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Autore: Koa__    31/07/2020    4 recensioni
Raccolta di brevi storie incentrate sulle figure di Aziraphale e Crowley, l'angelo e il demone, rimasti sulla terra dopo la scampata apocalisse.
-Hold my hand
-Picnic a Dulwich Park
-Our Side
-When a Nightingale Sang
-Bentlety
-Goodbye, angel!
"La storia Goodbye, angel! è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna"
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Our Side



 

 
Voglio dedicarla a Maria, che è un po’ Crowley
allo stesso modo di come io sono un po’ Aziraphale.
A discapito delle apparenze.
 
 
 
 
 

Infine, pareva che Aziraphale l’avesse compreso. E poco importava che per arrivare alla verità fossero stati costretti a passare per la minaccia di una guerra fra bene e male. Per il demone Crowley ciò che contava era il risultato. Sebbene avesse impiegato interi secoli per farglielo capire e perso una buona dose della sua già scarsa pazienza, non poteva che sentirsi felice oltre che pienamente soddisfatto di se stesso. Perché non esisteva nessuna parte dalla quale schierarsi e non una battaglia da combattere, di certo non col paradiso ma nemmeno con l’inferno, e comunque non per loro. Angeli e demoni mai come in quel momento erano un’idea lontana e senza alcuna importanza. Perché in fondo, a lui e ad Aziraphale non era mai servito nulla di ciò i loro simili avevano da offrire. Al demone bastava che quell’angelo fosse al suo fianco per far sì che le cose nel mondo quadrassero alla perfezione. Erano loro contro tutti. A dispetto delle differenze e del provenire da universi ben distinti, seppur simili poiché fatti della medesima costante determinazione nel voler distruggere l’altro.

 
Ma l’angelo Aziraphale e il demone Crowley, che avrebbero dovuto sentirsi due nemici e quindi incompatibili alla compagnia reciproca, non erano mai stati né l’una né l’altra cosa. Crowley ne era ben certo e ora che anche l’angelo era arrivato alla medesima conclusione, non restava che darsi da fare e cercare di capire cos’avrebbero potuto fare da quel giorno in avanti. Dubitava che i loro superiori avrebbero continuato a dar loro dei compiti da svolgere; potevano quindi pensare di dar inizio a una nuova esistenza sulla terra nella quale sentirsi liberi di fare o dire ciò che più desideravano? Naturalmente non ne avevano la certezza, anche perché prima o poi “Loro” sarebbero tornati alla carica. Eppure persino il timoroso Aziraphale, sino a quel momento restio nel ritenere che Gabriel e Michael lo avrebbero lasciato in pace, se n’era detto convinto.


«Credo che per un pochino li abbiamo sistemati e quando torneranno li riprenderemo a calcetti nel sedere» aveva detto a un certo punto, parlando sempre con quel fare impettito che, a dirla tutta, faceva impazzire il demone Crowley. La verità era che gli piaceva. Oh, gli piaceva da matti. Gli piaceva come non gli era mai piaciuto veramente nessuno da che era stato creato. Perché quell’angelo aveva un qualcosa di differente rispetto a tutti gli altri, serbava in sé la strana capacità d’essere infinitamente malvagio e al tempo stesso stupidamente buono. D’altronde, una parte di Crowley se n’era detta convinta già millenni prima. Era la medesima, disperata, parte della sua anima che non aveva smesso di ripetergli che Aziraphale era l’essere vivente più giusto per lui che esistesse tra cielo e inferno. Si sentivano così dannatamente e divinamente simili, che spesso e volentieri il demone Crowley si convinceva che ci fosse un pezzettino di sé nascosto da una qualche parte sotto a quella bella chioma bionda. E viceversa, naturalmente perché ormai era innegabile che ci fosse del buono tra occhi gialli e capelli di quel rosso fiammante. Ed era questo, più di tutto, ad avergli fatto comprendere che lui e Aziraphale non erano la semplice incarnazione del bene e del male. Non erano un angelo e un demone come ce n’erano tanti, ma un qualcosa di più. Esisteva un legame, formatosi chissà come e chissà quando, che spingeva il demone Crowley a cercare l’angelo di continuo, a volerci stare insieme, a desiderare che stesse costantemente nella sua vita. E Aziraphale era proprio lì che voleva stare: perennemente al suo fianco. Ed era così che doveva essere.
 

Per secoli, il loro era stato un gioco di equilibri e tentazioni. Di sfide e miracoli (angelici e non) concessi con forse un po’ troppa leggerezza, questo era da ammettere. Il demone aveva tentato molte anime altrimenti caritatevoli, altre invece le aveva corrotte. Alcune le aveva addirittura salvate e di niente di tutto questo si sarebbe mai pentito. Ma oggi il gioco che legava lui e Aziraphale era cambiato. Sfidarsi in quella ricerca perenne di bilanciamento fra bene e male era divertente, ma non quanto un tempo. Ora preferiva di gran lunga passare le mattinate a chiacchierare di questo o di quello, amava passeggiare ma anche a mangiare, tutte attività che entrambi parevano preferire al di sopra di qualsiasi altra cosa nell’universo. La loro sintonia era arrivata a un punto tale, che poco prima della fine del mondo, il demone Crowley aveva persino tentato di salvarlo. Un tentativo disperato e forse un po’ insensato, dettato più che altro da quell’istinto di auto conservazione e da una certa furberia, che come tutti i demoni anche lui si portava dietro. Crowley si era ritrovato così a voler salvare entrambi, scappando in un altro universo. Sarebbe andato ovunque purché con quell’angelo, dato che solo di questo gl’importava. Era tanto disperato dall’idea di perderlo, che gli sarebbe andato bene persino l’ultimo dei pianeti, il più sgangherato, il più povero o desertico che fosse, addirittura quello più privo di una qualsiasi traccia di musica. Non gli sarebbe importato di non poter più sfrecciare per Londra con la sua perfetta Bentley in compagnia di un disco dei Queen, era sufficiente l’idea di Aziraphale per renderlo felice. Il resto sarebbe venuto da sé. Il resto, in fondo, non contava. Beh, ma comunque non era successo. Era rimasto, avevano combattuto per evitare la guerra e salvare il mondo e alla fine erano stati ricompensati con la libertà. Fino a quel momento, il demone Crowley non aveva compreso del tutto per quale motivo Aziraphale avesse deciso di restare sulla terra e non seguirlo. Dal canto proprio sapeva bene che andarci da solo non sarebbe stato lo stesso, perché niente aveva senso senza l’angelo. Ma Aziraphale quale motivo poteva avere? Il suo rifiuto lo aveva ferito, ma soltanto allora si ritrovò a comprenderne le vere ragioni. Il suo Aziraphale aveva rischiato la morte per non perdere tutto ciò che in quei secoli aveva costruito. Non voleva perdere loro due e la loro strana vita a Londra. Non la sua libreria e nemmeno le loro attività. Le loro case. Le passeggiate nel parco, la panchina che erano soliti occupare. La stessa dov’erano seduti e sulla quale, timidamente si spiavano. Senza tutto questo neppure valeva la pena di chiamare vita la loro stessa esistenza.
 
 
A Saint James c’era traccia d’inverno. Il demone Crowley lo scorgeva chiaramente nelle foglie che cadevano o in quelle che, pur persistendo, sporcavano gli alberi d’arancio. Lo vedeva nelle persone già più coperte rispetto a qualche settimana prima, ma soprattutto lo sentiva nell’aria. L’autunno frizzava di morte e solitudine, profumava vagamente di stantio. Lo eccitava la malinconia polverosa che emanava, impregnando ogni cosa. Era piacevole veder morire Londra d’inverno, quasi allo stesso modo di come amava prendere in giro il suo angelo preferito.
«Posso tentarti per il pranzo?» gli domandò Aziraphale a un certo punto, interrompendo il dolce e millenario silenzio che spesso li accompagnava e dentro al quale entrambi si crogiolavano. Il demone Crowley sorrise, addolcito dall’idea che soltanto lui fosse capace di farlo sentire in quel modo così strano, così bene…
«Un picnic, magari?»  Crowley lo guardò di nuovo, sempre più consapevole d’impazzire nell’osservarlo tanto rigido su se stesso, con quel farfallino dritto che desiderava perennemente stortare. Aziraphale, con la postura inflessibile e le spalle dritte, a guardare avanti a sé ma spiandolo di tanto in tanto con occhiate fugaci. Sguardi che il demone Crowley non mancava mai di raccogliere e di ricambiare, flirtando appena così come adorava fare quand’era in sua compagnia.
«Un picnic dici?»
«Prima che arrivi l’inverno, sai. Dopo farà freddino per starsene distesi sull’erba e non mi va di congelarmi le parti basse solo perché te l’ho chiesto troppo tardi.» Un sorriso sardonico si allargò sul volto diabolico del demone Crowley. Un sorriso forte del senso di vittoria, come di una soddisfazione che avrebbe voluto prendersi già da tempo, ma che soltanto adesso era arrivata. Abbassò gli occhiali che coprivano ciò che della sua natura demoniaca era impossibile nascondere e prese a scrutarlo da dietro quelle sue iridi gialle. Erano secoli che aveva voglia di chiederlo, Crowley lo sapeva così come sapeva che ogni volta rimandava la proposta. Secoli che cercava dentro di sé un coraggio che puntualmente veniva meno, per poi finire col cancellare quelle parole dalla punta della lingua. Evidentemente, pensò il demone Crowley, la scongiurata fine del mondo doveva averlo costretto a darsi una mossa.
«Un picnic non suonerebbe troppo romantico per te? Sicuro che poi non fraternizziamo troppo?» Aziraphale si tese e al tempo stesso prese a sorridergli, e facendolo mostrò come un certo disagio. Pareva insicuro, forse indeciso. Eppure, al tempo stesso notava nitidamente un’ombra nel suo sguardo, una che gli fece comprendere quanto in realtà fosse determinato a cacciar via quella confusione che si portava ancora addosso, e che seimila anni non avevano affatto cancellato. L’angelo era nell’evidente ricerca di un contegno che faticava a trovare, ma quella volta, a differenza di tante altre, invece che scappare aveva evidentemente deciso di fronteggiarlo. Quindi incrociò lo sguardo al suo, in direzione di un Crowley che non aveva mai smesso nemmeno per un istante di fissarlo. Lui che sorrideva da dietro i suoi occhialini scuri calati sul naso e che mostrava senza vergogna una certa innamorata soddisfazione. Oh, provocarlo era uno dei piaceri dell’esistenza. Di sicuro il più dolce di tutti. Anzi, era addirittura convinto che qualcuno lassù (o laggiù che fosse) avrebbe dovuto inserire il “provocare Aziraphale” tra i peccati capitali. A quel punto, stuzzicarlo sarebbe stato un piacere a dir poco maggiore.
«Romantico va bene, direi» mormorò l’angelo in risposta. «Comunque tu voglia chiamare questa… questa amicizia, diciamo così, romantico mi sta bene.»
«Sicuro?»
«Che fottutamente romantico sia» lo sentì biascicare. E intanto che l’aveva detto, il demone Crowley si era lasciato andare a una sonora risata. Una felice, bellissima risata. Così poco da lui che a tratti pareva persino angelica. Aziraphale, al contrario, sogghignò con fare maligno. Senza scomporsi ma al contrario rimanendo immobile, con le mani posate sulle cosce e lo sguardo puntato avanti a sé ai viali di Saint James. Probabilmente non l’avrebbe più guardato per i prossimi minuti a venire, a Crowley però non interessava davvero. In quei frangenti giurò a se stesso che da ora sino alla prossima fine del mondo avrebbe strappato via quel ridicolo e meraviglioso farfallino dal collo del suo angelo. In fondo, l’Armagheddon era ancora lontana.
 
 




Fine
 

 
 
 
 
 
Note: Questa è la primissima fanfiction che ho scritto su Good Omens, ormai un anno fa. Ci sono alcune modifiche rispetto alla prima versione, ma nulla che riguardi la trama. In un certo senso può essere considerata un prequel di “Picnic a Dulwich Park” la storia che apre questa raccolta.

La storia è stata concepita con la stessa narrazione della serie, il narratore quindi è Dio in persona e guarda Aziraphale e Crowley dall'alto. Inoltre mi ha molto ispirata la soundtrack, che consiglio a tutti di ascoltare, che trovate qui
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno letto e recensito i primi capitoli.
Koa
 
   
 
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