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Autore: PrimbloodyBlack    01/08/2020    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Eloyn fa parte di una famiglia di cacciatori di vampiri. Durante la sua prima battuta di caccia viene separata dal gruppo e catturata. Viene portata nella grande dimora di uno dei 5 Signori Vampiri. Viene resa schiava dalla potente Lux che la renderà una Bloodgiver, il cui compito è quello di donare il suo sangue al suo padrone.
Lux riuscirà mai a sottomettere uno spirito ribelle come quello di Eloyn? Sarà una sfida che lei non vorrà di certo perdere.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Eloyn

Quando se ne andò, rimasi ferma e perplessa. La vidi camminare via, austera come sempre, non mi aveva rivolto un sorriso, ne aveva provato a toccarmi in maniera inconsueta o come io odio. Se ne era semplicemente andata via come se nulla fosse dopo avermi fatto uno dei favori più grandi e che non mi sarei mai aspettata. Era sembrata comunque strana, come se stesse cercando di forzare un atteggiamento rigido e inflessibile con me. Pensandoci, mi venne quasi da ridere. Quella faccia seria non le si addice per nulla, sogghignai. Ma io stessa diventai seria, stupendomi dalla mia tranquillità e naturalezza nel prenderla in giro. Dovrei avere paura di lei, non scherzare.

Mi morsi le labbra in segno di frustrazione. Non sapevo quello che facevo o che pensavo. Ero confusa, e sinceramente non capivo più quale era il mio rapporto con quella donna. Certamente ero la sua Bloodgiver e lei il mio Lord, ma lo vedevo il modo in cui sia io che lei ci approcciavamo. Era diverso da quello che avevano gli altri schiavi con i loro padroni e padrone. Eravamo come loro all'inizio, ma col tempo qualcosa è cambiato, mutato senza che io me ne accorgessi. Anzi io sono cambiata. Mi sono permessa di essere più amichevole e lei a sua volta è diventata più benevola. E poi quello che è successo quel giorno... sono stata solo una stupida presa da un momento di eccitazione che non doveva nascere nemmeno in principio. Ripensandoci sentii il viso andare in fiamme e mi sentii in colpa ancora di più. Non so con quale coscienza ho potuto farlo, adesso non riesco più a guardarmi allo specchio, ne tanto meno riesco a guardare lei negli occhi. E' stata una fortuna che si sia fermata, non sarei riuscita a sopportare i sensi di colpa se fossimo andate oltre. Ma nonostante ciò non riuscivo a smettere di pensarci, era come una tortura. Se non fosse stata un vampiro, forse mi sarei sicuramente arresa a lei. Mi sentivo orribilmente male ammettendo anche solo questo. 'Volere' e 'potere' vanno perfettamente d'accordo, ma 'volere' e 'dovere' si scontrano peggio di un cacciatore e un vampiro, ed io ne sto subendo tutte le ferite.

Cercando di non pensarci troppo ed evitare di impazzire, anch'io uscii dal cancelletto per ricominciare il turno. Quando girai l'angolo per entrare in casa sentii un braccio circondarmi il collo e stringere con l'intento di farmi male. Non era così forte, riuscivo ancora a respirare, era abbastanza debole da farmi capire che era un umano. Tentò di trascinarmi indietro così da nascondermi dalla vista degli altri. Non riuscii a capire chi era, ma sapevo di essere l'unica tra gli umani ad avere una preparazione fisica e cercai di reagire. Avevo il suo petto poggiato sulla schiena, era un ragazzo. Poi con la coda dell'occhio notai una seconda persona, ma non feci in tempo a vedere il suo volto che il ragazzo mi strattonò e cominciò a stringere più forte, mentre io cercavo di allentare presa afferrandogli il braccio e tirandolo con le mie mani. Era un gesto inutile ed ineffettivo, dettato dello panico e dall' inaspettatezza del momento. Allora tentai di riflettere, invece di scappare dalla sue presa, lo assecondai indietreggiando finché ebbi modo di muovere la gamba dietro la sua e fargli uno sgambetto. Il ragazzo cadde e con lui anche io. Mi alzai immediatamente con un veloce scatto e poi li vidi. Erano Brandon e la sorella. La mia paura si trasformò presto in delusione.

"Quanto siete banali," mi massaggiai il collo. "Non hai un minimo di forza." Dissi volgendomi verso di lui, ormai visibilmente arrabbiato. "Tu invece che fai?" domandai con un ghigno a Clarisse, "Il palo?"

Sta volta non avrei contrattaccato, non li avrei nemmeno sfiorati. Lascerò a loro il compito di scavarsi la fossa da soli. Le miei provocazioni fecero subito effetto, Brandon si fiondò su di me con il pugno alzato e mirando al mio viso, io riuscii a schivarlo, ma non con la facilità con cui speravo. Ero stanca per il mancato sonno e i miei riflessi ne risentivano, ma non avevo intenzione di rimanere illesa perché Lux doveva venire a saperlo e punirli. Mi hanno fatto vivere due settimane di inferno, isolandomi dagli altri umani e a chiamandomi traditrice per aver attaccato uno una della mia stessa specie. Sarò anche una schiava a servizio di vampiri che odio, ma ciò non significa che sarò una santa con chi mi minaccia, tanto meno altri umani. Per questa volta permetterò ad un vampiro di sporcarsi le mani.

Dopo il mancato colpo, Brendon tentò di colpirmi nuovamente ma con una raffica di pugni insensati ma che dato le mie condizioni fisiche non riuscii a schivarli tutti. Uno mi prese allo stomaco facendomi tossire ed un altro sul petto. 

"Adesso non ridi più?" domandò soddisfatto. Io gli sorrisi e lui si innervosì nuovamente. "Guarda che lo so che non hai più energia."

"Che perspicace!" risi, "Ma non sai a cosa stai andando incontro."

"Padrone Arkel ci proteggerà, anche lui ti odia." Esclamò speranzoso il ragazzo.

"Arkel non è nessuno in confronto a Lux e lo sai."

A quel punto anche Clarisse si intromise facendo affermazioni che mi fecero ribollire il sangue, "Tradire la tua specie così..." gridò , "Fai schifo!"

Io mi voltai verso di lei, che per tutto questo tempo era rimasta in disparte facendo fare tutto al fratello. La guardai con sguardo assassino, non bastavano le parole per far capire come mi sentissi. Ero io quella che era stata tradita ed adesso mi sarei vendicata. Vidi il ragazzo caricarmi di nuovo e questa volta non mi opposi. Mi prese in viso ed io barcollai, ma non caddi mai a terra. Ero abituata a ricevere pugni, del resto il corpo a corpo era stata la prima cosa che mio padre mi aveva insegnato. Ma nonostante l'abitudine, faceva comunque un male cane. Cercai di non emettere alcun lamento di dolore per non dargli soddisfazione, poi quando senti qualcosa colare dal mio naso sorrisi. 

Sapevo quanto Lux fosse paranoica al riguardo. In cucina mi ero ferita più di una volta e puntualmente dopo qualche minuto lei veniva a controllarmi. Riusciva a fiutare il mio sangue ovunque. Il che era in parte positivo, perché se un vampiro decidesse all'improvviso di attaccarmi lei verrebbe subito in mio aiuto, ma allo stesso tempo mi sentivo continuamente osservata senza mai avere un momento per me stessa. Per una volta questa sua fissazione sarebbe tornata utile. Per una volta l'avrei sfruttata.

"Meglio se ve ne andate," dissi quando tastandomi vidi del sangue sulla punta delle dita. Se la sono cercata, adesso affronteranno le conseguenze.

Per un attimo li vidi fremere, pensosi su cosa fare. Ma poi qualche minuto passò e non c'era traccia di lei. Cominciai a guardarmi in torno chiedendomi dove fosse finita, perché non fosse lì. 

Ma perché diavolo mi sono affidata a lei? Sciocca io che volevo uscirne pulita.

Non volevo sporcarmi le mani, non volevo inimicarmi altri umani, ne tanto meno volevo essere attaccata nuovamente da Arkel per aver rovinato il suo cibo. Ma quando Brandon, sicuro di se, si lanciò su di me, sapevo che dovevo cavarmela da sola e porre a fine a questa stupida situazione.

Parai il suo pugno non appena si avvicinò e lo tenni stretto nel palmo. Con l'altra mano lo colpì sul viso, con uno schiaffo così forte che lo feci barcollare.

"Vattene adesso o non sarò più gentile." Minacciai, ma fu inutile.

Non appena si riprese cominciò a tirarmi deboli e lenti calci che schivai facilmente. Riuscii ad afferrargli il piede e alzandolo gli feci perdere l'equilibrio facendolo cadere. Vedevo dall'ardore nei suoi occhi che non voleva arrendersi, ma io volevo farla finita e senza procurargli altri lividi.

Prima che si rialzasse riuscii a prendergli il polso e a mettermi sopra di lui, seduta sulla sua schiena mentre alzavo da dietro il suo braccio, non troppo per spezzarlo ma abbastanza per fagli male e bloccarlo. 

"Tu sta ferma!" Dissi a non appena vidi Clarisse fare un passo, "O glielo rompo."

Poi il ragazzo ringhiò cercando di liberasi da me ma era inutile, "Lasciami," gridò, "T'ammazzo!"

"Puoi smetterla di fare l'ostile per favore?" Gli dissi con leggero nervosismo. "Sono stufa di questa cosa. Quello che stai facendo è ridicolo."

"Brandon," lo chiamò la sorella, "basta così."

"Ma-"

"Andiamo via," gli disse finalmente capendo la situazione, "Dai."

Finalmente non lo sentii più resistere e allentai la presa. Quando mi alzai lui rimase per qualche secondo in più a terra, sentendosi sconfitto.  Gli porsi la mano in segno di perdono, ma come mi aspettavo, mi ignorò e si alzo da solo. 

Clarisse gli mise una mano sulla schiena chiedendogli se qualcosa gli facesse male. Ma non rispose. Provava vergogna, lo potevo intuire dalla postura del suo corpo, il viso chino, la schiena curva verso il basso, e il non pronunciare nemmeno una parola.

Spero che questa sia l'ultima volta. Non voglio malmenare i miei compagni ne farmi odiare da loro.

"Ehi," mi avvicinai prima che se ne andassero, "Possiamo lasciarci tutta questa faccenda alle spalle?"

"Pensi che io sia stupido?" disse alzando lo sguardo. "Sei una vigliacca." Con un gesto della testa disse a Clarisse che era ora di andare. Lei mi lanciò un ultimo sguardo rimproverante, poi sostenendo il fratello se ne andarono.

Aveva capito cosa stavo cercando di fare ed era giusto che mi avesse dato della codarda, perché dal suo punto di vista è esattamente quello che sembro. Io non amo i vampiri, ne simpatizzo per Lux, ma ciò non significa che nel momento del bisogno io non possa utilizzare la sua posizione a mio favore. Questa non è vigliaccheria ma astuzia.

Durante il pranzo ne Brandon ne Clarisse erano presenti a tavola, tutti si domandarono dove fossero. Nessuno sapeva quello che era successo due ore prima e dedussi  che per la vergogna e per non volermi vedere nuovamente non si erano presentati. Per questo mi voltai in direzione di Arkel, il loro padrone. Non aveva per niente l'aria contenta, anzi il suo viso trasmetteva rancore. Nel mentre riuscii ad incrociare lo sguardo con Lux. Sembrava che mi stesse fissando da tempo e solo adesso che l'avevo notata era tornata a posare gli occhi sul piatto difronte a lei. Trovai quel modo di fare buffo e quasi sorrisi. La mia mente ormai combatteva incessantemente con i miei sentimenti, schiacciandoli e sopprimendoli con la razionalità. Non sapevo più cosa pensare e come era giusto reagire. Forse era meglio tornare a come era all'inizio, io ribelle e lei ostinata nel prendere ciò che voleva. Così, almeno, sarebbe stata lei a costringermi e non io che le davo il permesso. Non volevo più quel controllo, no. Voglio tornare ad odiarla.

"Ehi," mi chiamò Dave, "Va tutto bene?" mi chiese poggiando la mano sulla mia spalla. Non appena lo fece gliela tolsi con uno scatto che allertò anche gli altri umani, che curiosi cominciarono a guardare nella nostra direzione.

Non avevo intenzione di ferire i suoi sentimenti, anzi lo volevo proteggere. Ricordavo cosa gli aveva detto Lux e non le volevo darle una motivazione per fargli del male.

"Continua a mangiare." Bisbigliai sperando che avesse capito le motivazioni del mio gesto. "Anche voi." Dissi a quelli che ci fissavano.

Fino a che il pranzo non terminò, io rimasi seduta a tavola a fissare il piatto. Lentamente sia vampiri che umani cominciarono a lasciare la sala. E poi la vidi. Con la coda dell'occhio la vidi alzarsi e venire nella nostra direzione. Pregai che non ce l'avesse con lui. Più era vicina più stringevo i denti. Quando sentii la sua mano sulla spalla, chiusi gli occhi con un sospiro di sollievo.

"Vieni con me." Mi disse, senza alcuna emozione nella voce. Io tirai indietro la sedia e anche in quel momento non ruppe mai il contatto fisico. Solo quando mi alzai mi lasciò la spalla per poggiare la mano dietro la schiena. Mi spinse leggermente ed io cominciai a camminare verso le scale. "Andiamo in camera."

Salii lentamente le scale per paura di sapere cosa mi aspettava. Oggi non era per niente di buon umore. Quando arrivammo nella sua, o nostra, stanza mi prese le mani e mi avvicinò al letto. Stavo tremando al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere. Nonostante il terrore nei miei occhi mi spinse giù con delicatezza e mi salì sopra.  Con un involontario gesto mi portai le mani sul petto come se mi stessi proteggendo.

"Posso?" Domandò e il mio cuore ebbe un sussulto. Non volevo, assolutamente no, era troppo presto, non ce la facevo. Lei mi guardò con  sguardo interrogativo e poi come se avesse capito rise. "No Eloyn," disse ridendo, "Voglio il tuo sangue." Io spalancai gli occhi ripetendo nella testa quella frasse che per lo spavento di prima ancora non riuscivo a processare. "Allora?" Mi domandò nuovamente.

Ma prima di risponderle ripensai a quello che mi ero detta poco prima. Voglio odiarla come un tempo. Era qualcosa che volevo, ma allo stesso tempo mi chiedevo perché. Adesso sembrava andare meglio, non soffrivo più come prima, ma il mio orgoglio di cacciatrice ne aveva risentito. E poi quel giorno, perché le ho permesso di toccarmi?

Distolsi lo guardo non appena i miei occhi si inumidirono e annuii lasciando scoperto il collo. Non volevo provare quel dolore allucinante, ma allo stesso tempo quella stessa vicinanza mi faceva male.

"La fai sembrare una tortura." Si alzò afflitta. 

Non era la reazione che volevo, "Aspetta!" le afferrai il braccio, lei si girò a guardarmi. Digrignai i denti e lo dissi, "Predi ciò che vuoi senza chiedere."

Fece un sussulto, lo capii dal suo respiro. Sapeva il vero motivo dietro le mie parole, perché si fermò a pensare, ma i suoi occhi si illuminarono comunque. Mi afferrò la mano con cui le tenevo il braccio e mi spinse violentemente giù contro il materasso. Sobbalzai a causa di quel repentino movimento. Era nuovamente sopra di me, ma stavolta ero intrappolata, con entrambi i polsi bloccati nelle sue mani. Mi guardò un'ultima volta, con lo sguardo di chi non sapeva cosa fosse giusto fare. Questa volta non le avrei detto nulla, era una sua scelta. Non la stavo nemmeno mettendo alla prova, le avevo lasciato totale controllo della situazione. Spettava a lei. 

Non voglio più avere potere decisionale perché in entrambi i modi ne rimarrei ferita o fisicamente o nell'anima.

Potevo vederlo dal suo sguardo che mi stava per chiedere se ero sicura, ma io no volevo sentire quelle parole. La baciai. Era così vicina che mi bastò alzare un po' la testa per far si che le nostre labbra si incontrassero. Sentii il suo corpo rilassarsi perché lentamente ricadde sul mio. Non c'era più distanza tra noi. Ma non era una cosa che doveva piacermi, no, non doveva essere piacevole. Quando aprì la bocca e mi diede la possibilità di baciarla più passionalmente, anche la sua presa si allentò e mi accarezzò il viso col la mano. Io la odio... io la odio, io devo... Stavo quasi per piangere. Avevo un magone che mi stringeva il petto. Ma dovevo. Non appena ne abbi la possibilità le morsi il labbro più forte che potei. Fu breve ma forte. Lanciò un breve stridulo e si allontanò con uno scatto da me. Mi guardò con occhi quasi terrorizzati che mi turbarono. Si tastò le labbra e, come io stessa potevo vedere, c'era del sangue. Una volta che si guardò le dita, rivolse lo sguardo verso di me. Era incredula... e stanca. Ma non arrabbiata, una stanchezza dovuta dalla delusione. Poi il suo sguardo cambiò, diventò più severo, impaziente. E fece ciò che mi aspettavo, e che in parte volevo. Si lanciò su di me e piantò i suoi canini nella mia pelle. Sentivo il collo in fiamme e un dolore allucinante. Sentii la sua bocca spostarsi su ogni parte del mio corpo. Quello fu uno dei milioni di morsi che mi fece quel pomeriggio. Mi ricoprì ovunque e quando non ebbi più neanche la forza di reagire, mi alzò la maglia. Prima di farlo mi guardò, i suoi occhi erano grigi e non vedevo alcuna cupidigia in loro, ma nonostante tutto non si fermò e continuò, finché io non riuscii più ad aprire gli occhi o a provare dolore.



Nota: Per chi se lo stesse chiedendo Onsra è una parola che indica un amore agrodolce destinato a non aver un lieto fine (tranquilli non è uno spoiler).

   
 
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