per farsi una doccia calda e cambiarsi gli abiti totalmente zuppi d’acqua piovana, “solo a guardarlo sembra una tormenta, una di quelle forti, una di quelle capaci di sradicare gli alberi e far esondare i fiumi! Una di quelle capaci di farti uscire di senno!”
Mi stupì il suo fervore, anche se non tanto quanto mi stupì poi la sua malcelata tenerezza, che venne fuori con i suoni dolci della sua lingua natale e che io riuscii a comprendere pur non essendo molto ferrata in italiano.
“Ma che gli è saltato in mente poi!?Venirmi a cercare fino a qui, sotto la pioggia, a prendersi un malanno!”
In tutto questo, io mi ero già persa nel mio mondo a costruire pellicole romantiche su amori proibiti e struggenti finiti in tragedia e figli illegittimi nati da grandi passioni, il tutto sullo sfondo delle colline verdi e lussureggianti del bel paese, o all’interno di uno dei suoi tanti borghi medievali.
Anna distrusse presto quelle mie fantasticherie dicendo che fra lei ed Edo non vi era alcun legame di sangue, che conosceva semplicemente i suoi genitori e che, per qualche strano motivo, il ragazzino si era convinto che lei fosse la custode di chissà quale arcano segreto della sua famiglia, il che, alle mie orecchie di eterna sognatrice, rese quella storia drammatica e quel ragazzino sconosciuto ancora più misteriosi e interessanti.
Il tutto nacque proprio da lì, da quel lontano pomeriggio di fine luglio in cui una tempesta estiva si era abbattuta su Londra e un bambino con lo stesso sguardo triste e sperduto di Anna era venuto per riportare in vita delle verità che il tempo aveva inutilmente cercato di seppellire.
Anna quella volta disse che Edo non ci avrebbe portato altro che guai e lo disse pure a lui, in faccia, senza sbattere ciglio, mentre, seduto al tavolo della nostra cucina con una tazza di tè allo zenzero bollente fra le mani, i capelli bagnati appiccicati alla fronte e con indosso una delle vecchie tute dimesse di Anna, il ragazzino la fissava con fare serio e corrucciato, per nulla colpito dalla durezza delle sue parole e dall’inflessibilità del suo sguardo.
Già allora, Edo aveva imparato a indossare la sua armatura di ghiaccio, che nemmeno il brutto carattere di Anna era stata in grado di scalfire, così come aveva già imparato sia a parlare che a usare il tono autoritario di un adulto: “Non sono venuto qui per darti problemi. Voglio solo che tu mi dica la verità. È la mia famiglia, ho il diritto di saperlo.”
“Chi ti dice che io sappia qualcosa?”
“L’ultimo brano composto da mia madre si chiama Anna. Ed è dedicato a me.”
Ancora oggi non saprei dire se fu quella rivelazione a convincerla o se fu qualcosa che Anna riuscì a leggere dentro lo sguardo di Edo, in quei suoi occhi scuri e determinati che la fissavano come un marinaio che dopo tanto naufragare per acque oscure e sconosciute, spera finalmente di aver scorto la riva in lontananza.
Quello che so per certo è che, quel tardo pomeriggio di pioggia di fine luglio, in qualche modo, sia nel bene che nel male, l’arrivo di Edo cambiò la nostra vita per sempre. A essere completamente onesta, credo anche che, sebbene fosse lui quello che più avesse bisogno di essere salvato dalla tempesta, alle fine fu grazie alla sua presenza che entrambe ci salvammo dall’andare alla deriva.
 
 



FINE#41/2
 
  
 



N/A: cari lettori e care lettrici, benvenuti al primo capitolo (o intermezzo in questo caso) in cui troviamo il primo cambio di prospettiva di questa storia. Stavolta, infatti, a raccontarci un frammento del passato di Edo è la voce in prima persona di Cecily, o “CeCe”, come viene spesso chiamata nel capitolo precedente, la quale ci racconta del primissimo incontro fra lei, Edo e Anna, come suggerisce anche il prompt che ho scelto per questo capitolo: 27- things you said the first time we met.
Spero che questo “colpo di scena” vi sia piaciuto e che mi farete sapere tramite recensione ciò che pensate di questi personaggi OC che sto man mano aggiungendo per arricchire il passato del nostro protagonista! :)
Alla prossima,
BellaLuna
  
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