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Autore: Eevaa    02/08/2020    10 recensioni
A due anni dalla conclusione della Seconda Guerra Magica, Harry Potter decide di prendersi una pausa dalla vita frenetica dell'eroe. A sua insaputa troverà qualcuno che, come lui, sta fuggendo da un passato colmo di orrori.
Un viaggio. Una strada. Due persone che, per la prima volta nella loro vita, si ritrovano a camminare nella stessa direzione.
In un momento storico in cui viaggiare sembra solo un ricordo lontano, voglio portarvi in viaggio in una terra che tanto ho amato e che porto sempre nel cuore.
L'Irlanda.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.

 

–THE WILD ROVER–



CAPITOLO 3
The luck of the Irish
 
 

Raggiunsero Roundstone in una quarantina di minuti a passo sostenuto. Trovarono un pittoresco paesino con tante casette in pietra disposte lungo la costa, un piccolo porticciolo con le barche ormeggiate e pochi ridenti pescatori.

Fu semplice trovare il locale che aveva ingaggiato Malfoy per suonare, tutta la cittadella si strutturava in un'unica via principale. Lo Shamrock era un piccolo pub angolare con le insegne e le serrande rosse, due tavolini da campeggio in veranda e la grossa insegna a forma di trifoglio.
L'interno era minuscolo, ma con un lungo bancone abbastanza grande da poter servire numerosi clienti per volta. La postazione riservata ai musicisti, come al solito, era schiacciata in un angolo con alcuni divanetti in tessuto antico. Una piccola lavagnetta appesa storta con un solo chiodo riportava la scritta "Drew Mamphies live 19.00".
A giudicare dal numero di commensali già presenti all'interno, era evidente che quello fosse il punto di ritrovo più in voga del paesello.
L'accoglienza a loro riservata – specialmente a Malfoy, il quale avrebbe prestato servizio da lì a poco – fu molto cordiale. Con gran sollievo di Harry, i proprietari lo informarono che vi era ancora un posto per poter dormire. Fecero lasciare i loro effetti personali agli alloggi al piano superiore – che ospitavano solo altri due viandanti sulla quarantina – e, quando tornarono nel locale, due grossi boccali di birra scura li stavano già attendendo al bancone.
Draco bevve un paio di sorsi, poi si diresse alla propria postazione. Collegò la chitarra al piccolo impianto con un cavo, un altro piccolo affare simile a una scatoletta di legno – che Harry poi scoprì si chiamasse "stompbox"[1] – e sistemò l'altezza del microfono offerto dal locale.

 

Dopo pochi minuti e un paio di prove, Malfoy iniziò finalmente la propria esibizione e, come previsto, anche quella sera Harry non riuscì a credere alle proprie orecchie. E nemmeno ai propri occhi: incredibile come, non appena imbracciasse quella dannata chitarra, Draco si trasformasse in una persona completamente diversa di fronte al pubblico. Sorriso con tanto di fossette, occhi luminosi e personalità coinvolgente. Niente, di quel volto ridente, sembrava ricordare il ghigno aristocratico con la puzza sotto al naso dei tempi d'oro.
Al pubblico piaceva, piaceva davvero molto. Aveva fascino, convenne Harry. Ne aveva da vendere, e il solo pensarlo lo fece quasi strozzare con la sua stessa saliva.
Draco si divorava il pubblico con la voce, con quell'aria di mistero che lo avvolgeva, con le poche parole che riservava loro e i sorrisi quasi ammiccanti alla clientela più giovane.
Man mano che scorsero i minuti e i fiumi di birra, il pubblico si scaldò a tal punto da cantare insieme a lui e formulare richieste di brani che – chissà come – Draco riusciva quasi sempre ad accontentare. Riuscì a creare una sintonia sinergica con quelle persone, nonostante le poche parole. Eppure, ogni qualvolta si voltava verso il tavolino di Harry, sembrava perdersi in un moto di imbarazzo. Proprio per quel motivo Harry decise di spostarsi un poco più lontano, nell'angolo.
Era comprensibile, in fin dei conti. Nessuno dei due aveva ancora avuto modo di abituarsi alla presenza del proprio passato.


 

Dopo due ore ininterrotte di concerto e qualche bis acclamato a gran voce, Drew Mamphies lasciò spazio al trio successivo di musicisti i quali, da quel che riuscì a captare Harry, si complimentarono con lui per l'ottima performance.
Anche il capo del locale, nel vederlo passare a fianco al bancone, lo ringraziò con una sonora pacca sulla spalla della quale - a giudicare dall'espressione adombrata - Draco avrebbe fatto volentieri a meno.
«Bell'esibizione, Mamphies» si complimentò Harry, dopo che lo raggiunse al tavolino. Draco elargì un sorriso tirato e, dopo qualche secondo di riluttanza, gli si sedette davanti con uno sbuffo. Con un gesto del mento indicò i due boccali sul tavolo.
«A che numero sei arrivato?» domandò, curioso.
«Tre. Tieni, devi recuperarmi» rispose Harry, allungandogli una delle pinte che si era premurato di ordinare prima che finisse di esibirsi.
Draco storse la testa e strinse gli occhi grigi.
«È una sfida, Potter?»
Harry, di tutta risposta, sollevò con un ghigno il proprio boccale ed emulò il gesto del brindisi.
«Perché no...»



 

"Darò al mondo qualcosa che ho cercato sin dall'alba dei tempi."
"Un irlandese sobrio?"
"Ancor più raro!"
[The Simpson]

 

In meno di trenta minuti entrambi riuscirono a divorarsi due grossi cheeseburger grondanti di grassi saturi. Le lunghe camminate mettevano addosso fame e sete. Tanta, tanta sete.
Draco, nel vedere Harry trangugiarsi altre due pinte come se fossero acqua frizzante, non riuscì proprio a trattenere il giudizio.
«Sei una spugna!» lo accusò, concedendosi a tal proposito una lunga sorsata della propria Guinness.
«Beh, non mi pare che tu sia da meno!» controbatté Harry e, con un gesto della mano, indicò il bicchiere vuoto alla sinistra di Malfoy.
Il trio di musicisti, nel frattempo, stava deliziando il locale con una cover folk di Enter Sandman. La sobrietà dei commensali, rispetto a quando erano giunti a Roundstone, era drasticamente diminuita.
«In nove mesi ho imparato a tenere il ritmo degli irlandesi» si vantò Draco. Peccato che non credesse nemmeno lui.
«Impossibile!» pronunciò Harry, tra l'incredulo e il divertito. «Gli irlandesi sono disumani. E tu sei magro» continuò. Draco non era mai stato un peso massimo, ma in quel momento aveva quasi assunto le sembianze di una scopa da corsa.
Egli incrociò le braccia al petto, offeso, e Harry si ricordò quanto vanesio fosse.
«Non era un insulto. È un dato di fatto!» puntualizzò, sporgendosi poi un poco verso per poterlo scrutare meglio in tutta la sua magrezza. «Sul serio, Malfoy, mangi a sufficienza?».
Egli roteò gli occhi.
«Sì, madre».
Harry rise. In effetti, "ma mangi abbastanza?" detto a uno che si era appena divorato un concentrato di lipidi idrogenati, sembrava quasi una presa per il culo.

Poco prima della mezza, i boccali sui tavoli vennero sostituiti da piedi danzanti di irlandesi allegri. Il locale raggiunse una discreta saturazione e l'aria iniziò a riempirsi di fumo di sigaretta[2] e odore di whiskey. Tra canti in sottofondo e un ultimo bicchiere della staffa, Draco e Harry osservarono divertiti la conclusione del concerto.
Harry apprese che ci fosse una grande differenza a suonare in orario di cena e dopo cena, e ben comprese il perché Draco preferisse di gran lunga la seconda fascia oraria: più mance, più pubblico e più drink offerti da esso. Ovviamente gli ubriachi molesti facevano parte del pacchetto.
«Ancora non mi hai detto cosa ci fai qui» domandò ad un tratto Malfoy, distrattamente, con una faccia di bronzo della quale Harry non riuscì a non ridere.
«Neanche tu».
«Beh, l'hai sentito, cosa faccio qui» ribatté Draco con disarmante ovvietà, mostrando con un palmo della mano la postazione dei musicisti.
«Touché» strinse le spalle Harry e, come consueto gesto nervoso, si morse il pollice per togliersi una fastidiosa pellicina. «Ad ogni modo... viaggio, no?».
«Di nascosto, a quanto pare» considerò Draco, giusto per rigirare il dito nella piaga. Era sempre stato piuttosto bravo a montarsi addosso quel ghigno di effimera soddisfazione.
«Come ti ho già detto, non voglio la stampa tra le palle» illustrò Harry, pragmatico, tra un sorso e l'altro dell'ultimo boccale della serata.
Malfoy sbuffò, cinico. «Oh, che faticaccia essere l'Eroe del Mondo Magico! Acclamato da tutti, amato da chiunque».
Harry scosse la testa, esasperato. Non si sentiva di essere il grande salvatore che tutti definivano, non si era mai considerato eroe e, con tutta onestà, lo infastidiva parecchio che la gente si appellasse a lui come tale. Aveva compiuto gesti eroici all'occorrenza, certo, ma si era lasciato dietro una folta scia di errori e di conseguenti morti delle quali avrebbe fatto volentieri a meno.
E la gente proprio sembrava non capirlo. Non disprezzava la gratitudine, quello ovviamente no. Ma, talvolta, il peso del suo nome e della carica che ne conseguiva era... inopportuno.
«Non mi aspetto che tu comprenda» soffiò Harry, con un'aspra curva sulle labbra.
L'espressione di Malfoy mutò. I suoi occhi grigi, poco prima divertiti, si fecero più scuri e stretti. I tratti del volto si indurirono e i pugni si strinsero di conseguenza.
«Già, che cosa vuoi che comprenda un ex Mangiamorte!» concluse Draco, gelido. E, detto ciò, si alzò di scatto dalla sedia, prese la giacca e si allontanò dal locale a passo spedito.
Harry, allibito, non aveva la benché minima idea di cosa fosse successo. Rimase così, a bocca aperta, con tanti quesiti in testa e la vaga sensazione di essersi perso qualcosa per strada.

 

L'aria della notte era frizzante, il vento proveniente dal mare pizzicò le guance di Harry, arrossandole. Non aveva atteso molto prima di rincorrere Draco fuori dal locale, eppure sembrava essersi smaterializzato chissà dove.
Camminò lungo la via di Roundstone calciando un sasso per una buona quindicina di minuti, smaltendo così l'allegria che quei cinque boccali di birra gli avevano donato in quelle ore. Le stelle, in cielo, sembravano vicine e luminose oltre il normale.
Fu all'angolo del porticciolo che, finalmente, Harry scorse l'ombra familiare di Malfoy. Se ne stava lì, seduto con le gambe a penzoloni oltre al molo, a contemplare il mare sotto ai propri piedi. Si accorse della presenza di Harry ma non si voltò.
«Era il caso di offendersi in quel modo?» domandò quest'ultimo dopo un lungo silenzio. Gli puntò gli occhi contro la nuca, quasi nella speranza di pizzicarlo a sufficienza da farlo voltare.
«Non mi sono offeso» mentì spudoratamente Draco. «Avevo solo bisogno di un po' d'aria».
Harry roteò gli occhi, incapace di comprendere quei repentini cambi d'umore. Respirò un'abbondante boccata di pazienza e poi gli si sedette accanto. Non vi era più traccia degli occhi gelidi di poco prima. Draco aveva più l'aria di essere terribilmente triste, terribilmente affranto.
Harry aveva spesso avuto a che fare con persone bipolari – Ron per primo – ma nessuno era all'altezza di quel Malfoy. E un poco gli si strinse il cuore.
Chissà... chissà quante persone dovevano averlo giudicato in quegli ultimi due anni. Ma Harry non aveva alcuna intenzione di rivangare il passato. Nessuna.
Decise dunque di mettere in chiaro quanto affermato poco prima. Lo fece per difendere se stesso, certo, ma anche per provare a tirargli su il morale, per fargli capire che non fosse necessario mostrare gli aculei ad ogni conversazione profonda.
«Non era l'amore delle persone che mi infastidiva. Semplicemente avevo bisogno di poter andarmene in giro senza che qualcuno mi inseguisse per un'intervista, per ricordarmi in continuazione delle perdite della Guerra o per domandarmi ogni santo giorno quali fossero i miei progetti per il futuro. E poi... volevo ritrovare me stesso» spiegò Harry.
Lanciò un sassolino in acqua, facendola increspare. I cerchi concentrici causati dall'impatto raggiunsero i loro piedi.
«Non vanno in India, le persone, per ritrovare loro stesse?» replicò Malfoy, sfoderando così una discreta conoscenza di luoghi comuni Babbani.
Harry ridacchiò flebilmente. «Troppo caldo. Troppi serpenti. Ne ho davvero abbastanza, di serpenti!»
«A chi lo dici» rabbrividì Draco. Harry ipotizzò che si stesse riferendo a Nagini.
«Immagino che sia stata... dura. Vivere con quel coso che strisciava in casa».
Inutile: ogni discorso portava inevitabilmente a un ricordo doloroso del passato. Ma in quel momento Malfoy non ne sembrava infastidito. Quanto sarebbe passato prima che si mostrasse di nuovo scottato?
«Almeno non potevo capire ciò che diceva. Cos'hanno da dire di così interessante, i serpenti?» gli domandò Draco, dopo qualche secondo di silenzio.
Era la prima volta che qualcuno gli chiedeva di tradurre ciò che ascoltava in Serpentese.
Harry, di tutta risposta, decretò che quello fosse il momento adatto per alleggerire un poco il discorso.
«Quelli irlandesi? Folksssverssssatemi un whissskey di ssssangue di topo, grazzzzzie» scimmiottò Harry con la lingua tra i denti e un'espressione ridicola dipinta in volto.
Draco soffocò una risata nel naso, e due fossette gli comparvero sulle guance arrossate dal freddo.
Se Harry avesse saputo che gli sarebbe bastato fare il deficiente per rabbonirlo, avrebbe sfoderato le sue doti di cretineria qualche ora prima.

«Quinti te ne sei andato senza dire nulla ai tuoi amichetti?» domandò poi Draco, facendo dondolare i piedi oltre al molo.
«Solo Ron e Hermione sanno dove sono, giusto per evenienza. Però hanno detto in giro che mi trovo in Sud America, così la stampa è allertata lì».
Ricordò come se fosse ieri la seria espressione di preoccupazione sul volto della sua migliore amica, la sera prima della partenza. E di disappunto, su quello di Ron.
Non li aveva forniti di lungo preavviso e abbondanti spiegazioni ma, dopo qualche opera di convincimento, li aveva costretti a mantenere uno stato di assoluta segretezza sulla questione.
«Incredibile che in due mesi nessuno ti abbia riconosciuto. L'Irlanda è piena di posti magici nascosti» considerò Malfoy, incurvando le labbra con discreta sorpresa.
«Sono nascosti bene, dato che ne ho visto solo uno in due mesi. Tu ci sei stato?» chiese Harry, curioso.
«Me ne sono tenuto alla larga» tagliò corto Draco, lasciando però intendere che sapesse con certezza dove essi si trovassero.
L'Irlanda, effettivamente, era assai famosa per essere la madre patria della magia. Pullulante di animali fantastici, anfratti nascosti, mercati, quartieri magici e strani fenomeni.
Harry era riuscito a scorgere qualche tana di Lepricani nei pressi della foresta di Newcastle, ma se ne era tenuto ben lontano. Creature davvero imprevedibili, i Lepricani! Tanto simpatici quanto pericolosi. Nel Libro Mostro dei Mostri vi era un intero capitolo dedicato a loro, e Harry era rimasto traumatizzato dal paragrafo sulle maledizioni.
«Solo a Dublino mi sono recato nel quartiere magico. Ma con la Polisucco, naturalmente» raccontò Harry. Sorrise al ricordo del meraviglioso mercato con l'entrata a Stephen's Green; ci aveva perso tre intere giornate, tanto era vasto e affascinante.
«Dovrai utilizzarla anche a Galway, almeno nei pressi del mercato dietro la chiesa di St.Nicholas. Dicono che il quartiere magico sia suggestivo» suggerì Draco.
«Oh sì, lo farò. Se vuoi ho delle scorte anche per te!»
Prima di partire per quel lungo viaggio, Harry si era riempito lo zaino delle più disparate pozioni per ogni evenienza. Polisucco, Dittamo, Rimpolpasangue, Antipiretica, Ossofast, vari antidoti per i morsi di animali selvatici e Antisbornia. Soprattutto Antisbornia.
«Non posso utilizzarla, la Polisucco» confessò Malfoy senza però troppo risentimento, e Harry si sentì parecchio idiota.
La sentenza del suo processo aveva stabilito termini molto chiari: gli era proibito usare incantesimi e magie – se non incantesimi involontari in situazioni di vita o di morte – e gli era vietato modificare il proprio aspetto con le pozioni per poter sfuggire alle restrizioni precedenti.
«Beh, potrei camuffarti con un paio di incantesimi. Non staresti male coi capelli rossi» scherzò Harry carezzandosi il mento, immaginandosi il suo acerrimo rivale scolastico con la capigliatura alla Weasley. Ciò causò lui degli spasmi involontari all'addome a causa delle risate trattenute. L'espressione sul volto di Malfoy fu impagabile.
«Che orrore, Potter! Ahhh! Avrò gli incubi per sempre».

 

Quando tornarono all'ostello, erano già le due del mattino. L'indomani si sarebbero dovuti alzare presto e riprendere la propria traversata verso Galway, distante ancora poco più di un giorno e mezzo di cammino.
La camera adibita per quattro persone era, se possibile, ancor più stretta dello sgabuzzino delle scope a Hogwarts. Una stanza lunga e angusta, due letti a castello sui lati con un telaio in ferro arrugginito verniciato di rosso e un quadro enorme raffigurante una tipica figura religiosa Babbana. Il pavimento, in parquet rovinato, cigolava al minimo passo.
Il bagno adiacente alla stanza era talmente ristretto che, per pisciare comodamente, era necessario mettersi in piedi nella doccia. Doccia che aveva tutta l'aria di essere un laboratorio sperimentale di scoperta della penicillina. Tutto perfettamente nella norma, quindi.
Draco e Harry si arrampicarono ognuno sul proprio baldacchino del letto, prestando attenzione a non svegliare gli altri due ospiti i quali, però, sembrava avessero il tipico sonno pesante da abuso di whiskey.
Le coperte di tessuto sintetico erano talmente ruvide da poterci grattugiare il formaggio, ma donavano una piacevole sensazione di calore. Quando entrambi si furono sistemati e rigirati una manciata di volte a testa, si ritrovarono con i visi rivolti l'uno verso l'altro, nella penombra della luce di un lampione proveniente da fuori.
Il giorno prima i loro sguardi erano stati carichi di rabbia, sgomento, ansia e paura. Quella notte, invece, un tiepido sorriso carezzò i loro volti stanchi e provati da quella lunga giornata.
«Buonanotte, Mamphies».
Draco chiuse gli occhi in uno sbadiglio profondo.
«Buonanotte, Potter».

 


 

Nuvole come pecorelle in cielo, trifogli sotto le scarpe. Il sole, alto e tiepido, ballava insieme al vento da ponente.
Quel giorno non aveva ancora piovuto e, malgrado lo stupore, Harry e Draco si godettero quella lunga passeggiata entroterra senza incappare in ripari d'emergenza.
Scoprirono solo a metà strada che la via interna - che portava da Roundstone al primo paese abitato - era anche detta "la via degli spiriti"[3]. Non che dall'aspetto non se ne fossero già accorti.
Il paesaggio - a differenza dei noti scorci Irlandesi - era quasi interamente brullo, al limite del desertico. In tutta la mattinata di cammino non erano passate più che quattro macchine.
Una vera fortuna che il cielo non fosse grigio, o sarebbe sembrato l'inizio di un film horror di pessimo gusto.
Draco non si risparmiò i "te l'avevo detto che avremmo dovuto fare la costiera", e Harry li ignorò esattamente come si ignora una fastidiosa mosca che svolazza di fianco alle orecchie.
Solo il rumore del vento li accompagnò in quella camminata ai confini del mondo ma, fortunatamente, nessuno spirito venne a far loro visita, se non un fantasma solitario di un vecchio pescatore nei pressi del lago Loughanillaun. Non li calcolò di striscio e continuò a pescare per conto proprio.
Per sicurezza, ad ogni modo, Harry tenne mano alla propria bacchetta durante tutto il tragitto. Era oramai ben noto che le presenze magiche attirassero altre presenze magiche, e Harry aveva avuto fin troppe brutte esperienze con i Poltergeist.
La strada, però, si rivelò più monotona e spoglia del previsto, tant'è che dopo quasi cinque ore e mezza di cammino ininterrotto i due giovani maghi non trovarono neanche uno straccio di locanda dove rifocillarsi. Erano soli, sperduti tra le campagne, in una valle isolata e ostile. Di comune accordo decisero di proseguire almeno fino a quando non fossero usciti da quel posto inquietante.

Quando finalmente raggiunsero uno scorcio sull'oceano, entrambi non resistettero dal festeggiare e urlare al cielo d'Irlanda dei sonori grazie, prontamente ritirati e sostituiti con dei 'fanculo non appena si accorsero che l'unica locanda lungo quello scorcio fosse chiusa almeno da una quarantina d'anni.
Fortuna che Harry - nello zaino amplificato con l'Incantesimo Estendibile - avesse racimolato qualche merendina confezionata e un paio di pacchetti di cracker per l'evenienza.
Si sedettero su un sasso e sgranocchiarono i viveri con la voracità di chi non mangia da giorni.
«Perché proprio Galway, come meta?» domandò Harry, sbriciolandosi sulle scarpe. Sperò che l'altro non lo notasse ma, beh, gli occhi giudicanti Draco l'avevano notato eccome.
«Perché è una grande città e avrei tanto da lavorare. Dicono che si viva bene di musica, laggiù» rispose, mangiando una doppia razione di cracker alle olive. A Harry non piacevano le olive, per cui glieli aveva ceduti più che volentieri.[4]
«Hai intenzione di fermarti lì, allora?» si intromise un'altra volta, ma Draco non sembrò così restio a parlarne.
Forse tutto quel camminare in mezzo al niente gli aveva annebbiato il cervello.
«Non lo so. Non mi sono mai fermato troppo in un posto».
Sembrava sincero. E triste, a giudizio di Harry. Non aveva ancora capito cosa l'avesse spinto fin lì, a fare quel lavoro.
«Tornerai mai in Inghilterra?» chiese Harry. Aveva ben intuito che Malfoy fosse ben più disposto a parlare del proprio futuro, che del proprio passato.
Draco sospirò e si incupì per un attimo. «Non c'è niente, lì, per uno come me» disse infine, spostando però la conversazione lontano da se stesso. «E tu, Potter, quando hai intenzione di tornarci?».
Harry si irrigidì. In più di due mesi di cammino non aveva contemplato mai una volta l'idea di dover tornare a casa.
«Non lo so. Non credo di aver trovato quello che cerco da me stesso» rispose sinceramente.
«La Comunità Magica starà fremendo per un tuo ritorno» commentò Draco, in tono pomposo.
Harry ridacchiò.
«Pensò che lascerò che frema ancora per un po'».

 

La rotta verso la civiltà, quel giorno, sembrò non finire mai. E in effetti, dopo otto ore di intenso cammino, di paesi ospitali che non fossero solo vecchie fattorie di agricoltori col forcone non ne trovarono. Oramai convinti che quella sera avrebbero dovuto chiedere ospitalità a qualche stalliere, allungarono il passo verso sud con lo stomaco vuoto e le pive nel sacco.
Improvvisamente, come un miraggio, in mezzo al verde affiorò un piccolo paesello dimora di autostoppisti e trasportatori. Costelloe, così si chiamava. Quattro case, una rimessa per le barche, una torre radio e una vecchia locanda di camionisti. Sempre meglio che niente.
Non appena si avvicinarono alla locanda per poter chiedere vitto e alloggio, a Harry non sfuggi affatto lo sguardo di Draco. Un cartello appeso alla porta esibiva la grande scritta "no live music, we're not bloody hippies".
«Non puoi prenderti una serata libera?» domandò Harry. Domanda che gli costò un'occhiataccia omicida.
Poi, lentamente, Draco si girò di spalle e si frugò nella tasca posteriore dei jeans neri, estraendone il portafoglio.
«Sì» sibilò infine, dopo averci spiato dentro.
A Harry si gelò il sangue. Non aveva mai considerato l'ipotesi che Draco fosse così alle strette. Sapeva che gli avessero confiscato tutto il patrimonio ma, dopo due anni, aveva sperato che fosse riuscito quantomeno a farsi un gruzzolo.
Tutto gli si fece un po' più chiaro.
«Malfo-» mormorò Harry, allungando una mano verso di lui. Prima che potesse anche solo sfiorarlo, però, la voce gelida dell'altro lo fece irrigidire.
«Non un parola! Ok?!» berciò Draco, fulminandolo con lo sguardo. Poi, detto ciò, si addentrò nella locanda senza più voltarsi indietro.

 

Si rifocillarono in silenzio, dopo aver domandato dei letti ed essersi fatti una doccia rinvigorente. All'interno della locanda vi erano pochi viandanti, qualche camionista, un paio di agricoltori del posto e tre ragazze francesi che probabilmente stavano compiendo un qualche viaggio avventura.
Quel posto era per lo più squallido - non squallido e diroccato come i consueti pub irlandesi, ma squallido in accezione negativa – tant'è che Harry e Draco decisero di portarsi appresso bagagli e chitarra onde evitare furti.
Dal retro del pub si poteva accedere alla rimessa delle barche sulla laguna. Tutto sommato la vista non era nemmeno così orribile, quindi decisero di prendersi un paio di lattine d'asporto e di trascorrere la serata sul molo in attesa che venisse buio. Piuttosto che sorbirsi le sceneggiate razziste del barista nei confronti delle francesi e di loro due – malgrado avessero tentato di improvvisare un accento irlandese, con scarsi risultati – sarebbero stati meglio in compagnia di Mirtilla Malcontenta.
«Suona qualcosa» esordì Harry, dopo una lunga sorsata di Guinness in lattina. Terrificante.
Di tutta risposta, Draco lo guardò come se avesse appena visto Gazza vestito in tutù rosa.
«Eh?»
«Suonami qualcosa. Il molo, il tramonto, la birra. Manca solo una chitarra, no?» propose con insistenza Harry. Il cielo, sopra di loro, si era dipinto di sfumature rosse e viola.
Draco si lasciò sfuggire una risata sarcastica.
«Non suonerò per te, Potter».
«Ma per loro sì!» replicò Harry in un sorriso furbetto, mentre si voltava verso la porta sul retro del locale. Le tre indignate ragazze francesi stavano uscendo maledicendo a bassa voce il proprietario. «Ehi, filles!» urlò loro.
Draco lo prese a strattoni. «Sei scemo o cosa!?».
«Lascia fare a me!» sussurrò Harry - in preda forse ai fumi delle tre birre appena bevute e la stanchezza di quella giornata – tornando poi a rivolgersi alle signorine. «Bonsoir, ragazze! Voulez-vous un concert? Il mio compare, qui, c'est un bonne musicien
«Ah-ah, Potter, ricordami che ti devo un pugno in faccia» asserì Draco tra i denti stretti di un sorriso falsissimo.
Le ragazze si avvicinarono con fare sospettoso, compiacendosi però alla vista della chitarra.
«Oui! Sci piascerebbe moltissimo!».
Harry tirò una gomitata a Draco, esattamente come faceva con Ron durante le lezioni - solo un pelo più forte. Giusto per togliersi quell'insana voglia di tornare a menarsi come ai tempi della scuola.

Dopo qualche secondo di titubanza - e sicuramente qualche maledizione non verbale - Draco prese la chitarra e iniziò a suonare. Le ragazze si avvicinarono e si sedettero vicino a loro, estasiate. Ascoltarono con attenzione e silenzio i primi brani, poi iniziarono a fare delle richieste e improvvisare un karaoke degno di un falò di ferragosto nelle spiagge del sud Italia.
Nel giro di venti minuti li raggiunsero altri due o tre viandanti che avevano avuto la sfortuna di imbattersi in quel posto poco raccomandabile; anch'essi parteciparono a quel concerto improvvisato. Tutti lasciarono abbondanti mance nella custodia di Draco il quale, esterrefatto, si sciolse e riuscì persino a smontare quell'espressione misteriosa dalla faccia.
Bevvero, cantarono e suonarono per quasi due ore, fino a quando il locandiere non uscì dal retro per intimargli che, se non avessero chiuso immediatamente il becco, gli avrebbe sguinzagliato addosso i tori.
«Mercì, garçons! È stato divertonte!» si congedarono le ragazze francesi. Sì, in fin dei conti era stato divertente per davvero.
Avrebbe potuto essere un fiasco di serata in una giornata storta, ma l'Irlanda aveva voluto loro concedere un pizzico della sua rinomata fortuna.
Una delle tre signorine aveva spesso lanciato verso Drew delle occhiate più che eloquenti sul fatto che, se egli avesse voluto scivolare accidentalmente nel suo letto quella notte, ella non avrebbe avuto niente da dissentire. Chissà come, a quel pensiero, Harry provò una sorta di fastidio allo stomaco.
Draco aspettò fin quando tutti i suoi improvvisati ascoltatori se ne furono andati, poi gettò un'occhiataccia risentita verso Harry.
«Che c'è?! È stato divertonte!» rise quest'ultimo, indicandogli poi la custodia con le cospicue mance. «E poi, hai visto? Sei riuscito a lavorare anche oggi!»
Harry non avrebbe sperato in così tanto successo, ma l'intento di farlo suonare su quel pontile era stato proprio quello.
«Già» sibilò Draco, piccato.
«Oh, non fare quella faccia. Non ti sto giudicando!» sbuffò Harry per ottenere l'attenzione dell'altro. «Sul serio, Malfoy... piaci davvero tanto alle persone. Soprattutto alla biondina, direi! Scherzi a parte, sei bravo. Sono solo contento per te!»
Draco lo squadrò con aria accigliata, poi ammorbidì lo sguardo in direzione della luna calante.
«È che sarebbe così naturale se tu volessi toglierti qualche sassolino dalla scarpa. Io lo farei» concluse sincero, scrollando le spalle.
«Ma io non sono Serpeverde» replicò Harry, con un sorrisetto e un profondo sospiro. Quel che ottenne da Draco fu solo un angolo di labbro curvato all'insù. «Credo che la vita ti abbia già punito a sufficienza, Malfoy» continuò quindi. «E non lo dico per pietà: ho sempre odiato quando la gente mi guardava con pietà. Lo dico semplicemente perché la Guerra è finita e io ci voglio mettere una pietra sopra. Tutti dovremmo farlo e avere l'opportunità di ricominciare da zero. E tu hai trovato un modo bello e stimabile per farlo. A differenza di me, che non ho ancora trovato come e cosa fare».
Harry non seppe dire il perché, ma sembrava che Draco fosse più convinto, dopo quelle parole. Un po' meno ostile.
Forse il pugno in faccia se lo sarebbe beccato comunque, ma almeno era riuscito a tranquillizzarlo.
«Beh, almeno tu puoi vivere per più di cinque giorni senza doverti preoccupare a come fare per mangiare» gracchiò Draco.
«A giudicare da come stai andando, non passerà molto tempo prima che diventerai famoso».
«Mi basterebbe avere un contratto fisso in Temple Bar Street a Dublino per potermi permettere una stanza singola, e non un letto pulcioso in una camerata. Ah... patetico!» sbuffò infine lui e, rassegnato, si issò sul pontile per tornarsene in camera.

Harry, però, fu più veloce di lui. Gli si piazzò davanti con le braccia conserte, spiaccicandogli addosso una verità che Draco non aveva idea di poter sentire.
«Non lo sei. Eri molto più patetico quando volevi convincere tutti di essere un assassino, e invece non lo eri. Sebbene non fosse del tutto colpa tua, certo, ma sì... lì provavo pena per te. Adesso, invece... per niente».
Malfoy sbarrò gli occhi.
«No, non sono mai stato un assassino...» soffiò lui, con gli occhi velati di qualcosa di simile alla commozione, forse.
Non avrebbe mai pianto davanti a Harry, non più. Non era mai stato un assassino e, evidentemente, il fatto che qualcuno glielo riconoscesse e glielo dicesse in faccia valeva molto più che un'assoluzione a processo.
«Ora che arrivi a Dublino, il nome di Drew Mamphies sarà già ben costruito» cambiò discorso Harry, comprendendo che l'imbarazzo si stesse facendo insopportabile. «Non ci capisco molto di musica ma... penso che tu abbia talento!»
Draco sorrise beffardo, in un moto di gratitudine che proprio non riuscì a celare. Poi, acchiappando la custodia della chitarra, si diresse verso la camerata.
«Ho talento in tutto ciò che faccio, Potter!» puntualizzò, prima di varcare la soglia del locale.
Harry ridacchiò e si passò una mano tra i ricci scompigliati.
«Ah, già».
Se c'era una cosa che Harry aveva imparato in quei due giorni di viaggio verso Galway, era che Draco Malfoy fosse ben più sorprendente, profondo e complesso di quanto avrebbe mai creduto. E, cosa da non sottovalutare, lo incuriosiva in modo incondizionato.
Galway distava solo un giorno di cammino. Ma davvero Harry ce l'avrebbe fatta a soddisfare la sua sete di curiosità in così poche ore?

 





 
Continua...

[1] Stompbox: è un simulatore di cassa di batteria, simile ad una scatoletta di legno che si schiaccia con il piede e, amplificandola, esce fuori un suono basso e secco. Molto usato nei concerti acustici dove non c'è la sezione ritmica.
[2] La storia è ambientata nel 2000, e in Irlanda non vigeva ancora la legge sul divieto di fumo in locali chiusi.
[3] La via degli spiriti: non ricordo il nome esatto, ma la traduzione dall'inglese significava bene o male quello. Purtroppo non riesco a trovare l'informazione da nessuna parte.
[4] La teoria delle olive, da "How I met your mother": un detto recita che a due anime gemelle non possano piacere ad entrambe le olive, sicché uno dei due possa scartarle e cederle sempre all'altro.


ANGOLO DI EEVAA:
Buondì folks!
Tra una valigia arrabattata e l'altra mi accingo a salutarvi prima di partire - non mi sembra vero - finalmente per il mare.
Come già annunciato questo era l'ultimo capitolo prima della pausa estiva ma non temete, il 30 agosto tornerò più gasata di prima sui vostri schermi :)
Mancano ancora 5 capitoli alla fine di questo viaggio!
Che dire... Harry in preda all'alcol è in grado di fare cose inimmaginabili. Ad esempio parlare in finto Serpentese e attirare l'attenzione di ragazze ed improvvisare un concerto. Draco non è l'unico ad essere un poco cambiato dopo la Guerra!
In questo capitolo abbiamo visto anche un Malfoy un poco cupo, bipolare, ma anche un Harry che ripercorre i suoi ultimi anni del dopoguerra come qualcosa che gli pesa sulle spalle. Ovviamente approfondiremo meglio entrambi i personaggi nel corso dei prossimi capitoli.
Ok, mi aspetta un lungo viaggio (incrociate le dita per me, che non ci sia troppo traffico!) è il momento di salutarci.
Se avete bisogno di me, vi ricordo che potete trovarmi su Fb e su Instagram! Vi auguro buone vacanze e buona estate! Un abbraccio,
Eevaa


 
Roundstone


"La via degli spiriti"


Costelloe
  
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