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Autore: Nao Yoshikawa    31/07/2020    7 recensioni
Crowley inizia lentamente e inesorabilmente a perdere la memoria a causa di una maledizione lanciata dai demoni. Lui e Aziraphale riusciranno a spezzarla o dovranno semplicemente rassegnarsi ad un destino già scritto?
Quanto è importante la forza di un ricordo?
«Posso azzardarmi a dire che questi oramai non sono più vuoti di memoria, giusto? Da quanto vanno avanti?» domandò stringendogli un ginocchio con una mano. Era una situazione inquietante e piuttosto spiacevole, ma l’angelo stava cercando di non pensare al peggio.
«Non saprei… una settimana, forse? Non capisco. Perché sto iniziando a dimenticare delle cose? Anche quelle più recenti…mi sono dimenticato del giorno in cui ti ho chiesto di sposarmii», Crowley si portò una mano tra i capelli, scombinandoli, con gli occhi lucidi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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2
 
Se c’era un termine per descrivere lo stato di Crowley, quello era vuoto.
Il vuoto che avvertiva nella testa e ad ogni passo. Era da un po’ di tempo che si sentiva così, come se non fosse al massimo delle sue forze mentali. Aziraphale non faceva altro che ripetergli che doveva essere a causa dello stress, ma Crowley si era stressato tante volte nel corso della sua vita millenaria e non aveva mai avuto quel tipo di problema.
Il suo angelo però lo aveva rassicurato, dicendogli di non pensarci, che era solo un periodo, con tutta la dolcezza e le carezze del mondo. Crowley avrebbe tanto voluto credergli, ma quella sensazione strana gli si era attaccata addosso, senza che riuscisse a ricacciarla. 
I vuoti di memoria.
Dimenticare doveva essere terribile. Senza memoria non c’era progresso.
Senza memoria si sarebbero compiuti gli stessi errori e non ci sarebbe stato modo di ricordare ciò che era davvero importante. Non poteva credere di aver dimenticato un dettaglio fondamentale come quello della prima pioggia, il giorno in cui si erano conosciuti.
Un dettaglio che forse sarebbe potuto essere insignificante, ma non per lui.
Per lui e loro rappresentava tutto, l’inizio.
Aziraphale davanti a lui aveva provato almeno cinque abiti diversi, passando dal nero, al bianco e infine al blu. Voleva trovare il vestito perfetto per il giorno del suo matrimonio, che si sarebbe svolto a Luglio. Organizzare un matrimonio era entusiasmante, soprattutto se era il proprio. Due creature come loro non avrebbero avuto bisogno di compiere un passo del genere, ma Aziraphale e Crowley erano fin troppo umani e innamorati per rinunciarvi.
«Caro, allora? Questo ti piace?» domandò l’angelo uscendo dal camerino. Crowley gli lanciò un’occhiata distratta.
«Sì, molto.»
«Hai detto la stessa cosa anche degli altri!» borbottò incrociando le braccia al petto. «Tu invece sei rimasto alla prima scelta?»
Crowley infatti aveva indossato un abito nero, quello era proprio il suo colore, quindi era andato sul sicuro.
«Sì… prendi questo blu. Mi piace, s’intona ai tuoi occhi», gli disse, arrossendo mentre guardava da tutt’altra parte. Aziraphale gli si avvicinò, poggiandogli le mani sul petto e accarezzandolo.
«Ce ne andremo in vacanza dopo il matrimonio. E io potrei… aiutarti a farti scivolare lo stress di dosso», gli sussurrò ad un orecchio.
Angelo provocatore! Si metteva a sussurrargli certe cose anche in luoghi pubblici, adesso.
«Oh, sarei molto lieto se tu facessi scivolare via il mio stress. Spero solo di non dimenticarmi del matrimonio, considerando che la mia testa si trova da tutt’altra parte.»
L’angelo sorrise.
Come si poteva dimenticare quello? Il suo sorriso, il modo in cui la sua espressione cambiava, il suono del suo respiro.
Erano tutte cose che facevano anche parte di Crowley oramai, in modo indissolubile.
«Sono certo che non accadrà. Allora vada io per il blu e tu per il nero?»
«Affare fatto», annuì, baciandolo e ribaciandolo con fare giocoso. Aziraphale sarebbe stato lì a farsi baciare, ma aveva ancora abbastanza pudore da trattenersi in pubblico.
«Caro, dopo penseremo a questo. A proposito, ricordi che dobbiamo vederci con Anathema e Madame Tracy, giusto?»
Il demone si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, annoiato. Si sentiva a disagio durante certi incontri, forse perché il suo futuro marito si ritrovava sempre a parlare di fiori, abiti, partecipazioni e lui invece finiva con il rimanersene in disparte, non era proprio un esperto di matrimoni.
Ma per Aziraphale avrebbe tenuto duro.
«Ma certo, credo che un cosa del genere mi sarebbe indimenticabile.»

 
Il luogo dell’incontro era niente di meno che la loro casa, il loro nido d’amore, il loro rifugio dal mondo esterno e dalle seccature.
Anche se Crowley doveva ammettere di starsi lentamente abituando all’idea di condividere il suo angelo anche con altra gente.
L’espressione condividere non era molto carina, ma di fatto il demone si sentiva terribilmente geloso e apprensivo nei confronti di Aziraphale e la cosa era ampiamente ricambiata. Anche adesso, se ne stava poggiato allo stipite della porta con un calice di vino in mano. Aziraphale stava seduto al tavolo e aveva appena servito tè e biscotti. A quell’incontro erano presenti solo donne, così aveva voluto Aziraphale, anche perché né Newton, né il sergente Shadwell, né Adam sembravano troppo interessati alla preparazione al dettaglio di un matrimonio.
Lui e Aziraphale sposati. Un angelo e un demone uniti da una promessa eterna. Non avrebbero avuto bisogno di ufficializzazioni, ma in fondo era bello, piacevole, dolce che fossero uniti anche in quel senso.
Non vedeva l’ora di costruire dei nuovi ricordi insieme a lui.
«Che cosa ci fai qui?»
Crowley abbassò lo sguardo su Pepper, la quale lo fissava a braccia conserte. Oh, quella ragazzina! Era temibile anche per un demone come lui.
«Forse ci vivo?» domandò con ovvietà. «Tu cosa ci fai qui?»
«Mi annoio», sospirò. «Pensi che riuscirò a convincere Aziraphale a non farmi indossare un abito color lavanda?»
A Crowley venne da ridere. Aziraphale e le sue fissazioni…
«Non ne sono molto sicuro, però potresti provare», disse guardando il suo innamorato. Pepper inarcò un sopracciglio, guardandolo.
«Allora, come gliel’hai chiesto?» domandò ad un tratto. Crowley per poco non si strozzò con del vino che gli andò di traverso.
Eppure era una domanda semplicissima quella di Pepper: voleva sapere in che modo avesse chiesto all’angelo di sposarlo.
«Aziraphale non te l’ha detto?»
«Beh, evidentemente no!» rispose la ragazzina portandosi le mani sui fianchi.
Crowley iniziò a preoccuparsi per davvero. Fino a quel momento non aveva dato troppo peso ai suoi vuoti di memoria, forse davvero la colpa era dello stress, ma non avrebbe avuto senso dimenticare un evento così recente e così importante!
«Amh…» iniziò a balbettare. Più cercava di ricordare e più avvertiva solo il vuoto e la confusione. «Sì, dunque… eravamo… sì, in spiaggia. E mentre guardavamo il mare gliel’ho chiesto, ecco!» dovette inventare sul momento, pur sapendo quanto poco saggia fosse stata come scelta.
Pepper lo studiò a lungo, facendo poi spallucce.
«Oh. Va bene, ho capito», proferì infine.
Crowley respirò, poiché fino a quel momento aveva dimenticato di farlo.
Che razza di storia infernale era mai quella? Sperava solo che Aziraphale non venisse a saperlo, non voleva farlo preoccupare ancora per un qualcosa di cui perfino lui ignorava la gravità.
Nel frattempo, Aziraphale continuava a parlare con le sue ospiti, una delle quali non era troppo convinta circa alcuni dettagli.
«Sei sicuro che il color lavanda sia adatto?» tentò Anathema mentre si portava la tazzina alle labbra. In quanto angelo, Aziraphale aveva dei gusti così angelici, in netto contrasto con la sua indole da occultista.
«A me piace a dire il vero», intervenne Madame Tracy, mandando in malora ogni suo tentativo di far cambiare idea all’angelo. Pepper li raggiunse, sedendosi al tavolo.
«E se fosse tutto di colore azzurro? Per ricordare il mare», suggerì.
«Il mare?» domandò Aziraphale incuriosito. La ragazzina annuì.
«Sì, beh, Crowley non ti ha chiesto lì di sposarlo?»
Nel sentire quella domanda, il demone avrebbe tanto desiderato scomparire. Sapeva che sarebbe dovuto scappare in auto subito, ma aveva temporeggiato. Adesso si ritrovava un Aziraphale che lo osservava con fare confuso e  che cercava di dare spiegazioni a Pepper.
«In realtà no. Eravamo a casa, è stata una cosa molto più intima ma… l’idea dell’azzurro mi piace», cercò di mascherare la sua preoccupazione con un sorriso, ma non a Crowley. A quest’ultimo era bastata una sua occhiata di soppiatto per capire che di quell’argomento avrebbero dovuto parlare presto.
E ciò avvenne un’ora dopo, quando le loro ospiti erano andate via e le tazzine erano rimaste ancora sul tavolo in attesa di essere lavate.
Crowley era seduto sul sofà, con un’espressione frustrata: non sapeva esattamente cosa stesse accadendo, ma tutto ciò lo innervosiva, soprattutto perché non aveva controllo. E non comprendeva. Aziraphale era allo stesso modo preoccupato, ma stava cercando di essere dolce, gentile e comprensivo.
«Posso azzardarmi a dire che questi oramai non sono più vuoti di memoria, giusto? Da quanto vanno avanti?» domandò stringendogli un ginocchio con una mano. Era una situazione inquietante e piuttosto spiacevole, ma l’angelo stava cercando di non pensare al peggio.
«Non saprei… una settimana, forse? Non capisco. Perché sto iniziando a dimenticare delle cose? Anche quelle più recenti…mi sono dimenticato del giorno in cui ti ho chiesto di sposarti», Crowley si portò una mano tra i capelli, scombinandoli, con gli occhi lucidi.
Si odiava, come si poteva dimenticare qualcosa di così importante? Soprattutto, non sembrava esserci una spiegazione logica.
«Sai, a volte gli umani perdono la memoria. Per traumi, malattie…» iniziò a dire Aziraphale, venendo immediatamente interrotto.
«Ma io non sono un umano. Non mi ammalo e di certo non perdo la memoria per dei traumi. E se…» sollevò lo sguardo, per poi chiudere gli occhi quando arrivò ad una consapevolezza. Fino a quel momento aveva evitato di pensarci, non voleva credere che si trattasse di qualcosa di così drastico, ma in effetti era l’unica spiegazione plausibile. «E se fosse un qualcosa che viene dall’alto? O dal basso?»
Aziraphale si chinò in avanti, come a volerlo ascoltare meglio. Delle rispettive fazioni, nessuno più era dalla loro parte, non dopo quanto successo con l’Apocalisse che avevano sventato e con lo scambio per evitare che venissero uccisi.
«Gli angeli e i demoni in effetti hanno il potere di cancellare la memoria», rifletté l’angelo.
«Sì, ma la mia memoria non è cancellata. È come se io stessi perdendo i ricordi, giorno dopo giorno… E se mi avessero maledetto? I demoni possono farlo», Crowley divenne rigido, colto da una paura soffocante.
Non aveva ancora certezze al riguardo, ma sapeva che le maledizioni dei demoni erano irreversibili, fatte per punire i loro simili.
«Crowley, tesoro… stai calmo, okay?» Aziraphale gli strinse una mano. «Non lo sappiamo ancora.»
«Mi sembra il ragionamento più plausibile, angelo! Quelli ce l’hanno con me, con noi, e hanno ben pensato di cancellarmi la memoria lentamente. E io… io non voglio perdere i miei ricordi! Che cosa succederebbe se dimenticassi tutto? Se dimenticassi te?»
Aziraphale stava cercando di non pensarci dall’inizio. Sarebbe stato troppo orribile da sopportare, il solo pensiero gli faceva venire la nausea.
Accarezzò il viso del demone, dolcemente.
«Allora farò in modo che tu non mi dimentichi. E comunque sia non ce ne staremo qui a guardare. Forse è il caso di fare una visita ai Piani Alti per me e ai Piani Bassi per te.»
«Non saremo i benvenuti, rischiamo di essere ammazzati», gli ricordò.
«Forse sì, ma penso sia un rischio che dobbiamo correre, Crowley. Per forza, se in mezzo c’è la nostra felicità.»
Ed ecco che ogni certezza sembrava ora in bilico, il matrimonio, la prospettiva di una vita insieme, tutto sembrava appeso ad un fio. Non sapevano esattamente cosa volevano ottenere, forse delle spiegazioni, forse clemenza, forse una speranza.
Dopo essersi scambiati un lungo bacio, Crowley e Aziraphale si separarono, nella speranza di rivedersi, dopotutto erano due traditori che stavano rischiando  nel tornare dai propri simili.
L’Inferno era più soffocante di quanto ricordasse, forse perché oramai era abituato a vivere all’aria aperta, con il profumo di fiori e il profumo del suo angelo. Ovviamente l’arrivo di Crowley attirò subito l’attenzione dei suoi simili, i quali avevano preso a guardarlo come se fosse un estraneo.
Ma lui, come al solito, sfoggiò il suo sorriso migliore, quello più sfacciato.
«Beh, da quanto tempo amici miei! Scusate il disturbo, io sono qui soltanto per scambiare due chiacchiere con il mio superiore, poi giuro che toglierò il disturbo!»
Sempre che prima qualcuno non avesse cercato dell’Acqua Santa per ammazzarlo. Doveva esserci il suo capo dietro quella storia o quantomeno l’ordine era partito da lei. Crowley cercò di darsi una mossa e prese a cercarlo.
 
Da quando avevano evitato l’Apocalisse, tutto era divenuto piuttosto noioso. I demoni continuavano come al solito a tentare gli umani, ma ultimamente non accadeva niente di nuovo. Un giorno di quelli avrebbe dovuto lasciare il suo posto all’Inferno per creare un po’ di caos, i suoi sottoposti sapevano essere degli idioti. Per fortuna aveva Dagon, che era la cosa più simile ad un’amica, lì dentro, l’unica a non essere seccante, a rendere un po’ più decente quella vita odiosa e vuota.
«Insomma, chi è che osa disturbarmi?» si lamentò udendo del caos intorno a sé, più del solito s’intendeva. Aveva messo in conto che Crowley potesse venire da lei, solo non si aspettava accadesse così presto.
Il traditore veniva malamente spinto da Dagon.
«Insomma, che modi, so camminare da solo!» Crowley si lamentò senza essere ascoltato. Dagon lo tirò più forte, portandolo dinnanzi a Belzebù.
«Ho trovato il traditore che si aggirava per questi luoghi. Scelta molto poco saggia, non sei il benvenuto.»
«D’accordo, ho capito. Non è esattamente una visita di piacere», Crowley si lisciò la giacca sgualcita, volgendo poi lo sguardo a Belzebù. «Che storia è questa? C’è il vostro zampino, vero? Per la mia perdita di memoria, intendo.»
Crowley era davvero incredibile, ma con un’accezione negativa. Era andato contro natura per amore. L’amore era umano e l’umanità rendeva deboli, esposti.
«L’hai capito in fretta», constatò Belzebù, abbassando un attimo lo sguardo. «Ordini dall’alto… beh, dal Basso, a dire il vero. Non ci è piaciuto per niente come sei riuscito a sfuggire alla punizione dell’Acqua Santa, se non puniamo i traditori, altri potrebbero seguire il tuo esempio.»
Crowley sgranò gli occhi, anche se ciò non sarebbe potuto essere visibile a causa delle lenti scure che portava. Quindi aveva avuto ragione sin dalla primissima sensazione avvertita: quella era una punizione, una maledizione, tutto ciò solo per essere andato contro le regole e la sua natura.
«Che cosa mi avete fatto?» sibilò, togliendosi gli occhiali e mostrando le iride dorate e serpentine. «Avete preso i miei ricordi?»
«Non abbiamo preso i tuoi ricordi», intervenne Dagon che fino a quel momento era rimasta in silenzio. «Semplicemente se ne andranno… come se non fossero mai esistiti.»
Crowley le guardò, sconvolto. Sembrava surreale, un incubo orribile.
«No… no… no!» esclamò avvicinandosi a Belzebù senza alcun timore. «Non potete farlo. Io non lo merito, come potete essere così crudeli?»
Come?
Forse Crowley aveva dimenticato che erano demoni. E che  non conoscevano alcuna pietà o umanità, era così che doveva essere, altrimenti sarebbero stati umani.
«Di cosa ti sorprendi? Siamo demoni che eseguono solo ordini. E comunque sia la maledizione è irreversibile. Dimenticherai tutto ciò che ti ha legato al tuo angelo e non c’è niente che tu possa fare per fermarlo.»
Ad un tratto Crowley si sentì debole ed ebbe quasi voglia di accasciarsi sulle proprie gambe, ma cercò di mantenersi in piedi, aggrappato a quell’ultimo briciolo di dignità.
Tutto ciò non poteva essere vero. E doveva esserci per forza una soluzione, un modo per evitare questo dramma. Perché Crowley non temeva la morte o il dolore, temeva più di tutti dimenticare.
Dimenticare Aziraphale o l’amore che provava nei suoi confronti.
Se tutto ciò faceva parte di un altro piano ineffabile, Crowley avrebbe tanto voluto parlare con Dio e chiederle cosa diamine avesse in mente e perché la sua esistenza dovesse essere così piena di gioia, ma anche di dolore.
Per Aziraphale le cose non erano di certo più piacevoli. L’idea di rivedere gli altri angeli lo innervosiva parecchio, specie perché quest’ultimi non si erano mostrati molto felici di vederlo. Non si sorprendeva, dopo l’ultima volta. E lui, dal canto suo, avrebbe voluto sbrigarsi, quella era un’impresa disperata. Non era certo che gli avrebbero detto qualcosa, più probabilmente lo avrebbero rimandato indietro a calci. Per fortuna Aziraphale era sì un bravo angelo, ma anche molto testardo.
«Fuori, tu qui non puoi stare», Sandalphon puntò un dito sul petto del Principato, cercando di farlo indietreggiare.
«Ti prego, devo solo parlare con qualcuno. Con Gabriel magari. E poi me ne andrò, so bene di non essere gradito!» cercò di essere il più gentile possibile, nonostante il nervosismo.
Gli angeli erano così severi e precisi, forse anche troppo, non era strano che Aziraphale non si riconoscesse più come uno di loro.
E Gabriel era uno di quelli che più lo disprezzava e si divertiva a prenderlo in giro, non ne aveva mai fatto segreto. E quando lo aveva visto alle prese con Sandalphon, si era fatto avanti con il sorriso più  ipocrita che poteva.
«Aziraphale, ma tu guarda che sorpresa. Non so se sei più coraggioso o stupido a presentarti qui dopo quello che è successo»
«Gabriel», sussurrò Aziraphale. Il suo superiore gli aveva sempre messo una certa soggezione, specie quando fingeva simpatia nei suoi confronti. «Possiamo parlare… solo per qualche attimo?»
Parlare? Quel traditore voleva parlare? Era venuto da lui strisciando per quale motivo? Sicuramente Gabriel non vedeva l’ora di scoprirlo.
Aziraphale sapeva essere così divertente.
«Ah, ora vuoi parlare? D’accordo, allora. Sandalphon, fallo passare.»
Uno sconvolto Sandalphon fece una smorfia verso il Principato, il quale si limitò ad un sorrisetto nervoso, mentre seguiva l’Arcangelo per quel grande studio illuminato da una candida luce bianca.
«Allora, di che cosa vuoi parlarmi?» domandò Gabriel dandogli le spalle, mentre sistemava dei fascicoli sulla scrivania. «Ci hai ripensato? La vita sulla terra in compagnia di un demone non ti entusiasma più? Ho saputo che siete andati a vivere insieme. Fossi in te farei attenzione a non usare l'Acqua Santa con Crowley nelle vicinanze…»
Aziraphale cercò di ignorare le sue provocazioni, aveva qualcosa di più importante  a cui pensare.
«Che cosa mi sai dire della perdita di memoria?»
«Che è quella cosa per cui una persona tende a dimenticare tutto. Fatto? Abbiamo finito?» Gabriel sorrise in modo irritante, facendolo sbuffare.
«Stavo parlando di un’altra cosa. I demoni sono in grado di cancellare la memoria, vero? Come attraverso… una maledizione?»
L’espressione di Gabriel cambiò, diventando ad un tratto seria e pensierosa.
«Perché mi stai facendo questa domanda?»
«Crowley…» sussurrò il Principato. «Lui sta… ecco… sta dimenticando tutto e molto probabilmente lo hanno maledetto. Io non sapevo a chi altri chiedere. Quindi è possibile? E se è così, c’è un modo per fermarla?»
Gabriel socchiuse gli occhi, tornando a dargli le spalle. Maledetto, sapeva che avrebbe fatto bene a non ascoltarlo.
«Allora sarà meglio che ti rassegni», sibilò, cercando di mantenere un tono neutro. Ma ciò non fece altro che spaventare Aziraphale, il quale si agitò ulteriormente.
«Che significa? Tu sai qualcosa? Ti prego, dimmelo. Dimmi se c’è un modo e…»
«Non c’è nessun modo!» sbottò l’Arcangelo. «Certe maledizioni non possono essere fermate, non c’è niente che puoi fare. Sei un angelo, ma sei lontano dall’essere onnipotente. E inoltre hai perso il diritto di chiedermi favori o qualsiasi altra cosa!»
Aziraphale avvertì quella cosa – rabbia, doveva essere rabbia – montare dentro di sé. Cosa voleva dire che non c’era rimedio? Che doveva arrendersi? Questo non sarebbe mai accaduto nemmeno fra un milione di anni.
«Se non vuoi dirmi nulla d’accordo, ma io comunque non intendo rassegnarmi a questa cosa. Grazie per il tuo tempo», rispose gentile ma freddo.
Gabriel non gli rispose. Si ritrovò a pensare, silenziosamente, a quanto l’esistenza potesse essere strana. Era proprio vero che Dio agiva per vie misteriose, vie che lui stesso – nonostante la sua natura – non avrebbe mai potuto comprendere. Chi se ne importava di quel Principato traditore?
Che facesse di testa sua, che soffrisse pure. Oramai non era più un suo problema.

 
Aziraphale e Crowley si rividero poco dopo, senza nemmeno il coraggio di guardarsi in faccia. Fu l’angelo, poco dopo, ad avvicinarsi a lui e a prenderlo sottobraccio, a sussurrargli “Andiamo a casa”.
Casa.
Crowley non riusciva a dire una parola. Voleva  ancora pensare che fosse tutto uno scherzo, una mera vendetta che si sarebbe risolta, eppure lui era un demone, sapeva bene come funzionavano certe cose, sembrava solo ingiusto il fatto che fosse toccato proprio a lui.
Di male non aveva fatto niente, si era solo innamorato.
Anche mentre tornavano a casa, Crowley non disse una parola. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, milioni di domande ad affollargli la mente: una soluzione doveva esserci. Lui si rifiutava di dimenticare Aziraphale.
E il matrimonio. Sì, il matrimonio! Lo avrebbe sposato di lì a poco, era quasi tutto pronto, non poteva essere tutto rovinato.
Nemmeno Aziraphale era tranquillo, no: il suo cuore era inquieto come non mai, ma cercò comunque di mettere insieme delle parole di senso compiuto.
«Che cosa ti hanno detto Laggiù?» domandò l’angelo mentre gli metteva davanti una tazzina di caffè forte che Crowley però non toccò.
«Esattamente ciò che pensavamo. È colpa loro. Questa è la mia punizione per essere un traditore. I miei ricordi se ne andranno. Tutto ciò che è legato a te scomparirà. No, cazzo. No!» si portò una mano sulla testa, premendola. «Questo non può succedere!»
«Lo so, Crowley. Lo so», Aziraphale gli si sedette accanto con un sospiro. «Ho parlato con i miei, con Gabriel a dire il vero. Mi ha dato l’impressione di sapere più di quanto non dica. E ovviamente non mi ha dato molte informazioni. Chissà, magari loro e i demoni sono d’accordo.»
Crowey scosse il capo, afferrandogli le mani e guardandolo negli occhi. Adesso aveva una  paura dannata di dimenticare. Non aveva alcun controllo su quella situazione, non era abbastanza potente per impedirlo, forse non lo era nessuno. Sentì Aziraphale ricambiare la stretta e a stento trattenne le lacrime. Crowley era sempre stato forte. Impavido e strafottente, di rado mostrava quel suo lato così emotivo e sensibile, il suo angelo era l’unico a cui era in grado di lasciarsi andare del tutto, alle lacrime, alla disperazione, tutto.
«Aziraphale, io non ti dimenticherò! Non potrà mai accadere! Te lo prometto. Lo giuro su Dio, su tutto!» disse determinato, arrabbiato e impaurito. Poi scoppiò a piangere in un pianto sommesso, un po’ come se si vergognasse. E allora l’angelo lo abbracciò, gli fece poggiare il viso sul suo petto e gli baciò i capelli.
Nessuno avrebbe  potuto curare il male e il senso di impotenza che avvertiva in quel momento. Erano loro due soli, contro tutto e tutti.
Ma anche lui si sentì in dovere di fare una promessa.
«E io giuro che se dovessi dimenticarmi, ti farò innamorare di nuovo di me.»
 
   
 
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