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Autore: Brume    03/08/2020    1 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Fine dicembre 1829

 

Reve aveva appena messo a dormire Oscar.

 

Era stata una giornata nevosa, i bambini si erano divertiti moltissimo nel giardino della casa in Normandia: avevano fatto bellissimi pupazzi di neve, giocato, corso. All' ora di cena aveva faticato a fargli mangiare un po' di zuppa e prosciutto; Adrien era letteralmente crollato con la testa nel piatto ed Aurore, poco dopo, l' aveva seguito. L' unica sveglia pareva Oscar.

L' uomo passeggiava avanti e indietro con la bambina in braccio, tenendola per la manina e avviando con lei conversazioni che solo loro capivano, fatta di versi e sorrisi.

 

Un' altra giornata era andata: una giornata iniziata con il pensiero di Diane che poi si era trasformata in un tran- tran di impegni inderogabili; ora, stava finendo nello stesso modo. Pensando a lei, a quanto sarebbe stato bello se avesse visto crescere i suoi figli. Reve aveva faticato a legare con Oscar all' inizio, perchè la riteneva colpevole di ciò che era successo alla moglie, ma grazie a Victoria e Rosalie riuscì ad affrontare anche questo, uscendo dal circolo vizioso in cui era sprofondato...e finalmente era riuscito ad amare e farsi amare da questa figlia che di colpe, in realtà, non ne aveva.

 

Perso nei suoi pensieri, Reve non si accorse della carrozza che si era fermata davanti a casa, e nemmeno dell' uomo in livrea che, con una lanterna, cercava di fare strada ad un altro uomo dalle vesti semplici ma dal portamento aristocratico; infatti, quando bussarono trasalì.

Con la bimba in braccio, andò ad aprire, senza avere prima messa in tasca una pistola, che teneva per ogni evenienza.

“Buonasera, signori. Come posso esservi utile?” disse, subito dopo avere aperto la porta.

“Buonasera, Monsieur Grandier. Possiamo entrare? Le assicuro che non siamo malintenzionati, il mio nome è Daniel Chevalier e lui è il mio assistente Monsieur Lebeinz.” disse l' uomo più vecchio, ritto e fermo davanti all' uscio in attesa di una risposta.

“Come fate a conoscere il mio nome? Come posso fidarmi di voi?” chiese Reve

“Se voi non mi credete, non posso obbligarvi; posso spiegarvi tutto anche qui, ma abbiate il buonsenso di non far prendere troppo freddo a vostra figlia” rispose l'uomo, con fare gentile.

Dopo alcuni secondi di indecisione, Reve fece entrare in casa i due uomini e li fece accomodare nella grande sala; adagiò Oscar nella piccola culla accanto al divano e tornò da loro.

“Chi viaggia di notte, di solito, o ha molta fretta oppure è un malvivente” disse, sedendosi a sua volta “scusate la franchezza, ma non sono più avvezzo all' etichetta da parecchi anni”.

L' uomo più vecchio posò bastone e mantello sul divano, senza troppe cerimonie; lo stesso fece il suo segretario, un ragazzo sulla ventina dall' aspetto mite.

“Ne avete tutte le ragioni, una spiegazione vi è dovuta. Vi conosco, Reve Grandier, perchè vi ho seguito parecchio nelle vostre avventure; ho avuto anche il piacere di ascoltarvi e di leggere i vostri articoli, già parecchi anni fa. Sono sempre stato dalla vostra parte, Grandier...o forse dovrei chiamarla con il suo nome completo, Grandier – Jarjayes?”

“Chiamatemi come desiderate, Monsieur: siate però chiaro e venite subito al punto.” rispose lui.

Monsieur Chevalier si mise a suo agio sul divano, come a sottolineare il fatto che il discorso non sarebbe stato breve; Reve lo osservò bene, era sicuro di averlo già visto da qualche parte, forse proprio ad uno dei suoi incontri nelle bettole parigine? Chi era quest' uomo?

“Vi chiedo innanzitutto la cortesia di un bicchiere d' acqua; il viaggio è stato lungo e non abbiamo fatto molte soste. Ma non preoccupatevi oltre, non ci serve un posto dove dormire” mise in chiaro Chevalier. Reve si alzò e prese sia acqua che una bottiglia di vino , insieme a tre bicchieri e del formaggio; l' uomo ringraziò, e prese subito una gran sorsata di acqua, mentre l' altro non toccò nulla.

“Grazie Monsieur. Dunque, vorrei parlarvi di una questione che mi sta a cuore”.

“Ditemi pure, senza alcuna riserva” rispose Reve.

“Se sono qui, è per una questione della massima importanza. Da un po' non vi vedevo a Parigi, così ho chiesto di Voi, ed il suo amico Simon mi ha riferito quanto le è accaduto. Prima di andare avanti, vogliate accettare le mie condoglianze.” l' uomo chinò il capo.

“Vi ringrazio. Andate pure avanti” rispose Reve, accavallando le gambe distese e incrociando le braccia sul petto.

“ Simon mi ha anche riferito il vostro indirizzo, dicendomi che, nel caso non vi avessi trovato a Parigi, avrei dovuto recarmi in Normandia. Così ho fatto. Non vi ho scritto e non mi sono fatto preannunciare da lettere o altro perchè la questione è delicata.”

Reve stava perdendo la pazienza ma era curioso di sentire ciò che Chevalier aveva da dire.

“Dovreste tornare a Parigi. Sapete cosa sta succedendo, ultimamente?” disse Monsieur Chevalier alzandosi ed iniziando a passeggiare con le mani dietro la schiena.

“Onestamente, no; le notizie mi arrivano, ma non le considero più di tanto, ormai. Mi sono dedicato ai miei figli. La causa può aspettare” rispose Reve, curioso.

Il vecchio si girò dandogli uno sguardo severo.

“Temo di no, Monsieur. Temo non sia più possibile aspettare oltre.” disse; il suo sguardo non ammetteva repliche.

Reve lo fissò per un momento senza dire nulla.

“Cosa intendete?” chiese, mettendosi a sedere e appoggiando i gomiti sulle gambe.

“Temo che entro un anno cambieranno parecchie cose in Francia: forse anche prima. Credo che voi, seppur lontano, siete rimasto informato, un minimo.”

“In effetti qualcosa so, ma come vi ho detto prima, non so cosa stia succedendo in questo momento. Ho avuto dei mesi intensi, come ben sapete.” rispose Reve.

“Ovviamente” rispose Chevalier.Un silenzio imbarazzante scese nella stanza. Reve aprì la bottiglia di vino e ne versò nei bicchieri. Il vecchio si avvicinò e ne prese uno per sè.

“Voi siete un uomo valido,Grandier. Sapete vero che Carlo X questa estate ha licenziato Martignac ed al suo posto ha messo il principe di Polignac ?” disse Chevalier bevendone un sorso

“Si, e questa sua nomina mi ha messo i brividi. Se ragiona come la madre, siamo a posto...” rispose; poi si alzò, richiamato da Oscar che pareva essersi già risvegliata dopo nemmeno una oretta di sonno. Prese in braccio la figlia e tornò a sedersi davanti a Chevalier.

“Polignac con è il fanatico che descrivono, lui in realtà sarebbe favorevole alla monarchia costituzionale, ma non la ritiene fattibile e nemmeno compatibile con la libertà di stampa, a meno che questa non sia limitata da alcuni provvedimenti”. Il vecchio sbuffò, lo stesso fece Reve.

“Se dovesse fare un passo falso in questa direzione, sarebbe sicura una nuova rivoluzione” rispose quest' ultimo. “Non credo che glie la farebbero passare liscia.”

“Esattamente, Monsieur”.

Il vecchio si alzò, fece alcuni passi verso Reve e chiese di poter accarezzare la bambina; sorrise, chiese notizie degli altri due figli, poi disse al segretario di avvisare il cocchiere che sarebbero ripartiti, quindi indossò il mantello e si avviò verso la porta.

“Monsieur Grandier, pensateci. Se non volete farlo per voi, fatelo per i vostri figli. Lasciategli un posto migliore” disse sull' uscio. “Ah, una ultima cosa: il mio nome non è Chevalier. Molti mi conoscono come cittadino Chartres. Non preoccupatevi: non ho alcun rapporto con Carlo, mi ha di fatto cacciato, vista la mia antipatia verso il nostro comune amico Villéle e Jacques de Polignac. Forse diventerò Re: mi ricorderò di voi, sappiatelo, e di quello che avete fatto per la Francia.”

Detto ciò, girò sui tacchi e riprese la carrozza e sparì, insieme al suo assistente.

Reve non disse nulla; ma si spiegò dunque dove lo avesse visto, e non fu sorpreso di sapere la vera identità. Di certo non era un suo fervente ammiratore, ma innegabilmente saperlo dalla propria parte non lo lasciava indifferente. Inoltre, il fatto che si fosse scomodato per arrivare sino in Normandia , gli fece pensare che tanto male non era.

Ancora sopreso dagli ultimi avvenimenti, chiuse la porta di casa e tornò nella stanza da letto, non prima di aver controllato che Adrien ed Aurore dormissero tranquilli; posò Oscar nella piccola culla accanto al letto e si avviò verso la toeletta, preparandosi per la notte.

Ovviamente non dormì molto: le parole scambiate con Chartres risuonavano nelle orecchie. Già da tempo Reve pensava al suo futuro. Solo con tre figli, come avrebbe fatto a portare avanti le cose? Non poteva sempre contare sugli altri e tornare a Parigi a fare comizi con una figlia al collo non era il massimo. Ne avrebbe parlato con François, l' indomani; ora doveva assolutamente cercare di dormire.

 

 

 

 

“Cosa hanno appena sentito, le mie orecchie? Mi stai dicendo la verità?” chise François spalancando gli occhi , tenendo il bicchiere a mezz'aria.

“Si, ti sto dicendo la verità. Non ho bevuto e nemmeno sono matto” rispose Reve.

Si trovavano alla locanda del villaggio; la neve continuava a scendere senza sosta. Aveva lasciato i bambini da Rosalie e, scusandosi con Victoria, le aveva momentaneamente rubato il marito: era una questione della massima importanza e necessitava di una certa dose di tranqullità...la locanda, semivuota, faceva proprio al caso loro.

“François , te lo giuro” riprese Reve “ Me lo sono trovato davanti stanotte; si è presentato come Monsieur Chevalier ed aveva con sè un segretario, assistente, insomma ci siamo capiti”.

L ' amico non era ancora persuaso.

“Cosa ti ha detto, di preciso” chiese François.

“ vorrebbe che tornassi a Parigi” rispose Reve, addentando la bistecca “ E' convinto che la rabbia del popolo sia molto vicina ad una rivoluzione...Polignac sta tirando troppo la corda. “

“Indubbiamente questa persona ha ragione “ rispose non ancora persuaso François “ e supponendo che tu voglia tornare, sapresti come organizzarti? Dove andrai? Ed i bambini?”

“François “ disse Reve mettendosi comodo sulla sedia “ io ancora non ho deciso nulla. Mi sono tormentato tutta la notte...da quando è morta Diane penso a cosa fare... ma ancora non ho deciso nulla. Vorrei lasciare perdere tutto...”

“Amico mio, posso solo immaginare il dolore che porti ancora dentro di te...ma anche nel caso in cui tu non volessi tornare a Parigi, non potresti di sicuro passare la vita a fare l' eremita nella tua casa sulla spiaggia...” disse François “questo devi averlo ben chiaro”.

L' oste passò chiedendo se volevano ancora del vino o del cibo; non vi era nessuno, e se a lorsignori non disturbava, avrebbe chiuso la locanda e si sarebbe ritirato.

“Monsieur, voglia scusarci, ci siamo dilungati in chiacchiere e abbiamo perso la congnizione del tempo” rispose Reve, alzandosi ed andando a prendere il pesante cappotto.

François lo seguì.

La neve cadeva ancora, copiosa ed i due rimasero fermi fuori dalla porta, lasciando che la bufera sferzasse i loro visi. Il discorso lasciato in sospeso non ebber una conclusione; decisero quindi di tornare da Rosalie.

 

“Papà, finalmente sei tornato” disse Adrien “ mi stavo annoiando , qui da solo: Aurore e nostra cugina non fanno che giocare con le bambole, ed io mi sto addormentando!”

Reve allargò le braccia avvolgendo Adrien, che si lasciò andare sulle sue spalle.

“Hai aiutato zia Rosalie e zia Victoria?” chiese, dando un buffetto sulle guance del bambino.

“Si,sono stato bravo” rispose facendo una faccia seria e gonfiando il petto.

Reve lo baciò sulla guancia, e lo stesso fece con Aurore, appena lo vide. Oscar dormiva beata, invece, tra le braccia della balia.

François , entrato dopo di lui, andò diretto verso il divano, osservando Reve, pensieroso.

“ Rosalie, devo chiederti un favore” disse quest' ultimo, attirando l' attenzione di tutti “ devo tornare a Parigi per alcuni affari urgenti”.

Rosalie ed i presenti lo osservarono curiosi.

“posso venire anche io, papà?” chiese Adrien.

“No, Adrien. Ma non preoccuparti, papà tornerà presto.” disse.

“Cosa avresti intenzione di fare? Sei da solo ed hai dei figli, ora” disse Rosalie “ e poi cosa sarebbe questa novità, cosi all' improvviso?

“Nulla che possa creare danni” rispose lui, sorridendo “Davvero, Rosalie, devo andare a Parigi ma non starò via molto. Al massimo quattro o cinque giorni. Senti, Alain non verrà con me; non è stato molto bene, ultimamente. Non voglio coinvolgerlo, non sono sicuro che un viaggio in carrozza fino a Parigi possa fargli bene. Potresti riportare i bambini da lui, domani? François, mi daresti una mano?”

François lo guardò, sorridendo.

“Vai, Reve. Ci penseremo noi ad i ragazzi. Ti aspettiamo presto” disse.

Reve rimase sulla porta ancora un pò, osservando il calore di quella che era la sua famiglia. Dopodichè, senza indugi, non aspettò oltre. Prese il cavallo e si mise sulla strada per Parigi.

quel ragazzo si metterà nei guai” pensò la donna, sospirando.

Lo avrebbe rivisto 8 mesi dopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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